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Capitolo 6                                       
 

Filosofia di Gandhi

“Il Vangelo della Satyagraha

     Simon and Garfunkel - Cecilia

  

Contenuto del Capitolo

La Satyagraha

La resistenza passiva - Disobbedienza civile - Precedente di circostanza - Carattere della Satyagraha - Scienza di evoluzione - La tecnica della Satyagraha - Potenza della privazione - Codice della Satyagraha - Qualifiche di un Satyagrahi - La Satyagraha e la repressione

Potenza della Satyagraha

Vittoria della Satyagraha - Il vero Satyagrahi - Applicazione della Satyagraha - Adozione della non violenza - Addestramento all’autodifesa - La Duragraha - La non-cooperazione - Basi religiose - Principi di base - Qualità duratura - Etica della non-cooperazione - Un dovere - Nessun odio

Il digiuno e la Satyagraha

 

 

 

Le armi della Satyagraha - Digiuno e morte - Il digiuno ed il modo di Cristo - L’ultima risorsa

La Satyagraha

La resistenza passiva

La resistenza passiva è una spada a doppio taglio; può essere usata in ogni modo; benedice colui che la usa e colui contro cui è usata. Senza spargere una goccia di sangue produce risultati molto difficili da raggiungere. Non si arrugginisce mai e non può essere rubata.

Sono abbastanza sicuro che il cuore più duro possa sciogliersi con la resistenza passiva … questo è il rimedio sovrano ed più efficace … è un’arma del tipo più puro. Non è l’arma del debole.  Per essere un resistente passivo è richiesto un coraggio di gran lunga più grande che non al resistente fisico. È il coraggio di un Gesù, di un Daniele, di un Crammer, di un Latimer e di un Ridley che possono accettare con calma la privazione e la morte, è il coraggio di Tolstoj che incitò a sfidare lo Zar di Russia e che sono risultati i più grandi. Infatti al resistente PERFETTO è sufficiente vincere la battaglia del Bene contro il Male.

Dichiaro … che il metodo della resistenza passiva … è il più limpido e sicuro, perché, se la causa non è giusta sono solo i resistenti a soffrirne. Gesù Cristo, Daniele e Socrate rappresentarono la forma più pura di resistenza passiva o forza d’animo. Tutti questi insegnanti contarono poco sui loro corpi in confronto alle loro anime. Tolstoj fu il più grande ed il più brillante (moderno) esponente della dottrina. Non solo la spiegò ma visse in funzione di essa. In India la dottrina è stata comunemente praticata a lungo prima che fosse in voga in Europa. È facile vedere che la forza dell’anima è infinitamente più grande della forza fisica. Se la gente, per porre rimedio agli errori  ricorresse alla forza dell’anima, molte delle attuali sofferenze sarebbero evitate. In ogni caso l’uso della forza non ha mai provocato sofferenze agli altri. Così che, quando se ne abusa, fa male solo a chi l’ha usata e non a coloro che ne sono stati vittime. Come la virtù ha una sua propria ricompensa. Non c’è nulla che possa andar male nell’uso di questo tipo di forza.

Il Buddha, senza paura, portò la guerra nel campo del nemico e spezzo sulle sue ginocchia un arrogante sacerdozio. Cristo mandò via i cambia moneta dal tempio di Gerusalemme e maledisse le ipocrisie dei Farisei. Entrambe furono delle intense azioni dirette. Ma così come il Buddha e Cristo castigarono, allo stesso modo mostrarono una indubbia dolcezza e amore in ogni loro atto. Non avrebbero sollevato un dito contro i loro nemici ma si sarebbero arresi volentieri al posto della verità per cui vivevano. Il Buddha sarebbe morto resistendo al sacerdozio se la maestà del suo amore non dovesse provare di essere uguale al compito di piegare il sacerdozio. Cristo morì sulla croce con una corone di spine sul suo capo sfidando il potere di un intero impero. E se io aumento le resistenze di un carattere non-violento, semplicemente e umilmente seguo le orme dei grandi insegnamenti. …

 

Disobbedienza civile

La disobbedienza per essere civile deve essere sincera, rispettosa, contenuta, mai ribelle, deve essere basata su alcuni principi ben-appresi, non deve essere capricciosa, e soprattutto, non deve avere cattiva volontà o odio dentro di se.

Ritengo fermamente che la disobbedienza civile sia la forma più autentica di agitazione sociale. Naturalmente, diventa degradante e disprezzabile, se il suo aspetto civile, per esempio, il suo carattere non violento è solo camuffato. Se è ammessa l’onestà della non-violenza non c’è alcuna giustificazione alla sua condanna, anche della più fiera disobbedienza, per via del fatto che vi è una bassa probabilità che porti alla violenza. Nessun movimento grande o veloce può continuare senza grossi rischi e la vita non varrà la pena di essere vissuta senza grandi rischi. La storia del mondo non mostra che non ci sarebbe stata avventura romantica se non ci fossero stati dei rischi?

La disobbedienza civile è un diritto proprio di tutti i cittadini. Se osasse rinunciarvi cesserebbe di essere un uomo. La disobbedienza civile non è mai seguita dall’anarchia. La disobbedienza criminale può condurre a questa. Ogni Stato combatte la disobbedienza criminale con la forza. Morirebbe se non lo facesse.

Un Satyagrahi (seguace della Satyagraha) obbedisce intelligentemente alle leggi sociali e di propria spontanea volontà, perchè lo considera un suo sacro dovere. Solo quando una persona ha obbedito scrupolosamente alle leggi sociali è nella posizione di poter giudicare quelle particolari leggi come buone, giuste, ingiuste o inique. Solo quando fa accrescere la sua capacità di disobbedienza civile verso certe leggi in circostanze ben definite.

 

Precedente di circostanza

Il primo indispensabile precedente di circostanza per ogni resistenza civile è che dovrebbe esserci la garanzia contro qualunque scoppio di violenza, sia da parte di coloro che si identificano con la resistenza civile sia da parte della massa.  Non ci dovrebbe essere risposta nel caso di scoppio della violenza sia che venga istigata dallo Stato sia da altre agenzie ostili ai resistenti civili.  Dovrebbe essere evidente che la resistenza civile non può fiorire in un atmosfera di violenza.  Ciò non significa che le risorse di un Satyagrahi debbano terminare.  Dovrebbero essere ricercate altre strade oltre la disobbedienza civile.

