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Cantiere del Cipax Centro interconfessionale per la pace *************** Tratto da : http://www.romacivica.net/
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Gianni Novelli: Questo poster è stato fatto dalla nostra amica Anna Contessini e ci dà un’idea di che personaggio è stata questa Dorothy Day, morta 25 anni fa.
C’è una gioia particolare, stasera, nel ricordare questa grande profetessa della nonviolenza, della pace, di un cattolicesimo sociale negli Stati Uniti, anche perché c’è qui a parlarcene Suor Rosemary Lynch, che nei suoi 88 anni di vita ha avuto la grazia di conoscere non solo Dorothy Day, ma anche tanti altri profeti di pace. Noi abbiamo invece la gioia e la fortuna di conoscere lei, che è per noi una ‘super-profetessa’ di pace.
Luigi Sandri: Voi sapete che Dorothy Day, questa donna straordinaria che è morta nell’80, ha avuto una vita molto intensa e anche molto vicina alla nostra sensibilità. Da giovane si è sposata, giustamente ha subito divorziato, in modo da essere ‘up to date’, poi si è innamorata di un altro uomo, ma hanno litigato sulla figlia, se battezzarla o no. Lei ha voluto battezzarla e quindi si sono lasciati anche per questo. Poi lei ha iniziato il suo cammino e un po’ alla volta ha incrociato due temi fondamentali: il problema dei lavoratori non garantiti e il problema della pace. Su questi due problemi lei ha giocato la vita, perché si è data tantissimo a difendere i lavoratori con una rivista di cui poi Rosemary ci parlerà, alla quale ha collaborato moltissimo. E’ stata nove volte in prigione, proprio per affermare la nonviolenza e quindi la sua opposizione alla politica del governo degli Stati Uniti. La sua vita ha attraversato il Vietnam e tutto quello che è venuto dopo. Per questa ragione è stata una donna molto coraggiosa. Giustamente Gianni ha detto che è stata una profetessa del nostro tempo, perché ha creduto nelle sue scelte e ha pagato giorno per giorno per queste scelte che ancora oggi sono dirimenti nella nostra società, nella nostra coscienza, nelle nostre chiese (per chi per caso fosse cristiano e comunque anche per tutti i laici), cioè che cos’è la guerra, che cos’è la pace, quale è la guerra giusta o la pace giusta, che prezzo si deve pagare per impedire la guerra. Tutte queste cose ce la rendono veramente amica e sorella, a noi che cerchiamo di interrogarci con umiltà, ma anche con responsabilità su questi temi. Perciò il fatto che la nostra Rosemary, che, come ha detto Gianni, è più vicina ai 90 che agli 80, sia sempre battagliera è una grande gioia. Pensate che è venuta apposta dagli Stati Uniti per queste cose qui. (E poi dite che non c’è lo spirito Santo! Non ci sarà nella Sistina, ma qui c’è!). Darle la parola è anche una consolazione, perché spesso la gente non può distinguere, dice: “Gli Stati Uniti tutti guerrafondai”, “Gli israeliani tutti guerrafondai”, “I russi tutti mafiosi” (i siciliani si sa). Invece non è vero. Il fatto che negli Stati Uniti, nel cuore di quello che adesso è l’unico impero, ci siano persone come questa Dorothy Day, come Rosemary e come la sua consorella Clarita, ci fa capire che non dobbiamo mai fare di tutta l’erba un fascio. Non è vero: negli Stati Uniti ci sono molti movimenti che contestano il loro governo, che gridano diversamente. Abbiamo qui una testimone di questo. Perciò tu, Rosemary, ci parlerai di Dorothy Day - che ora è in paradiso, dove la pace c’è di sicuro - e te che sei ancora qui, che ci parli di te, ci parli di lei e di che cosa lei ha significato per te.
Rosemary: Grazie della bella presentazione. Voglio ringraziare Gianni per aver reso possibile questo viaggio. Mi dà molto piacere parlare di Dorothy Day, perché è importante ricordarla. Uno scrittore tedesco, Romano Guardini, ha scritto che Dorothy Day ha fatto per la Chiesa nella sua epoca quello che altri grandi hanno fatto nella loro epoca, ha richiamato la Chiesa alle sue radici. Veramente ha fatto questo, è un modello per tutti. Da giovane era una ragazza molto secolare, molto vivace. Ha vissuto molto a lungo, anche se non erano legalmente sposati, con un uomo, Foster. Dorothy diceva di lui che era come un marito, perché era il padre di sua figlia. L’ultima volta che ho incontrato Dorothy Day a New York la mia visita è stata molto breve, perché lei ha detto: “Il padre di mia figlia è molto malato in ospedale e io devo andare a visitarlo”. Per tutta la vita ha avuto contatto con quest’uomo.
Una volta siamo state invitate a fare insieme una presentazione, ma all’ultimo momento lei non è potuta venire perché era malata. Io le ho telefonato per dirle quanto mi dispiaceva che fosse malata e che non potessimo fare insieme questa presentazione e lei ha detto: “Tu, che sei una suora francescana, mi fai una telefonata? Perché non mi hai scritto una cartolina postale da un centesimo, invece di pagare il telefono?”.
