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A. Capitini - Problemi e soluzioni
 

     Pino Daniele - Na Tazzulella 'E Cafe'

Caduta del muro di Berlino

Due riflessioni sono ritenute da Capitini molto importanti per preferire la nonviolenza nella rivoluzione socialista.

In primo luogo, le tecniche della nonviolenza non solo permettono ma esigono la partecipazione di tutti alla lotta, al di sopra delle differenze intellettuali, culturali, economiche, sociali, fisiche, di età, di collocazione geografica, di razza, di religione.

In secondo luogo, tenendo conto dei risultati nella storia, compresi quelli del socialismo reale, la conquista nonviolenta del potere, proprio per aver cercato, trovato e utilizzato una larga base di consenso e per aver rifiutato la distruzione e l’umiliazione degli avversari, dà maggiori garanzie di stabilità e di consenso duraturo.

" La scelta della rivoluzione nonviolenta al posto di quella violenta dipende dalla fiducia che i mezzi della nonviolenza assicurano, a lungo andare, una maggiore stabilità alle conquiste."

(OMNICRAZIA, in Il Potere di tutti, pag.86)

"Se avviene questo spostamento, dalla speranza del trionfo politico-militare ("ha da venì", si diceva) al mutamento religioso..., si vedrà che la trasformazione sociale e politica viene di conseguenza, anzi proprio nello stesso tempo, ma dal basso, per opera di tutti.

Una rivoluzione religiosa e sociale, che ha questo di nuovo, che non è come le altre rivoluzioni fatte da un gruppo che si è impadronito del potere e ha imposto, anche con la violenza, il terrore, la illibertà, i cambiamenti di strutture, ma questa volta ha la partecipazione dal basso e opera con la nonviolenza, senza la distruzione degli avversari."

(LETTERA DI RELIGIONE, in Il Potere di tutti, pag.417)

Come arrivare alla conquista del potere con la rivoluzione nonviolenta dal basso?

" E se è vero ciò che io penso, che il culmine della civiltà di un popolo è quando egli sia capace di sostituire alla lotta armata, ai colpi di mano, alle mischie dei fronti di battaglia, la "noncollaborazione" decisa, netta, eroica, che preme proprio per la forza della compattezza e risolutezza e convinzione, unita ad una censura che ha il carattere severo e affettuoso della madre che disapprova, i C.O.S (Centri di orientamento sociale) sono i punti di raccolta di questo spirito, le fortezze della nonviolenza, le catacombe, luogo di formazione di una solidarietà democratica antitirannica."

(NUOVA SOCIALITA' E RIFORMA RELIGIOSA, pag.240)

" Per trasformare tutta la società, è, dunque, necessario cambiare il metodo, e farla comiciare dal basso invece che dall'alto. Bisogna cominciare uno sviluppo del controllo dal basso che dovrà crescere sempre più.

Anzitutto essendo uniti. ..Essere uniti, ma anche attivi, pronti a dedicare un pò di tempo, un pò di energie, un pò di soldi, a organizzare libere associazioni, perfezionandole sempre più.

E bisogna anche cercare di conoscere i fatti, di sapere come vanno le cose politiche, sociali, sindacali, amministrative Per arrivare a queste è bene avere centri sociali, con libri, giornali, discussioni. Anzi una cosa fondamentale è riunirsi in una discussione settimanale, specialmente sui problemi della propria località."

(EDUCAZIONE APERTA I pag.251)

"...non ho mai cessato di insistere su questa aggiunta per tutti, di controllo dal basso, di centri sociali, di commissioni aziendali, di cooperative agricole, di organismi studenteschi nella scuola, di controllo degli enti di previdenza da parte degli associati, di educazione civica e popolare..."

(ANTIFASCISMO TRA I GIOVANI, pag.143)

La vita pubblica, intesa come realizzazione della scelta religiosa e morale, e’ un impegno quotidiano perché è in ogni momento della vita che scegliamo tra valori e disvalori.

"Ognuno deve imparare che ha in mano una parte di potere, e sta a lui usarla bene, nel vantaggio di tutti; deve imparare che non c'è bisogno di ammazzare nessuno, ma che, cooperando e non cooperando, egli ha in mano l'arma del consenso e del dissenso.