 

Carattere della Satyagraha

Questo è il fascino della Satyagraha.  Risalta a qualcuno che non ha smesso di continuare a cercarla.  Ed è una virtù inerente al principio in se.  Per un dharmayuddha, per cui non ci sono segreti da custodire, nessun  obiettivo da traguardare e nessun posto per la falsità, passa inosservato;  e un uomo di religione non è mai pronto per esso.  Non è una lotta che deve precedentemente essere progettata, è solo quando il Satyagrahi si sente impotente e può contare apparentemente sulla sua ultime forze e trova una totale oscurità intorno a lui, è allora che Dio viene in soccorso.

Nelle fasi più iniziali dell'applicazione della Satyagraha ho scoperto che la ricerca della verità non  ammetteva infliggere violenza sull’avversario, ma che egli fosse dissuaso dall'errore con pazienza e solidarietà.  Quello che a qualcuno può sembrare essere la verità per qualcun altro può essere un errore.  E pazienza significa auto-privazione.  Così la dottrina ha assunto il significato di giustificare la Verità, non infligendo sofferenza all'avversario ma rivolgendola su se stessi.

La Satyagraha ed i relativi rami, la non-cooperazione e la resistenza civile, sono semplicemente nuovi nomi per la legge della privazione.

Con il satya unito all’ahimsa, potete portare il mondo ai vostri piedi.  La Satyagraha nella sua essenza è niente ma implica l'introduzione della verità e della delicatezza in politica, cioè, nella vita della nazione.

La Satyagraha è un assoluto auto-effetto, l’umiliazione più grande, la pazienza più grande e la fede più luminosa.  Sono la sua propria ricompensa.

La Satyagraha è una implacabile ricerca della verità e una determinazione a raggiungere la verità.

È una forza che funziona silenziosamente ed apparentemente lentamente.  In realtà, non c’è forza nel mondo che sia così diretta e così rapida nel funzionamento.

La parola Satyagraha è usata spesso più approssimativamente ed è fatta per coprire velatamente la violenza.  Ma, come autore della parola, posso permettermi di dire che essa esclude ogni forma di violenza, diretta o indiretta, velata o palese anche se riflessa nel pensiero, nella parola o nell'atto.  È una violazione della Satyagraha fare del male ad un avversario o dire una parola dura a lui o di lui con l'intenzione di di fargli del male ...  La Satyagraha è dolce, non ferisce mai.  Non deve essere il risultato di rabbia o di malvagità.  Non è mai esigente, mai impaziente, mai rumorosa.  È l'opposto diretto della costrizione.  È stata concepita come sostituto completo della violenza.

La lotta della Satyagraha è per lo spirito forte, non del dubbioso o del timido. La  Satyagraha ci insegna l'arte di vivere così come quella di morire.  La nascita e la morte sono inevitabili fra i mortali.  Quello che distingue l'uomo dall'animale è il suo sforzo cosciente teso a realizzare lo spirito interiore.

Scienza di evoluzione

Sono io stesso a far crescere quotidianamente la conoscenza della Satyagraha.  Non ho un manuale da consultare nel momento del bisogno e neppure la Gita che ho definito il mio dizionario.  La Satyagraha, così come da me concepita è una scienza che può risultare essere non del tutto una scienza ma che può ben provare di essere il sogno e l’opera di uno sciocco, se non di un pazzo.  Può essere che quello che è vero nella Satyagraha sia antico quanto le montagne.  Ma non è ancora stata riconosciuta per essere di alcuna utilità nella soluzione dei problemi del mondo o, piuttosto, del problema supremo e cioè della guerra.  Può essere che quanto dichiarato in essa come nuovo si dimostri essere realmente di nessuna utilità in termini di soluzione a quel problema supremo.  Può essere che quanto definito come vittorie della Satyagraha cioè, l’ahimsa, siano state realmente vittorie non della verità e della non-violenza ma del timore della violenza.  Queste possibilità sono state sempre davanti me.  Sono ipotente.  Tutto quello che io presento alla nazione per approvazione è una risposta alla preghiera o, che è la stessa cosa, attendere costantemente al responso di Dio.

La tecnica della Satyagraha

Non cedere la vostra anima al conquistatore significa che rifiuterete di fare quello che la vostra coscienza vi proibisce di fare.  Supponete che  'il nemico ' vi avesse chiesto di strofinare il vostro naso sulla terra o di tirare le vostre orecchie o di subire umiliazioni, voi non vi sottomettereste a queste umiliazioni.  Ma se vi ruba dei vostri averi, li cederete perché, come un seguaci del ahimsa, avete dall'inizio deciso che i beni terreni non hanno niente a che fare con la vostra anima.  Che quello che considerate come vostri beni li potrete conservare finchè il mondo vi concederà di possederli. Non cedere la vostra mente significa che non darete spazio ad alcuna tentazione.  L'uomo è spesso debole di volontà e si fa prendere nella trappola della rete e delle parole dolci.  Questo lo vediamo accadere quotidianamente nella nostra vita sociale.  Un uomo di debole volontà non può mai essere un Satyagrahi.  Un “NO” di questo ultimo è invariabilmente un  “NO” ed un suo “SI” è un “SI” eterno.  Così un uomo ha da solo la capacità di essere un devoto della verità e dell’ahimsa.  Ma qui uno deve conoscere la differenza fra fermezza ed ostinazione.  Se, dopo aver detto “SI” o “NO” uno trova che la decisione è errata e nonostante l’errore rimane fedele alla sua decisione questo è da considerarsi ostinazione e follia.  È necessario pensare alle cose con attenzione e completezza prima di assumere una decisione. Il significato del rifiuto della propria fedeltà è chiaro.  Non vi piegherete alla supremazia del vincitore, voi non lo aiuterete a raggiungere il suo obiettivo.  Il signor Hitler non ha sognato mai di possedere la Gran Bretagna.  Desidera che i Britannici ammettano la sconfitta.  Il vincitore può allora richiedere qualsiasi cosa che gli piaccia al vinto e quest’ultimo dovrà necessariamente cederglielo.  Ma se la sconfitta non è ammessa, il nemico combatterà fino a che non uccida il suo avversario.  Un Satyagrahi, tuttavia, è morto al suo corpo ancor prima che il nemico tenti di ucciderlo, cioè, è esente dal collegamento al suo corpo e vive soltanto per la vittoria dell'anima.  Di conseguenza, quando è già in questa condizione, perchè dovrebbe desiderare di uccidere qualcuno?  Morire nell'atto dell'uccisione è essenzialmente morire sconfitti.  Poiché, non si può colpire il nemico dopo la propria uccisione.  Se, d'altra parte, si rende conto che non avete nella vostra mente il pensiero più remoto di sollevare la vostra mano contro di lui, anche per pietà della vostra vita, egli perderà il gusto di uccidervi.  Ogni cacciatore ha avuto questa esperienza.  Nessuno ha mai sentito parlare di qualcuno che sia andato a caccia di mucche.