Come ho detto, da giovane ha avuto una vita un po’ libera, anche un po’ scandalosa. E’ venuta a New York e ha fatto parte di questi gruppi che vanno nei bar, che celebrano tutta la notte, che scrivono e leggono tante cose. Per un periodo è stata anche membro del partito comunista, perché sempre aveva questo sentimento sociale nel suo cuore e ha pensato che il partito comunista era forse lo strumento che poteva cambiare le cose. Da giovane era membro della Chiesa episcopale. Amava andare in chiesa, amava molto la musica, l’incenso… Ma per un periodo ha abbandonato tutto questo. A diciotto anni ed è diventata socialista ed ha praticato il giornalismo. Ha scritto tante cose, era un po’ in ribellione contro tutta la società. Nel 1925 – era giovane ancora – è andata a Staten Island, New York, cioè vicino alla spiaggia, insieme a quest’uomo che ha amato tanto. E’ stato un amore che è durato tutta la vita. Qui sulla spiaggia ha incontrato un’altra amica e per la prima volta ha incominciato a pensare sul serio a Dio. La vita con Foster era un po’ tempestosa. Lei era spesse volte arrabbiata con lui, lui era arrabbiato con lei, varie volte lui è andato via o lei l’ha mandato via. Dorothy si è occupata quasi da sola della figlia, che era la sua gioia. Scrive molto bene del rapporto tra la figlia e il suo proprio cuore. |
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Il suo ideale era costruire una società nuova. Era molto sensibile ai problemi dei poveri. A New York ha visto cose terribili. Ha passato anche un periodo in cui era molto isolata, non voleva vedere nessun’altra persona. E’ cresciuta solo con la piccola figlia. Il padre della bambina veniva di tanto in tanto, non si assumeva responsabilità. Era un periodo intenso di spiritualità e forse della crescita in quella che si può chiamare la sua vocazione.
L’amica di cui ho parlato e una suora cattolica hanno visitato frequentemente la casa sulla spiaggia dove abitava. Le hanno offerto un’amicizia che l’ha aiutata molto. Allora lei ha pensato di accettare il battesimo per la figlia, ma sapeva molto bene che se l’avesse battezzata Foster sarebbe andato via per sempre, perché lui era molto anti-religione, anti-Chiesa. Malgrado ciò, dopo due o tre anni ha deciso di accettare il battesimo. Ha fatto la prima comunione, è stata istruita da questa suora e da questa amica cattolica. E scrive cose molto belle di questa conversione, di quanto era contenta, di come amava pregare. E’ stato veramente un periodo bello della sua vita.
Però non era tranquilla, nel suo spirito era necessario fare qualcosa, per tutta la vita è stata una donna molto attiva. Ha viaggiato molto negli ultimi anni della sua vita. Aveva un’amica che si chiamava Airin Egan e insieme hanno fatto viaggi in Europa, in India, dove hanno incontrato Madre Teresa e altri personaggi. Questo negli ultimi anni. Io penso che Dorothy abbia avuto molto piacere dal fare questi viaggi, a trovare altri spiriti che erano compagni suoi su questa via di cambiamento sociale.
Il movimento che lei ha fondato, ‘Catholic Worker’, è cresciuto in una maniera miracolosa. L’ha aiutata molto Peter Maurin, un uomo di origine francese che era entrato negli Stati Uniti (forse illegalmente) dal Canada. Non sono riuscita a trovare esattamente come lui si è incontrato con Dorothy Day, però Dorothy stessa ha sempre detto che era stato Peter il vero fondatore.
Ha pubblicato un piccolo periodico, che vendeva sulla strada per un centesimo. Ancora oggi viene pubblicato e distribuito o gratuitamente o in cambio di un penny, perché, diceva, “è importante che ogni persona lo possa leggere”. Negli Stati Uniti (e io penso anche in altri paesi) Catholic Worker sempre pubblica qualcosa, perché era il desiderio di Dorothy Day giornalista di continuare così.
Dorothy Day ha fatto molto per la Chiesa cattolica, però non ha ricevuto molto sostegno dai vescovi e dalla Chiesa ufficiale. Varie suore che l’hanno aiutata erano molto entusiaste. L’ultima di queste suore, che ho conosciuto, è morta l’anno scorso. Così l’influenza di Dorothy Day è durata molto a lungo.
Dicevo che Dorothy Day e Peter Maurin sono stati buoni amici per tutta la vita e hanno lavorato molto insieme. Hanno procurato un pezzo di terra, la cosiddetta ‘farm’, dove andavano molti senzatetto per fare agricoltura e per imparare qualcosa di utile con cui potevano anche guadagnarsi da vivere. Così procedeva la sua vita sempre con idee nuove, era creativa. E della Chiesa ufficiale era sempre molto rispettosa. Ha fatto visita al cardinale di New York e a vari vescovi. Loro erano sempre nervosi: “Chi è questa donna che fa queste cose? E’ quasi comunista!”.
