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Opere

Opere di Gianni Rodari

Carmine De Luca: La letteratura infantile oggi

     Pino Daniele - Io vivo come te

Introduzione critica

Nel 1965 (La voce della libreria, n. 18, dicembre 1965) Rodari apre così un consuntivo sulla Letteratura per l’infanzia oggi: "I fatti di maggior rilievo dei quali dovrà tener conto chi tenterà una rappresentazione organica della letteratura infantile italiana in questi ultimi vent’anni (1945-1965) mi sembrano, a un primo sguardo, i seguenti: il ritorno della libertà, ossia la Resistenza con il suo durevole strascico di grandi lotte democratiche; l’espansione della scuola pubblica e, da ultimo, l’estensione dell’obbligo scolastico fino al quattordicesimo anno di età; lo sviluppo, forse disordinato, ma imponente, dell’industria editoriale o, se vogliamo azzardare una definizione, la trasformazione della letteratura per l’infanzia in una grande industria; l’avvento di nuovi mezzi di comunicazione e di svago (cinema, fumetti, televisione: a rigore il cinema dovrebbe esser lasciato fuori da questa categoria, perché un po’ meno "nuovo"; ma la sua influenza sul costume si è talmente ingigantita da costituire un fatto nuovo in molti sensi); l’accresciuta difficoltà per i critici e gli storici della letteratura infantile di dare una sistemazione teorica, una sintesi di tanti fatti, tuttora in movimento". Soprattutto a quest’ultimo fattore andavano le attenzioni di Rodari, tanto che a distanza di qualche anno prende l’iniziativa di dare lui una prima " sistemazione teorica " della letteratura per l’infanzia in riferimento anche a quanto è in movimento nella cultura e nella società del paese. Lo fa in una relazione tenuta al Convegno sull’educazione artistica, organizzato dall’associazione Italia-Urss a Roma nel giugno 1968. La relazione viene pubblicata su Scuola e Città, n. 3, marzo 1969.

Sono anche da ricordare due diversi contributi che alla definizione della letteratura infantile lo scrittore fornirà successivamente: nel dicembre 1977 pubblicherà sulla rivista spagnola Quadernos de Pedagogias un articolo dal titolo "Un juguete llamado libro"; sulla stessa rivista nel febbraio 1980 uscirà "La imaginacion en la literatura infantil". In quest’ultimo saggio tra l’altro scrive: "Una volta trovato il punto giusto per l’incontro e la sintonia con il bambino, l’autore di letteratura per l’infanzia continuerà ad essere un adulto, si comprometterà completamente, dirà tutta la verità. La difficoltà sta nel trovare quel punto giusto. E’ il frutto di lavoro e di sperimentazione piuttosto che di intuizione ".