E questo potere lo ha ognuno, anche i lontani, le donne, i giovanissimi, i deboli, purchè siano coraggiosi e si muovano cercando e facendo, senza farsi impressionare da chi li spaventa con il potere invece di persuaderli con la libertà, la giustizia e l'onestà esemplare dei dirigenti."

(IL POTERE E' DI TUTTI, Anno 1 n°1 pag.1)

La critica che l'intuizione religiosa di Capitini ha sempre rivolto alla sinistra, di contare soltanto o soprattutto sugli efficienti, non tenendo conto degli innumerevoli esclusi, di quelli che egli chiamava volta a volta gli sfiniti, i sofferenti, gli stanchi, gli stroncati, i languenti, gli annullati, i dimezzati, i lontani, gli ultimi, i torturati, gli scomparsi, i colpiti dal mondo, questa critica è sostanzialmente giusta: aggravata, diremmo, dall'accettazione passiva del modello americano, centrato sull'esaltazione del tipo superefficiente, giovanile, aitante, pieno di salute, brillante, sicuro di sé, irridente ai deboli, con il conseguente e famigerato slogan sui poveri che sono poveri perché sono stupidi.

La nonviolenza attiva serve anche a cancellare la barriera tra la solitudine degli esclusi e i suddetti efficienti, perché le tecniche della nonviolenza hanno bisogno, per riuscire vittoriose, di tutti, compresi gli esclusi, e possono dare a tutti gli emarginati una dignità e una autocoscienza utili sia in politica che negli altri momenti della vita.

L'espressione più valida del potere di tutti, indicata nel controllo dal basso, è un'occasione riservata innanzitutto ai più deboli, che per suo mezzo hanno la possibilità e la opportunità di difendersi dall'incomprensione e dalle angherie dei superefficienti.

Gli esclusi

"L'affermazione che facciamo da anni... è che "il potere è di tutti", e la prima concretizzazione di questo principio è il valore dell'assemblea permanente, o periodica (che è lo stesso)....

Noi sostenevamo e sosteniamo che l'assemblea va costituita dappertutto. Nelle scuole, nelle fabbriche, nella aziende agrarie, nelle parrocchie, negli ospedali, negli enti previdenziali e assistenziali,... perfino nelle carceri, nei limiti - ben s'intende - dell'ordine generale.

Le assemblee hanno il compito di controllare le varie e onnipotenti burocrazie, di conoscere le entrate e le spese, di proporre mutamenti."

(OMNICRAZIA, in Il Potere di tutti, pag.180)

La rivoluzione socialista nonviolenta, che viene dal basso per opera di tutti, organizzerà il potere contrastando il vecchio centralismo con le assemblee e l’opinione pubblica, e sostituendolo con la diffusione, il consolidamento e il contributo di quella rete di associazioni, di centri, creati e gestiti dai cittadini in tutti i luoghi dell’amministrazione, della produzione, dei servizi, del territorio; la stessa rete che produce il consenso e permette la conquista democratica della maggioranza per governare.

" Ogni società fino ad oggi è stata oligarchica, cioè governata da pochi, anche se rappresentanti di molti; oggi specialmente, malgrado la diffusione di certi modi detti democratici, il potere (un potere enorme) è in mano a pochi, in ogni Paese. Bisogna, invece, arrivare ad una società di tutti, alla omnicrazia."

(LETTERA DI RELIGIONE, in Il Potere di tutti, pag.408)

" Il potere deve diventare di tutti mediante la trasformazione parallela degli animi e delle strutture.

Se manca la libertà d'informazione e di critica, di espressione e di associazione, di controllo e di protesta, un ordine di leggi è difettoso, prepotente, ingiusto, violento e non si forma una buona classe dirigente."

(RIVOLUZIONE APERTA, pag.6/7)

"L'espressione "dal basso" vuol dire esattamente muovere dai singoli, nella loro esistenza e molteplicità, nelle loro condizioni anche elementari di vita, di benessere, di cultura."

(OMNICRAZIA, in Il Potere di tutti, pag.90)

La fiducia di Capitini nel funzionamento della assemblee non è condivisa da molti.

