Chicago - Along comes a woman

Discorso tenuto presso la Benaras Hindu University

4 febbraio 1916

Agra - Taj Mahal

[ Pandit Malaviya aveva invitato Gandhi a parlare in occasione dell'apertura dell'università Indù di Banaras.  Lord Hardinge, il Vicerè, aveva assicurato la sua speciale partecipazione per porre la prima pietra dell'università.  Per proteggere la sua vita la polizia aveva preso delle precauzioni supplementari.  Erano onnipresenti e tutte le case lungo l'itinerario erano state controllate.  Banaras era, per così dire, in stato d’assedio. Persone eminenti erano venute da tutta l’India.  Molti di loro fecero discorsi.  Il 4 febbraio 1916  toccò a Gandhi parlare al pubblico, il quale consisteva principalmente di giovani impressionabili.  Una galassia di principi, ornati e ingioiellati, aveva occupato i dias.  Il maharaja di Darbhanga occupava una poltrona. Gandhi che era vestito di un piccolo, rozzo dhoti, un mantello di Kathiawadi e di un turbante cominciò a parlare.  Le precauzioni della polizia ed il lusso intorno lui lo amareggiarono profondamente.  Girandosi verso il pubblico, Gandhi disse che avrebbe desiderato pensare ad un discorso udibile senza riserve: ]

Desidero porgere le mie umili scuse per il lungo ritardo avvenuto prima che io abbia potuto raggiungere questo posto.  Ed accetterete prontamente le scuse quando vi dirò che non sono responsabile del ritardo né che esso sia attribuibile a qualche fattore umano.  Il fatto è che sono come un animale in mostra ed i miei custodi, nella loro eccessiva bontà, riescono sempre a trascurare un evento possibile di questa vita e, cioè, l'incidente puro.  In questo caso, non hanno potuto nulla contro la serie di incidenti che ci sono accaduti- a me, ai miei custodi stessi ed ai miei mezzi di locomozione.  Quindi questo ha prodotto ritardo.

Gli amici, sotto l'influenza dell’eloquenza incomparabile della sig.ra Besant che si è appena seduta, prego, non credono che la nostra università si sia trasformata in un prodotto finito e che tutti i giovani che vengono all'università, che devono ancora crescere ed incominciare un'esistenza, devono anche essere ricevuti e restituiti da essa come rifiniti cittadini di un grande impero.  Non cedete a tale impressione e se il mondo degli studenti cui le mie osservazioni si suppone siano indirizzate questa sera, considera per un momento che la vita spirituale, per cui questo paese si contraddistingue e per il quale questo paese non ha rivali, può essere trasmessa con le labbra, vi prego, credetemi, è in errore.  Non sarete mai in grado di dare solamente tramite le labbra, il messaggio che l'India, io spero, un giorno consegnerà al mondo.  Io stesso sono stufo di discorsi e conferenze.  Escluderei le conferenze che sono state tenute qui durante gli ultimi due giorni da queste persone, in quanto necessarie.  Ma mi permetto di farvi notare che ora abbiamo raggiunto quasi la fine delle nostre possibilità di fare discorsi;  non è abbastanza che le nostre orecchie si dilettano, che i nostri occhi si dilettano, ma è necessario che i nostri cuori siano toccati e che le mani ed i piedi comincino a muoversi.

Durante gli ultimi due giorni ci siamo detti quanto è necessario, se dobbiamo ritenere di sostenere la semplicità del carattere indiano, le nostre mani ed i nostri piedi dovrebbero muoversi all’unisono con i nostri cuori.  Ma questo è soltanto la via per incominciare.  Voglio dire che è motivo di profonda umiliazione e vergogna per noi essere costretti questa sera, all'ombra di questa grande università ed in questa città sacra, a parlare ai miei connazionali in una lingua che mi è estranea.  So che se fossi nominato esaminatore, esaminare tutti coloro che hanno assistito durante questi due giorni a questa serie di conferenze, la maggior parte di coloro che potrebbero essere esaminati circa queste conferenze sbaglierebbe.  E perchè?  Perchè non sono stati toccati.

