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Discorso sulle regole da seguire nel Grande Processo del 1922

18 marzo 1922

Bikaner - Donne al mercato

[ Lo storico processo di Mahatma Gandhi e Shri Shankarlal Ghelabhai Banker, redattore, tipografo e editore di Young India, accusati in base all’Articolo 124 A del codice penale indiano, è stato tenuto sabato, 18 marzo 1922; presieduto dal sig. C. N. Broomfield, I. C. S., giudice distrettuale e sezionale di Ahmedabad.

 

Sir J. T. Strangman, Avvocato Generale, con Rao Bahadur Girdharlal Uttamram, Pubblico Procuratore di Ahmedabad comparso per la Corona.  Era inoltre presente il sig. A. C. Wild, Depositario delle questioni giuridiche.  Mahatma Gandhi e Shri Shankarlal Ghelabhai Banker non avevano un difensore.

Tra il pubblico presente per l'occasione c’erano:  Kasturba Gandhi, Sarojini Naidu, Pandit M. M. Malaviya, Shri N. C. Kelkar, Smt. J. B. Petit e Smt. Anasuyaben Sarabhai.

Il giudice, che si è insediato alle 12:00, disse che c’era stato un lieve errore nelle accuse rilette poi ad alta voce dal cancelliere.  Queste accuse erano “di portare o tentare di suscitare il malcontento verso il Governo di Sua Maestà stabilito per legge nell’India britannica e quindi di aver commesso reati punibili dall’Articolo 124 A del Codice Penale Indiano,” offese riportate in tre articoli pubblicati nella Young India del 29 settembre e del 15 dicembre 1921 e del 23 febbraio 1922.  Gli articoli in questione allora sono stati letti ad alta voce:  il primo di essi era, “Tampering with Loyalty” (Manomettere con Lealtà n.d.t.); il secondo, “The Puzzle and its Solution”, (il puzzle e la sua Soluzione n.d.t.)  e l'ultimo “Shaking the Manes”(Agitando le Criniere n.d.t.).

Il giudice disse che la legge richiedeva che le accuse non fossero lette ad alta voce ma spiegate.  In questo caso per lui non ci sarebbe stato molto da spiegare.  L’accusa in ogni caso era quella di portare o di tentare di suscitare odio o di oltraggiare o di suscitare o di tentare di suscitare il malcontento verso il Governo di Sua Maestà, stabilito per legge nell’India britannica.  Ad entrambi gli accusati vengono contestate le tre violazioni in base all’Articolo 124 A, relativamente ai contenuti degli articoli letti ad  alta voce, scritti da Mahatma Gandhi e stampati da Shri Banker.

Le accuse sono state lette, il giudice ha invitato l’accusato a difendersi dalle accuse.  Ha chiesto a Gandhi se si difende dall’accusa o se dichiara di essere giudicato.

Gandhi disse: “Mi dichiaro colpevole di tutte le accuse.  Osservo che il nome del Re è stato omesso dall’accusa ed è stato omesso correttamente.” ]

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Il giudice fece a Shri Bunker la stessa domanda ed anche lui prontamente si dichiarò colpevole.

Il giudice si era augurato di dare il suo verdetto subito dopo che Gandhi si era dichiarato colpevole, ma Sir Strangman ha insistito sul fatto che la procedura si sarebbe dovuta svolgere in pieno.  L'avvocato generale invitò il giudice a considerare “i casi a Bombay di Malabar e Chauri Chaura, per sommossa ed omicidio”.  Egli ammise, infatti, che “in questi articoli trovate che si insiste sulla non-violenza come elemento della campagna e della dottrina religiosa,” ma aggiunse “che valore ha insistere sulla non-violenza, se predicate incessantemente il malcontento verso il governo e lo considerate come un governo perfido istigando altri apertamente e deliberatamente a rovesciarlo?"  Queste furono le circostanze che chiese al giudice di tener conto nel pronunciare la sentenza verso l’accusato.

Per quanto riguardava Shri Bunker, il secondo imputato, l’accusa era meno pesante.  Aveva  pubblicato ma non scritto.  Le istruzioni di Sir Strangman erano che Shri Bunker era un uomo facoltoso e chiese alla corte di imporre una multa sostanziosa oltre ai termini di imprigionamento la dove si fossero potuti applicare.

Galtha - Santone del Tempio delle Scimmie

 

La Corte: Sig. Gandhi, vuole fare qualche dichiarazione in merito alla sentenza?

Gandhi: Vorrei fare una dichiarazione.

La Corte: Potrebbe darmela in forma scritta così che possa allegarla agli atti?

Gandhi: Lo farò non appena l’avrò finita.