Certe posizioni nostalgiche, tipo "i ragazzi non leggono più come una volta", appaiono assolutamente ingiustificate; si può dire, al contrario, che appena ora il libro stia cessando di essere un privilegio di classi e ceti limitati per diventare un bene di tutti. Pochi decenni or sono, intere regioni erano afflitte dalla piaga dell’analfabetismo, intere classi sociali vivevano a un livello basso, o addirittura miserevole. Dalla Liberazione in poi è cominciato un processo contraddittorio ma costante di elevamento del livello di vita e di cultura. La scolarizzazione si è estesa. Il prolungamento dell’obbligo scolastico fino ai quattordici anni, per quanto attuato tra grandi difficoltà e resistenze oggettive e soggettive, rimane un fatto di grandissima portata. Il clima di vivace e continuo dibattito di idee che caratterizza la vita pubblica italiana dalla sconfitta del fascismo in poi ha portato alla ribalta il problema della cultura popolare. Vivacissimo è stato ed è il dibattito pedagogico e didattico, nella scuola e fuori della scuola. Anche la scuola è un campo di battaglia di idee e di metodi nuovi: sbaglierebbe chi la rappresentasse unicamente alla luce delle sue manchevolezze strutturali ed organiche, che pure sono gravissime. In questo quadro si comprende il notevole incremento quantitativo dell’editoria per ragazzi. Sono comparse numerose nuove case editrici. Antiche case editrici che non si erano mai occupate dei ragazzi destinano loro, oggi, una o più collane. Numerose sono le mostre, i convegni, i dibattiti pubblici intorno alla letteratura infantile. Sono stati istituiti molti premi letterari destinati a libri per ragazzi, sia agli autori dei testi, sia agli autori delle illustrazioni. Non si sono mai stampati tanti libri per ragazzi come oggi. Le nuove tecniche tipografiche hanno avuto la loro parte in questo sviluppo quantitativo. La letteratura per ragazzi è diventata un’industria remunerativa e attenta, che avvicina il bambino fin dai primissimi anni, con albi e libretti illustrati, plastificati, stampati su tela, lavabili, con libri-giocattolo, dalle pagine mobili e agibili; lo richiama nelle edicole con periodici illustrati da raccogliere in volume, con albi accompagnati dal disco; lo attrae con volumi a colori, ricchi di riproduzioni fotografiche, ideati secondo tutte le risorse della grafica moderna. A questa espansione sembra che abbiano contribuito, direttamente e indirettamente, anche i fumetti – della cui fortuna tratteremo più avanti – sia fornendo a poco prezzo un certo materiale di lettura a zone sociali escluse dall’acquisto dei libri, generalmente cari; sia abituando i ragazzi all’iniziativa, cioè all'acquisto spontaneo in edicola; sia costringendo l’opinione pubblica, coi modelli peggiori (se dal male può venire un bene) a porsi seriamente il problema delle letture infantili.

L’opinione pubblica merita un altro cenno. E in questi anni, grazie alla generale spinta democratica e culturale partita dalla Resistenza, che si è verificata – se non ancora la creazione di una "coscienza pedagogica" da parte della società adulta nel suo insieme nei confronti della società giovanile e infantile – una certa presa di coscienza, sempre più diffusa, delle difficoltà e delle responsabilità connesse con il "mestiere di genitore". Corsi e scuole per genitori, associazioni di genitori ed altre simili iniziative non hanno ancora, da noi, la consistenza che sarebbe augurabile, sono ancora iniziative isolate e di minoranza, ma non si può negare che un poco abbiano mosso le acque. La radio e la televisione avrebbero potuto fare di più, ma un loro contributo alla conoscenza e alla diffusione di libri per ragazzi, alla nascita nei ragazzi e nei genitori di stimoli culturali che solo il libro può soddisfare completamente, almeno per oggi, non può essere negato. Il primo, serio limite qualitativo dell’espansione tratteggiata, ci appare dettato dal carattere prevalentemente commerciale dell’insieme della produzione. Tale carattere non è forzatamente un elemento negativo: nel nostro sistema economico l’editore assume in proprio il rischio della propria iniziativa ed ha quindi in prima persona il merito, dove esiste, di tale iniziativa. A parte però i casi deteriori, in cui il libro per ragazzi è prodotto semplicemente come una merce che si vende, e naturalmente si vendono anche merci brutte, se danno un profitto, chiunque conosca un poco la produzione corrente è in grado di distinguere l’editore che si prefigge esclusivamente lo sfruttamento e l’incremento di un mercato dei libri per ragazzi in formazione, dall’editore che attribuisce a questa sua attività un carattere culturale o educativo, e orienta la sua produzione di conseguenza. Dall’insieme risulta un panorama alquanto confuso. Sono rari i programmi editoriali chiaramente orientati a uno scopo, a uno dei tanti scopi possibili, quali potrebbero essere lo stimolo a una creazione e produzione nazionale, lo sviluppo di collane divulgative di un determinato carattere, e cosi via. Sono rare le iniziative editoriali dietro le quali si intraveda il lavoro di una équipe pedagogico-letteraria: certo più rare di quelle, anche fortunate, dettate dal gusto personale o dall’intuizione o dai contatti internazionali dell’editore.