Ero presente alle sessioni del grande Congresso del mese di dicembre. C’era un uditorio molto più vasto e mi crederete se vi dico che i soli discorsi che abbiano toccato quell’immenso uditorio furono i discorsi tenuti in Industano? A Bombay, ricordate, non a Benaras dove tutti parlano Hindi. Ma tra i vernacoli della Presidenza di Bombay da un lato e l’Hindi dall’altra non esiste una grande linea di demarcazione come c’è tra l’Inglese ed i dialetti dell’India; e l’uditorio della Conferenza era più in grado di seguire gli oratori Hindi. Voglio sperare che questa Università faccia sua questa esperienza, che i giovani ricevano la loro istruzione attraverso la mediazione dei loro vernacoli. I nostri linguaggi espressione di noi stessi, e se mi dite che sono troppo poveri per esprimere i migliori pensieri, allora tanto prima ce ne libereremo tanto meglio sarà per noi.

Agra - forte rosso (*)

C’è qualcuno che sogna che l’Inglese possa mai diventare la lingua nazionale dell’India? Perché questo handicap per la nazione? Considerate per un momento che un’uguale razza dei nostri ragazzi debba poter interagire con ogni ragazzo Inglese.

Ho avuto il privilegio di fare conversazione con alcuni professori di Poona.  Mi hanno assicurato che ogni giovane indiano, poiché ha raggiunto la sua conoscenza con la lingua inglese, ha perso almeno sei anni preziosi di vita.  Moltiplicate questo per il numero di allievi che sono usciti dalle nostre scuole ed università e scoprirete da soli quante migliaia di anni sono stati persi dalla nazione.  Il nostro problema è che non abbiamo iniziativa.  Come possiamo averne, se dobbiamo dedicare anni preziosi della nostra vita alla padronanza di una lingua straniera?  E manchiamo anche in questo tentativo.  Per ogni oratore era possibile impressionare ieri ed oggi il proprio pubblico alla stessa stregua di quanto fosse possibile per il sig. Higginbotham?  Non era un difetto degli oratori precedenti il non riuscire a raggiungere il pubblico.  Hanno avuto più sostanza di noi nei loro discorsi.  Ma i loro discorsi non ci sono risultati familiari.  Ho sentito dire che dopo tutto è stato l’inglese ad istruire l'India e che sta guidando e che sta facendo tutte le cose per la nazione.  Sarebbe mostruoso se fosse al contrario.  L'unica educazione che riceviamo è l’educazione inglese.  Certamente gli dobbiamo delle dimostrazioni.  Ma supponiamo di aver dovuto ricevere, durante gli ultimi cinquanta anni, una educazione attraverso i nostri vernacoli, cosa avremmo noi oggi?  Oggi dovremmo avere un'India libera, dovremmo avere la nostra gente istruita, non come se fosse straniera nella loro propria terra ma in grado di parlare al cuore della nazione;  avrebbero lavorato fra i più poveri dei poveri e qualsiasi guadagno avessero fatto durante questi cinquanta anni, sarebbe stato un'eredità per la nazione.  Oggi anche le nostre mogli non fanno parte dei nostri pensieri migliori.  Guardate il professor Bose ed il professor Ray ed alle loro brillanti ricerche.  Non è una vergogna che loro ricerche non siano proprietà comune delle masse?

 

Passiamo ad un altro argomento.

