Chicago - Hard to say sorry get away

 

La campagna contro l’inviolabilità

Una nuova scossa venne al movimento per la disobbedienza civile nel settembre 1932 quando Gandhi, detenuto nella prigione di Yeravda, cominciò una prima protesta contro la segregazione che era chiamata degli “inviolabili” nell’accordo elettorale per la nuova costituzione Indiana. Severi critici descrissero il digiuno come una forma di coercizione, un ricatto politico. Gandhi era conscio che il suo digiuno esercitasse una pressione morale ma la pressione non fu diretta contro coloro che dissentivano da lui, ma contro quelli che lo amavano e credevano in lui (n.d.r. una forma di insegnamento verso quelli a lui più vicini come era costume di Gandhi). Non si aspettava che i suoi critici reagissero come i suoi amici e collaboratori, ma se la sua auto-crocifissione poteva dimostrare la sua sincerità, la battaglia si sarebbe dimostrata una mezza vittoria. Cercò di punzecchiare le coscienze della gente e di portare a loro qualcosa della sua angoscia interiore contro una tirannia sociale mostruosa. Il digiuno portò drammaticamente il problema alla sua sostanza; all’apparenza celò la ragione ma nei fatti fu progettato di liberare la ragione da quella mistura di inerzia e pregiudizio che aveva permesso la cattiveria dell’inviolabilità che condannò milioni di Indù all’umiliazione, alla discriminazione ed alle privazioni.

La notizia che Gandhi digiunasse scosse l’India da una parte all’altra. Il 20 settembre 1932, quando il digiuno ebbe inizio, fu considerato da tutti un giorno di digiuno e preghiera. A Shantiniketan il poeta Tagore vestì di nero, parlò ad una grande manifestazione sul significato del digiuno e dell’urgenza di combattere un vecchio male. Ci fu un sentimento che inondò spontaneamente; templi, beni e luoghi pubblici furono lasciati aperti “all’inviolabilità”. Un certo numero di leader Indù incontrarono i rappresentanti del partito degli inviolabili; un accordo elettorale alternativo fu raggiunto e ricevette l’approvazione del Governo Britannico prima che Gandhi interrompesse il suo digiuno.


La prigione di Yeravda dove Gandhi intraprese il digiuno contro l’inviolabilità nel settembre 1932

Più importante che il nuovo accordo elettorale fu la catarsi di emozioni attraverso cui la comunità Indù dovette passare. Il digiuno fu inteso da Gandhi “per punzecchiare le coscienze della comunità Indù verso la giusta azione religiosa”. La soluzione di separare l’elettorato fu solo l’inizio della fine della inviolabilità. Sotto l’ispirazione di Gandhi, mentre era ancora in prigione, una nuova organizzazione, Harijan Sevak Sangh, fu fondata per combattere l’inviolabilità ed fu avviato un nuovo giornale settimanale: il Harijan. Harijan significa “figli di Dio”; fu il nome che Gandhi diede agli inviolabili.

Dopo il suo rilascio Gandhi dedicò se stesso completamente alla campagna contro l’inviolabilità. Il 7 novembre 1933 intraprese un grande giro del paese che copri 12.500 miglia per un periodo di nove mesi. Il giro evocò grandi entusiasmi per l’abbatimento delle barriere che dividevano gli intoccabili dal resto della comunità Indù ma provocò anche la militanza dell’ortodossia Indù. Il 25 giugno, mentre Gandhi era negli uffici comunali della città di Poona, fu fatta esplodere una bomba al suo comizio. Egli espresse la sua “profonda commiserazione” per gli attentatori “Non sto cercando il martirio” disse “ ma se viene sulla mia strada, in prosecuzione di essa, io considero di essere il supremo difensore della fede che ho in comune con milioni di Indù, dovrò ben guadagnarmelo”.

Il digiuno di Gandhi svegliò il pubblico entusiasmo ma lo spostò dai problemi politici a quelli sociali. Nel maggio 1933 sospese la disobbedienza civile per sei settimane. La riprese più tardi confinandola solo a se stesso. Un anno dopo lo sospese: fu perchè prese coscienza del fatto che il paese era stanco e non più disposto a continuare una campagna di sfida. Questa decisione lasciò di sconcerto molti dei suoi seguaci che non gradivano il suo approccio morale e religioso ai problemi politici e si scontrarono con le sue auto-imposte limitazioni. Gandhi ebbe sensazione dell’umore critico durante l’assemblea del Congresso e nell’ottobre 1933 annunciò il suo ritiro da esso. Per i tre anni successivi il suo interesse principale fu l’economia dei villaggi e non quella politica.


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