Scrittori e collane

Questo limite non ha impedito la formazione di un notevole gruppo, ormai, di scrittori affermati e capaci, stimati anche fuori d’Italia, che dedicano in tutto o in parte il loro lavoro ai ragazzi; non ha nemmeno impedito la nascita di collane assai interessanti, in cui compare, per esempio, il meglio della produzione straniera, soprattutto, per ora, occidentale; di collane di divulgazione scientifico-culturale quali, durante il fascismo, in un periodo di chiusura totale delle frontiere ideali e di provincialismo culturale e pedagogico, non sarebbero potute apparire.

Ma si pensa – o forse sono io, per deformazione personale, che lo penso – quanto di più o meglio avrebbe potuto fare un’editoria robusta e, nell’insieme, piena di iniziativa come la nostra razionalizzando meglio i suoi sforzi, adottando metodi produttivi – in fase redazionale – più moderni, chiamando a una più intensa collaborazione il mondo pedagogico.

Un altro limite è rappresentato dalla scarsa considerazione in cui tuttora è tenuto tra noi lo scrittore per ragazzi dall’insieme della società culturale, quasi che mettersi al servizio dei ragazzi, delle famiglie, della scuola, fosse un'attività poco dignitosa, da lasciare a chi non ha saputo trovare altri campi di affermazione, del resto oggi tanto numerosi e tanto facili. L'umiltà di Tolstoj e di Stevenson, che hanno prodotto capolavori rivolgendosi direttamente al pubblico infantile o giovanile, non fa scuola da noi abbastanza spesso come si potrebbe desiderare. L’accademico anglosassone o sovietico non disdegna di destinare direttamente ai ragazzi opere di divulgazione. E perché non dovrebbe essere cosi? Nessuno meglio di chi è andato più avanti degli altri nella fisica, nella chimica, nello studio della storia, nella conoscenza dei classici, può offrire le sintesi chiare, eloquenti, ricche di stimoli di cui i ragazzi hanno bisogno e che certo non può offrir loro chi, per scrivere un lavoro divulgativo, deve accontentarsi di cucire in fretta poche nozioni banali, in un campo che non padroneggia completamente, nel quale egli non riesce a distinguere l’essenziale dal secondario. Noi soffriamo ancora delle conseguenze di un concetto aristocratico della letteratura e della cultura duro a morire, anacronistico, nell’epoca in cui letteratura e cultura non possono restare privilegio di pochi, e meno che mai attività di corte. Soffriamo anche del pregiudizio contro la letteratura infantile dettato e diffuso da Benedetto Croce – un uomo, tra l’altro, del quale abbiamo sempre pensato: che peccato che una bella storia d’Italia per i giovani non l’abbia scritta lui, che sapeva dominare i fatti e le idee con tanta ricchezza e sapeva scrivere con tanta chiarezza.

A questo residuo aristocraticismo si deve, forse, la mancanza di interesse della critica letteraria per tutto ciò che si fa per i ragazzi: come se non potesse essere compito della critica distinguere – posto che il problema interessi ancora – ciò che è arte da ciò che è cultura, ciò che è poesia da ciò che è gioco; mentre il livello della produzione nazionale non avrebbe che da guadagnare da un’osservazione intelligente dei risultati.