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Una volta le hanno domandato: “Come mai tu puoi amare ancora la Chiesa che ti fa tante difficoltà?”. E lei ha citato le parole di Romano Guardini: “Bisogna ricordare che la Chiesa è la croce sulla quale Gesù è crocifisso ogni giorno e non possiamo separare Cristo dalla sua croce”. Questo è un bel pensiero, perché molte volte noi tutti possiamo essere un po’ arrabbiati e non molto soddisfatti (per esempio alcuni in questo momento si domandano: “Dov’era lo Spirito Santo?”. Però accettiamo, farà bene lo stesso). Una cosa che è stata veramente miracolosa è la rapidità con cui il suo movimento è cresciuto. Lei non aveva pensato di fondare un movimento. Ha ricevuto i poveri, quelli che sono venuti da lei. La descrizione della casa di New York dove ha accolto le persone è molto commovente. Anche se non aveva niente, non ha rifiutato di accettare nessuna persona, tutti erano benvenuti. In ogni persona ha visto il Signore e ha detto: “Non possiamo rifiutarlo”. E pian piano anche persone molto illustri, molto importanti, hanno riconosciuto il lavoro di Dorothy Day. Il suo movimento è cresciuto molto, è presente quasi in tutte le grandi città degli Stati Uniti. Anche a Las Vegas abbiamo un Catholic Worker molto attivo. Noi due del nostro Centro Francescano abbiamo aiutato fin dall’inizio la signora che l’ha fondato e siamo molto legati con loro, c’è un aiuto mutuo. |
La vocazione laica che Dorothy Day ha illustrato è molto importante per il nostro tempo. Ha capito che si trattava di una chiamata di Dio a fare questo. Questa chiamata l’ha portata anche varie volte in carcere. Una volta è stata in occasione di un grande sciopero degli agricoltori che lavoravano nelle vigne in California. I grandi proprietari delle vigne non pagavano bene, le condizioni in cui vivevano gli operai erano molto precarie, quelli che avevano famiglia erano ridotti alla miseria. Allora hanno organizzato, sotto la guida di Cesar Chavez, uno sciopero molto grande: hanno chiesto alla gente di non comprare l’uva della California. Molte persone negli Stati Uniti hanno sostenuto questo sciopero, forse per cinque anni non abbiamo toccato uva. Solo quando gli americani sono arrivati in Italia la prima cosa che hanno fatto è stata mangiare l’uva. Anche il vino di California non è stato acquistato, hanno cercato sempre il vino di New York o di Francia, o di Italia, ma non hanno toccato il vino fatto con l’uva della California. Dorothy Day ha dato il suo pieno sostegno agli scioperanti. .
In quell’epoca avevo un fratello padre francescano; Cesar Chavez, l’organizzatore dello sciopero, era molto amico di mio fratello e lo ha pregato di essere una specie di cappellano per gli scioperanti, di accompagnarli nella loro azione. Lui l’ha fatto, così abbiamo saputo molte cose di prima mano sulle modalità di questo sciopero, sulle difficoltà che hanno incontrato ecc.
Anche le nostre suore erano coinvolte, perché il Comitato per lo Sciopero ha alloggiato nella nostra casa madre in California, così abbiamo conosciuto molte di queste persone. Anche Cesar Chavez è venuto. Dorothy Day ha voluto assistere allo sciopero. C’è una foto molto famosa in cui Dorothy è seduta e due soldati col fucile la controllano e lei non si muove. Poi l’hanno messa in carcere. Quando delle persone amiche le hanno chiesto com’era il carcere, lei ha risposto: “Sono stata in carceri migliori, questi della California non sono buoni”. In effetti è stata in carcere varie volte, ma l’ha presa così.
Ci sono altre fotografie famose di Dorothy Day. Una è di quando era giornalista, giovane e bella, con la sigaretta. Ce l’avevo e l’ho cercata per portarla qui, ma non sono riuscita a trovarla. La conversione non ha cambiato fondamentalmente la sua personalità: aveva sempre la forza, la convinzione di fare la cosa che in quel momento lei vedeva come giusta. E così ha fatto e non aveva paura. Quando una volta è stata in carcere è stato terribile: tutte le prigioniere erano ammalate… E’ stata un’esperienza molto triste per lei. Ma lei ha continuato e alla fine mi pare che si sono stancati di arrestarla e di metterla in prigione.
Luigi Sandri: Rosemary ci ha detto tante cose molto interessanti perché intrecciano due vite, sempre sullo sfondo della superpotenza. Perché non bisogna dimenticare che questo non accade in Polonia o in Bulgaria, accade negli Stati Uniti, quindi gli scioperi erano una cosa molto impegnativa. La nostra Cristina Mattiello è una americanologa, cioè è una studiosa del cattolicesimo degli Stati Uniti, del cattolicesimo di frontiera o alternativo. Ma non solo del cattolicesimo, si è occupata anche dei neri. Insomma è una studiosa di questi movimenti che spesso noi ignoriamo, che sono dall’altra parte della barricata. Ha scritto moltissime volte su ‘Confronti’. Per cui adesso è importante che Cristina ci inquadri quello che ha raccontato Suor Rosemary nel quadro più vasto dei movimenti alternativi, pacifisti o comunque vicini ai lavoratori, che hanno percorso come un filo rosso la storia degli Stati Uniti negli ultimi 50 anni e che spesso noi ignoriamo e perciò ci scoraggiamo. Invece ci sono delle cose e adesso Cristina ce le racconta.
Cristina Mattiello: Per quanto riguarda questi temi, è chiaro che la testimonianza di Rosemary è personale. Quello che ho fatto io è stato più che altro un lavoro di studio, quindi chiaramente è un po’ diverso il modo in cui mi sono avvicinata a queste cose. Poi però sono stata a New York ed ho cercato di conoscere questi membri di Catholic Worker.