 

Potenza della privazione

Il cuore più duro e l'ignoranza più grossolana devono sparire prima del sole nascente della privazione senza rabbia e senza malevolenza.

La privazione ha propri limiti ben definiti.  La privazione può essere sia prudente che avventata e quando si raggiunge il limite, prolungarlo sarebbe non sconsigliabile ma veramente da folli.

La vera privazione non conosce se stessa ne calcola mai. Porta la propria gioia che oltrepassa tutte le altre.

Si sta sviluppando in me la convinzione che le cose di importanza fondamentale per la gente non sono assicurate solo dalla ragione, ma deve essere acquisita con la loro privazione.  La privazione è la legge degli esseri umani;  la guerra è la legge della giungla.  Ma la privazione è infinitamente più potente della legge della giungla per convertire l'avversario e aprire le sue orecchie, che altrimenti sarebbero chiuse, alla voce della ragione.

 

Codice della Satyagraha

Un Satyagrahi dice arrivederci alla paura.  Quindi, non teme mai di porre fiducia nell'avversario.  Anche se l'avversario lo prende in giro per venti volte, il Satyagrahi è pronto a fidarsi di lui per la ventunesima volta, per una implicita fiducia nella natura umana che è l'essenza stessa del  suo credo.

Un Satyagrahi è niente se non è istintivamente conforme alle leggi, ed è questa sua natura che esige la sua implicita obbedienza alla più alta legge, e cioè che sia la voce della coscienza ad escludere tutte le altre leggi.

Poiché la Satyagraha è uno dei metodi più efficaci di azione diretta, i Satyagrahi è bene che usino tutti gli altri mezzi prima di ricorrere ad essa.  Egli quindi, costantemente e continuamente si rivolgerà all'autorità costituita, farà appello all'opinione pubblica, la istruirà, proporrà il suo caso tranquillamente e freddamente prima che ognuno stia ad ascoltarlo, e solo dopo che avrà esaurito tutte queste strade farà ricorso alla Satyagraha.  Ma quando ha trovato la chiamata impellente della voce interna dentro di lui e utilizza la Satyagraha, ha bruciato le sue barche e non c’è più modo di retrocedere.

Il Satyagrahi, mentre non è mai pronto per la lotta, deve allo stesso modo desiderare la pace.  Deve cogliere tutte le occasioni per promuovere la pace.

Il mio consiglio è Satyagraha prima e Satyagraha dopo.  Non c’è nessun altra strada migliore per la libertà.

Nel codice dei Satyagrahi non c’è qualcosa come la resa alla forza bruta.  O la resa allora è la resa alla privazione e non all’uso della baionetta.

Come Satyagrahi deve permettere che le mie che carte siano esaminate e riesaminate tutte le volte e riparare se è scoperto un errore.

Qualifiche di un Satyagrahi

… Le seguenti qualifiche … ritengo siano essenziali per ogni Satyagrahi in India:

bulletDeve avere una fede vivente in dio, Egli è la sua sola roccia.
bulletDeve credere nella verità e nella non-violenza come suo credo e, quindi, avere fede nella bontà innata della natura umana che deve aspettarsi evocandola con la verità e l’amore espressi con la sua privazione. 
bulletDeve condurre una vita casta ed essere pronto e disposto, per la sua causa, ad offrire la sua vita ed i suoi averi. 
bulletDeve abitualmente indossatore un Khadi  ed essere un filatore (n.d.t. Gandhi propone questa attività come mezzo di sussistenza tanto per i suoi seguaci quanto per le masse di poveri dell’India).  Ciò è essenziale per l'India. 
bulletDeve essere astemio e esente dall'uso di altri intossicanti affinché la sua ragione non sia intorpidita e la sua mente costante.
bulletDeve seguire con un cuore disposto tutte le regole e discipline come prescritte di volta in volta.  Dovrebbe seguire le regole della prigione a meno che non siano inventate appositamente per urtare il suo auto-rispetto.

Le qualifiche non devono essere considerare esaurienti.  Sono soltanto indicative

Un Satyagrahi non può neppure ascendere al cielo sulle ali di Satana.

Nella Satyagraha non c’è posto per la frode, la menzogna o qualunque altro genere di falsità.

Un Satyagrahi non manca mai, non può mancare mai, una possibilità di compromesso in termini onorabili, è sempre stato assunto che, in caso di errore, non sia mai pronto ad offrire battaglia.  Non ha bisogno di preparazione precedente, le sue carte sono sempre sul  tavolo.

Si dimentica spesso che non è mai intenzione di un Satyagrahi imbarazzare chi sbaglia.  L'appello non è mai al suo timore;  è, deve, sempre al suo cuore.  Obiettivo dei Satyagrahi  è convertire, non costringere, chi sbaglia.  Dovrebbe evitare l’artificiosità in tutti i suoi aspetti.  Si comporta naturalmente mosso dalla convinzione interna.

La Satyagraha è essenzialmente un'arma del sincero.  Un Satyagrahi è impegnato alla non-violenza e, finchè  la gente non la osservi nel pensiero, nella parola e nell'atto, non posso offrirgli la Satyagraha.

