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A. Capitini - Libero religioso

 

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La Madonna

 

Capitini fu solitario in quegli anni a coniugare l'antifascismo con la scelta religiosa e la pratica nonviolenta.

Lasciata l’amata letteratura, per la quale continuerà a scrivere soltanto poesie su temi religiosi, dal 1933 si dedica all’attività antifascista dentro e fuori Perugia e agli studi filosofici per "costruire - come scriverà poi - le giustificazioni dell’opposizione al fascismo e della costruzione libero-religiosa".

In quei tempi terribili, contro l’esaltazione quotidiana della violenza e della guerra ostentata dal fascismo e non contrastata da tanti intellettuali e da tanti cattolici, prese, come scrisse più tardi, da Gandhi l'idea del metodo nonviolento impostato sulla non collaborazione, da Francesco d'Assisi il richiamo ai valori originari del cristianesimo, dal pensiero moderno quella che chiamò la serissima applicazione dei principi di libertà, di fratellanza, di eguaglianza.

"Davanti al fatto che l'istituzione religiosa tradizionale nessun aiuto dava a contrastare un regime che era sbagliato dai punti di vista della libertà, della socialità, dell'educazione, mi ritrovai costretto a risalire direttamente ai maestri di vita religiosa, a contatto prossimo con quello spirito e quel metodo: Gesù Cristo, Buddha, San Francesco, Mazzini, Gandhi."

(RELIGIONE APERTA, pag.11)

"Durante il fascismo furono pochissimi i religiosi (credenti tradizionali e liberi religiosi) che si opposero fino in fondo e con sacrificio, mentre la moltitudine innumerevole, guidata da ecclesiastici che approvavano, inneggiavano e collaboravano strettamente, non fece quella opposizione che, con metodo gandhiano, avrebbe bloccato il fascismo nei primi anni…

Tanto si sarebbe potuto ottenere con mezzi semplicemente religiosi! Molte cose ci dicono purtroppo che anche oggi i religiosi sono assenti, dispersi o conniventi con la potenza."

(LETTERA DI RELIGIONE, in Il Potere di Tutti, pag.310)

Nell’impegno antifascista clandestino matura in Capitini la convinzione di fare della religione il principale elemento della sua lotta per la libertà, come Gandhi in India.

Capitini in quegli anni è tra i primi a immettere, nel pensiero, nella cultura occidentale la riflessione sulle idee di Gandhi, sul nesso che esiste tra religione e politica quando la nonviolenza unisce i mezzi e il fine della lotta.

Gandhi fu il suo vero modello di "libero religioso", il grande esempio che lo illuminò fin dall’inizio. Da Gandhi prese la consapevolezza che scegliere una vita religiosa nel mondo contemporaneo significa fare vita pubblica e combattere per trasformare il mondo con il mezzo più congruo e più alto che possa unire religione e politica, la nonviolenza.

"Gandhi ha preso la nonviolenza dall'essere atto di pochi individui, come nel passato religioso dell'Oriente e dell'Occidente, e ne ha fatto un metodo per milioni di persone.

Come i gruppi dei cristiani nei primi secoli erano nonviolenti, come i gruppi dei francescani, così i gruppi gandhiani; ma questi sono stati capaci di organizzare il metodo nonviolento socialmente per grandi moltitudini; è un metodo che, in questa forma, si sviluppa da pochi decenni, mentre le lotte violente, le stragi, le guerre durano da millenni; si capisce che il metodo nonviolento potrà perfezionarsi, scoprire nuovi modi, allargare i suoi esperimenti.

Gandhi diceva:" Io sono un idealista pratico" che cioè mette in pratica le idee, le sperimenta, e così pensava che gli altri potessero provare e far meglio."

(LA NONVIOLENZA OGGI, in Scritti sulla nonviolenza, pag.166)

" Il Metodo di Gandhi ha il merito di aver portato il nesso di purificazione, verità-nonviolenza, da ricerca e pratica individuale, ascetica, alla vita dei popoli, alle lotte politiche e sociali, strumento di liberazione per milioni e centinaia di milioni di persone.

Religione e politica diventano così una cosa sola; l'azione è congiunta al pensiero; la riforma politica e sociale procede insieme con la riforma religiosa.