Catholic Worker mi sembra che sia importantissimo per dimostrare, proprio oggi che sappiamo che tipo di politica il governo americano sta conducendo nel mondo, la tenacia di un piccolo movimento che da quando è nato c’è sempre stato. E’ chiaro che noi all’estero ne sappiamo pochissimo, è chiaro che non ce l’hanno fatta ad incidere. Chiedevo anche a Suor Rosemary, dopo averlo chiesto a diversi contatti che ho negli Stati Uniti, e tutti dicono che non è vero che non c’è stata un’opposizione: un movimento pacifista c’è stato in questo periodo drammatico che abbiamo vissuto, però non riesce a farsi sentire, per tanti motivi che non è questa la sede di affrontare. Però sono piccoli semi, sono fili importantissimi da tenere. Ecco, il Catholic Worker c’è sempre stato, magari in alcuni casi un po’ dietro le quinte, dovunque c’è stata una scintilla di resistenza, di opposizione soprattutto alla politica militarista. In realtà Catholic Worker è nato su tematiche sociali, non subito sul tema della nonviolenza. E’ nato nel 1933 e Dorothy Day, come ci ha detto Suor Rosemary, veniva da esperienze molto radicali, nell’ambiente comunista newyorkese era già una giornalista molto brillante. Fino alla fine della sua vita è stata una grande scrittrice, una grande giornalista, aldilà poi delle sue scelte personali. Aveva partecipato alle esperienze più radicali e anche più interessanti, tipo The Messis, che erano molto collegati ad ambienti d’avanguardia letterari, artistici. Quindi aveva un background di questo tipo. Dopo la conversione di cui ci ha parlato suor Rosemary decise che anche i cattolici dovevano fare qualcosa: proprio perché veniva dall’esperienza comunista, pensa che invece anche a partire dalla fede ci si può occupare di chi è emarginato. Pensiamo sempre che l’emarginazione, la povertà negli Stati Uniti, per certi aspetti è più pesante che da noi, nel senso che, aldilà delle condizioni materiali, c’è una considerazione da parte della società che non è necessariamente di pietà. Non voglio dire che sia sempre di condanna, però indubbiamente c’è un atteggiamento molto più duro, perché qui, anche se poi i poveri li lasciamo morire in mezzo alla strada, c’è sempre una sorta di remora, per le nostre tradizioni sia politiche che religiose. Invece lì già dire che bisognava occuparsi di chi muore di fame o di chi era senza tetto era una cosa veramente scandalosa in qualche modo, nel 1930, anche se poi è uno dei pochi periodi in cui s’è fatta una politica sociale anche da parte del governo, perché è il periodo del New Deal.
Comunque nel ’33, non a caso il primo maggio, esce questo giornale per la prima volta in quella che era la piazza storica del sindacato, Union Square a New York. L Dorothy fa il primo volantinaggio. Il giornale è molto interessante. La testata è cambiata poco, è cambiata sempre su scelte molto precise. Io la trovo un’esperienza veramente affascinante, forse anche perché qui ho cominciato, quando ero molto più giovane, a partecipare all’esperienza di ‘Com Nuovi Tempi’, cioè l’idea del giornale di movimento mi è molto congeniale. Dorothy Day ha sempre dato un’impronta molto netta, quasi dal primo numero: un giornale che sia leggibile da tutti, anche dalla povera gente, quindi con articoli molto semplici, però nello stesso tempo che ha dietro una elaborazione forte, anche teorica. Su questo giornale ad un certo punto ha scritto anche Maritain, quindi ha ospitato anche interventi di livello culturale molto alto. Però Dorothy Day finché ha vissuto ha sempre voluto decidere lei a livello redazionale, perché questi due aspetti dovevano essere dosati molto bene. Ci doveva essere sempre poi l’articolo di tipo personale, la poesia, doveva esserci sempre qualcosa che anche l’ultima persona, semianalfabeta, poteva capire, poteva leggere, poteva sentire vicino. Quindi Dorothy Day, attraverso le pagine di questo giornale, che dura ancora oggi, è stata al tempo stesso una voce teorica di tutto il movimento pacifista (perché poi dalle tematiche sociali sono stati sempre più trascinati verso il tema della nonviolenza) e nello stesso tempo quasi la mamma di tutti, perché poteva rispondere sul giornale alle persone che le chiedevano un consiglio, un aiuto. Vi faccio vedere la testata. |
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Questi disegni sono molto belli, hanno una loro tradizione, anche artisti hanno collaborato: immagini di religiosità, Gesù nella bottega del falegname, sempre accentuando il tema della povertà. Nella testata c’è Gesù Cristo e inizialmente avevano pensato agli operai, poi nelle discussioni pensarono che ci doveva essere anche una donna e che doveva esservi rappresentato anche il mondo contadino, quindi c’è la donna contadina. L’operaio dopo un po’ è diventato nero, perché negli Stati Uniti è un tema fortissimo ed è chiaro che doveva essere molto presente.
Rosemary: Anche quando Dorothy Day ha ospitato tanti poveri, quando era sulle strade di New York e di altre città con i senzatetto, i poveri, gli emarginati, ha continuato ad avere una vita molto intellettuale. Era diventata una tradizione, nel Catholic Worker, di avere sempre discussioni, di leggere libri importanti, di invitare persone note, scrittori, scrittrici; e lo fanno ancora. Come si legge nella sua autobiografia, Dorothy Day a New York ha chiamato tutti i grandi intellettuali dell’epoca, si sono riuniti nella sua povera casa e mentre i senzatetto consumavano la loro cena, Dorothy e questi grandi personaggi discutevano di filosofia, di Sacra Scrittura, di problemi sociali. E’ una combinazione che il Catholic Worker cerca di continuare. Così in generale ogni casa di Catholic Worker cerca di fare anche un programma. Non tutti fanno molto bene, ma cercano di indicare persone che possano discutere un tema sociale, un libro importante. Invitano una persona la sera a spiegare qualcosa, a iniziare una discussione. E’ molto interessante il fatto che non ha perso questo senso di giornalista, di intellettuale.