 

Il Congresso ha approvato una risoluzione circa l’auto-governo e non ho dubbi che All-India Congress Committee e la Muslim League facciano il loro dovere e vengano in avanti con alcuni suggerimenti ben precisi.  Ma io, per primo, devo confessare francamente che non sono molto interessato a quello che potranno produrre quanto invece sono interessato a quello che il mondo degli studenti o le masse stiano per produrre.  Nessun contributo cartaceo ci darà mai l’auto-governo.  Nessuna quantità di discorsi ci renderà mai adatti per l’auto-governo.  È solo il nostro comportamento che ci renderà adatti ad esso.  E come stiamo provando a governarci?

Questa sera voglio pensare in modo da essere capito.  Non voglio fare un discorso astratto e se questa sera mi troverete a parlare senza riserve, vi prego, considerate di stare condividendo i pensieri di un uomo che si permette di pensare intelligibilmente e se pensate che sembro trasgredire i limiti che la cortesia mi impone, perdonatemi per le libertà che posso prendermi.  Ho visitato il tempio di Vishwanath la sera scorsa, e mentre stavo passeggiando lungo quei viottoli, mi hanno assalito questi pensieri.  Se uno straniero passasse da questo grande tempio e dovesse considerare quello che noi Indù eravamo, non sarebbe giustificato se ci condannasse?  Non è questo grande tempio un riflesso del nostro proprio carattere?  Parlo con sentimento, come un indù.  È giusto che i viottoli del nostro sacro tempio debbano essere sporchi come sono?  Le case intorno sono costruite dappertutto.  I viottoli sono tortuosi e stretti.  Se neppure i nostri tempi sono modelli di spaziosità e pulizia, che cosa può essere il nostro auto-governo? Saranno i nostri tempi residenze di santità, di pulizia e di pace non appena gli inglesi avranno portato via dall'India borse e bagagli, di loro spontanea volontà o per costrizione?

Agra - Forte Rosso - esterni (*)

Sono pienamente d'accordo con il Presidente del Congresso che prima di pensare all’auto-governo, noi di debba fare lentamente quanto necessario.  In ogni città ci sono due zone, quella militare e la città propriamente detta.  La città per lo più è una tana maleodorante.  Ma siamo gente non abituata alla vita di città.  E se desideriamo una vita di città, non possiamo riprodurre la vita semplice del villaggio.  Non è di conforto pensare che la gente cammina per le vie dell’indiana Bombay con il timore continuo che gli abitanti dei piani bassi sputino su loro.  Faccio largo uso delle ferrovie nel mio viaggiare.  Osservo le difficoltà dei passeggeri di terza classe.  Ma l’amministrazione ferroviaria è incolpevole del loro duro destino.  Non conosciamo le leggi elementari della pulizia.  Sputiamo dovunque sul pavimento della carrozza, senza pensare che è usato spesso come spazio per dormire. 

Non ci poniamo il problema di come lo usiamo;  il risultato è sporcizia indescrivibile nello scompartimento.  I passeggeri della così detta classe migliore intimidiscono i loro fratelli meno fortunati.  Fra loro ho visto anche il mondo degli studenti;  a volte non si comportano meglio.  Possono parlare inglese ed hanno vestiti consumati della Norfolk e, pertanto, esigono il diritto di forzare il loro ingresso e di comandare sui posti a sedere.

Ho acceso i riflettori dappertutto e mentre mi avete dato il privilegio di parlavi, sto ponendo a nudo il mio cuore.  Certamente dobbiamo porre queste cose giuste nel nostro progresso verso l’auto-governo.  Ora vi introduco ad un'altro scenario.  Sua Altezza il Maharaja che ha presieduto ieri le nostre discussioni, ha parlato della povertà dell'India.  Altri oratori hanno posto un grande accento su di essa.  Ma cosa abbiamo testimoniato nel grande pandal in cui la cerimonia di fondazione è stata effettuata dal Viceroy?  Certamente una magnifica mostra, un’esibizione di gioielli che ha reso una splendida festa agli occhi del più grande gioielliere che scelto di venire da Parigi.  Confronto i nobili uomini, riccamente adornati, ai milioni di poveri.  E sento di dover dire a questi nobili uomini “non c’è salvezza per l'India a meno che non vi private di questi gioielli e li teniate fiduciariamente per i vostri connazionali indiani”.  Sono sicuro che non è desiderio dell'Re-Imperatore o di Lord Hardinge che per mostrare la lealtà più autentica al nostro Re-Imperatore, sia necessario per noi saccheggiare i portagioie e comparire adorni dalla testa a i piedi.  Vorrei, a costo della mia vita, portarvi un messaggio dello stesso Re Giorgio che non considera niente del genere.