Si dirà che dei libri per ragazzi debbono interessarsi gli specialisti. Di tali specialisti, per fortuna, ne abbiamo in Italia. Ma quanto pochi! Del resto non si vede come se ne possano formare in numero sufficiente e di qualità sempre elevata, dal momento che sono pochissime, nelle università italiane, le facoltà e gli istituti pedagogici che si occupano sistematicamente di letteratura infantile almeno dai due punti di vista che ci sembrano essenziali: il primo, lo studio e l’esame critico della produzione corrente, unito allo studio dei tanti problemi storici, che costituiscono un terreno quasi totalmente inesplorato, sui rapporti tra la storia del libro per ragazzi e quella della cultura nazionale, tra letteratura infantile e società (per esempio, tra libro d’avventura e epoca del colonialismo e dell’imperialismo); il secondo, lo studio scientifico, sperimentale, del pubblico infantile nei confronti del libro, per l’individuazione delle esigenze psicologiche, dei gusti e delle preferenze, della comprensione lessicale, dell’interesse ai problemi ed ai generi. I ragazzi cambiano in fretta. Chi scrive per loro può e deve, certo, contare sulla sua intuizione personale del loro mondo in movimento; ma se cerca un aiuto culturale, ben di rado lo trova in studi sulle esigenze infantili compiuti decenni or sono, superati, privi assolutamente di rapporto con i bambini d’oggi.

Ancora un limite vorrei indicare (ma più avanti tornerò da un altro punto di vista sull’argomento), in relazione, ora, più diretta con il pubblico del libro infantile.

Non si nasce con l’istinto della lettura, come si nasce con quello di mangiare e bere. Si tratta di un bisogno culturale che può solo essere innestato nella personalità infantile. Operazione quanto mai delicata, perché il solo paragone che sopporta è quello con l’innesto di un nuovo senso: il senso del libro, le capacità di usare anche del libro come di uno strumento per conoscere il mondo, per conquistare la realtà, per crescere. Non trascurerò l’importanza dell’ambiente familiare, per la formazione di questo gusto della lettura: è troppo evidente. Ma sulla scuola va detta qualche parola di più. Non sempre l’apprendimento della lettura, il primo, che è il più decisivo, avviene nella forma più adatta. Prevalgono, su ogni altra considerazione, troppo spesso, le esigenze burocratiche della scuola: quelle dell’esercitazione, dell’interrogazione, del voto, che frappongono tra il bambino e la pagina scritta ulteriori ostacoli da superare, oltre quelli rappresentati dalla difficoltà di interpretare i segni. La lettura, o è un momento di vita, momento libero, pieno, disinteressato, o non è nulla. La scuola crea più spesso il riflesso puramente scolastico della lettura: non l’interesse appassionato, non l’innesto nella personalità infantile. Ed ecco i ragazzi che, abbandonata la scuola, non leggono più: non si aspettano l’interrogazione, non debbono meritarsi il voto... e nessun altro stimolo li spinge verso il mondo dei libri.