 

[Gandhi allora fece la seguente dichiarazione orale a cui ne seguì una scritta che lesse]

 

Prima che legga questa dichiarazione vorrei dichiarare che sottoscrivo pienamente le osservazioni dell'avvocato generale in relazione alla mia stessa umiltà.  Penso che lo abbia fatto perché è molto vero ed io non desidero affatto nascondere a questa Corte il fatto che predicare malcontento verso l’attuale sistema di governo è diventato per me quasi una passione, e l’Avvocato Generale è pienamente nel giusto quando dice che il mio predicare malcontento non comincia con il mio collegamento alla Young India ma che esso comincia molto prima, e nella dichiarazione che sto per leggere, sarà mio doloroso dovere ammettere davanti a questa Corte che esso comincia molto più presto del periodo indicato dall’avvocato-generale.  È un doloroso dovere per me, ma devo compiere quel dovere conoscendo la responsabilità riposta sulle mie spalle e desidero addossarmi tutte le colpe che il dotto Avvocato Generale ha gettato sulle mie spalle in relazione ai casi di Bombay, Madras e Chauri Chuara.  Avendo ripensando queste cose profondamente e avendoci dormito sopra notte dopo la notte, è impossibile per me dissociarmi dai crimini diabolici di Chauri Chaura o dai pazzi oltraggi di Bombay.  È abbastanza giusto quando egli dice, che come uomo di responsabilità, che ha ricevuto una giusta dose di formazione e che ha avuto una giusta dose di esperienza in questo mondo, dovrei conoscere le conseguenze di ognuna delle mie azioni.  Le conosco.  Sapevo che stavo giocando con fuoco.  Ho corso il rischio e se fossi libero farei ancora lo stesso.  Ho avvertito questa mattina che sarei venuto a mancare al mio dovere, se non avessi detto quello che sto dicendo qui ora.

Ho desiderato evitare la violenza.  la Non-violenza è il primo articolo della mia fede.  Ed è anche l'ultimo articolo della mia dottrina religiosa.  Ma ho dovuto fare la mia scelta.  Ho dovuto o sottomettermi ad un sistema che ho considerato aver fatto un danno irreparabile al mio paese, o subire il rischio della pazza furia della mia gente che è scoppia quando ha capito la verità dalle mie labbra.  So che la mia gente a volte è impazzita.  Sono profondamente spiacente per essa e sono, quindi, qui ad invitarvi e felicemente subire la pena più alta che può essermi inflitta. Non lo chiedo per misericordia.  Non supplico alcuna attenuante.  Sono qui, quindi, a invitare e a sottomettermi felicemente alla più alta pena che mi possa essere inflitta per quello che secondo la legge è un crimine deliberato e che a me invece sembra essere il più alto dovere di un cittadino.  L'unica possibilità aperta a voi, Giudice, è, mentre sto andando a leggere la mia dichiarazione, o dimettervi dal vostro incarico, o infliggermi la pena più severa se credete che il sistema e la legge che state aiutando ad amministrare siano buoni per la gente.  Non eccepisco questo genere di conversione.  Ma nel momento in cui finirò la mia dichiarazione vedrete di sfuggita quello che sta infuriando nel mio seno per correre questo pazzo rischio che un uomo sensato non dovrebbe correre.

Donna con bimbo

[ Allora ha letto ad alta voce la dichiarazione scritta:  ] lo devo forse al pubblico indiano ed al pubblico in Inghilterra, per placare chi è molto preso da questo processo, dovendogli spiegare perchè da un lealista e da un cooperatore fidato, io mi sia trasformato in un sobillatore ed un non-cooperatore intransigente.  Alla corte ugualmente dovrei dire perchè mi dichiaro colpevole per l’imputazione di promozione del malcontento verso il Governo come stabilito dalla legge in India.

La mia vita pubblica è cominciata nel 1893 in Sud Africa in un clima pieno di problemi.  Il mio primo contatto con l’autorità britannica in quel paese non ebbe un carattere felice.  Ho scoperto che come uomo e indiano, non avevo diritti.  Più correttamente ho scoperto di non avere diritti come uomo perché ero un indiano.

Ma non mi sono confuso.  Ho pensato che questo trattamento degli indiani fosse un’anomalia di un sistema che era intrinsecamente ed essenzialmente buono.  Ho dato al Governo la mia volontaria e calorosa cooperazione, criticando liberamente la dove ho ritenuto che fosse sbagliato ma senza mai desiderare la sua distruzione.

