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Emigrante                                       
 

      Pino Daniele - Terra mia

 

Dal Sud  verso il Nord: un viaggio, una vita.  

inalmente era giunto il giorno della partenza. Dopo anni di attesa: il diploma, il militare, la disoccupazione, la radio, il corso di Informatica ... finalmente ero stato assunto in una fabbrica di Milano. Qualche giorno prima avevo ricevuto il telegramma che mi annunciava l’assunzione  e mi invitava a recarmi a Milano per cominciare questa nuova attività

Sasso Caveoso

Matera - Sasso Caveoso

lavorativa; ora toccava anche a me: non ero più un disoccupato ma vedevo realizzare le mie aspirazioni e le mie speranze di vita. Quanto avevo atteso quel giorno! Lo sognavo ormai tutte le notti e pregavo Dio perchè accorciasse quei giorni che da esso mi   separavano. Avrei avuto la possibilità
di realizzarmi; di dar vita ai sogni di indipendenza fino a farmi una mia famiglia, avere dei figli (anche Maria, la mia fidanzata, contava con me quelle ore e quei minuti), un’auto nuova fiammante ... insomma l’occasione per uscire da quella condizione di grande precarietà che ci si trova a  Sasso Barisano

Matera - Sasso Barisano

Abitazione dei Sassi

Sassi - Interno di abitazione

vivere quando si finisce la scuola e non si trova un impiego serio che ti dia da un lato la garanzia di sicurezza e dall’altra la possibilità di pensare al futuro. 

Non stavo più nella pelle; tutto era pronto: la valigia con il necessario  per un mese, la cartella con i documenti e la lettera di assunzione, la busta di cellophane con due pagnotte di pane fresco e dei latticini tipici delle mie parti. Insomma mi sembrava di aver preso tutto e che quel giorno potesse incominciare l’avventura della mia vita. Ho  salutato mia madre che in lacrime mi faceva le ultime raccomandazioni, ho dato un bacio ai miei fratelli, ho imboccato le scale ed in un attimo mi sono ritrovato per strada dove tutto il vicinato aspettava per salutarmi.

Era venuta anche Maria ed insieme ci siamo avviati verso la stazione dei treni che mi avrebbero portato a Bari e di li a Milano. Lungo la strada le gambe tremavano un po e lei mi teneva dolcemente la mano, quasi si sorreggesse, e stava zitta come a volermi ricordare tutte le promesse che più volte ci eravamo fatti; se partivo era merito e colpa nostra: dell’ingenuità e della voglia di avventura dell’età. Ricordavo come ieri quando quel giorno mi disse – “sai aspetto un bambino: è una sensazione bellissima e terribile allo stesso tempo; perchè sai, forse ... siamo stati impulsivi e poco prudenti ... ma ora è necessario darsi da fare per costruire insieme un futuro per nostro figlio” – Sassi: un "vicinato"

I Sassi - Vicinato

e la sensazione che provai fu un misto di stupore e felicità che mi spinsero a prenderla tra le braccia  ed a stringerla forte forte quasi a volergli trasmettere quello che provavo. 

Civita e Cattedrale

I Sassi - La Civitas

l treno arrivò in stazione puntuale; salutai Maria per l’ultima volta e presi posto nel primo scompartimento libero che trovai. Poi il lacerare stridulo della locomotiva annunciò a tutti la partenza ed il  treno si avviò lentamente verso la sua prossima stazione.
Non avevo mai visto un tramonto più bello di quello; anche la murgia mi sembrava particolarmente intensa e vivida quel pomeriggio d’inverno. 

 

Alta Murgia

Alta Murgia - Paesaggio

Murgia Timone

Murgia Materana

La temperatura mite dell’aria, gli ulivi intrisi del rosso del tramonto, la macchia e le ginestre sonnecchianti e qua e la qualche gregge accompagnato dal proprio pastore,conferivano al paesaggio un’atmosfera di calda armonia quasi che riflettesse il mio stato d’animo. Mi erano venuti in mente i pensieri di Lucia costretta ad abbandonare il suo Renzo ed i luoghi natii e a quel pensiero, 
un nodo mi aveva stretto la gola quasi a volermi ricordare che poi,  in qualche modo, la storia si ripete sempre con gli stessi drammi anche se le motivazioni possono essere diverse.  Convento Benedettine

Matera - Centro Storico

Matera - Centro Storico

uello che si sente in certe circostanze, comunque, deve avere carattere universale perchè poveri e ricchi, neri e bianchi, polentoni o terroni, nordisti e sudisti trovano sempre sconvolgente dover abbandonare la propria terra! 

E’ quasi come perdere       le proprie radici, i valori, la tradizione,  i luoghi e le sicurezze       di sempre.

