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A. Capitini - Gli anni dell'antifascismo

 

     Chicago - I remember the feeling

Perugia - La cattedrale

Aldo Capitini era nato a Perugia il 23 dicembre del 1899, a Perugia è morto il 19 ottobre del 1968.

L'essere nato nel centro più antico dell'Umbria, il più ricco di storia e di cultura, rappresentò per lui un’aiuto decisivo nella scelta di vita religiosa nonviolenta.

"...e di altare e di presepe, ma nel modo il più semplice e duecentesco, si ha spesso l'idea dell'Umbria...

Nel Duecento l'Umbria dà più che può. Il secolo comincia, qui, con San Francesco e finisce con Jacopone da Todi. Il movimento francescano ha origine di qui, e tiene i suoi convegni sempre più affollati sulla pianura di Santa Maria degli Angeli, e la Compagnia dei Disciplinati muove da Perugia; per non dire dei Papi che vi soggiornarono e morirono o furono qui eletti.

Ma non gli alti fatti "ufficiali"; è meglio ricordare il carattere, il valore e l'efficacia della religiosità del Duecento umbro popolare, aperta, che unisce il sentimento appassionato e una sobrietà blandamente superstiziosa, moralmente ferma, talvolta anche santamente eretica in questo voler portare entro il cerchio alto e aristocratico della Chiesa medioevale elementi tratti dalla vita umile, comune, affettuosa.

A oriente di Perugia, poco fuori della città, c'è l'antichissima chiesa di San Bevignate, presso cui c'era un bosco, sede di eremiti; da quella chiesa, nel 1260, cominciarono, dietro Ranieri Fasano, a muoversi compagnie di persone, che, flagellandosi ("Compagnie dei Devoti e dei Battuti", le chiama il Muratori) e cantando laudi, andavano ai paesi vicini, e così il moto si propagò sin fuori d'Italia, causando riconciliazioni, anche politiche, conversioni, istituzione di confraternite sacre.

Moltissime laudi drammatiche originarie sono umbre e anonime.

(PERUGIA, pag.9)

In quel piccolo spazio dell’Umbria, tra Assisi, Perugia e Todi si producono nel duecento due eventi di portata mondiale: la nascita e la predicazione di Francesco d’Assisi, che riporta la nonviolenza in primo piano nella civiltà occidentale, e la nascita, con le laudi, della musica classica moderna.

Suo padre, dipendente del comune, viveva all'ultimo piano del Palazzo Municipale, sotto la torre campanaria, con l'incarico di suonare le campane per le ore e per le cerimonie pubbliche.

"Quando ero fanciullo, alle cinque pomeridiane di ogni 20 giugno (il 20 giugno del 1859 i soldati svizzeri del Papa riconquistarono Perugia, insorta per l'indipendenza, e si macchiarono di stragi efferate, come ricorda un monumento eretto, dopo il 1860, sul luogo scelto dai patrioti per l'ultima difesa), le due campane del Municipio cominciavano funebri, distanziati rintocchi, mentre la carrozza a due cavalli usciva dall'atrio del palazzo e recava al cimitero il sindaco e la giunta comunale a deporre una corona sulla tomba dei caduti in quel giorno memorando."

(PERUGIA,pag.23)

Sua madre era casalinga e sarta.

"I primi venti anni della mia vita si sono svolti secondo un modello tipico. Precoce come sensibilità, riflessività e interesse per la lettura e anche per la poesia, non avevo nessuna guida, sicché mi fu una grande scossa l'incontro con la letteratura futurista, i suoi manifesti, i suoi programmi innovatori, che mi presero per un po' di tempo, dal 1913 al 1916, associandosi al nazionalismo di adolescente (leggevo fin da piccolo i giornali), e in contrasto col fondo del mio carattere, che invece preferiva letterati e poeti meditativi e moralisti, come Boine, Slataper, Jahier e specialmente Ibsen.