Signore, ogni volta che sento parlare un grande palazzo che viene innalzato in una grande città dell'India, sia essa britannica o governata dai nostri grandi capi, divento immediatamente geloso e dico, “Oh, sono i soldi venuti dagli agricoltori”.  Oltre il settantacinque per cento della popolazione sono agricoltori ed il sig. Higginbotham la notte scorsa ci ha detto nella sua felice lingua, che essi sono gli uomini che sviluppano due fili d’erba al posto di uno.  Ma non può esserci molto spirito di auto-governo in noi, se gli portiamo via o se permettiamo che altri tolgano da loro quasi tutto il risultato del loro lavoro.  La nostra salvezza può venire soltanto dal contadino.  Ne gli avvocati, ne i medici, ne i proprietari ricchi potranno assicurarcela.

Ora, infine ma non ultimo, è mio proprio dovere menzionare quello che ha agitato le nostre menti durante questi due o tre giorni.  Tutti noi abbiamo avuto molti momenti di ansia mentre il Vicerè passava per le vie di Banaras.  C’erano poliziotti disposti dappertutto.  Siamo stati sconvolti.  Ci siamo chiesti, “perchè questa diffidenza?”  Non è meglio che persino Lord Hardinge debba morire piuttosto che vivere una vita di morte?  Ma un rappresentante del potere sovrano non può.  Potrebbe trovare necessario imporci questi poliziotti?  Possiamo spumeggiare, possiamo corroderci, possiamo risentirci, ma non dimentichiamoci che l'India di oggi, nella sua impazienza, ha prodotto un esercito di anarchici.  Io stesso sono un anarchico, ma di un altro tipo.  Ma c’è un gruppo di anarchici fra noi e se potessi raggiungere questo gruppo, gli direi che il loro anarchismo non ha posto in India, se l'India è un conquistatore.  È un segno di paura.  Se ci fidiamo e temiamo Dio, non dovremmo temere nessuno, non i Maharajas, non i Vicere, non i poliziotti e neppure Re Giorgio.

Io onoro l'anarchico per il suo amore verso il paese.  Lo onoro per il coraggio di essere disposto a morire per il suo paese;  ma gli chiedo: uccidere è onorabile?  È il pugnale dell’assassino un precursore adatto di una morte onorata?  Lo nego.  Non c’è giustificazione di tali metodi in tutte le scritture.  Se per la salvezza dell'India trovassi necessario il ritiro degli inglesi, o il loro allontanamento, non esiterei a dichiarare che dovrebbero lasciare il paese sperando di essere preparato a morire in difesa di questa convinzione.  Questa, a mio parere, sarebbe una morte onorata.  Il lanciatore di bomba crea disegni segreti, ha paura di venire fuori allo scoperto ed una volta sorpreso paga la pena di uno zelo mal riposto.Mi sono detto: “non lo abbiamo mai fatto questo, delle persone non hanno tirato bombe, non dovremmo mai guadagnare quello che abbiamo ottenuto con riferimento ad un movimento diviso”.  (Sig.ra Besant:  “la prego lo fermi.”) 