Ogni comunità Catholic Worker ha qualche pubblicazione. Alcuni hanno Newsletter o un piccolo giornale, alcuni scrivono soltanto un foglio e lo mandano come lettera, ma cercano di continuare questa abitudine. A Los Angeles, quella città piena di miseria, hanno chiamato il loro piccolo periodico, ‘The Catholic Agitator’. Molte persone pensano che vadano un po’ troppo vicino a cose che forse non si devono toccare in questa maniera e che forse Dorothy Day non sarebbe molto contenta di questo. Per esempio Dorothy Day non ha mai fatto una critica severa o amara a personaggi della Chiesa, cardinali o vescovi, ha coltivato un tipo di rispetto anche quando ha seguito la sua strada. Per esempio aveva coraggio nello scrivere, ma non ha mai scritto cose negative o distruttive su queste persone. Qua e là è capitato invece in alcune di queste pubblicazioni attuali e subito gli altri hanno detto: “Ma questo non è il nostro spirito, non dobbiamo fare questo”. Così dopo questi rimproveri ci sono state delle modifiche. Molto pochi rimanevano e Dorothy stessa diceva che nel movimento Catholic Worker molti vengono e pochi rimangono. Questo è vero, è difficile fare portare avanti questo impegno per un lungo periodo. Questi giovani dell’università o di altre scuole vengono magari per sei settimane, per un mese, pieni di entusiasmo, ma il letto non è molto confortevole, il cibo non è molto buono, non c’è molto tempo libero, bisogna lavorare… Allora la vita non è così attraente come avevano pensato. Però ci sono sempre alcuni che rimangono. Se per l’estate ne vengono dieci può darsi ne rimangano due o tre. Questa era la profezia di Dorothy Day, ha visto che sarebbe successo così. Ci sono alcuni che hanno dedicato la vita, certamente, ma non dicono: “Ho dedicato la mia vita”, però rimangono, è proprio la loro vocazione.
Un caso particolare è quello della giovane coppia – che ha adottato due bambini, dato che non potevano avere figli – che ha aperto una casa di Catholic Worker a Las Vegas: forse si dedicheranno per la vita. E’ un caso speciale, perché hanno famiglia, non possono fare le cose che ha fatto Dorothy Day, però hanno fondato questa casa, ricevono alcune persone (generalmente non per passare la notte, ma durante la giornata), assistono per cercare lavoro, per iscrivere a scuola i bambini, tutti questi servizi che sono importanti. Ma in generale questa è un’attività temporanea. I Catholic Worker di Las Vegas hanno un’attività che si chiama ‘bread line’ o ‘soup line’: hanno il permesso della città di andare in un parco e di distribuire alle molte persone povere che si presentano il pane che molte panetterie della città donano al Catholic Worker. Oltre al pane ricevono molte, molte cose, anche alcune cose eleganti che il mercato non può vendere perché magari hanno un piccolo difetto; così li offrono a questi poveri sulla strada. Questa attività richiede molto lavoro e ci sono volontari che assistono. Per esempio conosciamo una donna che già da molti anni va ogni sabato a servire a questo cosiddetto soup line. Questa è un’attività a cui si dedicano varie case di Catholic Worker negli Stati Uniti. Una volta al mese preparano anche un pacco di cibo per una famiglia povera e glielo portano a casa. Questi atti di assistenza li fa sempre, in un modo o nell’altro, quasi ogni casa di Catholic Worker. L’ospitalità è diversa, dipende un po’ da quanto è grande la casa. Per esempio in Las Vegas la diocesi ha aiutato a costruire una casa per loro, così che possono accogliere per esempio una famiglia con due-tre bambini, finché le persone del Catholic Worker riescono a trovare o un lavoro o un appartamento o la scuola per i bambini. Così dopo due-tre settimane la famiglia se ne può andare e al loro posto ne viene accolta un’altra. Non è che possono accogliere un grande gruppo, però è molto bello, perché loro fanno quello che possono fare. Se noi tutti facessimo così, il mondo andrebbe molto meglio.
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Cristina: I Catholic Worker fanno una scelta di povertà integrale nella loro vita; non si tratta di partecipare ad un movimento dall’esterno, non è solo una militanza di tipo religioso e politico, è proprio una scelta di vita. Anche per questo forse è difficile che restino: è una povertà assoluta, a volte si può arrivare anche a dover chiedere l’elemosina. Cioè i Catholic Worker non hanno assolutamente nulla, vivono in queste che chiamano ‘House of hospitality’ insieme ai poveri, assolutamente come tutti loro, anche chi scrive sul giornale, mangiando alla stessa mensa che preparano per i senzatetto. A New York la casa funzionava anche come dormitorio. Io questa casa l’ho vista ed era la casa storica dov’è nato il movimento. Ma qualche anno fa il sindaco Giuliani, con la scusa di dover bonificare il centro di New York, l’ha fatta chiudere e si sono dovuti spostare. ornando alla nonviolenza, volevo sottolineare il fatto che i Catholic Worker sono stati proprio gli iniziatori, perché poi da queste tematiche sociali lo stesso fatto della guerra e poi la bomba atomica, li ha portati a spostarsi sempre più su quel versante. Quindi lì sono stati come la radice di tutto ciò che c’è stato dopo, in qualche modo anche dell’esperienza di Suor Rosemary. |
TSia dal punto di vista della nonviolenza teorica e sul piano spirituale, sia dal punto di vista della nonviolenza che diventa, a livello politico, disobbedienza civile. Perché forse non tutti sanno che i primi a bruciare le famose cartoline per la chiamata alla guerra in Vietnam sono stati i Catholic Worker, sono loro che hanno inventato questa cosa. E così il rifiuto, dopo la seconda guerra mondiale, negli anni della guerra fredda, di partecipare a delle esercitazioni antinucleari in vista di un attacco che cominciavano ad inventarsi per tenere alto l’allarme (un po’ come fanno oggi): loro si sono rifiutati, dicendo che questo creava un clima… E sono stati arrestati. Quindi a volte questo movimento partecipa anche in questo modo: il boicottaggio. Sono stati sempre poi presenti agli scioperi, cui hanno partecipato anche con conflitti con le varie componenti sindacali e politiche di sinistra, che comunque ci sono ancora un po’ negli Stati Uniti. Sempre con qualche riserva, però loro se c’è uno sciopero ci stanno sempre. Sarà per dare da mangiare agli scioperanti, sarà per solidarietà politica, comunque effettivamente è un movimento che veramente non si risparmia mai, si espone continuamente. Dorothy Day è stata sotto sorveglianza continua dell’FBI negli anni della guerra fredda, ci sono state ispezioni, ma naturalmente non sono mai riusciti a trovare nulla, perché era un movimento nonviolento; però è sempre stata molto nel mirino.