Ho sempre sostenuto che soltanto quando uno vede i propri errori con una lente convessa e fa l'inverso nel caso degli altri, costui può arrivare ad una relativamente giusta valutazione dei due.  Credo inoltre che un rispetto scrupoloso e coscienzioso di questa regola sia necessario per uno che voglia essere un Satyagrahi.

Un Satyagrahi conta su Dio per proteggersi contro la tirannia della forza bruta...

Nessun Satyagrahi confermato è scoraggiato dai pericoli, visto o non visto, dal lato del suo avversario.  Quello che deve temere, come ogni esercito deve, è il pericolo dall’interno.

 

La Satyagraha e la repressione

La repressione stessa si permette un addestramento in Satyagraha, proprio come una guerra non cercata si permette un addestramento per il soldato.  I Satyagrahi dovrebbere scoprire le cause della repressione.  Troveranno che la gente repressa ha facilmente paura dei primi segni di forza e  non è preparata per la privazione e l’autosacrificio.  Questo, allora, è il momento per imparare le prime lezioni della Satyagraha.  Coloro che conoscono qualche cosa di questa forza incomparabile dovrebbero insegnare ai loro vicini a sopportare la repressione non debolmente e senza difese, ma coraggiosamente e accoratamente ...  E ancora essi (le poco interessanti regole della preparazione) sono di gran lunga la parte più importante della preparazione alla Satyagraha.  Una potente ed attiva nonviolenza non può essere coltivata a meno che il candidato passi attraverso le fasi necessarie che richiedono grande ponderazione.

 

Potenza della Satyagraha

 

Vittoria della Satyagraha

… UNA CHIARA vittoria della Satyagraha è impossibile fintanto che c’è cattiva volontà.  E coloro che si credono deboli sono incapaci di amare.  Lasciate, allora, come nostro primo atto ogni mattina che si realizzi questo proposito per il giorno:  'non temerò alcuno sulla terra.  Temerò Dio soltanto;  Non mostrerò cattiva volontà verso alcuno.  Non causerò un’ingiustizia ad alcuno.  Conquisterò la falsità con la verità e nella falsità più resistente metterò tutta la mia privazione.

Non c’è alcun limite di tempo per un Satyagrahi ne c’è un limite per le sue capacità alla privazione. Quindi non c’è alcuna cosa che possa sconfiggere la Satyagraha.

Non che io valuti basso il livello di vita per cui approvi con gioia che migliaia di volontari perdano la loro vita per la Satyagraha, ma perché so che, alla lunga, pur causando perdite minime ha come valore aggiunto la nobilitazione di coloro che perdono la loro vita e moralmente arricchiscono il mondo col  loro sacrificio.

E non appena è messo in movimento, se è sufficientemente intenso, può andare oltre l’intero universo. È la più grande forza perché è la più alta espressione dell’anima.

L’esperienza mi ha insegnato che la legge di progressione si applica ad ogni giusta battaglia. Ma nel caso della Satyagraha tale legge diventa un assioma. Come una lotta di Satyagraha fa progressi molti altri elementi aiutano ad accrescere il suo flusso e c’è una crescita costante nei risultati a cui conduce. Questo è veramente inevitabile ed è circoscritto dal primo dei principi della Satyagraha. Per la Satyagraha il minimo è anche il massimo e come il minimo che è irriducibile non c’è alcuna possibilità di ritirarsi ed il solo movimento possibile è un avanzamento. In altre battaglie, anche quando sono giuste, la richiesta è lanciata un po’ più alta per consentire una riduzione futura, e quindi la legge della progressione non si applica a tutte le lotte senza eccezione.

Per me è una delle più attive forze nel mondo è come il sole che risplende su di noi inesauribilmente giorno per giorno. Se noi la comprendessimo è infinitamente più grande di milioni di soli messi insieme. Essa irradia vita, luce, pace e felicità.

 

Il vero Satyagrahi

Se un singolo Satyagrahi persevera fino alla fine la vittoria è certa.

L’auto sacrificio di un uomo innocente è milioni di volte più potente del sacrificio di milioni di uomini che muoiono nell’atto di ucciderne altri. Il sacrificio volontario di un innocente è la risposta più potente alla insolente tirannia che sia mai stata concepita da Dio o uomo.

Ho mantenuto la convinzione per cui anche se c’è un individuo che è quasi completamente non-violento, può provocare la conflagrazione... in questa epoca della democrazia, è essenziale che i risultati attesi vengano raggiunti dallo sforzo collettivo della gente.  Senza dubbio sarà buona cosa perseguire un obiettivo con lo sforzo di un individuo oltremodo potente, ma questo può anche non rendere la Comunità cosciente della sua complessiva capacità di lotta.

Credo nel cammino solitario.  Sono venuto in questo mondo da solo, ho camminato da solo nella valle dell'ombra della morte e terminerò da solo quando il momento verrà.  So che sono abbastanza capace di sostenere la Satyagraha anche se sono completamente solo.  Ho fatto così prima.

Applicazione della Satyagraha

È una forza che può essere usata tanto dagli individui quanto dalle Comunità.  Può essere usata anche in politica come negli affari domestici.  La relativa applicabilità universale è una dimostrazione della relativa permanenza ed invincibilità.  Può essere usata egualmente dagli uomini, dalle donne e dai bambini.  È completamente falso dire che è una forza che può essere usata soltanto di deboli a condizione che non siano capaci di contrastare la violenza con la violenza....  Questa forza contrasta la violenza e, quindi, la tirannia, l’ingiustizia, è luce nell’oscurità.  Nella politica, il suo uso è basato sulla massima immutabilità e che il governo della gente è possibile soltanto a condizione che essi acconsentano, coscientemente o inconsciamente, ad essere governati.

Non ho mai sostenuto di essere l’unico Satyagrahi originale.  Quello che ho enunciato è l'applicazione di quella dottrina su una scala quasi universale ed ancora rimane vista e dimostrata come una dottrina in grado di assimilare migliaia e migliaia di persone di tutte le età e latitudini.