Occorre ricordare che non ci sono alternative credibili, nell'ambito democratico, all’oligarchia gestita da chi possiede i mezzi più potenti. La delega che usiamo con le elezioni ha scadenze troppo lunghe e non consente né revoche né controlli efficaci sugli eletti.

L’uso corretto delle assemblee ha bisogno di regole e deve fondare il suo carisma sull’accettazione e sull’educazione di tutti alla nonviolenza.

"E' chiaro che la costruzione nonviolenta non è riformismo...Per noi le libertà costituzionali, la democrazia parlamentare e consiliare locale, la legge per l'obbiezione di coscienza, le commissioni interne e le mutue, il referendum, sono strumenti, da non spregiare, ma da non idolatrare.

Quelli che li spregiano finiscono per affidarsi al pugno forte dei gerarchi e dei militari; noi che li utilizziamo sappiamo che sono semplici strumenti, perché la nostra finalità è la presenza costante e il potere di tutti, perciò vorremmo, oltre il Parlamento, decine di migliaia di "centri sociali" in tutti i villaggi e rioni, e decine di migliaia di "commissioni di controllo" in tutti gli enti...

"I rivoluzionari" ci restano talvolta indietro col fiato grosso, e finiscono per accontentarsi di qualche pezzo di potere, mentre noi lo vogliamo tutto e per tutti.

(sul periodico "AZIONE NONVIOLENTA" in Scritti sulla nonviolenza, pagg.433-434)

Capitini non esalta il ruolo dei partiti, che sono strutture democratiche ma nati per conquistare e gestire il potere.

Anche se animati dalle migliori intenzioni, i partiti sono formazioni chiuse e spesso settarie; "quando vincono trasformano le idee, che prima erano di rottura e di novità, in istituzioni controllate e chiuse, con il pericolo della corruzione, del conformismo, della rinuncia al nuovo, all’apporto di nuove idee che sorgano dalla società".

"Certo, il mio ideale è quello di un popolo che non ha bisogno di partiti politici (con la loro chiusura e il non riconoscimento dei propri limiti e della propria insufficienza), ma che trae le sue idee e esplica la sua attività in libere associazioni culturali, tecniche, morali, religiose, seguendo e partecipando alla libera stampa; solo all’avvicinarsi delle elezioni potrebbero formarsi comitati per la desiganzione di candidati e per la lotta.

I più deboli che sono anche il nostro futuro

Per questo sono stato fautore, e sono, della diffusione di associazioni del tipo dell’U.D.I. (Unione donne italiane), del Fronte della Gioventù, dei C.O.S. (Centri di orientamento sociale), aperti a tutti, e che debbono sostituire ai comizi le pubbliche conversazioni; per costituire quella presenza di tutti, quella civiltà di tutti, che sarà domani…

Ma c’è altro ed è questo su cui ha lavorato in questi ultimi mesi un gruppo di giovani. Ha riconosciuto la necessità di affermare il limite della politica, non rinunciando ad essa, ma aggiungendo fondamentali posizioni di coscienza che impegano più e prima dell’azione politica. Lo scopo è di trovare e costituire un fondo saldo al socialismo, alla sinistra italiana; di sottrarla ad un certo politicismo, tatticismo, pseudorealismo machiavellico diseducatore…

Per noi le strutture giuridiche, economiche, politiche, non sono sufficienti se non c’è un animo che le integra con un senso continuo delle singole persone, con ascoltarle, comprenderle, favorirne il libero sviluppo, Perciò vogliamo che il rilievo e il valore siano nella società e non nello Stato, nel cittadino e non nel poliziotto e impiegato, nel consiglio deliberante e non nel funzionario."

(da "Italia socialista" del 5 ottobre 1947 in NUOVA SOCIALITA’ E RIFORMA RELIGIOSA, pag. 32)

Capitini intuiva già negli anni sessanta l’aiuto che potrebbe venire alla diffusione dell’informazione, al controllo dal basso, al potere di tutti dalle innovazioni scientifiche, computer, automazione, internet, satelliti; senza ignorare naturalmente l’uso per obbiettivi opposti che se ne fa.

"Il perfezionamento della tecnica, in séguito a nuove ricerche scientifiche, può condurre ad una semplificazione dell'esecuzione di molte operazioni: l'automazione rientra in questo progresso.

