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Capitolo 8                                       
 

Filosofia di Gandhi

“Il Vangelo del lavoro per il pane”

     Simon and Garfunkel - I am a rock

  Contenuto del Capitolo

Il Vangelo del lavoro per il pane

Premessa del traduttore - La legge divina - La regola della ragione - La rivoluzione sociale - Il vero servizio - Il campo di applicazione - Il riconoscimento volontario - La divisione del lavoro - Il lavoro come culto - Il dovere di sacrificio - Il vangelo del lavoro - Il lavoro intellettuale

Lavoro e capitale

Armonia delle relazioni - Conversione del capitalista - Diritti e doveri dei lavoratori - Potenza del lavoro - Il dono dell’intelligenza - Organizzazione - I conflitti evitabili - L’uso costruttivo

Scioperi: legittimi ed illegittimi

Primo arbitrato - Scioperi e politici - Condizioni per il successo - Gli scioperi politici - Gli scioperi non violenti - Capitalismo e scioperi - Gli scioperi solidali

Il timone della terra

Riconoscimento dei Ryot - Conversione dei Zamindar - I Kisan - Non-violenza  nessuna legislazione - Scegliere prima il lavoro - La forza del lavoro

 

 

Il Vangelo del lavoro per il pane

 

Premessa del traduttore

Questo capitolo affronta il tema del lavoro inteso da Gandhi come strumento basilare per soddisfare il bisogno elementare di cibo da parte di tutta l’umanità. Il testo inglese, infatti, usa sempre il termine “bread labour”  ed il concetto di “lavoro per il pane” viene anche associato a “lavoro manuale” la cui ricompensa è proprio la possibilità di uomini e donne di nutrirsi autonomamente e con dignità senza essere “assistiti” gratuitamente da qualche istituzione. Gandhi dice che: ”I bisogni del corpo devono essere assicurati dal corpo …  Il lavoro intellettuale, cioè puramente mentale, è per l'anima ed è la sua propria soddisfazione.” Ovvero il suo stesso compenso. Questi concetti vengono ripresi e sviluppati per tutto il capitolo ed io l’ho ritenuto talmente assodato che, durante il corso della traduzione mi sono limitato ad usare molto spesso il termine “lavoro”, con l’accezione riportata in precedenza, al posto del più articolato “lavoro per il pane”. A tutti buona lettura.

La legge divina

DIO HA CREATO l'uomo al fine di lavorare per il suo alimento e disse che coloro che avessero mangiato senza lavorare sarebbero stati dei ladri.

La grande Natura ha inteso che guadagnassimo il nostro pane col sudore della nostra fronte.  Ognuno, quindi, che butta via un singolo minuto si trasforma, nella stessa misura, in un  fardello a carico dei suoi vicini e fare così è come non osservare la primissima lezione dell’ahimsa.  L’Ahimsa è niente se non è ben bilanciata, con squisita considerazione dei propri vicini, e un uomo inattivo manca a questa regola elementare.

La legge, quella per cui l’uomo vive per lavorare, l’ho acquisita in primo luogo leggendo un’opera del Tolstoy che scriveva circa il lavoro.  Questo (avvenne) ancor prima che avessi cominciato a rendere omaggio all’opera “Unto This Last” di Ruskin.  La legge divina, per cui l'uomo deve guadagnare il suo pane lavorando con le sue proprie mani, fu prima enfatizzata da uno scrittore russo chiamato T.M. Bondaref.  Tolstoy lo segnalò e gli fece grande pubblicità.  Dal mio punto di vista, lo stesso principio è stato posto in risalto nel terzo capitolo della Gita dove si asserisce che colui che mangia senza offrire sacrificio mangia del cibo rubato.  Il sacrificio qui può significare soltanto lavoro.

 

La regola della ragione

Anche la ragione porta ad una identica conclusione.  Come può un uomo che non esercita un lavoro corporale avere il suo giusto cibo?  “Nel sudore della fronte il sale del pane che mangi”, dice la Bibbia.  Un milionario non può continuare a lungo e presto si stancherà della sua vita, se poltrisce tutto il giorno a letto ed è anche aiutato a mangiare. Egli,  quindi, provoca più fame con l'esercitazione e si aiuta col cibo che mangia.  Se ognuno,  ricco o povero, potesse così esercitarsi in qualche modo o forma, perchè non dovrebbe presupporre la forma di produrre, cioè, il lavoro?  Nessuno chiede al coltivatore di esercitarsi a respirare o di far lavorare i suoi muscoli.  E più di nove decimi dell’umanità vive lavorando la terra.  Quanto più felice, più sano e più pacifico diverrebbe il mondo se il decimo restante seguisse l'esempio della stragrande maggioranza, almeno nella misura di lavorare abbastanza per il loro cibo!

 

La rivoluzione sociale

... C’è un conflitto in tutto il mondo fra capitale e lavoro ed i poveri invidiano i ricchi.  Se tutti lavorassero, le distinzioni di livello sociale sarebbero cancellate;  i ricchi vorrebbero ancora essere in quella posizione, ma si riterrebbero soltanto amministratori della loro proprietà e la userebbero principalmente nell'interesse pubblico.

Dio non crea mai più di quello che è strettamente necessario per il momento, con il risultato che se qualcuno si appropria di più di quanto abbia realmente bisogno, lui induce il suo vicino  all’indigenza.  L'inedia della gente in parecchie parti del mondo, è dovuta a molti di noi che si appropriano molto più di quanto hanno bisogno.  Possiamo utilizzare i regali della natura così come li scegliamo, ma nei suoi libri i debiti sono sempre uguali ai crediti.  Non c’è equilibrio in una o nell’altra colonna.

Ogni uomo ha un uguale diritto al necessario per vivere proprio come lo hanno gli uccelli e le bestie.  E poiché ogni diritto porta con esso un dovere corrispondente ed il relativo rimedio per resistere ad ogni suo attacco, diventa importante trovare i rimedi ed i doveri corrispondenti per rivendicare l'elementare e fondamentale uguaglianza.  Il dovere corrispondente deve lavorare con le mie membra ed il rimedio corrispondente deve non-cooperare con lui che mi priva dei frutti del mio lavoro.

Il vero servizio

Il lavoro intelligente è ogni giorno la più alta forma di servizio sociale.  Cosa può esserci di meglio di un uomo che dovrebbe, tramite il suo lavoro personale, aggiungere ricchezza utile al paese?  “Essere” è “Fare”.  L'aggettivo “intelligente” è stato premesso a “lavorare” per mostrare che quel lavoro deve essere un servizio sociale e deve avere dietro di se uno scopo predefinito.  Altrimenti ad ogni lavoratore può dirsi che rende un servizio sociale.  Anche se lo fa in qualche modo, qui ha un significato di qualcosa che va oltre quello.  Una persona che lavora per il bene generale di tutti,  serve la società ed è degna del suo lavoro.  Di conseguenza, tale lavoro non è differente dal servizio sociale.

