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INTRODUZIONE Febbraio 1965
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Il Priore lo lesse. Ci fu una lunga discussione. Era ancora frizzante la ferita,
dopo la risposta di Florit alla "Lettera ai sacerdoti della diocesi fiorentina"
scritta con don Bruno Borghi amico e compagno di seminario. In tale occasione i
due sacerdoti si erano schierati al fianco di padre Balducci. Denunciato per
vilipendio alla religione per aver definito la Chiesa " corpo di peccatori " e
per aver accennato a Pio XII, in modo da avallare la ben nota tesi della sua
inerzia dinanzi ai crimini bellici nazisti, fu processato per apologia di reato
per aver difeso l'obiettore di coscienza Giuseppe Gozzini nel '63. A quei tempi
la Chiesa era contraria all'obiezione di coscienza.
Scrive "di getto" la prima lettera ai Cappellani militari. L'obiezione di
coscienza è solo uno spunto per aprire un discorso molto più ampio sulla
disobbedienza. Un'occasione per rileggere tutte le manifestazioni d'intolleranza
e di violenza nella storia. Sotto forma di volantino il documento viene dato
alla stampa. Riprodotto parzialmente da alcuni giornali fu, grazie al
settimanale comunista " Rinascita ", pubblicato per intero.
L'opinione pubblica reagisce violentissima sia quando è a favore che quando é
contraria. Mentre il Parlamento stava per legiferare un riconoscimento
all'obiezione di coscienza, a Barbiana arrivano decine di lettere anonime,
firmate con la svastica o col fascio oppure piene d'insulti, oscenità e minacce.
Tutte le forze conservatrici (liberali, fasciste e religiose) si erano
compattate contro Don Milani. Un gruppo di ex combattenti lo denuncia al
procuratore della Repubblica di Firenze. Il documento è incriminato e l’autore
inviato a giudizio.
Comincia la lunga e operosa ricerca insieme ai suoi ragazzi attraverso i libri e
i documenti storici per ricostruire una verità dimenticata o nascosta. Scrive la
sua "Autodifesa", un documento scritto interagendo con il popolo e i suoi
ragazzi e coinvolgendo, con il metodo "umile" della scrittura collettiva, anche
i numerosi visitatori.
La "Lettera ai cappellani" e la "Lettera ai giudici" non sono, principalmente,
una difesa dell'obiezione di coscienza o una condanna all'esercito, ma una
lezione impartita agli allievi su una giusta interpretazione del concetto di
libertà e obbedienza.
Quando Aldo Capitini gli propone di organizzare, durante il processo, una
manifestazione di non-violenti davanti al tribunale, lui evita il rischio di
disturbi diseducativi: "Le sarò molto grato se si adoprerà per impedire
qualsiasi manifestazione prima del processo (per es. manifestazioni, sedute,
cartelli ecc.) riservando invece tutte le vostre forze per dopo la sentenza.
Sono il primo io a desiderare la massima pubblicità del processo e della mia
lettera al presidente, ma vorrei organizzare le cose in modo che il baccano si
scatenasse un minuto dopo la sentenza. Mi pare che questo sia un dovere verso il
tribunale e il miglior modo d'educare la gente a un serio dibattito di idee."
Vuole essere "isolato" dall'opinione pubblica "colta", anche quella di sinistra
e lo dice poco prima del processo al suo avvocato: "Ci ho messo ventidue anni,
per uscire dalla classe sociale che scrive e legge "L'Espresso" e "Il Mondo".
Non devo farmene ricatturare nemmeno per un giorno solo. Devono snobbarmi, dire
che sono ingenuo e demagogo, non onorarmi come uno di loro. Perché di loro non
sono. Io da diciotto anni in qua non ho più letto un libro né un giornale se non
ad alta voce con dei piccoli uditori. Nella chiesuola dell'élite intellettuale
tutti hanno letto tutto e quel che non han letto fingono d'averlo letto."