Fu il periodo dei molti amici, delle esperienze varie e anche troppo varie e sciocche, della mescolanza di poesia e di grossa polemica, finché mi avviavo alla "conversione" che avvenne negli anni 1918 - 19: dalla vita di "esperienze" all'austerità, dal nazionalismo all'umanitarismo pacifista e socialista, dalle letture contemporanee allo studio delle lingue e letterature latina e greca, che cominciai con la massima tensione nel 1919 da zero, visto che, per povertà, ero stato indirizzato agli studi dell'istituto tecnico.

Autodidatta accuratissimo, in condizione di povertà per le grammatiche e i classici che compravo ad uno ad uno, sottoponevo la mia gracile costituzione fisica (che mi aveva risparmiato il servizio militare e la guerra) ad uno sforzo che mi portò all'esaurimento e alle continue difficoltà del sonno e della digestione; così oltre il classicismo letterario e quasi filologico, la conoscenza della Bibbia e la vicinanza di Leopardi, acquisii in quegli anni anche l' esperienza della finitezza umana, del dolore fisico, dell'inattività sfinita in mezzo alle persone attive, un'esperienza che con la componente della costruzione culturale, era la componente della ricerca etico-religiosa, già da anni indipendente dalla religione tradizionale...

(ATTRAVERSO DUE TERZI DI SECOLO, pag.11)

Perugia - Municipio

Come scrive nei suoi libri, dall’incontro con il dolore, il peccato, la morte, che sono realtà inevitabili di questo mondo, sorge il bisogno di religione: tanto più forte questo bisogno quanto più guardiamo a questi eventi dalla parte di coloro che soffrono.

Nel tempo della prima guerra mondiale Capitini si interroga su questi temi.

" Durante la prima guerra mondiale io ero un adolescente, ma seguii la tragedia dell'umanità... Per di più, ebbi un lungo periodo di dolore fisico personale e di impossibilità di lavorare. Perciò compresi e sentii nelle fibre stesse del mio corpo il limite della mia civiltà attivistica, che dava tutto il valore al fare, alla violenza, al godimento; e sentii un interesse e una solidarietà intima col problema di chi soffre, di chi non può agire, di chi è sopraffatto.

Bisognava che io trovassi un piano di valore dove questi "sofferenti" fossero invece perfettamente a posto, e non buttati ai margini della civiltà, ad attendere la morte e il nulla.

Allora è cominciata veramente la mia esigenza religiosa...."

(ELEMENTI DI UN’ESPERIENZA RELIGIOSA, pag.11)

"...per la vita religiosa ho bisogno di un fondamento puro. Non me lo può dare il cielo, l'universo, la realtà naturale: dall'universo vengono i fulmini, le inondazioni, tutto ciò che è forza, potenza, che non coincide con ciò che è giusto e buono.

Non me lo può dare un'istituzione, una società, una chiesa, che sono gruppi organizzati, che possono fare cose buone e cose cattive, e molte volte affermano leggi che contrastano con ciò che è giusto e buono.

E allora che posso fare, se non cercare il fondamento in altro, e cioè nell'interiorità, nella coscienza?"

(LETTERA DI RELIGIONE, in Il Potere di Tutti, pag.193)

Come autodidatta si presenta e supera nel 1924 a Perugia l’esame di licenza liceale. Il brillante risultato ottenuto gli permette di vincere una borsa di studio alla Scuola Normale Superiore di Pisa, che gli permette di frequentare l’Università, dove si iscrive alla Facoltà di lettere e filosofia.

A Pisa si laurea con una tesi di letteratura nel 1928, l’anno successivo prende il diploma di perfezionamento con una tesi sui canti di Leopardi, e Attilio Momigliano lo sceglie come assistente.

Dal 1930 lavora anche come segretario-economo della Scuola Superiore Normale.

Alla fine del 1932 la tessera del partito fascista divenne obbligatoria per i dipendenti statali che avessero voluto conservare gli incarichi: Capitini la rifiutò.