Se il dominio di un processo meccanico è possibile con poca fatica e con poche conoscenze, sarà possibile estendere a moltissimi tali còmpiti, almeno per brevi periodi a turni...

Questo discorso...può allargarsi al potere, nel senso che potrà avvenire che moltissimi acquisteranno l'attitudine di dirigere, se ci sarà un frequente avvicendamento nei posti di direzione...

L'avvicendamento deve essere permanente, in modo che la rotazione delle cariche impedisca il formarsi di una casta di tecnòcrati largamente dominante dappertutto."

(OMNICRAZIA, in Il Potere di tutti, pag.94)

Alla democrazia in generale e a maggior ragione all’omnicrazia viene mossa la critica di non tenere conto dei ritmi e dei bisogni dell’impresa moderna.

Una famosa riunione della "Trilaterale", il convegno annuale dei potenti del mondo capitalista, aveva negli anni sessanta raggiunto la unanime e pubblica convinzione della incompatibilità fra l’allargamento della democrazia e lo sviluppo delle imprese. Molte risposte negative furono date in nome dei principi etici, ecologici, politici, sociali, ma la tendenza dei profitti sembra ancora quella.

"Le società attuali sentono sempre meno l'obbligo di tenere un conto adeguato dei due elementi che trasformano la democrazia in omnicrazia: le assemblee e l'opinione pubblica.

C'è una continua manipolazione delle une e dell'altra, e il rispetto per esse è molto spesso ipocrita. E' molto più sbrigativo fare a meno di loro, liquidarle, sostituendo un principio autoritario, dall'alto, di imperio.

Una società che fa dell'efficienza del suo funzionamento materiale il supremo valore, si capisce come arrivi alla soppressione di quei due elementi, che sembrano inutili o dannosi perditempo rispetto all'efficienza."(OMNICRAZIA, in Il Potere di tutti, pag.95)

"Non si deve separare la "efficienza" dalla "partecipazione comunitaria", che è un fine altrettanto importante; anzi certe volte la storia ha cura di sviluppare più la seconda che la prima, guadagnando in legami che uniscono gli uni agli altri, e perdendo in risultati tecnici; ma non è detto che siano epoche meno importanti per la civiltà."("OMNICRAZIA, in Il Potere di tutti, pag.82/83)

"Non può essere invocato il criterio della pura e semplice "efficienza" nell'assicurare la convivenza umana, perché:

1°) bisogna sempre calcolare quanto viene a costare tale efficienza; se il suo prezzo fosse eccessivo, bisognerebbe rinunciarvi;

2°) bisogna ammettere che sia possibile perdere deliberatamente di efficienza per acquistare, alcune volte, un altro valore."(OMNICRAZIA, in Il Potere di tutti, pag.80/81)

Il decentramento del potere caratterizza una società sottoposta al controllo attivo di tutti."In un mondo in cui si estendono imperi e controimperi, abusando dei poteri ricevuti o presi ai cittadini, vedo nei Centri aperti la ripresa del potere, il preannuncio di un decentramento che restituisce valore ai rapporti tra persona e persona, ai controlli continui dal basso, al ritmo stesso della vita liberato dall'imprigionamento nelle supercittà.

I Centri sono la forma istituzionale della nuova vita religiosa e sociale.

"(LETTERA DI RELIGIONE, in Il Potere di tutti, pag.411) "

Manifestazione

Nella società attuale permane una concezione gerarchica e chiusa per cui i dirigenti di ogni ente si sentono impegnati soltanto davanti ai loro superiori. Invece la prima responsabilità di ogni ente è davanti al pubblico anonimo, e davanti a questo l'ente deve parlare e ascoltare, giustificando i propri provvedimenti in una determinata situazione e ascoltando suggerimenti e proposte.