Tendenze nuove

Non farò un panorama di autori. Oltretutto, essendo anch’io autore di libri per ragazzi, non potrei farlo con la competenza e l’onesta critica necessarie. Le mie osservazioni possono soltanto contribuire ad individuare alcune tendenze, nel lavoro dei miei colleghi e nella produzione degli editori. Mi sembra, prima di tutto, che sia lecito sottolineare – ancora una volta – la profonda e durevole influenza della Resistenza sugli scrittori per ragazzi. Prima ancora della comparsa di nuovi mezzi di comunicazione che hanno inserito i ragazzi nel mondo adulto, è stata la spinta ideale della lotta democratica in Italia a mutare il rapporto tra gli scrittori per ragazzi e il loro pubblico, a portare nel loro dialogo temi che una volta dai libri per ragazzi erano esclusi: il tema della pace e della guerra, quello della libertà, le cose e i problemi del mondo d’oggi. Vi è tutto un gruppo significativo di autori e di opere in cui questi temi sono presenti, e non parlo solo dei pochi che hanno dato narrazioni dirette di fatti della Resistenza: parlo dello spirito nuovo, degli ideali nuovi che circolano in romanzi, racconti, avventure, qualche volta anche nelle forme più tradizionali della fiaba. Altri temi presenti nei libri per ragazzi: il sud, l’emigrazione, la conoscenza e comprensione tra i popoli, la giustizia sociale. Quanto ai generi – volendo mantenere per pura comodità espositiva questa categoria – nessuno di essi appare in crisi, nemmeno la fiaba che anzi sembra aver ricevuto un nuovo impulso da particolari interpretazioni delle possibilità del fiabesco e dall’apparizione di una grande raccolta – la prima, in Italia, un paese che non ha avuto il suo Grimm o il suo Afanasjev – delle fiabe nazionali. Si discute molto sulla fiaba, senza tenere conto che la richiesta di fiabe (alla radio, alla televisione, ai giornali per ragazzi) è costante; che forme editoriali nuove – per esempio, la fiaba col disco – hanno aumentato la circolazione di un patrimonio che pareva destinato all’archivio storico; che l’interesse e gli studi degli etnografi hanno avuto in questi anni, proprio intorno alla fiaba popolare, nuovi impulsi. Non bisogna fraintendere il crescente interesse dei bambini per la conoscenza scientifica, in un mondo dominato dal vertiginoso progresso tecnologico: il bambino si arricchisce senza perdere nulla di ciò che appartiene alla sua età; allarga il suo dominio, nel quale però c’è ancora posto anche per la fiaba, proprio perché nella sua personalità il posto della fantasia e dell’immaginazione non può essere insidiato. La fantasia evasiva, forse, ha trovato altre strade di sfogo, per esempio i fumetti: la fantasia come mezzo per un approccio alla realtà si servirà, io credo, ancora per molti anni, della fiaba tradizionale e di quella che innesta, nel mondo della fiaba tradizionale, figure, parole e cose d’oggi.

Per quel che attiene all’avventura, bisogna sottolineare uno scarso sviluppo dell’avventura fantascientifica, che del resto corrisponde esattamente alla situazione generale della fantascienza in Italia, infinitamente meno diffusa che all’estero e quasi tutta d’importazione, americana ma anche, e con successo, sovietica. E’ probabile che la spiegazione risieda lontano: per esempio, nelle tradizioni quasi esclusivamente letterarie della produzione nazionale per i ragazzi. Non siamo certo un paese alla retroguardia nello sviluppo scientifico né ci mancano illustri esempi di prosa scientifica (basti pensare a Galileo). Ma la divisione tra letteratura e cultura in generale, tra letteratura e scienza in particolare, è probabilmente più profonda da noi che in altri paesi, di più giovane tradizione letteraria.

Un fenomeno dei più interessanti è rappresentato dalle coproduzioni. Non si tratta solo di una nuova tecnica editoriale, ispirata ad altri esempi e dettata da necessità di collaborazione internazionale in imprese produttive di particolare vastità; ma anche di uno strumento utile alla sprovincializzazione delle nostre iniziative, alla circolazione delle idee, delle informazioni, delle novità. Un fenomeno, insomma, da salutare con favore. Purtroppo, anche qui, il veleno è nella coda: gli effetti culturali della coproduzione non sono ricercati direttamente, ma solo come risultato, indiretto e probabilmente secondario, dell’interesse commerciale, più evidente in questa che in altre iniziative. Le coproduzioni interessano soprattutto rapporti tra editori italiani ed editori americani, francesi, svizzeri, ecc. Francoforte è la capitale di queste operazioni. Interessano, però, anche rapporti tra editori italiani ed editori socialisti. Anche in questo caso, però, l’aspetto commerciale prevale su quello culturale. La produzione cooperativa tra editori nostri ed editori, mettiamo, di Praga, ci può dare opere, tipograficamente belle, commercialmente competitive: raramente ci ha portato qualcosa di veramente significativo in campo culturale. Ai nostri editori interessa la vendita, a quelli socialisti interessa la valuta: ben altro ci potrebbe dare, io credo, una collaborazione nella quale finalmente prendessero il sopravvento interessi culturali, senza alcun pregiudizio degli aspetti commerciali. Non è detto che un libro culturalmente significativo si debba vender meno di un libro bello ma superfluo.