Volevo sapere se Dorothy Day si collegava in qualche modo all’esperienza – che pure è diversa, perché non c’è scelta di povertà - di Jane Adams, di Chicago. Un centro sociale, formativo, integrato in un quartiere di immigrati molto povero di Chicago, in cui in maggioranza donne avevano organizzato una casa aperta ai poveri. Jane Adams muore nel ’35, ma la House dura fino agli anni ’60. Vorrei sapere se c’era qualche collegamento o se Dorothy Day parla in qualche modo di Jane Adams come di un esempio per lei.
Giorgio Piacentini: Sembra molto sorprendente, quasi miracolosa, che un giornale nato nel ’33 continui ancora oggi nello stesso modo, mentre il mondo è straordinariamente cambiato, anche nella comunicazione. E’ chiaro che i poveri ci sono sempre e le guerre ci sono sempre, ma com’è possibile che continui questo stile molto simile a quello originario? E’ un fenomeno strano, impressionante.
Edy Vaccaro: Quando ho conosciuto Dorothy Day era nel ’65, credo, c’era il Concilio Vaticano II e c’era un gruppo di venti donne che facevano il digiuno presso le suore di Priscilla, pregando che il Signore ispirasse il Concilio a dire delle cose giuste contro la guerra, per i poveri ecc. Io facevo il tramite tra loro e ……. è stata per me una cosa importantissima. Quando ho saputo che stasera si sarebbe parlato di lei ho fatto di tutto per venire, anche se non sto bene. Sono contenta di stare qui e voglio ringraziare Rosemary, che ha fatto lo sforzo di venire. Ne siamo veramente contenti. Ringraziamo il Signore.
Volevo riprendere quello che è stato detto all’inizio: come recuperare la memoria. Non la memoria, come recuperare la storia che ci è negata. Noi abbiamo una visione che negli Stati Uniti non c’era un processo di persecuzione del movimento popolare, per usare una categoria latinoamericana. A me pare che non possiamo dire che questi movimenti non hanno inciso sulla società. Hanno inciso tanto, che c’è una storia permanente di repressione. Noi sappiamo che i governi, soprattutto i governi dittatoriali – e anche gli Stati Uniti di fatto hanno una dittatura – non perseguitano senza ragione, perseguitano perché hanno certezza che questo movimento, anche quando sta all’inizio, può essere piccolo, però ha dentro di sé la possibilità di mettere in questione profondamente e di generare il cambio. E’ un momento – anche il momento storico che viviamo – di fare molta attenzione a questo. Di fatto siamo sconfitti varie volte nella storia. Però varie volte. Il che significa che c’è un processo di resurrezione e il potere imperiale dell’epoca si sente nell’obbligo di combattere e di eliminare di nuovo il movimento. Questo è importante saperlo. Se noi siamo qui, siamo gli eredi legittimi di queste persone. C’è gente che dice che Dorothy Day ha avuto una grande influenza, perché parecchi missionari nordamericani sono andati in America Latina. Ci si può domandare quale relazione esiste tra Dorothy Day e dei movimenti come la pastorale operaia. Senza dubbio c’è una relazione tra il movimento Catholic Worker e la pastorale operaia in America Latina.