Una vecchia tradizione centralistica (medioevale da un lato, napoleonica e burocratica dall'altro ) non ha creato l'abitudine a rendere conto al popolo anonimo; e il parroco, per esempio, non rende conto ai parrocchiani alla fine dell'anno delle entrate e della spese della parrocchia stessa e di beni che non sono personalmente suoi.(OMNICRAZIA, in Il Potere di tutti, pag.92)

"Proprio qui occorre fare la rivoluzione più decisa, che prende questi aspetti:1) ridurre la durata del potere e ammettere il diritto di revoca quando dal basso si ritenga errato quell'uso del potere; 2) creare molti organi intermedi e gruppi di lavoro per decisioni più particolari e per i controlli; 3) imporre ad ogni livello la convocazione frequente e periodica di assemblee 4) fornire all'opinione pubblica largamente le proprie informazioni ed ascoltare le critiche e le proposte."(OMNICRAZIA, in Il Potere di tutti , pag.92) Uno stato socialista, basato sulla nonviolenza, avrà tra i compiti primari l’educazione alla nonviolenza e alle sue tecniche.

"Per una posizione di nonviolenza è da generalizzare l'insegnamento delle tecniche della nonviolenza, addestrando tutti a saperle usare e fornendo loro i mezzi necessari: tali tecniche possono valere per le trasformazioni, o rivoluzioni, interne e per l'eventuale lotta contro invasori.Perciò il rifiuto assoluto della guerra e della guerriglia, e della tortura e del terrorismo, che li accompagnano, è il punto di partenza, la svolta, la condizione assoluta di una nuova impostazione del potere..."(OMNICRAZIA, in Il Potere di tutti, pag.97)E’ importante il modo in cui il nuovo stato socialista nonviolento si pone davanti alla violenza, soprattutto dei criminali, presente nella società.

" Noi, che ci troviamo in mezzo a questa civiltà di passaggio, non possiamo fare a meno di prendere elementi del benessere attuale...Così è per alcuni elementi come la proprietà nella forma privata, la difesa poliziesca della nostra esistenza, l'isolamento dei delinquenti, la differenza di stipendi, di abitazioni, di comodi.

Noi li accettiamo come la società attuale ce li offre, pur cercando di attenuarli e di portarli più vicini alla compresenza.E se viene fatto valere il principio che l'ordine legale, con i suoi elementi di forza e costrizione è a vantaggio dei deboli, che non potrebbero farsi ragione con la propria forza, noi dobbiamo vegliare che la "forza" sia effettivamente tale e non in realtà a vantaggio di una sopraffazione particolare, privata, di gruppo."(OMNICRAZIA, in Il Potere di tutti, pag.80)

" Si capisce che in un periodo di transizione, lungo o breve che sia...potrà avvenire ciò che il Gramsci dice, e l'abbiamo detto più volte anche noi, che finchè ci saranno persuasi della nonviolenza e non persuasi, accadrà che saranno usate forze dell'ordine, tutele coercitive di tipo "guardiano notturno" riducenti gradatamente i propri interventi". (OMNICRAZIA, in Il Potere di tutti, pag.112)" L'elemento Stato-coercizione si può immaginare esaurientesi a mano a mano che si affermano elementi sempre più cospicui di società regolata...Da una fase in cui Stato sarà uguale a governo...si dovrà passare ad una fase di Stato-guardiano notturno, cioè di un'organizzazione coercitiva che tutelerà lo sviluppo degli elementi di società regolata in continuo incremento e perciò riducente gradatamente i suoi interventi autoritari e coattivi."(GRAMSCI: NOTE SUL MACHIAVELLI, pag.132, ci t. in Il Potere di tutti, pag.111)

"Mentre non è possibile collaborare ad una violenza che prende la mano rispetto al motivo originario della convivenza sociale in cui le istituzioni sono strumento del potere di tutti, è invece possibile stare accanto a chi semplicemente usi la violenza entro la stretta disciplina di giovare alla convivenza di tutti nella loro evoluzione, una violenza in ambito modesto, strettamente condizionata dai modi (quante armi si possono usare che non uccidono!) accompagnata costantemente da un soffio omnicratico. Il persuaso della nonviolenza può, personalmente, non usare nemmeno questo tipo di violenza, se il suo compito è di richiamare costantemente il fine; ma comprende che c'è violenza e violenza, e quella per mantenere la convivenza di tutti è più giustificata di ogni altra."(OMNICRAZIA, in Il Potere di tutti, pag. 128/129)