L’obbedienza alla legge del lavoro determinerà una rivoluzione silenziosa nella struttura della società.  Il trionfo degli uomini sarà costituito dalla sostituzione della lotta per l'esistenza con la lotta per il servizio reciproco.  La legge del più forte sarà sostituita con la legge dell'uomo.

Se ognuno vivrà col sudore della sua fronte, la terra si trasformerà in un paradiso.  Stento a credere  che la questione dell'impiego di talenti speciali richieda considerazioni separate.  Se ognuno lavora fisicamente per il suo pane, segue che i poeti, i medici, gli avvocati, ecc., lo considereranno loro dovere usare gratuitamente quei talenti per il servizio all’umanità.  Quello che loro produrranno sarà quanto di meglio e più ricco che la loro devozione altruista al dovere sarà in grado di fare.

 

Il campo di applicazione

Il lavoro è una vera benedizione per uno che vorrebbe osservare la non-violenza, adorare la Verità e rendere un atto naturale il rispetto della brahmacharya.  Questo lavoro può essere collegato solo con l'agricoltura.  Ma oggi, in ogni caso, non tutti sono nella condizione di poterlo fare.  Una persona quindi, può filare o tessere, fare il carpentiere o il fabbro, invece di lavorare la terra, sempre considerando l'agricoltura l’ideale.  Ognuno deve essere il suo proprio spazzino.  L'evacuamento è tanto necessario quanto mangiare;  e per tutti la cosa migliore sarebbe quella di sbarazzarsi dei propri rifiuti.  Se questo fosse impossibile, ogni famiglia si ritroverebbe a frugare fra i propri rifiuti.  Ho ritenuto per anni che ci dovesse essere qualcosa di radicalmente sbagliato dove il frugare tra i rifiuti è stato reso un affare proprio di una classe separata della società.  Non abbiamo annotazione storica dell'uomo che per primo ha assegnato il livello più basso a questo servizio sanitario essenziale.  Chiunque sia stato, non ci ha reso niente di buono.  Dovremmo, sin dalla nostra stessa infanzia, avere l'idea impressa nelle nostre menti che siamo tutti spazzini ed il modo più facile di fare così è, per ognuno che lo ha realizzato, cominciare proprio il lavoro in qualità di spazzini.  In questo modo, ripulire le immondizie, preso intelligentemente, aiuterà ad apprezzare veramente l'uguaglianza dell'uomo.

 

Il riconoscimento volontario

Il ritorno ai villaggi significa un preciso riconoscimento volontario  del dovere al lavoro senza altri connotati.  Ma il critico dice: “milioni di bambini dell'India oggi stanno vivendo nei villaggi ma stanno vivendo una vita di semi-inedia.”  Ciò, ahimè, è anche vero.  Fortunatamente, sappiamo che la loro non è una obbedienza volontaria (cioè non lo hanno scelto loro! n.d.t.).  Forse vorrebbero sottrarsi al lavoro manuale se potessero e perfino correrebbero nella città più vicina se potessero trovare in essa una sistemazione.  L’obbedienza obbligatoria ad un padrone è una condizione di schiavitù, l’obbedienza volontaria al proprio padre è il massimo per un figlio.  Similmente, l’obbedienza obbligatoria alla legge del lavoro fa crescere la povertà, la malattia ed lo scontento.  È una condizione di schiavitù.  L’obbedienza volontaria ad essa deve portare la felicità e la salute.  Ed è salute che è ricchezza reale, non pezzi di argento ed oro.

 

La divisione del lavoro

Credo nella divisione del lavoro o dell’operare.  Ma insisto sull’uguaglianza degli stipendi. L'avvocato, il medico o l'insegnante hanno diritto a nient'altro che il bhangi.  Allora soltanto la volontà di divisione del lavoro innalzerà la nazione o la terra.  Non c’è altra strada reale per la vera civilizzazione o la vera felicità.

Le economie (basate n.d.t.) sul lavoro sono il modo di condurre la vita.  Significa che ogni uomo deve lavorare con il suo corpo per il suo sostentamento.  Se potessi convincere la gente del valore e della necessità del lavoro, non ci sarebbe mai la voglia di pane e degli abiti.  Non avrò alcuna esitazione nel dire alla gente con fiducia che devono morire di fame ed andare nudi se non vogliono ne il lavoro della terra ne filare e ne tessere.

Mi riferisco a quanto avevo detto nel 1925, cioè, che tutti gli adulti sopra una certa età, maschio o femmina, che volessero contribuire a qualche lavoro manuale per lo Stato sarebbero autorizzati a votarsi.

Il lavoro come culto

Non posso immaginare qualche cosa di più nobile o più nazionale di quello che, per esempio, un'ora al giorno, noi tutti dovremmo fare similmente a quello che devono fare i poveri  e in questo modo ci identificheremmo con loro ed attraverso loro con tutta l'umanità.  Non posso immaginare un miglior culto di Dio di quello che nel suo nome dovrei lavorare per i poveri proprio come fanno loro.

Nessun lavoro che è fatto nel Suo nome ed è dedicato a Lui è piccolo.  Tutto il lavoro quando è fatto così assume ugual merito.  Uno spazzino che lavora al Suo servizio divide la stessa dignità con un re che usa i propri doni nel Suo nome e come puro amministratore.

... Il servizio non è possibile a meno che sia radicato nell'amore o nell’ahimsa... è senza confini come l'oceano e, crescendo e allargandosi all'interno di ognuno, si espande fuori attraversando tutti i confini e le frontiere, avvolgendo il mondo intero.  Questo servizio è, di nuovo, impossibile senza lavoro, altrimenti descritto nella Gita come “Yajna”.  È soltanto quando un uomo o una donna hanno fatto un lavoro manuale, per amore di servizio, che lui o lei hanno diritto alla vita.

 

Il dovere di sacrificio

“Brahma generò la sua gente con il dovere del sacrificio posto su di loro e disse:  'da questo atto voi fiorite.  Soddisfate tutti i vostri desideri.'  Chi mangia senza fare questo sacrificio, mangia pane rubato” Così dice la Gita.  “Guadagnati il pane col sudore della fronte” dice la Bibbia.  I sacrifici possono essere di vario genere.  Uno di loro può ben essere il lavoro.  Se tutti lavorassero per il loro pane e non di più, allora ci sarebbe abbastanza cibo e agio per tutti.  Allora non ci sarebbero grida d’aiuto per sovrappopolazione, nessuna malattia e nessuna delle miserie che vediamo intorno.  Tale lavoro sarà la più alta forma di sacrificio.  Gli uomini non dubiteranno di fare molte altre cose, sia attraverso i loro corpi che con le loro menti, ed in tutto questo non ci sarà ricco e povero, alto o basso, nessuno toccabile e nessun intoccabile.  Ciò può essere un ideale irraggiungibile.  Ma abbiamo bisogno di continuare a tentare di ottenerlo.  Anche se, senza realizzare l’intera legge del sacrificio, cioè, la legge del nostro essere, svolgiamo abbastanza lavoro fisico per il nostro pane quotidiano, dovremmo andare su una lunga strada verso l’ideale.  Se facessimo così, i nostri voleri sarebbero minimizzati, il nostro cibo sarebbe semplice.  Dovremmo allora mangiare per vivere, non vivere per mangiare.  Lasciate che chiunque dubiti dell'esattezza di questa proposta, provi a sudare per il suo pane, deriverà il piacere più grande dai frutti del suo lavoro, migliorerà la sua salute e scoprirà che molte cose che ha preso erano superflue.