Drammaticamente, l'alternativa gli fu imposta da un altro grande pensatore, Giovanni Gentile, da tempo schierato con il regime fascista, riformatore della scuola italiana e in quegli anni direttore della Scuola Normale. Un intellettuale che rimase, fino alla tragica morte, fedele al fascismo ma non poté impedire che la Scuola Normale fosse nei fatti una bollente officina di libertà e di antifascismo.

"...il fascismo non mi prese minimamente, e se non partecipai attivamente alle iniziative politiche opposte fu solo perché ero tutto preso dalla mia costruzione culturale e dai miei malanni.

Oggi mi pare quasi impossibile che né la "Rivoluzione liberale", né i socialisti né Gramsci mi abbiano preso, tra il 1921 e il 1924, e io lo attribuisco anche al fatto che la fragilità della salute mi aveva indotto ad andare in campagna per rimettermi (facevo il precettore), e questo mi staccò dalle ripercussioni dirette della politica, che pur seguivo.

O forse si potrebbe dire che io dovevo fare solo quando avrei potuto dare aggiunte singolari e diverse, e in quegli anni veramente non ero ancora capace di dare qualche cosa, che doveva invece maturare per successivi momenti."

(ATTRAVERSO DUE TERZI DI SECOLO, pag.11)

Fino al 1924, anno in cui arriva a Pisa, Capitini non aveva mai partecipato ad una attività politica. In quella officina si compie la svolta verso un impegno diretto.

Capitini mette nel crogiuolo i suoi fortissimi interessi religiosi e politici e la sua personalità vivacissima: con gli antifascisti presenti alla Normale comincia a organizzare gruppi di opposizione clandestina e con l’amico Baglietto, dopo l’accordo fra il Vaticano e Mussolini, comincia a diffondere nuovi principi di vita religiosa e nonviolenta, sull’esempio di Gandhi in quegli anni conosciuto.

Nel gennaio del 1933, Capitini, costretto a lasciare Pisa, si ritira a Perugia, a casa del padre, nello studiolo sotto la torre comunale dove lo cercarono e lo conobbero moltissimi antifascisti, fra i quali decine di politici e intellettuali che avrebbero poi costruito l’Italia democratica come Luigi Russo, Antonio Banfi, Federico Chabod, Piero Calamandrei, Francesco Flora, Carlo Ludovico Ragghianti, Ranuccio Bianchi Bandinelli, Piero Pancrazi, Delio Cantimori, Enzo Carli, Norberto Bobbio, Guido Calogero, Cesare Gnudi, Mario Alicata, Girolamo Sotgiu, Sergio e Miriam Donadoni, Umberto Morra, Giaime Pintor, Ugo Stille, Carlo Salinari, Cesare Luporini, Guido De Ruggiero, Gianfranco Corsini, Tommaso Fiore, Gabriele Pepe, Giorgio Spini, Manara Valgimigli, Luigi Salvatorelli, Tristano Codignola, Enzo Enriquez Agnoletti e altri.

Visse poveramente di lezioni private fino alla fine della guerra mondiale.

Assieme alla monarchia, agli alti gradi dell'esercito e al Vaticano, l'alta cultura italiana fu, nel giudizio di Aldo Capitini, una delle quattro grandi forze che scesero in campo per appoggiare e consolidare la dittatura fascista.

Perugia - S. Pietro

Dopo i primi anni di governo, l'appoggio (dell'alta cultura) andò crescendo in intensità e in estensione. La cultura antifascista era in minoranza.

La collaborazione di molta cultura è forse l'episodio più doloroso della vita italiana di quel ventennio. Anche perché la forma della collaborazione prese caratteri tra i più ripugnanti: non arrischiar nulla, eccesso di zelo, ipocrisia, adulazione, irrisione agli isolati e perseguitati, creazione di teorie artificiose e in cui non si credeva, disprezzo della libertà... a cui dovevano, quegli ingrati, il buono che avevano nel cervello."

(PRIME IDEE DI ORIENTAMENTO, pag.19)

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