Un’ultima osservazione toccherà del grande salto, quantitativo e qualitativo, originato dalla legge che introduce nella seconda e terza media la lettura obbligatoria di un’opera di narrativa moderna, italiana o straniera. La legge ha creato un mercato nuovissimo, che ha grandemente stimolato gli editori. E’ sorta tutta una eterogenea famiglia di collane, con o senza commento, in cui appaiono disordinatamente classici e moderni, italiani e stranieri, pigre ristampe di opere collaudate e pacificamente accettate e adottate dagli insegnanti più tradizionalisti e scelte audaci dalle opere di grandi scrittori del passato, da Dickens a Tolstoj, da Twain a Thomas Mann, o di scrittori italiani d’oggi, da Maravia a Cassola, da Carlo Levi a Calvino, ad Alvaro. C’è molto disordine, in queste iniziative. Si scontrano criteri diametralmente opposti. C’è chi mira soltanto alle alte tirature garantite dalle adozioni.

Due risultati positivi vanno comunque sottolineati come prodotto quasi spontaneo degli avvenimenti: da un lato, l’ingresso nel mondo dei libri per ragazzi di classici che non sono arrivati a loro "per caduta" (come i Robinson e i Gulliver), ma per offerta dell’editore e della scuola; dall’altro, l’accostamento dei ragazzi, a tredici, quattordici anni, con gli scrittori più significativi del nostro tempo, cioè l’invito a considerarsi, anche culturalmente, membri della società adulta.

I ragazzi-adulti

Ciò non porterà alla decadenza del libro per ragazzi: porterà a una giusta estensione del concetto del "libro per ragazzi", un concetto che può allargarsi a comprendere insieme opere nate per i ragazzi, opere adottate spontaneamente dai ragazzi e opere nate per gli adulti ma adatte anche ai ragazzi, suggerite loro dall’editore o dall’insegnante. Ciò corrisponde alla crescente integrazione dei ragazzi nella società adulta: nel mondo di tutti, tanto più vasto della stanza dei giocattoli o dell’arcadia in cui ancora taluni vorrebbero rinchiudere i ragazzi, perché vivano una loro vita impossibile, artificialmente separata dalla nostra. I ragazzi guardano la stessa televisione che guardiamo noi, ricevono le informazioni in mezzo alle quali noi stessi siamo immersi: mi sembra giusto che si aprano ad essi scaffali nuovi anche nella libreria paterna. Questa indicazione di problemi non sarebbe completa se non indicasse almeno, senza la pretesa di trattarli completamente, alcuni problemi vecchi e nuovi in relazione all’argomento che ci interessa.

a) Il libro per ragazzi e i mezzi di comunicazione di massa. La radio, il cinema e la televisione, come hanno profondamente modificato la vita dell’adulto e i suoi rapporti con la realtà, così hanno modificato la vita dei ragazzi e i problemi dell’educazione. Non possono dunque, restare senza influenze sulla letteratura infantile. Da un lato, ovviamente, gli scrittori per ragazzi sono stimolati a produrre anche per i nuovi mezzi, oltre che per l’editoria. Essi sono tra i principali fornitori di materia prima per tutti i prodotti alla cui confezione sia necessaria, accanto alla tecnica, la fantasia. Il richiamo è forte, non solo per la possibilità di guadagni maggiori che nella letteratura, ma anche per la possibilità di parlare a un pubblico più vasto, enormemente dilatato. I pericoli sono gravi: quello, tra gli altri, di lavorare per la confezione di un prodotto che li oltrepassa, che si consuma rapidamente senza lasciar tracce, nel senso tradizionale; quello poi, che comporta l’adattamento a un tipo di produzione industriale, in équipe, da parte di chi è abituato a lavorare in modo artigianale, al suo tavolo, con carta e penna (o, massimo tecnologico, la macchina da scrivere e il registratore).