(AGGIUNTA RELIGIOSA ALL’OPPOSIZIONE, pag.178)

Il Mahatma Gandhi  Martin Luther King Jr.

In questo secolo è stato Aldo Capitini, insieme a Gandhi e a Martin Luther King, a dare il maggior contributo alla teoria e della pratica della nonviolenza. Come ricorda Norberto Bobbio, "all’ideale della nonviolenza dedicò la parte migliore di sé stesso; ne fu il filosofo, il maestro, il propagatore e l’infaticabile organizzatore".

Dal 1933 al 1944, anno della liberazione di Perugia da parte degli eserciti alleati, scrisse i primi quattro libri, nei quali delineava la sua posizione di riformatore religioso: "Elementi di un’esperienza religiosa" nel 1937, "Vita religiosa" nel 1942, "Atti della presenza aperta" nel 1943, "La realtà di tutti" nel 1944.

Con quella che egli stesso definì la "tetralogia religiosa", Capitini aveva costruito le coordinate fondamentali per la sua vita religiosa: negli anni seguenti le approfondirà con gli studi, l’impegno politico, le pubblicazioni, l’ultima delle quali, "La compresenza dei morti e dei viventi" uscita nel 1966, due anni prima della morte, rappresenta il più complesso, anche se non definitivo, traguardo del suo pensiero in questo campo.

La religione di Capitini sorge da una "coscienza appassionata della finitezza umana"; ma, al contrario degli esistenzialisti allora sconosciuti in Italia, per Capitini, questa coscienza della finitezza non significava disperazione, rassegnazione alla realtà o, tornando indietro, aspettativa di una vita migliore nel regno dei cieli della religioni trascendentali.

La religione di Capitini è rifiuto della realtà che dà il dolore e la morte, ma è anche lotta per trasformare il mondo e la società ingiusta e violenta. E’, come in Gandhi, riforma religiosa e riforma sociale insieme, con l’apertura di amore per tutti gli esseri, con il proposito di non uccidere, di non usare violenza di alcun tipo contro nessuno.

"Quando incontro una persona e anche un semplice animale non posso ammettere che quest'essere vivente se ne vada nel nulla, muoia e si spenga, prima o poi, come una fiamma.

Mi vengono a dire che questa realtà è fatta così, ma io non l'accetto. E se guardo meglio, trovo anche altre ragioni per non accettare la realtà così com'è ora, perché non posso approvare che la bestia più grande divori la bestia più piccola, che dappertutto la forza, la potenza, la prepotenza prevalgano: una realtà fatta così non merita di durare.

E' una realtà provvisoria, insufficiente ed io mi apro ad una sua liberazione dal male ( che si presenta a noi) nelle forme del peccato, del dolore, della morte."

(RELIGIONE APERTA, pag.12)

" Ho sentito che rimaneva nella realtà tanto che non potevo accettare che continuasse:....che ci siano il dolore, la morte, la perfidia, la tanta stoltezza e mollezza negli esseri viventi che attira l'inganno per dominarli, e tante cose orrende e sbagliate nella realtà, nella società, nella umanità."

(LETTERA DI RELIGIONE, in Il Potere di Tutti, pag.189)

Rifiutare la realtà e la società che da essa sorge, tendere a liberarsi dalle loro ingiustizie è l’atteggiamento profetico in cui si svolge la protesta di Capitini: il profeta è il contrario del sacerdote o del burocrate che hanno la funzione di conservare e difendere l’esistente, la istituzione; il profeta è colui che rompe con il potere religioso e politico, è colui che annuncia l’apertura a una realtà nuova e liberata.

"Il profeta annunciando una verità si pone in aperta polemica con la realtà circostante, e sollecita questa diffidenza verso il presente e questa apertura al futuro, in nome di valori che non vede dispiegarsi nella loro autenticità, se non in antitesi recisa con ciò che è attuale."

(L'ATTO DI EDUCARE pag.8)

Capitini che vive "la coscienza appassionata della sua finitezza" dopo cinque secoli di filosofia occidentale, dopo la critica storica degli studiosi alle fonti mitiche delle religioni tradizionali, in un mondo aperto alla conoscenza, allo scambio e al confronto tra le civiltà, non era un credente della trascendenza, aveva accettato dall’idealismo la ricollocazione dell’uomo al centro del mondo, non rimandava il nostro destino al regno dei cieli, tanto meno dopo un giudizio senza possibilità di riscatto.