Di conseguenza quando l'esistenza dell'impero è stata minacciata nel 1899 dalla sfida dei Boeri, ho offerto i miei servizi ad esso, creando un corpo volontario di ambulanza e servendo in parecchie azioni che hanno avuto luogo col rilievo di Ladysmith.  Similmente nel 1906, ai tempi della “ribellione” Zulù ho promosso un gruppo di portantini ed ho servito fino alla conclusione “della ribellione”.  In entrambe le occasioni ho ricevuto medaglie e sono stato menzionato in dispacci.  Per il mio lavoro in Sud Africa sono stato insignito da Lord Hardinge di una medaglia d’oro Kaisar-i-Hind.  Quando la guerra è scoppiata nel 1914 fra l'Inghilterra e la Germania, ho promosso un  arruolamento volontario di autoambulanze a Londra, costituito dagli indiani allora residenti a Londra, la maggior parte studenti.  Quel lavoro fu riconosciuto utile dalle autorità.  Infine, in India, quando è stato fatto un appello speciale di reclutamento al Congresso di guerra a Delhi nel 1918 da Lord Chelmsford, ho lottato a costo della mia salute per creare un corpo in Kheda e la risposta ci era stata data quando le ostilità sono cessate e sono stati ricevuti ordini per cui non era più necessario il reclutamento.  In tutti questi sforzi di servizio, sono stato incoraggiato a credere che da tali servizi sarebbe stato possibile ottenere una condizione di completa uguaglianza nell'impero per i miei connazionali.

Il primo shock è venuto con la  Rowlatt Act una legge deliberata per derubare la gente di tutta la libertà reale.  Mi sono sentito chiamato a condurre un'agitazione intensa contro di essa.  Poi seguirono gli orrori del Punjab che cominciano con il massacro di Jallianwala Bagh e che culminarono in ordini ruffiani, flagelli pubblici ed altre umiliazioni indescrivibili.  Ho scoperto ugualmente che la parola solennemente promessa dal primo ministro ai Musulmani dell'India riguardo all'integrità della Turchia ed ai luoghi santi dell’Islam non aveva alcuna probabilità di essere mantenuta.  Ma nonostante i cattivi presagi ed i gravi avvertimenti degli amici, al congresso di Amritsar nel 1919, ho combattuto per la cooperazione lavorando alle riforme di Montagu-Chemlmsford, sperando che il primo ministro mantenesse la sua promessa verso i Musulmani indiani, che la ferita del Punjab guarisse e che le riforme sebbene fossero inadeguate ed insoddisfacenti, contrassegnassero una nuova era di speranza per la vita dell'India.

Ma tutta quella speranza è stata distrutta.  La promessa di Khilafat non doveva essere ritirata.  Il crimine del Punjab fu coperto e la maggior parte dei colpevoli rimasero non soltanto impuniti ma hanno conservato il posto di lavoro; qualcuno ha continuato a riscuotere pensioni dal reddito indiano ed in alcuni casi sono stati persino ricompensati.  Ho visto anche che non soltanto le riforme non segnavano un cambiamento del cuore, ma erano soltanto un metodo per derubare ulteriormente l'India della sua ricchezza e di prolungarne la sua servitù.

Ho raggiunto riluttante la conclusione che il legame britannico ha reso l'India più impotente politicamente ed economicamente di quanto non lo fosse prima.  L'India disarmata non avrebbe la forza di resistere contro alcun aggressore se desiderasse impegnarsi con lui in un conflitto armato.  Ci troviamo così tanto in questa condizione che alcuni dei nostri uomini migliori considerano che per l'India ci vorranno generazioni, prima che possa realizzare uno Stato Sovrano.  È diventata così povera che ha poca forza di resistere alle carestie.  Prima dell'avvento britannico in India si filava e tesseva nelle sue innumerevoli case di campagna, si produceva quel poco in più che era necessario aggiungere alle sue magre risorse agricole.  Questa industria di cottage (le case di campagna n.d.t.), così vitale per l'esistenza dell'India, è stata rovinata da processi incredibilmente insensibili ed inumani come descritti da testimoni inglesi.  Anche gli abitanti delle piccole città, come le masse semi-affamate dell’India, stanno affondando lentamente nella morte.  Questi poveri sanno che il loro misero reddito rappresenta la mediazione che ottengono dal loro lavoro svolto per gli sfruttatori stranieri, i cui profitti e le cui mediazioni sono succhiate dalle masse.  Questi poveri si rendono conto che il governo stabilito dalla legge nell’India britannica persevera in questo sfruttamento di massa.  Nessuna raffinatezza, nessun gioco di figure, può togliere dall'occhio nudo la prova di quegli scheletri presenti in molti villaggi.  Non ho alcun dubbio che sia l'Inghilterra sia gli abitanti della città dell'India debbano rispondere, se c’è un Dio, per questo crimine contro umanità, che è forse senza pari nella storia.  La legge di per se, in questo paese, è stata usata per servire lo sfruttatore straniero.  Il mio esame imparziale della Legge Marziale del Punjab mi ha indotto a credere che almeno il novantacinque per cento delle condanne fossero del tutto sbagliate.  La mia esperienza dei casi politici in India mi porta alla conclusione, in nove casi su dieci, che gli uomini condannati era del tutto innocenti.  Il loro crimine era costituito dall'amore per il loro paese.  In novantanove casi su cento, nelle corti dell'India la giustizia è stata rifiutata agli indiani rispetto agli Europei.  E questa non è un'immagine esagerata.  È l'esperienza di quasi tutti gli indiani che hanno avuto qualche cosa a che fare con tali casi.  A mio parere, la gestione della legge è troppo prostituita, coscientemente o inconsciamente, a favore dello sfruttatore.