DomandaVolevo chiedere che relazione c’è con il movimento femminista, in che modo Dorothy Day vi abbia partecipato. Rosemary: Ogni casa di Catholic Worker è diversa, Dorothy non ha scritto una regola, ha fatto un esempio, la sua vita è la sua regola. Per esempio la casa di Las Vegas è stata fondata da una famiglia, non da una persona sola: moglie, marito e due figli adottati. Loro hanno cominciato questo lavoro con l’assistenza del Centro Francescano che avevamo in quella zona. Fanno ogni giorno questa soup line che già ho descritto, ogni mattina servono pane e altre cose alle persone povere. Così per l’aspetto intellettuale: loro continuano ogni sabato mattina o verso mezzogiorno a fare un gruppo di studio su un libro che io e un’altra suora abbiamo pubblicato al Centro Francescano. Poi fanno azioni per la pace, fanno la veglia della pace sulla strada davanti all’edificio federale. Fanno queste cose nella tradizione di Dorothy Day. Provano a fare quello che è possibile. Se si trattasse di una persona che non ha l’obbligo di una famiglia evidentemente sarebbe diverso. Così è l’ispirazione, l’esempio, non è una regola. Cristina: Penso che ci sia un collegamento, che tutti questi fili certamente si siano intrecciati. I Catholic Worker per esempio sono collegati anche a molti quaccheri, quindi a livello di base il protestantesimo più impegnato sui temi della pace è sempre stato molto vicino ai Catholic Worker, anche aldilà delle relazioni ufficiali. |
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Però è vero, come ha sottolineato Suor Rosemary, che sul piano formale Dorothy Day ha sempre tenuto molto a mantenersi a livello teologico ed ecclesiale nell’ortodossia, non ha mai voluto accettare nessun livello non dico di scontro, ma neanche di critica rispetto alla gerarchia cattolica statunitense. Questo stesso discorso si può fare poi anche per tutte le componenti politiche: lei per esempio era estremamente amica di Mike Gould, che negli anni ’30 è stato un grande leader comunista ebreo, suo amico personale, si sono incontrati varie volte, lei ha vissuto tutta quell’esperienza. La sinistra newyorkese in particolare la considerava spesso una traditrice, quindi ci sono stati dei conflitti, però poi in realtà si ritrovavano sempre. Quindi un rapporto con tutte queste componenti che non si è mai interrotto, che però, nel momento in cui lei ha fatto una scelta di adesione sicuramente formale all’ortodossia cattolica, in qualche modo lei stessa non ha più sottolineato. Infatti dicevo che poi negli scioperi il Catholic Worker ci stanno sempre. A volte era anche occasione di polemica (“perché state qui voi che non dite questo e questo”), però poi di fatto, siccome loro ci stavano, alla fine anche con le componenti più radicali per esempio del movimento sindacale poi il contatto ci stava. Però sul piano teorico, dal momento in cui Dorothy Day ha fatto la svolta – e questo vale anche per il femminismo – lei non si è mai voluta compromettere con quel tipo di teorie. Nella prassi, ripeto, ha continuato a vedere Mike Gould fino al momento della morte di lui, quindi i fili ci sono sempre stati.
Susanna: Volevo sapere, visto che queste case di Dorothy Day offrono cibo e pensano anche a provvedere a qualche sistemazione dal punto di vista lavorativo dei loro ospiti, se si avvalgono della collaborazione di legali, se hanno delle donazioni…
Rosemary: A Los Angeles e a Las Vegas, le due città che conosco meglio, loro ricevono un buon sostegno, ci sono molte persone che non possono agire direttamente, non possono andare sulla strada a dare il cibo ai senzatetto, però danno del denaro. Io so che la nostra casa di Catholic Worker in Las Vegas riceve abbastanza. Una volta la signora che gestisce questa casa mi ha detto: “Se voi due col vostro lavoro francescano avete bisogno di soldi, ditemelo, perché noi riceviamo abbastanza e possiamo condividere con voi”. E’ stata molto gentile, perché loro hanno ricevuto alcune somme molto alte. Due volte all’anno i Catholic Worker scrivono una lettera chiedendo donazioni e molte persone rispondono, perché è anche un lavoro che si vede, il loro. Per esempio contro la guerra in Iraq i giovani di Catholic Worker hanno organizzato una veglia davanti all’edificio federale; noi due francescane – non abbiamo più i francescani a Las Vegas, hanno dovuto lasciare la nostra parrocchia – e alcuni altri amici ed amiche vi abbiamo partecipato. Loro hanno anche più possibilità, perché sono riconosciuti dal governo come personalità legali e allora non devono pagare la tassa che c’è nello stato del Nevada su quasi tutte le cose che si comprano. Non sul cibo, però adesso ne discutono; una volta hanno discusso e noi del nostro Centro Francescano abbiamo lottato contro questa tassa sul cibo e fino adesso non l’hanno introdotta. Poiché non devono pagare la tassa, ci hanno offerto, quando noi per esempio vogliamo comprare qualcosa di costoso, di farlo loro per noi, per evitare di pagare questo governo che fa la guerra dove non è necessario e che è così ingiusta. Dorothy Day non voleva che si agisse così, voleva pagare le tasse, diceva che era il nostro dovere di cittadini, quindi i nostri Catholic Worker hanno deviato un po’ da questo insegnamento. Ma si può capire, perché ogni casa, ogni comunità stabilisce un suo metodo, segue una sua strada. E questa è una cosa bella: non c’è una regola scritta, seguono la vita e si adattano alle situazioni e condizioni della vita che si presenta.
Edy Vaccaro: Io sono evangelica, Dorothy lo sapeva dall’inizio, abbiamo sempre lavorato insieme. Sono stata negli Stati Uniti nel ’69 e sono stata tante volte al suo centro. Mi ha aperto tante porte e abbiamo fatto delle cose bellissime insieme. Avevo un grande rispetto per lei, che è stata un po’ una mia madre spirituale. Io ora sono anziana, ma a quell’epoca ero giovane e lei era più anziana di me. Sono piena di gratitudine per il suo movimento, per tutto quello che hanno fatto e continuano a fare e io credo che l’indirizzo sia sempre quello. Sull’ultimo numero di Catholic Reporter che mi è arrivato (arriva sempre dopo tre mesi, perché lo mandano per posta tramite nave, quindi economica) c’è ancora l’indirizzo di 36 First Street. Non devono pagare tasse perché sono alle soglie della povertà, non possiedono nulla. Per quanto riguarda i vescovi, sì, lei non li ha criticati per la fede, ma per la politica sì: nei Catholic Worker ci sono molti coraggiosi, quando un vescovo sbaglia su qualcosa che riguardi la pace, la guerra o i poveri, loro lo dicono, non hanno peli sulla lingua. Lo dicono non in maniera distruttiva, la nonviolenza è lotta con amore. Gesù ha detto di amare i nemici, quindi mai attaccare l’altro con violenza, ma cercare di convincerlo. A Roma nel ’67 c’è stato un convegno mondiale dei laici; dopo l’ho rivista ancora, sempre questo esempio m’è stato davanti agli occhi e sono contenta di essere stata tante volte vicino a lei.