 

Il vangelo del lavoro

Non ci può mai essere troppa importanza data al lavoro.  Sto ripetendo semplicemente il vangelo insegnato dalla Gita, dove il Signore dice:  “se non fossi sempre sveglio sul lavoro, darei un cattivo esempio all'umanità.”  ... se avessi la buona fortuna di essere faccia a faccia con uno come lui [ il Buddha ], non esiterei a chiedergli perchè non ha insegnato il vangelo del lavoro, al posto di  uno sulla contemplazione …

Dio creò  l'uomo per mangiare il suo pane col sudore della sua fronte e tremo alla prospettiva della nostra capacità di produrre tutto ciò che desideriamo, compreso le nostre derrate alimentari, estraendolo da un cilindro magico (letteralmente: cappello di prestigiatore n.d.t.).

Dovremmo vergognarci di riposare, o di avere un pasto abbondante, quando ci sono uomini e donne sani senza lavoro o cibo.

Effettivamente ho pianto nel vedere una desolata povertà e disoccupazione nel nostro paese, ma devo confessare che la nostra propria negligenza e ignoranza sono in gran parte responsabili di tutto questo.  Non conosciamo la dignità del lavoro come tale.  Quindi, un calzolaio non farà nulla oltre che costruire le sue scarpe e riterrà che tutti gli altri lavori abbiano minor dignità del suo.  Questa  nozione sbagliata deve essere contrastata.  C’è abbastanza occupazione in India per tutti coloro che vogliano lavorare onestamente con mani e piedi.  Dio ha dato a tutti la capacità di lavorare e guadagnare più del proprio pane quotidiano, e chiunque sia pronto ad usare questa capacità è sicuro di trovare lavoro.  Nessun lavoro è troppo meschino per chiunque voglia guadagnare un penny onesto.  L'unica cosa è la prontezza nell’usare le mani ed i piedi che Dio ci ha dati.

... È certamente il dovere di un governo assicurare lavoro per il pane a tutti gli uomini e le donne disoccupati, non importa come essi siano.

 

Il lavoro intellettuale

Lasciate che mi spieghi.  Non sminuisco il valore del lavoro intellettuale, ma non c'è alcun paragone col lavoro manuale che ognuno di noi sopporta di dare per il bene comune di tutti.  Può essere, e spesso lo è, infinitamente superiore al lavoro manuale, ma non è mai ne può sostituirlo, proprio come l’alimento intellettuale, comunque migliore del grano che mangiamo, mai può essere un suo sostituto.  Effettivamente, senza i prodotti della terra, quelle dell’intelletto sarebbero impossibili.

Gli uomini possono guadagnare il loro pane tramite il lavoro intellettuale?  No.  I bisogni del corpo devono essere assicurati dal corpo.  “Dare a Cesare quello che è di Cesare” forse qui trova la miglior applicazione.  Il lavoro intellettuale, cioè puramente mentale, è per l'anima ed è la sua propria soddisfazione.  Non dovrebbe mai richiedere un pagamento.  In condizioni ideali, i medici, gli avvocati e simili dovrebbero lavorare solamente a favore della società, non per se stessi.

Il lavoro intellettuale è importante ed ha un posto sicuro nello schema della vita.  Ma quello su cui insisto è la necessità del lavoro fisico.  Nessun uomo, sostengo, deve essere esente da questo obbligo.  Servirà a migliorare persino la qualità della sua produzione intellettuale.

Un lavoratore non può sedersi al tavolo e scrivere, ma un uomo che ha lavorato al tavolo tutta la sua vita può certamente fare del lavoro fisico.

 

 

“Lavoro e capitale”

 

Armonia delle relazioni

Ho sempre detto che il mio ideale è il capitale e che il lavoro dovrebbe integrare ed aiutare ogni altro. Sarebbe una grande famiglia che vivrebbe in unità ed armonia, il capitale non guarda solo il benessere materiale del lavoro, ma anche quello morale essendo i capitalisti gli amministratori del benessere delle classi lavoratrici sotto di loro.

Non mi tengo alla larga dal capitale. Lo faccio dal capitalismo. L’Occidente insegna che chi evita la concentrazione di capitale evita una guerra razziale ed altre forme di morte strisciante. Il capitale ed il lavoro hanno bisogno di non essere antagonisti fra di loro.

Conversione del capitalista

… Se riconoscessi, come dovrei,  l’equità fondamentale del capitalista e del lavoratore non dovrei puntare alla sua distruzione. Devo sforzarmi per la sua conversione. La mia non-cooperazione con lui potrà aprirgli gli occhi agli sbagli che può stare commettendo … Può essere facilmente dimostrabile che la distruzione del capitalista alla fine significa la distruzione del lavoratore, e come nessun essere umano è così cattivo da essere fuori dalla redenzione, nessun essere umano è così perfetto da giustificare la sua distruzione specie colui che lo considera erroneamente del tutto malvagio.

Lo sfruttamento dei poveri può essere estinto non effettuando l’eliminazione dei pochi milionari ma rimuovendo l’ignoranza dei poveri ed insegnando loro a non-cooperare con i loro sfruttatori. In tal modo saranno convertiti anche gli sfruttatori. Ultimamente ho spesso osservato che entrambi possano essere dei partner. Il Capitale come tale non è cattivo; è il suo uso sbagliato che è malvagio. Il Capitale in una forma o in un’altra è sempre stato necessario.

 

Diritti e doveri dei lavoratori

È la mia universale esperienza che, in generale, il lavoratore assolve ai suoi obblighi più efficacemente e più coscienziosamente del padrone che ha obblighi analoghi verso i lavoratori.  Quindi, diventa necessario che i lavoratori trovino il modo con cui imporre la propria volontà ai padroni.  Se scopriamo di non essere adeguatamente pagati o alloggiati, come potremo ricevere sufficienti stipendi ed una buona sistemazione?  Chi deve determinare il livello di benessere richiesto dai lavoratori?  Il modo migliore, senza dubbio, è che voi lavoratori capiate i vostri giusti diritti, capiate il metodo di fare rispettare i vostri diritti e li facciate rispettare.  Ma per questo è necessaria una piccola precedente formazione … addestramento.

Non c’è diritto al mondo che non presupponga un dovere.  Un proprietario non rovina mai la sua proprietà.  Quando sapete che il filatoio è tanto vostro quanto dei proprietari, non danneggerete mai la vostra proprietà.  Non distruggerete mai con rabbia i vestiti o i macchinari perché avrete sempre attenzione a ricomporre i litigi con i proprietari.  Combattete, se dovete, sul percorso della rettitudine ed Dio sarà con voi.  Non c’è altra strada reale, ripeto, a guadagnare i vostri diritti, se non l’auto-purificazione e la sofferenza.