La sfortuna più grande è che gli inglesi ed i loro soci indiani nella gestione del paese non sanno che sono accomunati nel crimine che ho tentato di descrivere.  Sono soddisfatto che molti funzionari indiani ed inglesi abbiano onestamente inventato sistemi nel mondo e che l'India sebbene con calma stia facendo lenti progressi.  Essi non conoscono, quel sottile ma efficace sistema di terrorismo e di organizzata esposizione della forza su una mano e la privazione di tutte le forze di rappresaglia o di auto-difesa sull'altra, come mezzi per rendere impotente la gente ed indurre in loro l'abitudine alla simulazione.  Questa terribile abitudine si è aggiunta all'ignoranza ed all’auto-inganno degli amministratori.  L’articolo 124 A, per cui sono felicemente accusato, è forse il principe fra le sezioni politiche del Codice Penale Indiano destinato a sopprimere la libertà del cittadino.  L'affetto non può essere costruito o regolato dalla legge. 

Pulshkar - Suonatore

Se qualcuno non prova affezione per una persona o un sistema, dovrebbe essere libero di esprimere nel modo più completo il suo disaccordo, a condizione che non contempli, promuova, o inciti alla violenza.  Ma secondo l’articolo la promozione pura del disaccordo è un crimine.  Ho studiato alcuni casi ricaduti in esso;  so che alcuni dei più amati patrioti dell'India sono stati condannati in base ad esso.  Considero un privilegio, quindi, essere giudicato in base a questo articolo.  Tenterò di dare per brevi linee i motivi della mia malcontento.  Non ho alcuna cattiva volontà personale contro alcun singolo amministratore, e tanto meno posso nutrire malcontento verso la persona del Re.  Ma ritengo che sia una virtù essere malcontenti verso un governo che nel  suo insieme ha fatto più danno in India che tutto il sistema precedente.  L'India è meno coraggiosa secondo la regola britannica di quanto non fosse prima.  Assumendo questo per vero è da considerare come un peccato l’avere affetto per questo sistema.  Ed è stato un prezioso privilegio per me essere in grado di scrivere quello che ho presentato nei vari articoli che mi sono contestati.

Infatti, credo di aver reso un servizio all’India e all’Inghilterra mostrando con la non-cooperazione l'uscita dalla condizione artificiale in cui entrambi stanno vivendo.  A mio parere, la non-cooperazione unita alla cattiveria è tanto un dovere quanto lo è la cooperazione con il bene.  Ma in passato, la non-cooperazione è stata espressa deliberatamente con violenza a chi faceva il male.  Sto tentando di indicare ai miei connazionali che la non-cooperazione violenta moltiplica soltanto la malvagità e che mentre la malvagità può essere sostenuta soltanto dalla violenza, l’astenersi dal fare del male richiede il completo disuso della violenza.  la Non-violenza implica la sottomissione volontaria alla pena per la non-cooperazione con la malvagità.  Sono qui, quindi, a invitare e sottomettermi felicemente alla più alta pena che possa essermi inflitta per quello che la legge considera un crimine intenzionale e quello che, invece, a me sembra essere il più alto dovere di un cittadino.  L'unica possibilità offerta a voi, giudice e funzionari, è una cioè quella di dimettersi dalle vostre cariche e dissociarvi così dalla malvagità, se riterrete che la legge che siete invitati ad amministrare sia una malvagità e che in realtà sono non colpevole; altrimenti infliggetemi la pena più severa, se credete che il sistema e la legge che state aiutando ad amministrare sia buona per la gente di questo paese e che la mia attività sia quindi nociva al bene comune.

 

Fonti:

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Mahatma Gandhi Volume-Sesto

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Mahatma, Vol. II, (1951) pp. 129-33 e The Voice of Truth Part-I alcuni Discorsi Famosi pagine da 14 a 24.

 

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