Adozione della non violenza

La Satyagraha è una legge di applicazione universale.  Cominciando dalla famiglia, il suo uso può essere esteso ad ogni altro ambito.  Supponendo che un latifondista sfrutti i suoi affittuari e tolga loro i frutti del loro lavoro appropriandosene per i suoi propri usi.  Quando essi obiettano con lui questi non ascolta e non solleva obiezioni per cui richiede così tanto per sua moglie, così tanto per i suoi bambini e così via.  Gli affittuari o coloro che hanno esposto la loro causa ed hanno influenza faranno appello a sua moglie affinché contrasti il marito.  Probabilmente questa direbbe che per sè non ha bisogno dei soldi che vengono da sfruttamento.  I bambini diranno similarmente che guadagnerebbero per se stessi quello di cui hanno bisogno.  Supponendo ancora che non ascolti nessuno o che sua moglie ed i suoi bambini si uniscano contro gli affittuari, questi ultimi non si sottometteranno.  Rinunceranno se sarà richiesto di fare così, ma indicheranno chiaramente che la terra stessa e lui dovranno dare dentro alle loro giuste richieste.  Può, tuttavia, essere che gli affittuari siano sostituiti da altri.  L’agitazione priva di violenza allora continuerà finchè i nuovi affittuari in sostituzione vedano il loro errore e facciano causa comune con gli affittuari sfrattati.

Così la Satyagraha è un processo di istruzione dell'opinione pubblica, tale che riguarda tutti gli elementi della società ed si che alla fine diventa irresistibile.  La violenza interrompe il processo e prolunga la rivoluzione reale di tutta la struttura sociale.  Le circostanze necessarie per il successo della Satyagraha sono:  (1) il Satyagrahi non dovrebbe avere alcun odio nel suo cuore contro l'avversario.  (2) il problema deve essere reale e sostanziale.  (3) il Satyagrahi deve essere preparato per soffrire fino alla fine per la sua causa.

 

Addestramento all’autodifesa

Credo che ogni uomo e donna debbano imparare l'arte dell’autodifesa in questa epoca.  Ciò è fatto con l’uso degll’esercito in Occidente.  Ogni uomo adulto è coscritto per l’addestramento nell'esercito per un periodo definito.  L'addestramento per la Satyagraha è significativo per tutti, indipendentemente da  età o sesso.  La parte più importante dell'addestramento qui è mentale, non fisica.  Non ci può essere costrizione nell'addestramento mentale.  L'atmosfera circostante senza dubbio incide sulla mente, ma questo non può giustificare la costrizione... La Satyagraha è sempre superiore alla resistenza armata.  Ciò può essere efficacemente provato soltanto tramite la dimostrazione, non con la discussione.  È l'arma che usa il forte.  Mai il debole.  Per debole è da intendersi il debole di mente e di spirito, non nel corpo.  Questo limite è una qualità da stimare e non un difetto da deplorare.  Si dovrebbe anche capire una delle sue altre limitazioni.  Non può mai essere usata per difendere una causa sbagliata.  Le brigate della Satyagraha possono essere organizzate in ogni villaggio ed in ogni quartiere delle città.  Ogni brigata dovrebbe comporsi di quelle persone che sono ben note agli organizzatori.  Nel rispetto di questo la Satyagraha differisce dalla difesa armata.  Inoltre lo Stato costringe al servizio tutti.  Per una brigata di Satyagraha, (invece,) soltanto quelli che ne hanno le caratteristiche, che credono nell’ahimsa ed in satya.  Di conseguenza, per gli organizzatori è necessaria una conoscenza approfondita delle persone.

 

La Duragraha

Posso solo vedere catastrofi per l'India dai metodi violenti.  Gli operai avrebbero commesso un suicidio e l'India avrebbe sofferto indescrivibili miserie se gli operai avessero scaricare la loro rabbia con disobbedienza criminale alle leggi della terra....  Quando ho cominciato a predicare la Satyagraha ed la disobbedienza civile, non ho mai inteso riferirmi alla disobbedienza criminale.  La mia esperienza mi insegna che la verità non può essere propagata facendo violenza.  Coloro che credono nella giustezza della loro causa occorre che  possiedano una pazienza senza limiti, e solo quelli sono in grado di offrire la disobbedienza civile a chi pensa di commettere la disobbedienza criminale o a fare violenza.  Un uomo non può commettere allo stesso tempo una disobbedienza sia civile che criminale, così come non può essere sia temperato che furioso allo stesso tempo e così come l'autolimitazione è acquistata solo dopo che uno ha potuto dominare le sue passioni, così la capacità alla disobbedienza civile è acquisita dopo che si è forgiati alla completa e volontaria obbedienza delle leggi della terra.  Ancora, così come solo lui può dirsi a prova contro le tentazioni che, che gli sono imposte, perché è riuscito a resistere loro, allo stesso modo noi  possiamo dire di conquistare la rabbia quando, avendone causa sufficiente, siamo riusciti a controllarci.

Alcuni allievi hanno fatto rivivere la forma antica di barbarità  sotto forma di “sitting” ... la definisco “barbarità” perchè è un modo grossolano di usare la coercizione.  È inoltre codardia, perché chi pratica il “sitting”  sa che non sta per essere calpestato.  È difficile definirla una pratica violenta, ma è certamente peggiore.  Se combattiamo il nostro avversario, gli permettiamo almeno di restituire il colpo.  Ma quando lo sfidiamo a calpestarci, sapendo che non lo farà, lo mettiamo in una posizione più scomoda e umiliante.  So che gli allievi oltremodo zelanti che hanno praticato il “sitting” non hanno pensato mai alla barbarità dell'atto.  Ma chi si aspetta di seguire la voce della coscienza e di levarsi in piedi per trattare faccia a faccia il contendente non può permettersi di essere scortese.  Non deve esserci impazienza, nessuna barbarità, nessuna insolenza, nessuna pressione eccessiva.  Se vogliamo coltivare uno vero spirito democratico, non possiamo permetterci di essere intolleranti.  L'intolleranza tradisce il desiderio di fede nella causa.