 

Potenza del lavoro

A mio umile parere, il lavoro si può sempre rivendicare se i lavoratori sono sufficientemente uniti e disposti all’auto-sacrificio.  Non importa quanto oppressivi i capitalisti possano essere, sono convinto che coloro che sono collegati al lavoro e guidano il movimento dei lavoratori non hanno essi stessi idea delle risorse che il lavoro può muovere e sulle quali il capitale non può mai nulla.  Se il lavoro soltanto capisse e riconoscesse che il capitale è perfettamente impotente senza lavoro, il lavoro ci sarebbe immediatamente. Purtroppo siamo sotto il suggerimento e  l'influenza ipnotica del capitale, per cui abbiamo creduto che il capitale fosse l’unica cosa su questa terra.  Ma un pensiero del momento indicherebbe che il lavoro ha la sua capacità di eliminare il capitale che i capitalisti non possederanno mai.  Ruskin insegnò alla sua epoca che il lavoro ha avuto occasioni senza pari.  Ma ha parlato sopra la nostra testa. C’è in inglese una parola molto potente che è uguale anche in francese, e inoltre, è presente in tutte le lingue del mondo: essa è “No” ed il segreto che abbiamo svelato è che quando il capitale desidera che il lavoro dica “Si”, il lavoro ruggisce “No” se vuol dire “No”.  Ed immediatamente il lavoro realizza di aver scelto prima di dire “Si”, quando vuole dire “Si”e “No” quando desidera dire “No”, il lavoro è libero dal capitale ed il capitale deve corteggiare il lavoro.  E non importerebbe minimamente se il capitale avesse a sua disposizione pistole e perfino gas velenoso.  Il capitale ancora sarebbe perfettamente impotente se il lavoro asserisse la sua dignità facendo bene il suo “No”.  Allora, non è necessario che il lavoro si vendichi, (basta che) il lavoro assuma un atteggiamento di sfida ricevendo le pallottole ed il gas velenoso ed insista ancora sul suo “No”.  La ragione per la quale il lavoro viene a mancare così spesso è che invece di sterilizzare il capitale come ho suggerito, il lavoro, (sto parlando io stesso come lavoratore) desidera impadronirsi di quel capitale e diventare esso stesso capitalista nel senso peggiore del termine.  Ed il capitalista, quindi, che è correttamente radicato ed organizzato, trovando alleati fra gli stessi lavoratori, usa una parte di questi per sopprimere il lavoro.  Se realmente non fossimo sotto questo ipnotico incantesimo, ognuno di noi, uomo o donna, riconoscerebbe questo piccolo fondo di verità senza la minima difficoltà.  Avendola provata su me stesso, con una serie di esperimenti fatti nei diversi ambiti di vita, parlo a voi con autorità (mi perdonerete se dico così), per cui quando metto questo schema prima di voi, esso non è qualche cosa di sovrumano ma piuttosto qualcosa all'interno della comprensione di ogni lavoratore, uomo o donna.  Di nuovo, vedrete che quello che il  lavoro è chiamato a fare sotto questo schema di non-violenza non è nient'altro che... il soldato semplice che è armato dalla testa ai piedi che è chiamato a fare il suo dovere.  Mentre cerca indubbiamente di infliggere la morte e la distruzione al suo avversario, porta sempre la propria vita in tasca.  Desidero che il lavoro, quindi, copi il coraggio del soldato senza copiare la brutalità del soldato, vale a dire, la sua capacità di infliggere la morte, ed io vi faccio notare che un lavoratore che va vicino alla morte ed ha il coraggio di morire anche senza trasportare armi di auto-difesa, dimostra un coraggio ben più grande che non un uomo armato dalla testa ai piedi.

Il dono dell’intelligenza

Il lavoro del momento riconosce la sua propria dignità, i soldi troveranno il loro posto legittimo, cioè, saranno tenuti in remunerazione per il lavoro.  Il lavoro ha più valore dei soldi.

Sostengo che una conoscenza pratica di una varietà di occupazioni è per la classe lavoratrice quello che l’accumulo è per il capitalista.  L'abilità del lavoratore è il suo capitale.  Proprio come il capitalista non può far fruttare il suo capitale senza la cooperazione del lavoro, allo stesso modo il lavoratore non può far fruttare il suo lavoro senza la cooperazione del capitale.  E se entrambi, lavoro e capitale, hanno il dono dell’intelligenza ugualmente sviluppato in loro ed hanno confidenza nella loro capacità di assicurare un giusto affare, ciascuno nelle mani dell'altro, si rispetterebbero ed apprezzerebbero l’un l’altro come soci paritetici in un'impresa comune.  Non devono considerarsi come antagonisti inriconciliabili.

Organizzazione

Ma la difficoltà è quella per cui, mentre oggi il capitale è organizzato e sembra essere saldamente radicato, il lavoro non lo è.  L'intelligenza del lavoratore è ristretta dalla sua inumana e meccanica occupazione che gli lascia poca capacità o probabilità di sviluppare la sua mente.  Gli è stato impedito  di realizzare il potenziale e la piena dignità della sua condizione.  Gli è stato insegnato a credere che i suoi stipendi dovessero essere dettati dai capitalisti anziché dalle sue richieste e dai suoi propri termini.  Lasciate soltanto che sia organizzato seguendo le giuste linee e che abbia la sua vivida intelligenza, lasciate che impari una varietà di occupazioni e che possa andare con la sua testa eretta e mai con la paura di essere senza mezzi di sussistenza.

Non mi oppongo all'organizzazione del lavoro, ma come in ogni altra cosa, vorrei che la sua organizzazione seguisse le linee indiane, o se volete, le mie linee.  Le sto definendo.  Il lavoratore indiano le conosce istintivamente.  Non considero che il capitale sia un nemico del lavoro.  Ritengo la loro coordinazione perfettamente possibile.  L'organizzazione del lavoro che ho intrapreso in Africa del sud, Chanmaran o Ahmedabad non possedeva alcuno spirito di ostilità verso i capitalisti.  La resistenza in ogni caso e fino al limite si è pensata che fosse necessaria solo se fosse completamente riuscita.

Il lavoratore deve rendersi conto che il lavoro è anche capitale.  Non appena i lavoratori sono istruiti ed organizzati correttamente e diventano coscienti della loro forza, non c’è capitale che possa sottometterli.  Il lavoro organizzato e illuminato può dettare le sue proprie condizioni.  Non è uso giurare vendetta contro un partito perché si è deboli.  Dobbiamo diventare forti.  Cuori forti, menti illuminate e le mani volonterose possono incoraggiare tutti e rimuovere tutti gli ostacoli.