Questo isolamento gli consentirà di individuare, senza condizionamenti, le
insolvenze storiche e culturali di tutti gli schieramenti politici e essere
oggettivamente educativo: " E' per motivi procedurali cioè del tutto casuali
ch'io trovo incriminata con me una rivista comunista. Non ci troverei nulla da
ridire se si trattasse d'altri argomenti. Ma essa non meritava l'onore d'essersi
fatta bandiera di idee che non le si addicono come la libertà di coscienza e la
non-violenza. Il fatto non giova alla chiarezza cioè all'educazione dei giovani
che guardano a questo processo."
E' sempre nella veste di educatore che rivendica l'assoluzione da un'accusa che
lo definisce cattivo maestro. Parole come libertà di stampa, responsabilità e
obbedienza trovano nel suo vocabolario significati diversi: " Un sacerdote che
ingiuria un carcerato ha sempre torto. Tanto più se ingiuria chi è in carcere
per un ideale. Non avevo bisogno di far notare queste cose ai miei ragazzi. Le
avevano già intuite. E avevano anche intuito che ero ormai impegnato a dar loro
una lezione di vita. Dovevo ben insegnare come un cittadino reagisce
all'ingiustizia. Come ha libertà di parola e di stampa. Come il cristiano
reagisce anche al sacerdote e perfino al vescovo che erra. Come ognuno deve
sentirsi responsabile di tutto. Su una parete della nostra scuola c'è scritto
grande: I care. E' il motto intraducibile dei giovani americani migliori. "Me ne
importa, mi sta a cuore". |
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Quando è l'ora non c'è scuola più grande che pagare di persona un'obiezione di
coscienza. Cioè violare la legge di cui si ha coscienza che è cattiva e
accettare la pena che essa prevede. Chi paga di persona testimonia che vuole la
legge migliore, cioè che ama la legge più degli altri. Non capisco perché
qualcuno possa confonderlo con l'anarchico. Preghiamo Dio che ci mandi molti
giovani capaci di tanto... .
...Questa tecnica di amore costruttivo per la legge l'ho imparata insieme ai
ragazzi mentre leggevamo il Critone, l'Apologia di Socrate, la vita del Signore
nei quattro Vangeli, l'autobiografia di Gandhi, le lettere del pilota di
Hiroshima...."
Parla dell'amore ed esalta il primato della coscienza: "....l'ho applicata, nel
mio piccolo, anche a tutta la mia vita di cristiano nei confronti delle leggi e
delle autorità della Chiesa. Severamente ortodosso e disciplinato e nello stesso
tempo appassionatamente attento al presente e al futuro. Nessuno può accusarmi
di eresia o di indisciplina. Nessuno d'aver fatto carriera. Ho 42 anni e sono
parroco di 42 anime! Del resto ho già tirato su degli ammirevoli figlioli.
Ottimi cittadini e ottimi cristiani. Nessuno di loro è venuto su anarchico.
Nessuno è venuto su conformista. Informatevi su di loro. Essi testimoniano a mio
favore."
La critica non risparmia chi da sempre detiene il potere: " In Italia fino al
1880 aveva diritto di voto solo il 2% della popolazione. Fino al 1909 il 7%. Nel
1913 ebbe diritto di voto il 23%, ma solo la metà lo seppe e lo volle usare. Dal
'22 al '45 il certificato elettorale non arrivò più a nessuno, ma arrivarono a
tutti le cartoline di chiamata per tre guerre spaventose. Oggi il diritto al
suffragio è universale, ma la Costituzione ( articolo 3 ) ci avvertiva nel '47
con sconcertante sincerità che i lavoratori erano di fatto esclusi dalle leve
del potere. Siccome non è stata chiesta la revisione di quell'articolo è lecito
pensare (e io lo penso) che esso descriva una situazione non ancora superata.
