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Nelson Mandela                                       
 

 

Nelson Mandela Nelson Mandela nasce il 18 luglio 1918 a Mvezo quando si erano da poco spenti gli echi della Prima Guerra Mondiale. Il padre, Gadla Henry Mphakanyiswa, era il capo del villaggio situato a 1200 chilometri a est di Città del Capo, 800 chilometri a sud di Johannesburg ed era parte della nazione Xhosa.

E’ il simbolo del Sud Africa e tutta la sua vita è improntata alla lotta contro l’apartheid ed alla conquista della libertà per il suo popolo; la più alta testimonianza dell’impegno politico e sociale di Mandela la ritroviamo nel discorso pronunciato di fronte ai giudici del tribunale, in seguito al suo secondo arresto, prima che questi pronunciassero il loro verdetto: "Sono pronto a pagare la pena anche se so quanto triste e disperata sia la situazione per un africano in un carcere di questo paese. Sono stato in queste prigioni e so quanto forte sia la discriminazione, anche dietro le mura di una prigione, contro gli africani...In ogni caso queste considerazioni non distoglieranno me né altri come me dal sentiero che ho intrapreso. Per gli uomini, la libertà nella propria terra è l'apice delle proprie aspirazioni. Niente può distogliere loro da questa meta. Più potente della paura per l’inumana vita della prigione è la rabbia per le terribili condizioni nelle quali il mio popolo è soggetto fuori dalle prigioni, in questo paese...non ho dubbi che i posteri si pronunceranno per la mia innocenza e che i criminali che dovrebbero essere portati di fronte a questa corte sono i membri del governo".

E scusate se è poco … al posto suo avrei detto (sicuro di avere molti seguaci!) "io speriamo che me la cavo"!. Qui, invece, pur non sottovalutando l’aspetto di coerenza esemplare, quello che colpisce in quest’uomo è sicuramente la sua statura morale e la convinzione di vivere la propria vita in favore degli altri. Questo è veramente sconvolgente oggigiorno: donare se stessi per gli altri, profondere il proprio impegno per far sentire la libertà come bene universale per cui vale la pena di lottare e sopportare la dura vita del carcere; non c’è ricorsa alla violenza ed alle armi ma la contrapposizione della propria statura intellettuale e morale alla stupidità del potere. Certo, perché quando il potere ricorre ai "mezzi forti", dimostra solo la sua fragilità e l’incapacità a sostenere il confronto con chi è al di là della

manifesto elettorale

barricata, nella consapevolezza di avere come obiettivo il tornaconto di pochi e nell’incoscienza della propria pochezza morale (o se preferite imbecillità!).

L'intelligenza non è la capacità di cautelarsi ma uno stile di relazione

L’intelligenza, infatti, non è la capacità di "trovare il modo di fregare gli altri" o quella di "non farsi fregare" (questa possiamo definirla con un eufemismo capacità di cautelalarsi); è piuttosto uno stile di relazione: da un lato la comprensione dei limiti altrui, al fine di renderli evidenti in modo da superarli, dall’altra la volontà a tendere la mano verso chi ha più bisogno di noi.

Ed in questo senso Nelson Mandela dimostra una intelligenza ed una disponibilità incredibili: è qui la sua grandezza. Poi viene la politica e tutto il resto; questi sono solo strumenti utilizzati per rendere pratica la necessità di superare i limiti di un modello oppressivo e razzista con la convinzione che tale modello, nasconda le preoccupazioni di qualcuno a conservare il suo status. Mandela non spaventò mai il nemico con minacciosi discorsi vendicativi né tantomeno inneggiando alla violenza ed in questo suo atteggiamento, l’assonanza con Gandhi è evidente. Spiegò, infatti, il perché della disobbedienza civile e degli scioperi conservando il dialogo con il governo ed avrebbe accettato anche un graduale ingresso dei neri nelle istituzioni, in modo da salvaguardare le conquiste e i diritti della comunità bianca e, come lui stesso scrive nella sua autobiografia: è necessario

" … liberare sia gli oppressi che l'oppressore (anche se, come scrive in Gandhi by Nelson MandelaGandhi rimane il sostenitore della nonviolenza; ho seguito la strategia Gandhiana più a lungo che ho potuto, ma comunque si arriva al punto in cui la forza bruta dell'oppressore  non può più essere contrastata dalla sola resistenza passiva - che è come dire quando è troppo è troppo!)… Non abbiamo ancora compiuto l'ultimo passo del nostro viaggio, ma il primo di un lungo e anche più difficile cammino. autobiografia

Dal sito Anc

Per essere liberi non basta rompere le catene, ma vivere in un modo che rispetti e accresca la libertà degli altri… Ma ho scoperto il segreto: che dopo aver scalato una collina, si capisce che ce ne sono ancora molte altre da scalare …" e per questo "… posso riposare solo per un momento… e mi preoccupo di non indugiare, perché il mio lungo cammino non è ancora finito."

 

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