"...l'azione dell'organo di polizia in una comunità è lontana da quegli eccessi di distruzione e di eccitazione psicologica e impersonale che ci sono negli eserciti e nella guerra: quell'azione (di polizia) è circoscritta, diretta specificamente contro chi porta violenza, e con lo scopo più di distogliere dalla tentazione che altro. Naturalmente il nonviolento tende ad altro, e a smobilitare polizie e prigioni, ed ha fiducia che questo sia possibile, perché crede alla superabilità del male e all'attuabilità di migliori rapporti fra gli uomini; e frattanto compie un'opera instancabile perchè la repressione sia umana e non torturatrice, educatrice e non vendicatrice, ma cooperante al bene anche del criminale stesso. Ma si rende conto che è l'ultimo organo a cui una comunità rinuncia, e solo quando ci sia un ampio sviluppo di modi nonviolenti di convivenza."(RELIGIONE APERTA, pag.152/153). La partecipazione di tutti al controllo e all’esercizio del potere, sia centrale che locale, pone due problemi che è bene affrontare già nella fase di avvio della rivoluzione socialista nonviolenta. Il primo problema è costituito dalla insufficiente cultura sia generale che tecnica della maggioranza della popolazione, che provoca ritardi e disfunzioni nella società e a tutti i livelli della macchina pubblica.

Il basso livello culturale dei cittadini, retaggio della rigida divisione classista della popolazione fino al 1950, superato ma non colmato dal benessere, ostacolava e ostacola la spinta e l’efficacia del controllo dal basso.

Capitini era In sintonia, anche su questo, con don Lorenzo Milani, che nell’agosto del 1960 visitò per la prima volta a Barbiana nel Mugello, uno sperduto gruppo di case in Toscana, dove il prete cattolico era stato esiliato dalla gerarchia ecclesiastica per le sue posizioni in difesa dei lavoratori. A Barbiana, don Milani suppliva alla mancanza di scuola pubblica, facendo lui stesso scuola privata ai ragazzi della zona montana circostante.

Veduta del paese di Barbiana

Agli amici intellettuali che venivano a visitarlo, don Milani chiedeva di parlare ai ragazzi e di farsi interrogare da loro e da lui: cosa che fece anche con Aldo Capitini, concentrando domande e risposte sul tema della nonviolenza. Capitini, fra l'altro, promise di realizzare un'idea di don Milani: la pubblicazione di un "GIORNALE SCUOLA", pensato per molti lavoratori di quel tempo, incapaci di affrontare la lettura dei quotidiani con la loro preparazione scolastica. Un giornale di un solo foglio, con un solo articolo per un tema importante e con il resto dello spazio dedicato alla spiegazione lessicale, geografica, storica, politica dell'articolo.Il "Giornale Scuola" fu pubblicato dal novembre del 1960 per quattro numeri mensili e diffuso in Umbria e in Italia da amici e conoscenti, con l'iniziale appoggio dei sindacati, poi venuto meno. Nel marzo del 1961 il "Giornale Scuola" chiuse per mancanza di fondi.

In attesa che la lotta per migliorare la qualità delle scuole pubbliche e private desse i suoi frutti, don Milani immaginava la diffusione nazionale del "Giornale Scuola" e auspicava che nelle migliaia di case del popolo, di sedi di partiti della sinistra, di sindacati, si facesse quello che aveva fatto lui a Calenzano di Prato: doposcuola e scuola serale per tutti i lavoratori, naturalmente a modo suo, con informazioni e dibattiti su tutto, inviti a esperti di ogni estrazione, esclusione di ogni compromesso con le idee della destra e del consumismo. Un'idea e un'attività molto vicine ai C.O.S di Capitini.

Oggi, a trent’anni dalla morte di entrambi, nell’Italia, paese tra i più ricchi del mondo, con il tasso mondiale più alto di possessori di auto e telefonini, la elegante presenza della maggioranza degli italiani copre con il suo look la medesima e diffusa ignoranza di base di allora, con l’aggiunta di una crescente arroganza, ostentata sul modello dei potenti. Con un vocabolario di poche centinaia di parole, con una cultura resa acritica dalla televisione, con i desideri e le aspettative di vita riposti su modelli e consumi effimeri ma appaganti, la capacità di informarsi, di riflettere, di influire sulla gestione del potere è minima come trent’anni fa. Libri e giornali sono ancora poco letti e quei pochi che arrivano nella mani della gente puntano più a trasmettere le opinioni dei redattori che a fornire strumenti efficaci per capire e criticare. Sul giornale italiano "Repubblica" del 28 aprile 1998, un ragazzo del nord-est d’Italia, intervistato sul perché del suo abbandono della scuola senza aver preso un diploma e per un salario come lavoratore, rispondeva: "I periti industriali guadagnano come me; la cultura me la faccio viaggiando; metto da parte i soldi per andare alle Seychelles".