Agra - Forte Rosso - vista dall'interno (*)

Questo è quello che ho detto nel Bengala quando il sig. Lyon ha presieduto l’incontro.  Penso che quanto sostenuto sia necessario.  Se mi dite di fermarmi obbedirò.  (girandosi verso il presidente) Attendo vostri ordini.  Se considerate che dal mio discorso io sia, non sto servendo il paese e l'impero certamente mi arresterò.  (grida di “continua”)  (Il Presidente:  “per favore, spieghi il suo pensiero”.)  Sono semplicemente ...  (un'altra interruzione).   Amici miei, vi prego, non risentitevi per questa interruzione.  Se la sig.ra Besant questa sera mi invita a fermarmi, fa così perché ama l'India così bene e considera che io stia sbagliando nel pensare chiaramente davanti a voi giovani.  Ma nondimeno, dico semplicemente questo, che desidero ripulire l'India da questa atmosfera di sospetto, da qualsiasi lato arrivi, se dobbiamo raggiungere il nostro obiettivo;  dovremmo avere un impero che deve essere basato sull’amore reciproco e sulla fiducia reciproca.  Non è meglio che noi si parli all'ombra di questa università di quanto  facciamo irresponsabilmente nelle nostre case?  Credo che sia molto meglio comunicare apertamente su queste cose.  Ho fatto così con risultati eccellenti prima d’ora.  So che non c’è nulla che gli studenti non conoscano.  Quindi, giro i riflettori su di noi.  Ho così caro il nome del mio paese che scambio questi pensieri con voi e vi dico che non c’è posto per l'anarchismo in India.  Diciamoci francamente ed apertamente qualunque cosa desideriamo dire ai nostri governanti ed affrontiamo le conseguenze di quello che non sia di loro gradimento.  Ma non abusiamo.

Stavo comunicando l'altro giorno con un membro della molto-ingiuriata Amministrazione Civile.  Non ho molto in comune con i membri di quel servizio, ma non posso sostenere il modo in cui mi stava parlando.  Ha detto:  “Il sig. Gandhi, vuole per un momento supporre che tutti noi, funzionari dell’Amministrazione Civile, siamo un gruppo di incapaci, che desideriamo opprimere la gente che siamo stati chiamati a governare?”  “No" ho detto.  "allora se ne ha occasione metta una parola per questa Amministrazione Civile molto ingiuriata.”  E sono qui a mettere quella parola.  Sì, molti membri dell'amministrazione civile indiana sono i più decisamente prepotenti;  sono dei tiranni, qualche volta degli sconsiderati.  Molti altri aggettivi possono essere usati.  Gli assegno tutte queste cose gli dico anche che dopo aver vissuto in India per un certo numero di anni, alcuni di loro di sono piuttosto caduti in basso.  Ma che cosa indica questo?  Che prima che venissero qui erano dei signori e se hanno perso qualcosa della loro fibra morale, è una riflessione su noi stessi.

Pensate per un attimo da voi, se un uomo che ieri era buono ed è diventato cattivo dopo essere venuto a contatto con me, è lui responsabile del suo cattivo cambiamento o lo sono io?  L'atmosfera da leccapiedi e di falsità che li circonda quando vengono in India li demoralizza, come molti di noi.  È bene prendersi a volte la colpa.  Se dobbiamo ricevere l’auto-governo, dovremo prendercelo.  Non dovremo mai dare per scontato l’auto-governo.  Guardate la storia dell'impero britannico e della nazione britannica com’è amata;  la libertà: non sarà un partito a dare la libertà alla gente se non la conquisteranno essi stessi.  Imparate la lezione se volete dalla guerra dei Boeri.  Coloro che soltanto alcuni anni fa erano nemici di quell'impero ora sono diventati amici …

 

(A questo punto ci fu una interruzione ed un movimento sul palco che fu abbandonato. Il discorso, quindi, finì qui brutalmente)

 

Riferimenti

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Mahatma, pp. 179-84, Edn. 1960.

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Questo discorso è tratto da lavori selezionati di Mahatma Gandhi Volume-Sesto

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The Voice of Truth Part-I Some Famous Speeches page 3 to 13

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