La radio e la televisione hanno rivolto un invito diretto agli scrittori italiani, a lavorare per i loro programmi per ragazzi, in un certo senso anche mettendoli di fronte alle loro responsabilità. Forse potrebbero fare di più organizzando direttamente la formazione di creatori specializzati. Certo, parlando di problemi del genere, siamo fuori di un discorso tradizionale sulla letteratura infantile. E’ un discorso nuovo da fare. Anche gli educatori debbono avere la loro parola da dire, in un discorso del genere.

Vi è poi l’aspetto che interessa direttamente il lavoro degli scrittori come tali. Non si può più raccontare un’avventura senza fare i conti con un ragazzo abituato a "vedere" le avventure sul teleschermo. Forse agli scrittori dobbiamo dare un consiglio: leggete meno i classici e guardate di più la televisione, se volete essere vicini ai ragazzi d’oggi.

Per il cinema, in Italia, il discorso è diverso. Praticamente noi non abbiamo per nulla un cinema per i ragazzi. Come non abbiamo un teatro per ragazzi, se non per apparizioni saltuarie e casuali, quasi di fantasmi. Il cinema e il teatro per ragazzi sorgeranno, quando sorgerà da noi quella che è stata chiamata una "civiltà dell’infanzia". Allora non potranno fare a meno degli scrittori.

b) I fumetti. Abbiamo attraversato in Italia, nei confronti dei fumetti, fasi alterne: dall’entusiastico accoglimento dei fumetti americani negli anni trenta, sotto il fascismo, quando essi significavano per i ragazzi una finestra su un mondo meno chiuso, meno provinciale, meno soffocante del nostro, alla proibizione decretata dal fascismo contro un prodotto della "demoplutocrazia" americana; dal ritorno al seguito delle armate americane in Italia, all’allarme contro il fumetto accusato di ogni genere di colpa e peccato (l’aumento della delinquenza minorile, che era invece una conseguenza diretta della guerra; la crisi degli ideali, che era invece legata alle profonde trasformazioni del nostro tempo, eccetera), fino all’attuale infatuazione intellettualistica per il fumetto, considerato quasi una porta sull’avvenire. Oggi siamo in grado di valutare con più distacco il fenomeno: di coglierne le parentele col cinema, di giudicare senza moralismi la sua funzione di evasione, tutto sommato, innocua. Personalmente non abbiamo mai imputato colpe eccessive al fumetto, che semmai consideriamo – quando costituisca una passione ossessiva ed esclusiva – un sintomo, non una causa, di povertà culturale e morale – una povertà che ha ben altre cause ed origini nella vita familiare, scolastica, sociale, ecc.

Senza condividere l’infatuazione per un prodotto che ci sembra un cascame culturale, dove non è semplicemente la continuazione di un genere di satira e di umorismo che può avere la sua utilità, non condividiamo nemmeno le condanne moralistiche e aristocratiche. Per un lettore intelligente e critico, il fumetto sarà un semplice materiale di svago. Un ragazzo culturalmente aperto e ricco si stancherà presto di una lettura che gli offre solo l’interminabile ripetizione di vicende che hanno scarso rapporto con gli interessi meno superficiali della sua personalità.

c) Le biblioteche per ragazzi. Questo tasto è doloroso. Le cifre sulle biblioteche popolari, scolastiche e più direttamente, in tutto o in parte, organizzate per i ragazzi rimangono – nonostante qualche progresso – sconsolanti. Rarissimi gli esempi di biblioteche che siano centri vivi di cultura e di iniziativa infantile. E’ questo un capitolo della "civiltà dell’infanzia" che stiamo scrivendo con straordinaria lentezza.

d) La preparazione degli insegnanti. Nella preparazione degli insegnanti, sia a livello elementare, sia a livello medio e superiore, la riflessione sui problemi della letteratura infantile entra in misura del tutto inadeguata. Basta un’occhiata ai programmi scolastici, ai programmi d’esame e a quelli di concorso; basta una scorsa all’elenco degli abbonati alle pochissime riviste che si occupano di letteratura infantile. Su questo punto, il solo aspetto positivo è la diffusa consapevolezza che le cose vanno cambiate. Questa consapevolezza esiste e io spero che potrà diventare, entro un tempo sopportabile, reale pressione perché le cose cambino.