 

I conflitti evitabili

Non penso che debba essere tutto in disaccordo fra capitale e lavoro.  Ciascuno dipende dall'altro.  Quello che oggi è essenziale è che il capitalista non deve essere signore sopra il lavoratore.  A mio parere, le mani della filanda sono tanto i proprietari della filanda quanto gli azionisti e quando i proprietari si rendono conto che le mani della filanda sono i proprietari della filanda e cioè loro stessi, eviteranno tutte le discussioni fra loro.

Le masse non vedono nei proprietari ed in altri affaristi i loro nemici.  Ma la coscienza di aver subito torto da questi tipi di persone deve essere generata in loro.  Non insegno alle masse di considerare i capitalisti come loro nemici, ma insegno loro che sono loro stessi i propri nemici.

C’è un conflitto di interesse fra capitale e lavoro, ma dobbiamo risolverli facendo il nostro dovere.  Proprio come il sangue puro è prova contro i germi tossici così il lavoro, quando è puro, sarà prova contro lo sfruttamento.  Non ho mai detto che ci dovrebbe essere cooperazione fra lo sfruttatore e lo sfruttato quando persistono lo sfruttamento e la volontà da sfruttare.  Soltanto non credo che i capitalisti ed i proprietari siano sfruttatori per una necessità intrinseca o che ci sia un antagonismo di base o inconciliabile fra i loro interessi e quelli delle masse.  L'idea della lotta di classe non mi attrae.  In India la lotta di classe è non soltanto evitabile, ma lo è se abbiamo capito il messaggio della non-violenza.  Coloro che parlano della lotta di classe come se fosse inevitabile non hanno capito le implicazioni della non-violenza o le hanno capite soltanto superficialmente.

 

L’uso costruttivo

Non ho detto che, se essi [ i lavoratori ] conoscessero la loro forza e la usassero saggiamente e costruttivamente, diventerebbero i veri sovrani ed i datori di lavoro sarebbero i loro amministratori ed amici nel bisogno e nell'azione?  Questo felice stato delle cose verrà soltanto quando sapranno che il lavoro è il capitale più vero rispetto al capitale in forma di oro e di argento che il lavoro estrae dalle viscere della terra.

Se ogni diritto fluisse dal dovere effettuato bene, allora sarebbe senza nessun aiuto.  Quindi, ho diritto al mio stipendio soltanto quando ho effettuato completamente il dovere da me intrapreso.  Se prenderò lo stipendio senza fare il mio lavoro, si trasformerà in furto.  Non posso rivendicare continuamente dei diritti senza riferimento alle prestazioni dovute da cui i diritti dipendono e da cui fluiscono.

 

 

Scioperi: legittimi ed illegittimi

 

Primo arbitrato

Io so che gli scioperi sono un diritto proprio dei lavoratori allo scopo di assicurare giustizia, ma che devono essere considerati immediatamente un crimine allorché i capitalisti accettino il principio dell’arbitrato.

Scioperi e politici

Gli scioperi sono all'ordine del giorno.  Sono un sintomo dell'agitazione attuale.  Tutti i generi di idee, anche le più vaghe, fluttuano nell'aria.  Una piccola speranza ispira tutti e sarebbe grande il disappunto se quella vaga speranza non prendesse la forma definita.  Il mondo del lavoro in India,  come altrove, è alla mercé di coloro che si propongono come consiglieri e guide.  Questi ultimi non sono sempre scrupolosi e non sempre saggi anche quando sono scrupolosi.  I lavoratori sono scontenti del loro destino.  Hanno tutti i motivi per essere malcontenti. È stato loro insegnato, e giustamente, a considerare loro stessi come principale strumento di arricchimento dei loro datori di lavoro. 

E così richiede poco sforzo incitarli a mettere giù i loro attrezzi.  Anche la situazione politica, sta cominciando ad interessare i lavoratori dell'India.  E ci sono alcuni capi dei lavoratori, non graditi, i quali considerano che gli scioperi possano essere imbastiti a scopo politico.  A mio parere, sarà il più serio errore  fare uso degli scioperi dei lavoratori per un tale scopo.  Non nego che questi scioperi possono servire a fini politici.  Ma non fanno parte del programma della non-cooperazione non-violenta.  Non richiede molto sforzo dell’intelletto percepire che è la cosa più pericolosa fare un uso politico del lavoro fino a che i lavoratori non capiscano lo stato politico del paese e siano preparati a lavorare per il bene comune.  Questo è difficile aspettarselo da tutti loro, improvvisamente, fino a quando non avranno migliorato il proprio stato in modo da permettersi di mantenere insieme il corpo e l’anima in uno stato decente.  Il contributo politico più grande, quindi, che i lavoratori possano dare è di migliorare il loro proprio stato, essere meglio informati, insistere sui loro diritti e perfino richiedere ai loro datori di lavoro un uso più adeguato dei prodotti nella cui produzione hanno avuto  un ruolo importante.  Quindi lo sviluppo più adeguato per i lavoratori sarebbe quello di  far crescere la loro condizione verso lo stato della parte proprietaria.  Gli scioperi, quindi, al momento dovrebbero soltanto tenersi per il miglioramento diretto della condizione del lavoratore e perchè acquisiscano lo spirito di patrioti  per condizionare i prezzi della loro produzione.

 

Condizioni per il successo

Le condizioni per uno sciopero di successo sono semplici.  E quando sono soddisfatte, uno sciopero non può necessariamente fallire:

bulletLa causa dello sciopero deve essere giusta.
bulletCi dovrebbe essere praticamente unanimità fra gli scioperanti.
bulletNon ci dovrebbe essere violenza usata contro i non-scioperanti.
bulletGli scioperanti dovrebbero poter essere in grado di auto-mantenersi durante il periodo di sciopero senza pesare sui fondi del sindacato e dovrebbero, quindi, impegnarsi in qualche occupazione provvisoria utile e produttiva.
bulletUno sciopero non è utile quando ci sono altri lavoratori a sufficienza per sostituire gli scioperanti.  In quel caso, in caso di trattamento ingiusto o di stipendi e simili inadeguati, la rassegnazione è il rimedio migliore.

 

Gli scioperi di successo sono avvenuti anche quando tutte le suddette circostanze non si sono verificate, ma questo dimostra soltanto che i datori di lavoro erano deboli ed erano in coscienza colpevole.  Noi spesso facciamo il terribile errore seguendo brutti esempi.  La cosa più sicura non è quella di seguire esempi di cui abbiamo una conoscenza incompleta, ma piuttosto di seguire le circostanze che sappiamo e che riconosciamo come essenziali per successo.