Non ho potuto capire la causa di tanto eccitamento e disordini che sono seguiti alla mia detenzione.  Non è Satyagraha.  È peggio della Durgraha.  Coloro che operano in accordo con le dimostrazioni di Satyagraha sono stati tutti messi in guardia dai rischi della violenza, dal non lanciare pietre o a danneggiare qualcuno in qualunque modo.  Ma a Bombay abbiamo gettando le pietre.  Abbiamo ostruito i tranvai mettendo ostacoli nelle vie.  Ciò non è Satyagraha.  Abbiamo richiesto il rilascio di circa 50 uomini che erano stati arrestati per atti violenti.  Il nostro dovere è principalmente di essere arrestati.  È violazione del dovere religioso assicurare il rilascio di coloro che hanno commesso atti di violenza.

Ho detto più volte che la Satyagraha non ammette alcuna violenza, nessun saccheggio, nessun incendio;  ed ancora, in nome della Satyagraha, abbiamo bruciato le costruzioni, con forza preso delle armi, estorto dei soldi, fermato treni, tagliato i fili del telegrafo, uccisa gente innocente e saccheggiate case private e negozi.  Se azioni come queste potessero salvarmi dalla prigione o dal patibolo, non mi piacerebbe essere salvato in questo modo.

....L’eroismo ed il sacrificio in una causa sbagliata sono così sprecati di splendida energia e danneggiano la buona causa perchè dirotta l’attenzione da essa per il fascino del cattivo uso dell’eroismo e del sacrificio in una cattiva causa.

... la resistenza indiscriminata all’autorità conduce all’assenza di leggi, ad autorizzazioni sregolate e conseguente autodistruzione.

La non-cooperazione

La non-cooperazione è un tentativo di svegliare nelle masse il senso della loro dignità e e del loro potere.  Ciò può soltanto essere permettendo loro di rendersi conto che non devono temere la forza bruta se conoscessero l'anima che possiedono.

La non-cooperazione è una protesta contro una involontaria partecipazione alla malvagità. ... La non-cooperazione con la malvagità è tanto più un dovere quanto la cooperazione con la bontà.

La non-cooperazione non è una condizione passiva, essa è uno stato intensamente attivo, più che la resistenza fisica o la violenza.  La resistenza passiva è un termine improprio.  La non-cooperazione nel senso usato da me deve essere non-violenta e quindi, nè punitiva nè basata sulla malevolenza, cattiva volontà o odio.

Basi religiose

Mi azzardo a  presentare il Bhagavadgita come un vangelo della non-cooperazione fra le forze oscure e quelle della luce.  Se deve essere interpretato letteralmente, l’Arjuna che rappresenta una causa giusta è stata incoraggiata per agganciarsi nella guerra sanguinaria con l’ingiusto Kauravas.  Tulasidas raccomanda il sant (il bene) e di evitare l’asant (i fautori del male).  Lo Zend Avesta rappresenta un duello perpetuo fra Ormuzd ed Ahriman, fra i quali non c’è compromesso.  Dire che la bibbia è tabù per la  non-cooperazione vuol dire non conoscere Gesù, un principe fra i resistenti passivi, che senza compromessi ha sfidato la forza dei Sadducei e dei Farisei e, per la verità, non ha esitato a dividere i figli dai loro genitori.  E che cosa ha fatto il profeta dell’Islam?  Non ha cooperato alla Mecca nel modo più attivo considerando che la sua vita non dovesse essere messa in pericolo ed soffiò la polvere della Mecca, via dalla sua fede, quando ha trovato che lui ed i suoi seguaci sarebbero potuti perire inutilmente, e fuggì a Medina e ritornò solo quando era abbastanza forte da dare battaglia ai suoi avversari.  Il dovere della non-cooperazione verso uomini  re ingiusti è tanto rigorosamente incoraggiato da tutte le religioni quanto il dovere di cooperazione con gli uomini ed i re giusti.  Effettivamente, la maggior parte delle scritture del mondo sembrano andare anche oltre la non-cooperazione e preferire la violenza per ottenere sottomissione a torto.  La tradizione religiosa Indù ... dimostra chiaramente il dovere della non-cooperazione.  Prahlad si è dissociato da suo padre, Meerabai da suo marito, Bibhishan dal suo brutale fratello.

 

Principi di base

Il principio di base su cui la pratica della non-violenza si poggia è quello che ritenuto buono nel rispetto di se stessa la applica ugualmente all'intero universo.  Tutta l'umanità essenzialmente è simile.  Quello che quindi è possibile per me, è possibile per ognuno ...  Ciò è essenza; è il principio della non-cooperazione e della non-violenza.  Ne consegue quindi che deve avere la sua radice nell'amore.  Il suo obiettivo non dovrebbe essere quello di punire l'avversario o di ferirlo.  Anche mentre non-cooperiamo con lui, dobbiamo fargli sentire che in noi è un amico e dovremmo provare a raggiungere il suo cuore per renderlo a servizio dell’umanità per quanto possibile.  Infatti, è la prova acida della non-violenza che in conflitto non-violento non lascia rancore dentro e, alla fine, i nemici sono convertiti in amici.  Questa era stata la mia esperienza in Sud Africa con il Generale Smuts.  Ha cominciato con l’essere il mio più aspro e critico avversario.  Oggi è il mio amico più sincero ....

 

Qualità duratura

Cambiano i tempi e decadono i sistemi.  Ma è mia fede, che come risultato, solo la non-violenza e le cose che sono basate sulla non-violenza dureranno.  Millenovecento anni fa è nata la Cristianità.  Il Ministero di Gesù è durato soltanto tre brevi anni.  Il suo insegnamento è stato compreso male persino durante il suo proprio tempo ed oggi la Cristianità è una smentita del suo insegnamento centrale [: "amate i vostri nemici."  Ma cosa sono millenovecento anni per la diffusione dell’ insegnamento della dottrina centrale di un uomo? ]  Passarono sei secoli e l’Islam è comparso sulla scena.  Molti Mussulmani neppure mi  permetteranno di dire che l’Islam, come la parola stessa implica, sia la non adulterazione della pace.  La lettura del Corano mi ha convinto che la base dell’ Islam non sia la violenza.  Ma, qui ancora, mille e trecento anni sono una piccola cosa nel ciclo del tempo.  Sono convinto che entrambe queste grandi fedi vivranno solo fino al punto in cui i loro seguaci  non romperanno l’equilibrio dell'insegnamento centrale della non-violenza.  Ma non è una cosa da comprendere con il semplice intelletto, deve essere profondamente ancorata nei nostri cuori.

