Chicago - Look away

Discorso tenuto alla vigilia dell’ultimo digiuno

12 gennaio 1948

 

Il mio digiuno come protesta.

Si digiuna nell'interesse della salute secondo le leggi che governano la salute, si digiuna come penitenza per aver fatto uno sbaglio e ritenerlo tale.  In questi digiuna, chi li intraprende non necessariamente crede nell’Ahimsa.  C’è, tuttavia, un digiuno che un seguace della non-violenza a volte ritiene impellente di intraprendere per protestare contro un certo torto fatto dalla società e questo accade quando ad un seguace dell’Ahimsa non viene lasciata alternativa.  Mi è capitata una occasione simile.

Quando il 9 settembre, sono tornato a Delhi da Calcutta, era per proseguire verso l’ovest del Punjab.  Ma non accadde così.  Una felice Delhi sembrò una città di morti.  Mentre scendevo dal treno ho osservato la tristezza su ogni faccia che vedevo.  Anche Sardar, a cui l'umore e la gioia fanno si che non sia mai solo, questa volta faceva eccezione.  Non capivo la causa di tutto questo.  Era sul marciapiede ad attendermi.  Non ha perso tempo nel darmi la triste notizie dei disordini che erano avvenuti nella metropoli dell'Unione.  Immediatamente ho capito che dovevo essere a Delhi per “fare o morire”.  C’era una calma apparente determinata dalla rapida azione della polizia e dei militari.  Ma c’era tempesta nel petto (della gente n.d.t.).  Poteva scoppiare in ogni momento.  Mi consideravo come un insoddisfatto del voto di “fare” che solo poteva conservarmi dalla morte, amica incomparabile.  Desiderai ardentemente un’amicizia di cuore fra gli Indù, i Sik ed i Musulmani.  Che esisteva fra loro fino all'altro giorno.  Oggi non più.  È una condizione che nessun patriota indiano degno di tale nome contempla con serenità.  Sebbene la Voce interna è stata chiamata a lungo, ho chiuso le mie orecchie ad essa, per paura che potesse essere al contrario la voce di Satana invocata dalla mia debolezza.  Non mi piace mai ritenere senza risorse un Satyagrahi, non dovrei mai farlo.  Il digiuno è la sua ultima risorsa al posto della spada - sua o di altri.  Non ho una risposta da dare agli amici Musulmani che mi vedono giorno per giorno quanto a quello che dovrebbero fare.  La mia impotenza mi sta erodendo per il ritardo.  Andrà via immediatamente e qualcosa sarà intrapresa velocemente.  Sto rimuginando su di essa già da tre giorni.  La conclusione finale mi ha illuminato e mi rende felice.  Nessun uomo, se è puro, ha qualche cosa di più prezioso da dare della sua vita.  Spero e prego di possedere quella purezza in me per giustificare il passo.

 

Degno di benedizione

Chiedo a tutti voi di benedire il mio sforzo e di pregare per me e con me. Il digiuno comincerà dal primo pasto di domani. Il periodo è indefinito e posso bere acqua con o senza sali ed altre aggiunte. Finirà quando sarò convinto che ci sia una unità di cuori di tutte le comunità, senza imposizioni esterne ma con un risvegliato senso del dovere. La ricompensa sarà il riguadagno del prestigio dell’India che si sta affievolendo per via del suo rapido capriccio di sovranità sui cuori dell’Asia e da lì del mondo. Che nessun amico, o nemico se ve ne fosse, mi segua in questo digiuno. Ci sono amici che non credono nel metodo del digiuno per purificare la mente umana. Essi mostreranno con me e mi consentiranno la stessa libertà di azione che loro possono dichiarare per se stessi. Con Dio come mio supremo ed unico consigliere  sento di dover prendere la decisione senza altro consigliere. Se commetterò un errore e lo scoprirò non avrò alcuna esitazione a dichiararlo dai tetti delle case e a ripercorrere i miei passi sbagliati. C’è una chiara indicazione, come dichiaro che ci sia, della Voce Interiore, che non sarà contraddetta. Prego perché non ci siano litigi e inevitabili contrasti verso l’iniziativa. Se l’intera India sarà solidale, o che lo sia almeno Delhi, il digiuno potrebbe essere presto interrotto.

 

Nessuna dolcezza

Che si concluda presto, tardi o mai, lasciate che non ci sia dolcezza trattando ciò che può essere definita una crisi.  I critici hanno considerato qualche mio precedente digiuno come coercitivo ed hanno sostenuto che in merito l’esito sarebbe andato contro il mio stesso atteggiamento per la pressione esercitata dal digiuno.  Che valore può avere un verdetto avverso quando lo scopo è sano in modo dimostrabile?  Un digiuno puro, come dovere, è ricompensa per se stesso.  Non lo intraprendo per il risultato che può portare.  Lo faccio perché devo.  Quindi, invito tutti spassionatamente ad esaminare lo scopo ed a lasciarmi morire, se devo, nella pace che spero sia garantita.  La morte per me sarebbe una gloriosa liberazione piuttosto che essere un testimone impotente della distruzione dell'India, dell’Induismo, del Sikismo e dell’Islam.  Questa distruzione è certa se il Pakistan non assicura uguaglianza di condizione, sicurezza di vita e proprietà per tutte le varie professioni di fede del mondo e se l'India segue la sua stessa strada.  Soltanto allora l’Islam morirà nelle due Indie, non nel mondo.  Ma l’Induismo ed il Sikismo non sono radicate nel mondo fuori dall’India.  Coloro che si differenziano da me saranno da me onorati per la loro resistenza comunque implacabile.  Lasciate che il mio digiuno sproni la coscienza, per non tramortirla.  Solo a contemplare le stupidaggini che si sono stabilite nell’adorata India proverete piacere a pensare che ci sia un suo umile figlio che è abbastanza forte e possibilmente abbastanza puro per intraprendere una felice iniziativa.  Se non è nessuna delle due cose, allora costituisce un peso per la terra.  Più presto sparirà e ripulirà l'atmosfera indiana del suo fardello meglio sarà per lui e per tutti gli interessati.

Vorrei pregare tutti gli amici di non precipitarsi alla Birla House ne a provare a dissuadermi o ad essere in ansia per me.  Sono nelle mani di Dio.  Piuttosto, dovrebbero girare i riflettori verso l'interno, perchè questo è essenzialmente un momento di prova per tutti noi.  Coloro che rimangono al loro posto ed effettuano il loro dovere diligentemente e bene, ora più di prima, aiuteranno me e la causa in tutti i sensi.  Il digiuno è un processo di auto-purificazione.

Fornaio

 

 

Fonte: Harijan, 18-1-1948, p. 523

 

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