Sembra anche di doversi spogliare degli abiti della gioventù e della spensieratezza per ricoprire quelli dell’opportunismo e dello scetticismo dell’età adulta. E’ un po rimettersi in discussione per confrontarsi con nuovi mondi: altri modi di pensare, diverse tradizioni, differenti valori e perchè no anche persone con pelle di colore diverso. 

Matera - Centro Storico

Matera - Centro Storico

Ma allora può diventare un’occasione per far nuove esperienze, superare i propri limiti col contributo di nuove filosofie, può costituire un ottima opportunità per capire meglio gli altri ed arricchirsi vicendevolmente! 
Con tutti questi pensieri il treno giunse a Bari dove, in attesa della partenza dell’espresso per Milano, approfittai per consumare una cena principesca, a base di focaccia barese, come solo la fantasia riesce a farti fare pur con tutto il rispetto per la focaccia di via Sparàno.  

Matera - Centro Storico

 lle 20 e 45 l’espresso proveniente da Lecce e diretto a Milano si presentò puntuale al binario tre e così cominciò la mia avventura.

Dovetti subito affrontare la prima prova di sopravvivenza: l’assalto al treno! Tutte le partenze dei treni in transito nella stazione di Bari (almeno quelle che io ricordo!) sono accomunate dallo stesso atteggiamento dei passeggeri che si accingono ad occupare i posti a sedere disponibili. Treno sul binario

 La sfiga vuole che tali treni, poichè hanno in genere altre stazioni  d’origine, siano già “mezzi pieni” per cui i posti a sedere sono quasi sempre limitati e comunque insufficienti a soddisfare tutte le necessità che si creano alla stazione di Bari e successive. E allora: perchè prenotare? Ne consegue che la gente, pur di conquistare un posto a sedere, è spesso disponibile ai più sostenuti spintoni ed alle acrobazie più improbabili pur di conquistare per primi la maniglia dello sportello della carrozza e quindi di avere la possibilità di salire “per tempo” negli scompartimenti. 

Superato indenne la prova dell’assalto mi ritrovai in uno scompartimento occupato già da tre passeggeri: una coppia di curdi che viaggiava verso nord per andare in Germania ed un ragazzo di Lecce, studente universitario, che doveva raggiungere Parma per continuare i suoi studi. Poco dopo ci raggiunse una signora di Mola con la sua nipotina, a cui dovetti recuperare le valige dal finestrino, e così lo scompartimento fu al completo proprio qualche minuto prima che tutto il corridoio fosse

 interamente gremito di gente in piedi o seduta sugli strapuntini. Alle 21 e 15 il treno era pronto per muovere alla volta di Milano col suo carico di umanità, i suoi odori, con le mie speranze e quelle di tanti altri che come me vedevano in quel treno la possibilità di raggiungere la desiderata emancipazione.

 

l treno correva sul suo binario e dal finestrino ogni tanto, si percepiva il chiarore

 di un lampione a guardia di qualche casolare. Tutta la campagna era immersa in un nero profondo interrotto a volte dalle luci vivide di qualche cittadina della costa. Allora sembrava che il cuore riprendesse a battere e gli animi dei passeggeri si alleggerissero predisponendosi alla conversazione. 

Molfetta - veduta aerea

Fu in una di queste occasioni di scambio di battute che la bimba cominciò a fare i capricci; chiedeva, accompagnandosi con un lamento che pareva una litania, la sua bambola alla nonna che, per quanto si sforzasse a spiegarle che la bambola era rimasta a casa, non sortiva alcun effetto calmante ma, al contrario, contribuiva a far “lievitare” il volume dei lamenti.

Dopo qualche sgridata della nonna  intervenne la signora curda che chiese alla bimba: “Vorresti giocare con la mia bambola? Sai viene da lontano lontano e sono sicura che si divertirebbe molto a giocare con una bella bimba come te! Che ne dici?”. La piccola Assunta – così si chiamava la bimba – annuì col capo e di buon grado si sedette accanto alla nonna in attesa che la signora le desse la sua bambola.

Dopo aver cercato per un po in una delle sue valigie la signora tirò fuori la sua bambola che ad una prima vista colpì subito la mia attenzione. Assunta, che non stava più nella pelle dall’impazienza, si lanciò verso la bambola e quasi la strappò dalle mani della signora facendo così intervenire la nonna che la sgridò per essere stata scortese nei confronti della gentile signora curda. Ma ad Assuntina la cosa non fece molto effetto: si rimise a sedere nella sua poltrona e con fare materno strinse a se per un attimo la piccola bambola. Poi improvvisamente prese a strofinarle il viso con il suo fazzoletto ed io le chiesi: “Perchè, Assunta, stai strofinando il viso della bambola?” – “Perchè è sporco e perciò lo devo pulire!” disse immediatamente la bimba. Il fatto è che la bambola era di colore scuro (come si addice a bimbe di carnagione scura) e tanto la nonna  quanto io arrossimmo a quella ingenua gaffe della bimba cercando entrambi di minimizzare l’osservazione. Mi sentivo un po in colpa per aver provocato l’accaduto e quindi farfugliai qualcosa di circostanza ma ... la signora curda intervenne decisa prendendo in braccio Assuntina e dicendole amorevolmente: 

”La bambola non è sporca cara Assunta! E’ che ha un colore come il mio lo vedi?