" Penso che ciò che in ogni caso è inaccettabile e irrispettoso di Dio, è che la "libertà" dell'individuo sia punita con un fuoco eterno, cioè che si faccia soffrire uno che può cambiare. Come può il cristiano che è andato in Paradiso essere infinitamente beato, cioè felice, se sa che vi sono tormentati in eterno? Anzi se egli, secondo la teologia cattolica, godrà di quei tormenti non pensando ai sofferenti, ma pensando che in quel modo si realizza la giustizia di Dio...

(SEVERITA’ RELIGIOSA PER IL CONCILIO, pag.31)

L’escatologia di Capitini non rinvia a nessun al di là, ma trova la vicinanza di Dio, la consapevolezza dell’eternità qui e subito nella compresenza dei morti e dei viventi quando si realizzano i valori, a cominciare dai migliori, la bontà, la bellezza, la giustizia, quando si opera con la nonviolenza per trasformare il mondo.

Capitini prende da Croce il concetto di valore. Ai grandi valori di Croce, il bello, il vero, il buono, Capitini aggiunge i suoi: il tu, la nonmenzogna, l’arte, la liberazione, l’educazione e altri.

Tutti nella nostra vita realizziamo valori con una atto di bontà, lottando per la giustizia, lavorando con serietà, ascoltando una bella musica, facendo arte: lo scopo è di allontanare da noi e dal mondo i disvalori dell’ignoranza, dell’ingiustizia, dell’odio, della violenza, della morte.

" Quando si vive di questi valori, e ci si interessa e appassiona per la bellezza artistica, per la bontà, per la giustizia nella società, per un ideale morale più alto, per un sentimento e uno slancio nobile e appassionato, per la verità e la più coerente organizzazione mentale, non ci si domanda che cosa ci stanno a fare, i valori, e perché noi viviamo....

Beato Angelico - Il discorso della montagna

Più amiamo quei valori, più il perché della vita scompare: chi ama non si domanda il perché del suo amore."

(VITA RELIGIOSA, pag.8)

" Dal principio religioso che ogni valore (bontà, arte, onestà ecc.) è opera non del singolo ma della intima cooperazione di tutti,....deriva che tutto è di tutti e tutto spetta a tutti....anche ai vivi ed ai morti, ai pallidi, agli stroncati, agli afoni, ai pazzi."

(AGGIUNTA RELIGIOSA ALL'OPPOSIZIONE, pag.128)

In questo mondo in cui valori e disvalori sono mescolati drammaticamente, la scelta religiosa realizza i valori e tende a una realtà liberata da ogni disvalore.

La realizzazione corale dei valori, a cui partecipiamo tutti, viventi e morti, è la religione aperta di Aldo Capitini, è la "compresenza".

" Ecco il Vesuvio erutta lava e cenere infuocata, e copre e seppellisce Ercolano e Pompei.

C'erano esseri umani e animali, la lava è caduta su di loro, li ha fermati e chiusi, soffocandoli e carbonizzandoli. Essi svolgevano la loro vita, il loro sentire, il loro pensare, avevano fiducia nel sole e nella natura, ripigliavano la vita ad ogni mattino.

Altrove e in altro tempo la stessa cosa hanno fatto terremoti, inondazioni, incendi contro una parte degli esseri.

Ma se io mi apro ad un essere vivente volgendogli rispetto e affetto, e così ad un altro, e nell'animo sarei disposto a farlo verso tutti, arrivando all'orizzonte di tutti, non posso più accettare la natura e i suoi fatti che, senza capire, mi sottraggono una parte degli esseri.

Se arrivo all'orizzonte di tutti, se mi interessa la realtà di tutti, capisco la realtà della vicinanza di tutti fra tutti, capisco la loro compresenza."

(OMNICRAZIA, in Il Potere di Tutti, pag.60-61)

La liberazione dal male del mondo si raggiunge trasformando i mondo, operando quella che Capitini chiama "tramutazione". La tramutazione non è un semplice mutamento della realtà di questo mondo, che rischia di lasciarlo come lo ha trovato; è rifiuto di questa realtà con l’aggiunta religiosa di "amare tutti e coltivare i valori".