 

Gli scioperi politici

Ovviamente, non ci dovrebbe essere sciopero che non fosse giustificabile nei contenuti.  Nessuno sciopero ingiusto dovrebbe riuscire.  Tutta la solidarietà pubblica deve essere rifiutata a tali scioperi.  La pubblica opinione non ha i mezzi per giudicare i meriti di uno sciopero a meno che non sia sostenuto da persone imparziali che godono la sua fiducia.  Gli uomini interessati non possono giudicare i meriti del loro proprio caso.  Quindi, ci deve essere un arbitrato accettato da tutte le parti o un'aggiudicazione giudiziaria.  In generale, la questione non diviene mai prima un fatto pubblico quando vi è arbitrato o aggiudicazione.  Abbiamo casi, tuttavia, di datori di lavoro arroganti che hanno ignorato i premi, o impiegati poco giudiziosi, coscienti delle loro forza che si sono fatti valere, agendo allo stesso modo,  e che hanno deciso di estorcere le cose con la violenza.  Gli scioperi finalizzati al miglioramento economico non dovrebbero mai avere un risvolto politico come motivo più recondito.  Una tal miscela non fa progredire la politica e generalmente porta difficoltà agli scioperanti, anche quando non mettono in difficoltà la vita pubblica, come nel caso di servizi di pubblica utilità, quale lo sciopero degli uffici postali.  Il governo può avere qualche inconveniente, ma non si troverà mai in un vicolo cieco.  Le persone ricche si potranno permettere servizi postali costosi, ma la grande maggioranza della gente povera sarà privata, durante un tale sciopero, di un servizio di primaria importanza a cui sono stati abituati per generazioni.  Così gli scioperi possono aver luogo soltanto quando ogni altro mezzo legittimo non ha raggiunto l’obiettivo.  Gli scioperi finalizzati ad una causa devono essere tabù fino a quando è dimostrarlo che gli uomini coinvolti abbiano esaurito tutti i mezzi legittimi a loro disposizione. Ne segue che gli scioperi politici devono essere trattati nei propri meriti e non devono essere confusi o collegati con gli scioperi per motivi economici.  Gli scioperi politici hanno una collocazione definita nell'azione non-violenta.  Non sono mai intrapresi a caso.  Devono essere aperti, non condotti mai con costrizione.  Non sono intrapresi mai per condurre alla violenza.

 

Gli scioperi non violenti

Uno sciopero pacifico deve essere limitato a coloro che sono direttamente coinvolti dagli obiettivi.  Quindi, se i fabbricanti di fiammiferi per esempio di Timbuctù, dicono che sono poco soddisfatti della loro condizione, e scioperano in disaccordo con i  loro colleghi del filatoio che vivono con stipendi di fame, lo sciopero dei fabbricanti di fiammiferi sarebbe una specie di violenza.  Possono e dovrebbero aiutare (la loro causa n.d.t.) in un modo più efficace evitando la chiusura verso i lavoratori del filatoio di Timbuctù senza lasciarsi andare a possibili violenze.  Infatti si può concepire occasioni in cui coloro che non sono direttamente coinvolti possono essere costretti a cessare il lavoro.  Quindi, se nel caso immaginato, i padroni della fabbrica di fiammiferi si unissero con i proprietari del filatoio di Timbuctù, sarebbe chiaramente dovere degli operai della fabbrica di fiammiferi fare causa comune con le maestranze del filatoio.  Ho reso l’esempio più complesso puramente a titolo di dimostrazione.  In ultima analisi, ogni caso deve essere giudicato nei suoi propri meriti.  La violenza è una forza sottile.  Non è sempre facile scoprirne la  presenza benchè possiate avere tutti la stessa sensibilità.

Uno sciopero dovrebbe essere spontaneo e non manipolato.  Se è organizzato senza alcuna costrizione, non ci sarebbe possibilità per la costrizione ed il saccheggio.  Così lo sciopero sarebbe caratterizzato dalla cooperazione perfetta fra gli scioperanti.  Dovrebbe essere pacifico e non dovrebbe contenere manifestazioni di forza.  Gli scioperanti dovrebbero fare un altro lavoro sia singolarmente che in collaborazione tra di loro, per guadagnarsi il pane (durante lo sciopero n.d.t.).  La natura di tale lavoro dovrebbe essere pensata in anticipo.  È inutile dire che in un pacifico, efficace e risoluto sciopero di questo tipo, non ci sarà posto per il teppismo o il saccheggio.  Ho saputo di questi scioperi.  Non ho presentato un'immagine utopica.

In nessun caso posso essere coinvolto, indipendentemente dalla non-violenza, in uno sciopero universale e catturato dal potere.

Capitalismo e scioperi

Come dovrebbe comportarsi il capitale quando il lavoro sciopera?  Questo problema è nell'aria e attualmente riveste una grande importanza.  Un modo è quello chiamato o soprannominato “Americano”.  Consiste nell’astensione dal lavoro con la costrizione organizzata.  Tutti la considererebbero sbagliata e distruttiva.  Un altro modo, giusto ed onorevole, consiste nel considerare ogni sciopero nel suo merito e nel dare al lavoro il dovuto -- non quello che il capitale considera come dovuto, ma ciò che il lavoro stesso considera tale e che la pubblica opinione definisce come giusto ...  Mentre il tempo passa, il mondo del lavoro si fa sempre più insistente nelle sue richieste che aumentano quotidianamente e non esita a ricorrere alla violenza nel far applicare con impazienza quelle richieste.  Sono stati impiegati nuovi metodi per farle rispettare.  Gli operai non esitano a danneggiare la proprietà dei datori di lavoro, rompono i macchinari, molestano gli uomini e le donne anziani che non vorrebbero aderire allo sciopero e tengono lontani i crumiri con la forza. 

In queste circostanze, come dovrebbero comportarsi  i datori di lavoro?  ... Il mio consiglio ai datori di lavoro è quello di essere disposti a considerare gli operai come i proprietari reali delle aziende che essi immaginano di aver creato.  Dovrebbero inoltre considerare loro dovere formare gli impiegati con un addestramento adeguato che faccia saltar fuori l'intelligenza dormente che essi hanno e di buon grado promuovere ed accogliere favorevolmente il potenziale che questa unione degli operai dà loro.  Questo lavoro nobile non può essere fatto in un giorno dai datori di lavoro.  Nel frattempo, come dovrebbero affrontare la distruzione condotta dagli scioperanti alle loro aziende?  Senza alcuna esitazione, a tali datori di lavoro consiglio di fare, almeno una volta, un offerta agli scioperanti.  Lasceranno liberi i loro locali non mettendo il broncio ma considerando che è giusto e per mostrare la loro buona volontà, offriranno agli impiegati l'assistenza dei loro tecnici e di altro personale esperto.  I datori di lavoro troveranno che alla fine non avranno perso niente.  Effettivamente, la loro azione corretta disarmerà l'opposizione e guadagneranno il ringraziamento dei loro uomini.  Avranno fatto un uso adeguato del loro capitale.  Non la considererei un’azione benevola.  Sarebbe un uso intelligente da parte dei capitalisti delle proprie risorse e un trattamento onesto di stima degli impiegati i quali sarebbero convertiti in soci onorati.