Anche se la non-cooperazione è una delle armi principali nell’armatura della Satyagraha, non si dovrebbe dimenticare che dopo tutto è soltanto un modo di assicurare costantemente la cooperazione dell'avversario con la verità e la giustizia.  L'essenza della tecnica non-violenta è che cerca di liquidare gli antagonismi ma non gli stessi antagonisti.  Nella lotta non-violenta ci si deve, entro una certa misura, conformare alla tradizione ed alle convenzioni del sistema cui siete contrari.  L'evitare tutti i rapporti con l’avversario, quindi, non può mai essere un obiettivo del Satyagrahi, ma (lo sono) la trasformazione o la purificazione di quel rapporto.

Etica della non-cooperazione

Considero la non-cooperazione come uno strumento potente e puro che, se forzato in uno spirito sincero, sarà come cercare in primo luogo il Regno di Dio e ogni altra cosa seguirà come faccenda di ordinaria amministrazione.  La gente allora avrà realizzato la sua potenzialità.  Avrebbe imparato quel valore di disciplina, di autocontrollo, di azione unita, di non-violenza, di organizzazione e di ogni altra cosa che renda una nazione grande e buona e non soltanto grande.

Non c’è strumento così pulito, così inoffensivo ma così efficace come la non-cooperazione.  Usato giudiziosamente, non deve produrre alcuna conseguenza nefasta.  E la relativa intensità dipenderà semplicemente dalla capacità della gente di sacrificarsi.

Avevamo perso la capacità di dire “no”.  Era diventato sleale, quasi sacrilego dire “no” al governo.  Questo deliberato rifiuto alla cooperazione è come quel necessario processo diserbante a cui un coltivatore deve ricorrere prima che semini.  Diserbare è necessario all'agricoltura quanto il seminare.  Infatti, anche mentre i raccolti crescono, la necessità di diserbare, come ogni padre di famiglia sa, è uno strumento di uso quasi quotidiano.  La non-cooperazione della nazione è un invito al governo a cooperare con essa alle sue condizioni, come è diritto di ogni nazione e dovere di ogni buon governo.  La non-cooperazione è l'avviso della nazione che non più è soddisfatta per la sua tutela.

Il movimento della non-violenza e della non-cooperazione non ha niente in comune con le lotte storiche per la libertà in Occidente.  Non è basato sulla forza bruta o sull'odio.  Non punta a distruggere il tiranno.  È un movimento di auto-purificazione.  Quindi cerca di convertire il tiranno.  Può fallire perché l'India non era pronta per la non-violenza di massa.  Ma sarebbe sbagliato giudicare il movimento con falsi metri di misura.  La mia opinione è che il movimento non ha mai saggiamente sbagliato.  Ha trovato un posto adatto nella lotta dell'India per la libertà..

 

Un dovere

La non-cooperazione diventa occasionalmente tanto più un dovere che la cooperazione.  Nessuno è costretto a cooperare nella sua rovina o schiavitù.  La libertà ricevuta con lo sforzo di altri, comunque benevolo, non può essere mantenuta quando tale sforzo è ritirato.  In altre parole tale libertà non è la libertà reale.  Ma il più umile può sentire il suo ardore non appena imparano l'arte di raggiungerlo con la non-cooperazione e la non-violenza ...  Sono abbastanza sicuro che la non-cooperazione e la non-violenza possono assicurare che la violenza non accada mai proprio a motivo della conversione di chi agisce nell’errore. Noi in India non abbiamo mai dato alla non-violenza la prova che si merita.  La meraviglia è che abbiamo raggiunto tanto anche con la nostra non-violenza mista.

Ho presentato la non-cooperazione in termini di religione, perché entro nella politica nella misura in cui essa sviluppa la facoltà religiosa che è in me.

Dietro la mio non-cooperazione c’è sempre il desiderio più acuto di cooperare sul minimo pretesto anche con il più acerrimo degli avversari.  A me, una morale molto imperfetta, sempre nella necessità della Grazia di Dio, nessuno è redento.

... Nessuna cattiva volontà ha la mia approvazione.  Per me, la legge della Satyagraha, la legge dell’ amore, è un principio eterno.  Coopero con tutto ciò che è buono.  Voglio non-cooperare con tutto ciò che è malvagio ... 

 

Nessun odio

Da un corso lungo di disciplina di preghiera, ho smesso di odiare qualcuno per oltre quaranta anni.  So che questo è una grande dichiarazione.  Tuttavia, lo faccio in tutta umiltà.  Ma posso e devo odiare la malvagità dovunque esista.  La mia non-cooperazione ha radici non nell'odio, ma nell'amore.  La mia religione personale mi proibisce perentoriamente di odiare qualcuno.  Ho imparato questa semplice e tuttavia grande dottrina quando avevo dodici anni da un libro di scuola e questa convinzione persiste ancora.  È cresce  ogni giorno in me.  È una passione nata con me.

Non è che nutra slealtà verso qualche cosa qualunque, ma faccio così contro tutte le falsità, tutto quello che è ingiusto, tutto ciò che è malvagio …  rimango leale ad un'istituzione a condizione che quell'istituzione conduca al mio sviluppo, allo sviluppo della nazione.  Se immediatamente trovo che l'istituzione, invece di condurre al relativo sviluppo, lo impedisce, ritengo un mio diretto dovere essere sleale verso essa.

La mia non-cooperazione, benchè faccia parte della mia dottrina religiosa, è un preludio alla cooperazione.  La mia non-cooperazione è verso i metodi ed i sistemi, mai contro gli uomini.  Non posso nutrire cattiva volontà neppure contro un imbianchino.  Considero la cattiva volontà come sotto della dignità dell'uomo.