Allora è ufficialmente riconosciuto che i contadini e gli operai, cioè la gran
massa del popolo italiano, non è mai stata al potere. Allora l'esercito ha
marciato solo agli ordini di una classe ristretta... ... l'esercito non ha mai o
quasi mai rappresentato la Patria nella sua totalità"
"Ho a scuola, esclusivamente figlioli di contadini e di operai. La luce
elettrica a Barbiana è stata portata quindici giorni fa, ma le cartoline di
precetto hanno cominciato a portarle a domicilio fin dal 1861. Non posso non
avvertire i miei ragazzi che i loro infelici babbi han sofferto e fatto soffrire
in guerra per difendere gl'interessi di una classe ristretta (di cui non
facevano nemmeno parte!), non gli interessi della Patria. Anche la Patria è una
creatura cioè qualcosa di meno di Dio, cioè un idolo se la si adora. Io penso
che non si può dar la vita per qualcosa di meno di Dio. Ma se anche si dovesse
concedere che si può dar la vita per l'idolo buono (la Patria), certo non si
potrà concedere che si possa dar la vita per l'idolo cattivo (le speculazioni
degli industriali). Dar la vita per nulla è peggio ancora."
Il desiderio di cambiare la figura dell'educatore è implicita nel raffronto che
fa tra lui e i volgari mistificatori che insegnavano alla scuola fascista: "Dopo
essere stato così volgarmente mistifìcato dai miei maestri quando avevo 13 anni,
ora che sono maestro io e ho davanti questi figlioli di 13 anni che amo,
vorreste che non sentissi l'obbligo non solo morale (come dicevo nella prima
parte di questa lettera), ma anche civico di demistificare tutto, compresa
l'obbedienza militare come ce la insegnavano allora? Perseguite i maestri che
dicono ancora le bugie di allora, quelli che da allora a oggi non hanno più
studiato né pensato, non me."
La demistificazione, investendo l'obbedienza, la sottopone al primato della
coscienza facendo appello a una legge che tutti abbiamo scritto nel nostro
cuore. Una legge che crede nel cambiamento e rende traballanti le istituzioni
perché vede e agevola le dinamicità della storia. Avendo questo sguardo
lungimirante, soffre per le miopie del suo vescovo: "Il nostro Arcivescovo card.
Florit ha scritto che è praticamente impossibile all'individuo singolo valutare
i molteplici aspetti relativi alla moralità degli ordini che riceve" (lettera al
clero, 14-4-1965). Certo non voleva riferirsi all'ordine che hanno ricevuto le
infermiere tedesche di uccidere i loro malati. E neppure a quello che ricevette
Badoglio e trasmise ai suoi soldati di mirare anche agli ospedali (telegramma di
Mussolini, 28-3-1936).
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E neppure all'uso dei gas. Quegli ufficiali e quei
soldati obbedienti che buttavano barili d'iprite sono criminali di guerra e
non sono stati ancora processati(.....) A Norimberga e a Gerusalemme sono
stati condannati uomini che avevano obbedito. L'umanità intera consente che
essi non dovevano obbedire, perché c'è una legge che gli uomini non hanno
forse ancora ben scritta nei loro codici, ma che è scritta nel loro cuore.
Una gran parte dell'umanità la chiama legge di Dio, l'altra la chiama legge
della Coscienza."
La responsabilità è di tutti e l' "obbedienza" non è più una virtù, ma una
tentazione per chi è passivo: " Siamo giunti a quest'assurdo, che l'uomo delle
caverne se dava una randellata sapeva di far male e si pentiva. L'aviere
dell'era atomica riempie il serbatoio dell'apparecchio che poco dopo
disintegrerà 200.000 giapponesi e non si pente. A dar retta ai teorici
dell'obbedienza e a certi tribunali tedeschi, dell'assassinio di sei milioni di
ebrei risponderà solo Hitler. Ma Hitler era irresponsabile perché pazzo. Dunque
quel delitto non è mai avvenuto perché non ha autore. C'è un modo solo per
uscire da questo macabro gioco di parole. Avere il coraggio di dire ai giovani
che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è mai più una virtù, ma la
più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti
agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano l'unico responsabile di
tutto. A questo patto l'umanità potrà dire di aver avuto in questo secolo un
progresso morale parallelo e proporzionato al suo progresso tecnico. " |
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