C’è, poi, il secondo problema che frena tuttora la possibilità e la volontà di dedicare una parte anche piccola della giornata alla vita pubblica, base indispensabile per un potere di tutti: la mancanza del tempo libero per molti, l’incapacità di usarlo per migliorare sé stessi in altri, che pur avendolo, preferiscono dedicarlo all’ozio, a futili faccende o a un secondo lavoro, spesso illegale, ma utile per soddisfare alcune delle incalzanti proposte del consumismo, come abbiamo prima appreso dal giovane veneto."...il tempo libero è necessario per l'uomo non semplicemente per riguadagnare le forze atte al lavoro..., ma per svolgere tipi di attività diversi da quelli del lavoro, più liberi, con un interessamento a cui è estraneo il profitto, più atti a sviluppare la cultura e la socievolezza e anche a vivere quelle realizzazioni di carattere generale, celebrativo sociale o religioso, che nel lavoro non vengono compiute. L'uso che fa del tempo libero è anche il criterio per giudicare una persona."(OMNICRAZIA, in Il Potere di tutti, pag.116)"Si è formato un altro tipo di capitalismo, con il programma di dare volentieri tempo libero e alti salari, per avere lavoratori più civili e più abili, con bisogni più complessi, capaci di comprare anche i loro prodotti (auto, ecc.) Ma questo programma si associa, per coloro che vogliono mantenere il potere..., con il piano astuto di impedire che il maggior tempo libero, il migliore salario, il più alto livello di civiltà significhino una COSCIENZA SOCIALE più sveglia, più unita, più forte e capace di portare al potere i lavoratori...Se gli operai lavorano per cinque giorni fino a trovarsi al sera spossati, e poi nei due giorni di "week end" usano l'auto per recarsi in campagna o in gite, o a pescare, in divari di ristoro semplicemente fisico, essi ritroveranno i loro compagni soltanto il lunedì e nelle ore del lavoro...Il piano mostra queste direzioni:

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1. favorire l'allontanamento dal lavoro e dalla situazione concreta storica, politica, sociale (si chiama anche EVASIONE);

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2. favorire una cultura dilettantesca (cioè semplicemente PIACEVOLE), senza nessun impegno di partecipazione creativa;

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3. favorire lo sport oltre il giusto divario, e gli spettacoli divertenti, attraenti, anche con aspetti erotici (che sono "droghe", come si usava per infrollire i popoli coloniali);

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4. controllare gli strumenti di comunicazione e di informazione di massa (radio, televisione, stampa) perché la classe dominante con i suoi "capi" sia presentata giusta, patriottica, natalizia, tale da meritare il potere e da tener lontano il male.

"(OMNICRAZIA, in Il Potere di tutti, pag.165)

Il tempo libero ... Camino de Santiago

"Il tempo libero deve rendere ogni lavoratore più capace di partecipare attivamente al controllo e al miglioramento del tempo di lavoro: ognuno che lavora deve essere più istruito, meglio informato dei problemi di tutti... Il tempo libero va utilizzato per l'attività civica di partecipazione ai problemi del miglioramento della comunità in cui viviamo, il villaggio, la città, la regione; per l'attività politica, per l'attività sindacale, per l'attività pacifista... Il tempo libero va utilizzato per esercitare liberamente quella attività creativa che uno preferisce, cercando non soltanto di ricevere, di vedere, di imparare, ma anche di fare... Il tempo libero va utilizzato anche per il raccoglimento, per il silenzio, per le nostre riflessioni.. .Il tempo libero va utilizzato per svilupparci igienicamente e sportivamente e per curare il nostro corpo e il nostro sistema psichico e nervoso... Il tempo libero può produrre il miglior capitale che ci sia: l'uomo libero."(OMNICRAZIA in Il Potere di tutti, pgg.166/67)

 

 

 

 

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