Alcuni mi hanno chiamato il rivoluzionario più grande del mio tempo.  Può essere falso, ma credo di essere un rivoluzionario, un rivoluzionario non-violento.  Il mio mezzo è la non-cooperazione.  Nessuno può raccogliere ricchezza senza la cooperazione, volontaria o forzata, della gente interessata.

Sono per istinto un cooperatore;  la mia non-cooperazione stessa è intesa a ripulire la cooperazione da tutta la meschinità e la falsità, per questo seguo la cooperazione non solo nominalmente.

 

Il digiuno e la Satyagraha

 

Le armi della Satyagraha

Il DIGIUNO è un'arma potente dell’arsenale della Satyagraha.  Non può essere usato da tutti.  La pura capacità fisica di sostenerlo è qualifica per esso.  È inutile senza una fede vivente in Dio.  Non dovrebbe mai essere uno sforzo meccanico o una limitazione pura.  Deve venire dalla profondità dell’anima.  È, quindi, sempre raro.

Non ci può essere posto per l’egoismo, l’ira, la mancanza di fede o l’impazienza in un poro digiuno ... pazienza infinita, ferma risoluzione, imparzialità di scopo, calma perfetta e nessun odio deve esserci necessariamente.  Ma poiché è impossibile che una persona sviluppi tutte queste qualità tutto d'un tratto, nessuno che non si sia votato a seguire le leggi dell’ahimsa dovrebbe intraprendere il digiuno di un Satyagrahi.

[ digiunare ] … è impegnativo e non del tutto esente da pericoli.  Io stesso ho subito condannato il digiuno quando mi è sembrato essere sbagliato o moralmente ingiustificato.  Ma evitare un digiuno dove c’è una chiara indicazione morale è un‘inosservanza del dovere.  Così un digiuno deve essere basato su una fedele verità e sull’ahimsa.

Digiuno e morte

Digiunare fino alla morte è l'ultima e  più potente arma a disposizione della Satyagraha.  È una cosa sacra.  Ma deve essere accettata con tutto ciò che implica.  Non è il digiuno in se, ma quello che esso implica in quell’ambito.

Il digiuno ed il modo di Cristo

Il digiuno non può essere intrapreso meccanicamente.  È una cosa potente ma una cosa pericolosa se usato da inesperti.  Richiede l’autopurificazione completa, molto più richiesta di quanto ci si avvicina alla morte anche con vendetta mentale.  Un tale atto di sacrificio perfetto basterebbe per il mondo intero.  Tale è ritenuto l’esempio di Gesù.

Naturalmente, non deve essere negato che I digiuni possano essere realmente coercitivi.  Tali sono I digiuni per raggiungere un obiettivo egoistico.  Un digiuno intrapreso a estorcere soldi da una persona o per soddisfare qualche fine personale sarebbe come esercitare coercizione o eccessiva influenza.  Senza alcuna esitazione resisterei a tale influenza eccessiva.  Io stesso con successo ho resistito ai digiuni che ho intrapreso o a quelli minacciati contro di me.  E se si argomenta che la linea di divisione fra altruismo ed egoismo è spesso molto sottile, farei notare che una persona che considera il fine di un digiuno per essere egoista o per altri motivi dovrebbe risolutamente rifiutare di arrendersi ad esso, anche se il rifiuto possa provocare la morte della persona che digiuna.  Se la gente coltiverà l'abitudine di digiuni indifferenti che, a loro parere, sono intrapresi per fini indegni, tali digiuni saranno spogliati dell’abito della coercizione e della influenza eccessiva.  Come tutte le istituzioni umane, digiunare può essere usato sia legittimamente che illegittimamente.

Se un uomo, comunque popolare o grande che sia sostiene una causa impropria e digiuna in difesa di essa, è dovere dei suoi amici (fra cui conto me stesso), colleghi di lavoro e parenti lasciarlo  morire piuttosto che quella causa impropria trionfi  in modo che lui possa vivere.  I mezzi più giusti cessano di essere tali quando il fine, analizzato, è ingiusto.

 

L’ultima risorsa

Un principio generale, tuttavia, vorrei enunciare.  Un Satyagrahi dovrebbe ricorrere al digiuno solo come ultima risorsa  e quando tutte le altre strade di riparazione sono state esplorate e vengono a mancare.  Non c’è spazio per l’imitazione nel digiuno.  Chi non ha la forza interiore non dovrebbe sognarsi di praticarlo e mai convinto del successo.  Ma se un Satyagrahi intraprende una volta un digiuno con convinzione, deve dedicarsi alla sua risoluzione se c’è una sua possibile azione che porti frutti oppure no.  Ciò non significa che digiunare non può o può portare i suoi frutti.  Chi digiuna aspettandosi sei successi generalmente sbaglia.  Ed anche se apparentemente non sbaglia, perde tutta la gioia interna che che viene da un vero digiuno ....  Digiuni ridicoli si diffondono come la peste e  sono nocivi.  Ma quando digiunare si trasforma in un dovere, non può essere eluso.  Di conseguenza, digiuno quando lo considero necessario e non posso astenermi da esso in alcun caso.  Obbligo me stesso a  non potermi astenere da esso in alcun caso.  Quello che io stesso faccio per me stesso non posso impedirlo di fare ad altri in circostanze simili.  È convinzione comune che le migliori delle buone cose sono spesso abusate. Questo lo vediamo accadere ogni giorno.

... Quando l'ingegnosità umana viene a mancare, il votato digiuna.  Questo digiuno accelera lo spirito della preghiera, cioè, il digiuno è un atto spirituale e quindi, indirizzato a Dio.  L'effetto di tale azione sulla vita della gente è che, la dove la persona che digiuna è da loro conosciuta, la loro coscienza assonnata si sveglia.  Ma c’è il pericolo che la gente con errata simpatia possa agire contro la loro volontà per salvare la vita di qualcuno che ama.  Questo pericolo deve essere affrontato.  Uno non deve essere trattenuto dall’azione corretta quando è sicuro di essere nel giusto.  Può promuovere al meglio la circospezione.  Ma quando un digiuno è intrapreso in obbedienza ai dettami della voce interna se ne deve impedire la frettolosità.

 

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