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     Vasco Rossi - La nostra relazione

Martin Luther King Jr.

L’assassinio  (4 Aprile 1968)

“Abbiamo giorni difficili davanti a noi” disse Martin Luther King ad una folla straripante a Menphis, nel Tennessee, dove i lavoratori della sanità stavano lottando. “Ma realmente ora questo non mi preoccupa, perché sono stato sulla cima della montagna”. King spiegò: “Ho visto la terra promessa. Non posso venire lì con voi. Ma voglio che voi questa notte sappiate che noi, come popolo, avremo la terra promessa.”

Il giorno successivo, il 4 aprile del 1968, un colpo di fucile colpì King mentre stava fuori sul balcone di una stanza al secondo piano del Lorraine Motel. Ralph Albernathy, un membro della Southern Christian Leadership Conference (SCLC) accorse sul balcone e resse fra le braccia la testa dell’amico finchè non arrivarono i soccorsi che lo trasportarono al St. Joseph's Hospital. I dottori ne dichiararono il decesso alle 19 e 05 di quel pomeriggio.

La notizia dell’assassinio si diffuse per tutta la nazione ed il mondo. La violenza razziale scoppiò in più di 125 città attraversando 28 stati e la stessa Washington D.C. Il presidente Lyndon Johnson inviò 20.000 uomini delle truppe regolari e 24.000 della Guardia Nazionale in varie città e molte di queste furono soggette a coprifuoco. Fino al 23 aprile morirono quarantasei persone, 2.600 furono i feriti e più di 21.000 gli arresti la maggior parte dei quali per saccheggio. Le compagnie di assicurazione rifusero 67 milioni di dollari per i diffusi danni causati alle proprietà.

I capi neri militanti incoraggiarono la vendetta. Il “Potere Nero” propugnato da Stokely Carmichael scatenò una battaglia violenta, mentre il responsabile esecutivo del NAACP Roy Wilkins si oppose dicendo che King sarebbe stato “oltraggiato” dai disordini e “che milioni di negri in questo paese” erano contrari alla violenza. Wilkins quindi annunciò una campagna nazionale contro la violenza razziale enfatizzando la necessità di lavoro per i disoccupati e migliori relazioni nella comunità.

Il presidente Johnson chiamò all’unità. “Non raggiungeremo nulla senza giustizia e divisione tra la gente d’America.” Stabilì un giorno di lutto. Cerimonie e commemorazioni furono tenute per tutto il paese. Tutte le biblioteche, i musei, numerosi porti, scuole pubbliche, negozi e mercati azionari chiusero. Molti eventi sportivi, la cerimonia di consegna degli Oscar Hollywoodiani e la campagna per la nomina presidenziale furono post posti. Il presidente Johnsons chiese la convocazione di una sessione congiunta del Congresso per discutere una risposta positiva a quegli eventi ma senza che l’incontro avesse luogo.

L’8 aprile, il reverendo Ralph Albernathy scelse di succedere a King come presidente del SCLC, condusse la marcia di 42.000 persone, fra cui la vedova di King, Coretta Scott, ed altri membri della famiglia, per onorare King e dare supporto ai lavoratori di Memphis. Otto giorni più tardi la città ed i lavoratori raggiunsero un accordo dopo 65 giorni di lotta.

Il 9 aprile si tenne il funerale di King ad Atlanta nella chiesa Battista di Ebenezer dove King aveva servito come pastore e come co-pastore con suo padre e fratello. Alla cerimonia presero parte molti dei politici e capi dei diritti civili, compresa Jacqueline Kennedy, il vice presidente Hubert Humphrey, il capo della Corte Suprema di Giustizia Americana Thurgood Marshall, numerosi senatori, tutti i collaboratori del presidente, ed il vice segretario delle Nazioni Unite Ralph Bunche.

Più tardi, due muli della Georgia tirarono la bara di King per 3,5 miglia attraverso le strade di Atlanta. Più di 100.000 amici la seguirono. Il corpo di King fu interrato nel cimitero di Cemetery dopo il funerale tenuto alla Morehouse College dove King aveva studiato venti anni prima.

Il presidente della Former Morehouse, Benjamin Mays, fece l’elogio funebre di King. Nella sua chiusura condivise la visione di King della morte. “Se la morte fisica era il prezzo che doveva pagare per liberare l’America dal pregiudizio e dall’ingiustizia, non c’era nulla che potesse redimere di più.”

A seguito di una caccia all’uomo internazionale, il segregazionista bianco James Earl Ray fu arrestato l’8 giugno a Londra e più tardi estradato negli Stati Uniti. Alla domanda di grazia, i giudici del Tennessee acconsentirono, nel marzo del 1969, a rinunciare alla pena di morte qualora Ray avesse promesso di dichiararsi colpevole dell’accusa di assassinio. Le circostanze che circondarono questa decisione furono più tardi messe in discussione, poiché Ray ritrattò la sua confessione subito dopo essere stato condannato a 99 anni di carcere dichiarando che il suo avvocato non lo aveva rappresentato adeguatamente. Ray non ebbe successo nei suoi tentativi successivi di ritrattare le sue convinzioni e subì un nuovo processo.

Dopo aver ritrattato la sua dichiarazione di colpevolezza, Ray fu coerente nel gestire la sua innocenza, dichiarando nelle sue memorie del 1992 che era stato incastrato. Nel 1997 i membri della famiglia King sostennero pubblicamente l’appello di Ray per un nuovo processo, ed il figlio di King, Dexter Scott King, proclamò l’innocenza di Ray. Nondimeno le autorità del Tennessee rifiutarono di riaprire il case, e Ray morì in prigione il 23 aprile 1998. Anche dopo la morte di Ray, l’ipotesi della cospirazione continuò a circolare.

 

RIFERIMENTI

William F. Pepper, Orders to Kill: The Truth behind the Murder of Martin Luther King (New York: Carroll & Graf Publishers, Inc., 1995)

Gerald L. Posner, Killing the Dream: James Earl Ray and the Assassination of Martin Luther King, Jr. (New York: Random House, 1998)

James Earl Ray, Who Killed Martin Luther King, Jr.? The True Story by the Alleged Assassin, 2nd ed. (New York: Marlowe and Company, 1997)

United States Department of Justice, Investigation of Recent Allegations Regarding the Assassination of Dr. Martin Luther King, Jr. (Washington, D.C.: Government Printing Office, June 2000)

 

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