Subito dopo la fine della guerra, usando gli spazi della conquistata democrazia, Capitini promosse numerose iniziative per portare a conoscenza della opinione pubblica la riflessione maturata sui temi della religione e delle sue istituzioni.

" Al vedere un'istituzione, che si diceva religiosa e non esitava a compromessi con forze oppressive, al vedere la cedevolezza dei seguaci di quella istituzione, noi cercammo altrove la religione....

Cercammo la religione nelle affermazioni più pure di anime intrepide, nelle fonti del Vangelo, di San Francesco, di Gandhi, e ci salvammo in una assoluta fedeltà ai principi di nonviolenza, nonmenzogna, noncollaborazione."

(NUOVA SOCIALITA' E RIFORMA RELIGIOSA, pag.138)

Capitini contava giustamente sulla disapprovazione e sulla dissociazione, presente in vaste zone d’Italia e in ampi strati della società, verso la politica della Chiesa, di cui tutti ricordavano l’allineamento al regime fascista e la non opposizione alle sue guerre, fino all’ultima e più disastrosa avventura, al seguito di Hitler.

Da politico "diverso" qual’era, Capitini non aveva messo in conto la posizione del Partito comunista italiano, guidato da Togliatti, che poneva in primo piano la collaborazione con in cattolici della Democrazia Cristiana per la politica di unità nazionale e di ricostruzione dello stato democratico e che, nella logica di questa scelta, era volta a rassicurare il Vaticano sul rispetto del Concordato, firmato con Mussolini nel ’29, comprese le clausole medioevali contro gli ex-preti.

Una manifestazione recente

In più i partiti di sinistra, diffondendosi nel paese e accogliendo nelle loro file milioni di operai e contadini, cattolici praticanti, non giudicarono opportuno, né politicamente né ideologicamente, sollevare polemiche e provocare traumi, chiedendo alla Chiesa e ai tanti cattolici schierati con la dittatura le motivazioni religiose del loro appoggio al fascismo e alle guerre fasciste.

Guidati da una classe dirigente marxista, atea e laica, i partiti di sinistra e le grandi organizzazioni sindacali non pensarono mai a coniugare l’educazione socialista dei loro militanti con riflessioni sui problemi della fede, riflessioni che da secoli, almeno dalla Controriforma, sono evitate e rimosse nella cultura della società italiana.

"Il lavoro di sviluppo democratico nei vari modi politici, sindacali, civili, amministrativi, culturali, è utile per svolgere e articolare quelle libertà, in cui sorge la nuova autorità, per arrivare ai punti brucianti, decisivi, che fanno crollare la vecchia metafisica, ed aprono alla liberazione religiosa, alla trasformazione dell'uomo.

Perché solo così ci si può salvare per sempre dalla vecchia Chiesa e dalla sua insufficiente religione.

Credere che un tanto imponente passato possa esser vinto con semplici riforme amministrative, quando non si sia frapposta una rivoluzione religiosa di distacco dal medioevo, è un errore: appunto perché grande è il passato cattolico dell'Italia, bisogna tendersi ad un complesso e profondo avvenire.

Altrimenti gl'italiani tornano a gravitare sul cattolicesimo. Il punto dell'apertura è la dissoluzione del vecchio individuo, da cui sorge il trascendentismo, il miracolismo, il "Signore", l'autorità nel vecchio senso.

Le premesse sono una formazione culturale moderna, per cui cade l'antica impostazione dei dogmi e della morale; una struttura civile di autoamministrazione; uno sviluppo di strutture economiche cooperative e collettivistiche …

Ma la punta di questa riforma sociale è religiosa, ed è la fine dell'individuo chiuso, la sua apertura alla trasformazione della realtà.."

(NUOVA SOCIALITA' e RIFORMA RELIGIOSA, pgg.211-217)

"Il fatto è che i princìpi di cui parlo, lavorando per una riforma religiosa, sono nuovi appunto perché il mondo cristiano ha abbandonato quelli originari cristiani, a cui, in parti essenziali, questi, della riforma di cui parlo, sono tanto vicini, e senza dubbio più vicini che a quelli che tanto mondo cattolico e protestante ha accolto in sé, come quelli della guerra (condotta anche da Papi), della ricchezza, dell'oppressione e uccisione per ideologia (non dice S.Tommaso che l'eretico deve essere ucciso? e Calvino non fece giustiziare Serveto?)"