 

Gli scioperi solidali

Ogni precipitazione prematura negli scioperi solidali deve ... essere indotta da un grandissimo danno alla nostra causa (questo perché presuppone l’allargamento della piattaforma rivendicativa con le richieste degli altri lavoratori con cui si sciopera in modo solidale e quindi un allungamento dei tempi, una maggiore complessità di negoziazione e così via n.d.t.).  Nel programma della non-violenza, dobbiamo escludere rigidamente l'idea di ottenere qualche cosa imbarazzando il Governo.  Se la nostra attività è pura e quella del Governo è impura, quest’ultima è imbarazzata dalla nostra purezza, se in se non diventa pura.  Quindi, un movimento di purificazione avvantaggia entrambe le parti, mentre un movimento di distruzione pura lascia il distruttore non purificato e lo porta allo stesso livello di quelli che cerca di distruggere.  Anche i nostri scioperi solidali devono essere scioperi di auto-purificazione, cioè, non-cooperativi.  E così, quando dichiariamo uno sciopero per riparare un torto, realmente cessiamo di partecipare al torto e così affidiamo chi lo ha fatto alle sue proprie responsabilità, cioè gli permettiamo di vedere la follia di perseverare nel suo intento sciagurato.  Un tale sciopero può avere successo soltanto quando dietro esso c’è una forte determinazione a non ritornare indietro ...  Uno sciopero può fallire nonostante una rimostranza giusta e la capacità degli scioperanti di resistere indefinitamente, se ci sono altri lavoratori per sostituirli.  Un uomo saggio, quindi, non sciopererà per aumentare gli stipendi o per ottenere altri benefici se ritiene che può essere sostituito facilmente.  Ma un filantropo o un patriota sciopererà nonostante l’aumento della richiesta, quando ritiene e desidera associarsi al suo vicino in difficoltà.  Inutile dire, che non c’è posto in uno sciopero civile, della natura da me descritta, per la violenza in forma di intimidazione o al contrario di incendio.

... Quello che potete chiedere circa i crumiri.  I crumiri purtroppo ci saranno sempre.  E vi inviterei a non combatterli, ma a pregare con loro, ditegli che la loro è una politica di corto respiro e che la vostra ha a cuore l'interesse del lavoro di tutti.  È probabile che non vi ascoltino.  In questo caso voi tollerateli, ma non combatteteli.

La ragione fondamentale per questa diffusione febbrile di sciopero è che la vita qui, come altrove, oggi è sradicata dalle sue basi, quelle religiose, e quello che un giornalista inglese ha chiamato “il nesso dei soldi” ha preso il suo posto.  Questo è un legame rischioso.  Ma anche quando le basi religiose ci sono, ci saranno comunque gli scioperi, perché è a malapena immaginabile che la religione diventi per tutti la base di vita.  Così, da una parte ci saranno i tentativi di sfruttamento, dall’altra, gli scioperi.  Ma questi scioperi allora, avranno un carattere puramente non-violento.  Tali scioperi non nuocciono mai ad alcuno.  Fu un tale sciopero forse che ha portato il Generale Smuts a dire: “se aveste danneggiato un solo inglese io vi avrei sparato ed avrei persino deportato la vostra gente.  Mentre vi ho messo in prigione ed ho provato a sottomettere voi e la vostra gente in ogni modo.  Ma quanto a lungo posso ancora seguire questa strada se voi vi vendicate?”  E così è dovuto venire a patti con dei “coolie” come tutti gli Indiani erano chiamati allora in Sud Africa.

 

 

Il timone della terra

 

 

Riconoscimento dei Ryot

Se la società indiana deve realizzare progressi reali seguendo linee pacifiche, ci deve essere un riconoscimento definitivo da parte delle classi ricche in quanto il ryot possiede la stessa loro anima e la ricchezza non rende superiori i ricchi ai poveri.  Devono considerare loro stessi come amministratori, proprio come fecero i nobili giapponesi, tenendo la loro ricchezza per il bene dei loro pupilli, i ryots.  Allora non prenderebbero nient'altro che un importo ragionevole come guadagno per il loro lavoro.  Attualmente, non c’è proporzione fra l’interamente inutile fasto e lo sperpero della classe ricca e lo squallido ambiente e lo stridente pauperismo dei ryot nel cui mezzo i contadini stanno vivendo....  Se soltanto la classe capitalista leggesse i segni dei tempi, e modificasse la sua nozione di Dio che ha dato giustamente a tutti quello che possediamo, nel più breve tempo possibile, … i villaggi potrebbero essere trasformati in residenze di pace, di salute e di comfort.  Sono convinto che il capitalista, se seguisse il Samurai Giappone, non avrebbe realmente niente da perdere e tutto da guadagnare.  Non c’è altra scelta se non quella da una parte della resa volontaria da parte del capitalista del superfluo e la conseguente acquisizione della felicità reale di tutti, e, dall’altra, l’impedire il caos in cui i milioni di ignoranti ed affamati immergeranno il paese se il capitalista non si renderà conto di essere ancora in tempo prima che questi si sveglino, e allora neppure le forze armate che un governo potente può mettere in campo sarà in grado di evitare.  Ho sperato che l'India volesse evitare il disastro.

Il sogno che desidero realizzare non è l’esproprio della proprietà privata, ma il contenimento del suo godimento in modo da evitare il pauperismo,  lo scontento conseguente ed il brutto e spaventoso contrasto che esiste oggi fra le vite e gli ambienti dei ricchi e dei poveri.  Questi ultimi devono essere in grado di sentirsi soci con i loro zamindar (padroni, datori di lavoro, latifondisti … il paragrafo sui Kisan spiega il significato della parola associandolo a “padrone assente” n.d.t.) e non i loro schiavi, che vadano a lavorare con buona volontà e che possano essere ripagati per tutti i generi di fatiche in tutte le occasioni immaginabili.

Vorrei impiegare i proprietari ed i capitalisti per il servizio alle masse.  Non dobbiamo sacrificare l'interesse delle masse ai capitalisti.  Non dobbiamo fare il loro gioco.  Dobbiamo fidarcene nella misura in cui sono capaci di cedere i loro guadagni al servizio delle masse.  Non sono sordi al più alto appello.  La mia continua esperienza suggerisce che una parola gentile proferita colpisce la loro intimità.  Se guadagniamo la loro fiducia e li mettiamo a loro agio, troveremo che non sono avversi a ripartire progressivamente le loro ricchezze con le masse.

Conversione dei Zamindar

Non desidero distruggere lo zamindar, ne ritengo che lo zamindar sia inevitabile … mi aspetto di convertire gli zamindar ed altri capitalisti con il metodo non-violento e, pertanto, credo non ci sia niente come un'inevitabile  conflitto di massa.  Seguire la linea della  minima resistenza  è una parte essenziale della non-violenza.  Nel momento in cui i coltivatori della terra realizzeranno di avere una grande forza, la malvagità dei zamindar sarà debellata.  Cosa possono fare i poveri zamindar quando dicono che semplicemente non lavoreranno la terra a meno che non siano abbastanza remunerati per dare da mangiare e vestire ed istruire loro stessi ed i loro bambini in maniera decente?  In realtà, il toiler (lavoratori? n.d.t.) è  proprietario di quello che produce.  Se i toiler si uniscono intelligentemente, diventeranno una forza irresistibile.  Questo è il motivo per cui non vedo la necessità di un conflitto di massa.  L’ho creduto inevitabile, non dovrei esitare a predicarlo ed insegnarlo.