 Io e te però abbiamo un colore della pelle diverso e la bambola che è mia ha lo stesso colore del mio viso, delle mie mani e delle mie gambe. Sai, nel mondo, ci sono persone di colore diverso e le bambole hanno il colore delle loro padroncine per non confondersi con le bambole delle altre persone. Però sono belle lo stesso e tutte le bimbe, anche se hanno colore diverso, vogliono ugualmente bene alle loro bambole. Io ti ho prestato la mia così anche tu potrai volergli un po di bene. Che ne dici? Sei d’accordo?” – “Si” – rispose pronta Assuntina e con buona pace dello scompartimento si rimise a sedere vicino alla nonna cullandosi amorevolmente  quella bambola dal colore diverso della sua pelle. L’episodio diede a tutti l’occasione per rompere il ghiaccio e fare qualche domanda ai signori curdi e fu così che venimmo a sapere che venivano entrambi dalla Turchia, erano in viaggio di nozze e stavano raggiungendo un parente di lui in Germania un po per vedere quel magnifico posto di cui avevano sentito parlare (probabilmente Colonia), 

un po per verificare la possibilità di un posto di lavoro che potesse garantire loro un futuro più dignitoso di quanto si aspettavano nel loro paese. Fu a quel punto che lo studente di Lecce fece una strana osservazione: “Credo che facciate bene a voler cercare un lavoro in Germania; anch’io appena finita l’università credo che mi stabilirò a Bologna  o a Parma. Ci sono più occasioni di lavoro anche per i medici e sicuramente gli ospedali, le cliniche e gli istituti di medicina del nord sono di gran lunga migliori di quelli al sud. 

  Questo vuol dire che professionalmente si è più stimolati a lavorare al nord piuttosto che nei nostri paesi di origine! Anche la nonnina volle dire la sua e in quel clima da “l’erba del vicino è sempre più verde”  

e aggiunse per rincarare la dose: “sapete io vado a stare un po con mio figlio ad Arese; sto infatti accompagnando la mia nipotina a casa sua e starò un po di tempo con loro. Ormai è quasi quindici anni che mio figlio e sua moglie vivono al nord: si sono fatti una vita nuova, con nuovi amici, una bella casa, lavorano entrambi - cosa che al paese non era neanche immaginabile – in una fabbrica di automobili della zona e sono contenti di non essere rimasti a Mola. 

Dicono che dove sono trovano più occasioni di divertimento, una vita più intensa fatta di cose sempre nuove ed interessanti: i cinema, i teatri, gli stadi, le palestre, le scuole, i servizi al cittadino ... 

 insomma sembra che li tutto funzioni a meraviglia e non  tornerebbero in dietro per nessuna ragione. Ai miei tempi a Mola si viveva di stenti e di sacrifici per permettere un domani migliore ai propri figli e così, adesso, loro possono permetterselo grazie ai nostri sacrifici e ad un ambiente accogliente e stimolante come il nord.” 

Stanco di sentir sentenziare la nonnina,  mi venne spontaneo rivolgermi al signore curdo e chiedergli: “E voi in Turchia ... come ve la cavate?” - “E’ vero che avete problemi di fame e di diritti civili malversati?”

“Ma, intanto devi sapere che noi siamo di origine curda. Dico questo perchè noi curdi aspiriamo a diventare una nazione sovrana in quanto costituiamo una etnia autonoma insieme ai fratelli curdi dell’Iraq. Infatti la nostra gente fu divisa in due gruppi ed i nostri territori spartiti tra Turchia ed Iraq in modo che noi curdi perdessimo la nostra identità di popolo autonomo. Da allora le cose per noi sono andate sempre peggio: è vero abbiamo problemi di nutrizione (specie dei bambini) le strutture sono fatiscenti, lo stato è inesistente e tende a relegarci ai margini della società, l’economia è a dir poco sottosviluppata e a livelli di quarto mondo ... e per fine, per noi giovani, l’unica alternativa valida sembra essere l’emigrazione. Quasi come fate voi in Italia che dal sud andate al nord! In fondo siete mossi anche voi dalle nostre stesse motivazioni: volete migliorare le vostre condizioni di vita! E umano e del tutto normale! Chi vorrebbe dare al proprio figlio un sasso se questi gli chiede del pane?"

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