(LETTERA DI RELIGIONE nel Il Potere di Tutti, pag.223)

Nell’ottobre del ’46 Capitini organizzò a Perugia con l’ex-prete Ferdinando Tartaglia il Primo convegno sul problema religioso nel mondo attuale e per una possibile riforma religiosa in Italia, dal quale uscì il "Movimento di religione", che proseguì il suo lavoro con incontri e pubblicazioni fino al 1954.

Nel 1952 creò a Perugia il Centro di Orientamento Religioso, C.O.R., nel quale ogni domenica si esponevano e discutevano temi spirituali, sociali, artistici, legati alle diverse religioni, introdotti da invitati di ogni fede politica e religiosa, che si chiuse soltanto con la morte di Capitini nel 1968.

Collegate al "Movimento", Capitini inizia nel 1951, e prosegue anche per quelle fino al 1968, la pubblicazione di 63 "Lettere di religione", sempre su temi religiosi e politici, che inviava periodicamente a molti amici e conoscenti in tutta l’Italia e che sono raccolte nel libro postumo "Il Potere di tutti".

Il contrasto di Capitini con i vertici della Chiesa Cattolica, iniziato con la diversa posizione di fronte alla dittatura fascista, culminò nel dopoguerra con una condanna all’indice dei suoi libri "Religione aperta" nel 1955 e "Discuto la religione di Pio XII°" nel 1957.

In seguito a un processo svoltosi a Firenze nel febbraio 1958, promosso dai coniugi Bellandi di Prato contro il vescovo cattolico della città, che li aveva accusati di essere "concubini" per essersi sposati soltanto con il matrimonio civile, processo seguito con molto interesse dall'opinione pubblica italiana già sensibile a certi temi, Capitini scrisse, imitato da una cinquantina di perugini, una lettera al vescovo di Perugia, chiedendo di essere cancellato dall'elenco dei battezzati, simbolo, a suo parere, di sudditanza forzosa all'autorità non più riconosciuta della Chiesa.

Sul tema Capitini scrisse nel 1962 un libro, "BATTEZZATI NON CREDENTI".

Aldo Capitini fu il primo "libero religioso" della storia italiana. I suoi modelli italiani, Francesco d’Assisi e Giuseppe Mazzini, quantunque da lui amati, studiati e citati, non possono, per varie ragioni storiche e politiche, avvicinarsi alla figura ideale che Capitini aveva nella mente e nel cuore.

In questa fine di secolo, tuttavia, sui temi significanti della sua religiosità, come quelli di un Dio sempre comprensivo per la sofferenza degli uomini e mai giustiziere che commina condanne per l’eternità; della nonviolenza come valore fondamentale in campo religioso e politico; dell’incontro ormai più che maturo fra le religioni per operare insieme, al di sopra dei rispettivi riti, nella ricerca della pace e della giustizia in questo mondo; della vita pubblica da spendere in difesa degli ultimi come principale testimonianza di fede, in accordo con l’invito evangelico a "deporre i potenti ed innalzare gli umili"; su questi e altri temi, le idee di Capitini sono oggi lette da molti, all’interno della Chiesa Cattolica, non più come eretiche ma come stimolo di riflessione e di apertura. "...quel suo (di Gesù) richiamo a non sfuggire da ciò che importa sommamente, dandosi al culto, al tempio, al rispetto pedante del sabato; e sopratutto il richiamo a "fare" verso gli altri senza badare al loro singolo merito, il fare aperto che sta prima del giudicare e ne fa a meno.

Nicholas Poussin - Cristo consegna le chiavi a Pietro - XVII sec

Questa idea del fare aperto è il sommo e sta tanto a cuore a Gesù Cristo che egli dice: ciò che fareste agli altri, e particolarmente ai sofferenti, ai bambini, è come se lo faceste a me; che è il principio più dimenticato da tanti cristiani. I quali hanno preferito innalzare Gesù già negli stessi Vangeli, chiuderlo nella nicchia dell'adorazione, allontanarlo nell'apoteosi dell'Ascensione, invece di cercarlo risorto nel volto di ogni essere incontrato."

(RELIGIONE APERTA, pag.230)

 

 

 

 

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