Non voglio la forza di un Hitler, voglio la potenza di un contadino libero.  Ho provato a identificarmi con i contadini tutti questi anni, ma senza successo.  Quello, tuttavia, che oggi mi differenzia da un kisan (vedi oltre n.d.t.) è che un kisan è un lavoratore non per scelta ma per forza delle circostanze.  Voglio essere un kisan e un lavoratore per scelta e quando lo avrò reso sia un kisan che un lavoratore per scelta, potrò anche permettergli di spezzare le catene che lo mantengono nei limiti attuali e che lo costringono a fare offerte al padrone.

 

I Kisan

Il kisan o contadino, sia come lavoratore senza proprietà o proprietario lavorante, è una figura importante.  È il sale della terra che giustamente appartiene o dovrebbe appartenere a lui, non al proprietario assente: lo zamindar.  Ma, in senso non-violento, il lavoratore non può espellere con forza il proprietario assente.  Deve lavorare perché il suo sfruttamento diventi impossibile per il proprietario.  La più stretta collaborazione fra i contadini è necessaria assolutamente.  A questo scopo gli enti o i comitati d'organizzazione speciali dovrebbero essere formati dove non ce ne sono e quelli già in esistenti dovrebbero essere riformati ove necessario.  I kisan  sono per la maggior parte analfabeti.  Sia gli adulti che i giovani in età scolare dovrebbero essere istruiti.  E questo vale sia per gli uomini che per le donne.  Per i contadini senza terreni propri, gli stipendi dovrebbero essere portati ad un livello che assicuri una vita decente, in termini di alimentazione, abitazione e vestiti dignitosi, in modo da rispondere alle esigenze di salute.

 

Non-violenza, nessuna legislazione

Se la Swaraj è raggiunta con l’impegno di tutta la gente, come deve essere con la non-violenza, i kisan devono poter dire la loro  ed avere la voce più elevata.  Ma se non è così e c’è una specie di compromesso realizzato fra la gente ed il governo in base ad una concessione limitata, gli interessi dei lavoratori terrieri dovranno essere presi in considerazione.  Se la legislatura si rivela incapace di salvaguardare gli interessi dei Kisan, questi avranno naturalmente, sempre i rimedi sovrani della disobbedienza e della non-cooperazione civili.  Ma... ultimamente non c’è una legge scritta, ne ci sono parole coraggiose ne discorsi ardenti, ma solo la forza dell'organizzazione non-violenta, disciplina e sacrificio che costituisce il riferimento reale per la gente contro l’ingiustizia e l’oppressione.  Non ho dubbi che se otteniamo una Swaraj democratica, come deve essere se la libertà è acquisita con la non-violenza, i kisan devono metterci impegno in tutte le fasi comprendendo anche l’impegno politico.

Anni fa ho letto una poesia in cui il contadino è descritto come il padre del mondo.  Se Dio è la Provvidenza, il contadino è la Sua mano.  Cosa stiamo farcendo per ripagare il debito che abbiamo con lui?  Quanto a lungo abbiamo vissuto solo sul sudore della sua fronte. 

 

Scegliere prima il lavoro

Due strade sono oggi aperte  principalmente per l’India, introdurre il principio occidentale di "potere è dovere" o sostenere il principio orientale secondo cui solo la verità conquista, che la verità non conosce disgrazie, che il forte e il debole hanno lo stesso diritto di assicurare la giustizia.  La scelta deve cominciare con la classe lavoratrice.  Dovrebbero i lavoratori ottenere un incremento nei loro stipendi con la violenza, anche se questa è possibile?  Non possono ricorrere a qualche cosa come la violenza per quanto legittimi possano essere le loro rivendicazioni.  Usare la violenza per assicurare dei diritti può sembrare un percorso facile, ma a lungo termine risulta essere spinoso.  Coloro che vivono di spada muoiono di spada.  I nuotatori muoiono spesso annegati.  Guardate all’Europa.  Per uno che sembra essere felice, non ce ne uno che è soddisfatto.  Il lavoratore non si fida del capitalista ed il capitalista non ha fede nel lavoratore.  Entrambi fanno sfoggio di vigore e di resistenza, ma persino i tori lo fanno.  Combattono amaramente fino alla fine.  Tutto questo sfoggio non è progresso.  Non abbiamo ragione di ritenere che la gente europea stia progredendo.  Il loro possedere ricchezza non dimostra che possiedano qualità morali o spirituali.  Il re Duryodhana era un padrone di ricchezza indescrivibile, eppure era un povero rispetto a Vidura e Sudama.  Oggi il mondo adora Vidura e Sudama, mentre il nome del Duryodhana si ricorda solo per dire le cattive qualità che uno dovrebbe evitare....

La forza del lavoro

Nella lotta fra capitale e lavoro, può dirsi generalmente che, spesso, i capitalisti sono dalla parte sbagliata.  Ma quando il lavoro prende coscienza della propria forza, so che può diventare più tiranno del capitale.  I proprietari delle fabbriche dovranno lavorare secondo i termini dettati dal lavoro se quest’ultimo potesse comandare l'intelligenza dei primi.  È chiaro, tuttavia, che il lavoro non raggiungerà mai quell'intelligenza.  È così che il lavoro cesserà di essere lavoro e si trasformerà nel padrone.  I capitalisti non combattono solo con la forza dei soldi.  Possiedono intelligenza e tatto....  Una terza parte si è presentata fra queste due.  È diventata l'amica del lavoratore.  Si avverte l’esigenza di un tal partito.  Soltanto nella misura in cui questo partito avrà dimostrato amicizia per i lavoratori. 

È ora venuto il momento in cui saranno fatti tentativi di usare il lavoro come pegno in più di un senso.  L'occasione richiede l’interessamento di tutti coloro che partecipano alla politica.  Che cosa sceglieranno?  Il loro proprio interesse o il servizio verso il lavoro e la nazione?  Il lavoro è a un punto delicato, ha bisogno di amici.  Non può continuare senza un capo.  Qualsiasi specie di uomo sia questo capo, deciderà le condizioni di lavoro.  Scioperi, cessazione di lavoro e astensioni sono cose meravigliose senza dubbio, ma non è difficile abusarne.  I lavoratori dovrebbero organizzarsi in forti sindacati e per nessun motivo dovrebbero scioperare senza il consenso di questi sindacati.  Gli scioperi non dovrebbero essere rischiati senza prima aver trattato con i proprietari delle fabbriche.  Se i proprietari delle fabbriche ricorrono all’arbitrato, il principio di Panchayat dovrebbe essere accettato.  Ed una volta che l’arbitro è nominato, la sua decisione deve essere accettata egualmente da entrambe le parti, che gradiscano oppure no.

 

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