Conclusioni

Conclusioni, ovviamente, del tutto provvisorie. Dopo aver elencato tanti problemi, nella speranza che il dibattito li faccia avanzare, vorrei limitarmi a sottolineare tre punti:

1) si è avuto, negli anni scorsi, in Italia, un boom del libro: ma non ancora un boom del libro per ragazzi, il cui mercato è tuttora limitato principalmente alle feste natalizie, nelle quali, se non altro, il libro ha preso un buon posto tra le "strenne" tradizionali. Io penso che questo boom non sia lontano. La scoperta dei ragazzi è appena cominciata: continuerà se educatori, editori, scrittori e genitori insisteranno nei loro sforzi. Un giorno rideremo senza arrossire della famosa barzelletta in cui una madre, che va a comprare un regalo per il figlio, rifiuta il suggerimento della commessa ("gli prenda un bel libro") rispondendo: "Ne ha già uno...".

2) I problemi accennati dovrebbero aver giustificato in anticipo la riserva che io avanzo ora intorno allo stato della teoria intorno alla letteratura infantile: penso che sia necessaria, oggi, una sintesi teorica nuova, che tenga conto di tutti i fenomeni nuovi e del ritmo dei mutamenti determinati principalmente dai nuovi mezzi di comunicazione. I classici manuali di letteratura infantile ci servono sempre meno. Le teorie che muovono da altre teorie, i libri che nascono da altri libri, ci servono sempre meno; abbiamo bisogno di riflessioni fresche, sui fatti, sulle cose, fuori degli schemi culturali tradizionali che la realtà ha fatto invecchiare.

3) Agli scrittori vorremmo rivolgere un appello analogo a tener conto della realtà d’oggi, a non trascurare il dovere di informarsi sui progressi della psicologia, della pedagogia, della didattica, della sociologia. Noi dobbiamo nutrirci a tutte queste fonti, se non vogliamo creare opere che, nel nostro tempo, appariranno superflue. Certo, nel momento della creazione, nulla conta fuorché l’immagine che nasce nella fantasia e si svolge in piena libertà. Non sono schemi psicologici, ideologici, pedagogici, che possono determinare la riuscita del nostro lavoro, che non può fare a meno della più assoluta libertà creativa. Ma la libertà stessa ci servirà a poco, se sarà soltanto libertà di fantasticare nel vuoto, o di chiuderci in un mondo che non è quello d’oggi, non è quello dei ragazzi d’oggi.

4) L’occasione del convegno, durante il quale riceveremo informazioni su ciò che per i ragazzi si fa in un grande paese amico, dovrebbe anche essere l’occasione per riflettere su quanto abbiamo perduto e continuiamo a perdere, su quanto hanno perso e continuano a perdere i nostri ragazzi, per la scarsità dei contatti tra l’editoria italiana e quella sovietica di letteratura infantile. Conosciamo troppo poco ciò che viene scritto, stampato e diffuso in un paese in cui i ragazzi che leggono sono decine di milioni, i libri hanno tirature per noi quasi incredibili e le biblioteche per ragazzi sono frequentate come i cinematografi; un paese in cui, tra l’altro, esiste un cinema per i ragazzi, esiste un teatro per i ragazzi, esiste quella che noi abbiamo chiamato, nel nostro desiderio, una "civiltà dell’infanzia".

Conoscenze meno superficiali, legami più stretti in questo campo tra i nostri amici sovietici e noi, possono essere soltanto utili all’amicizia tra i nostri Paesi; ma, quel che più conta, utili soprattutto per i ragazzi italiani e sovietici, dei quali noi siamo qui i rappresentanti, e, se ci state, i servitori.

 

 

 

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