Vorrei fare un appello a tutti voi: non abbandonate la nonviolenza, è l’unica strada che abbiamo davanti. Dorothy l’ha detto con chiarezza e i Catholic continuano a dirlo molto chiaramente in tutti gli articoli di fondo. Dobbiamo esplorarla: come si è esplorata la guerra, si è imparata la guerra - e quanti stanno insegnando la guerra! – così bisogna insegnare la nonviolenza attiva, costruttiva, creativa, come diceva John Ghost. Ci sono stati legami anche tra Ghost e Dorothy Day. Sono legami della nonviolenza. Io faccio parte del Movimento Internazionale della Riconciliazione, che sta attraversando un momento difficile, però lavorare insieme per un mondo migliore, il mondo dell’amore di Dio, che si costruisce pian piano, passo passo.
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DomandaMarinella: Volevo sapere qualcosa sulla spiritualità di questa donna, cioè dove attingeva questa forza interiore necessaria per andare incontro a questi grandi. E anche sul suo stile di preghiera, su com’era arrivata a questa fede. Rosemary: Certamente ha praticato una spiritualità molto profonda. Anche quando era giovane scrive nella sua ‘Autobiografia’ che amava andare in chiesa. Andava alla chiesa inglese episcopale e per un periodo anche dai metodisti. Amava i salmi, la musica, molte volte voleva soltanto rimanere in chiesa, le piaceva l’atmosfera, scrive dell’incenso la cui fragranza è rimasta sui vestiti... Era molto sensibile alla religione, anche se inizialmente non ha capito la direzione della sua vita. Solo più tardi ha incontrato una suora e un’amica che l’hanno guidata alla chiesa cattolica. Le è costato molto, quando ha fatto questo passo, perché è finito il rapporto con Foster. E lei aveva già scritto: “Se faccio questo passo è finita, lui non viene più”. Perché lui era radicalmente contro il cristianesimo. Ma lei ha visto la verità e ha seguito questa via. E’ una cosa da ammirare. |
Cristina: Anche nelle azioni di disobbedienza civile i Catholic Worker mantengono questo tentativo di trasmettere sempre un’idea di nonviolenza, anche proprio dal punto di vista personale. Si raccontano molti episodi (questo è un po’ tipico anche dell’esperienza francescana a cui appartiene Rosemary) in cui arriva la polizia oppure sono schedati, magari sono arrestati, però alla fine il contatto umano viene quasi sempre trovato. E’ quasi tipico di questo movimento il fatto che nelle mobilitazioni (dopo Hiroshima hanno cominciato queste proteste anche più eclatanti sul piano politico) continuavano a cercare sempre il dialogo anche con le persone che dovevano arrestarli e molto spesso queste persone esprimevano addirittura rispetto per loro e cercavano una comunicazione. Quindi io credo che il loro modo di comunicare la spiritualità un po’ passi pure per questi canali: un messaggio di nonviolenza che è sempre presente sul piano personale, anche nei momenti di maggiore tensione.
Rosemary: Clarita mi suggerisce di raccontare cose un po’ personali sul mio rapporto con Dorothy Day. Io già ho detto che avevo un fratello che era padre francescano, molto, molto buono. Lui era molto amico di Dorothy Day. Era professore di filosofia all’università di Berkeley, ma siccome ha dato sostegno a questo movimento, ha assistito a fondare varie case di Dorothy Day, insieme ad un altro sacerdote, ha perso tutto: non ha potuto insegnare più, gli è stata affidata una parrocchia molto piccola e povera, quasi tutta di emigranti. Ma lui ha accettato, è stato un parroco proprio buono per queste persone povere. Verso la fine della sua vita ha avuto un po’ più di rispetto e negli ultimi anni ha potuto insegnare di nuovo all’università di Berkeley. Si dice che “nessuna azione buona rimane senza punizione”. E’ vero: cerchiamo di fare cose buone e si presentano ostacoli, difficoltà. Però dobbiamo farlo lo stesso. Adesso (non sono molto modesta nel dire questo) in Oakland, vicino a San Francisco, dall’altra parte del ponte sulla San Francisco Bay, hanno fatto un muro molto grande, su cui hanno dipinto tutti i personaggi che erano importanti in quella regione di Oakland, di San Francisco e tra questi c’è mio fratello. E’ molto bello vederlo, insieme con Cesar Chavez.
Gianni: Possiamo concludere con tanta ricchezza di vita, non di teoria. Ed anche di riconoscenza per queste persone che sono state fatte rivivere in mezzo a noi e che ci danno anche luce, forza, strada, insegnamento. Questo cammino che stiamo facendo quest’anno è un po’ questo: una scuola di pace in cui i maestri grandi ci sono raccontati dai loro discepoli o da chi, come questa sera, ha camminato per un tratto di strada insieme a loro.
Cantiere del Cipax
Centro interconfessionale per la pace
Un luogo di pace per ascoltare racconti, scambiare esperienze, costruire il futuro
Attività 2004 2005
I maestri raccontati dai discepoli
14 aprile 2005
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