| |
Biografia di Lev Nikolaevic Tolstoj
|
Lev Nikolaevic Tolstoj (1828-1910), scrittore fra i
più grandi della letteratura russa dell’Ottocento.
Nacque a Jasnaja Poljana, nel governatorato di Tula - Russia centrale, il 28
agosto 1828, da una famiglia di antica nobiltà terriera. Rimasto orfano
della madre a due anni e del padre a nove, insieme ai fratelli venne
affidato alle cure di alcune zie paterne. Le ricchezze di cui godeva la
famiglia, gli consentirono un’ottima educazione, ma non colmarono il vuoto
lasciato dalla mancanza dei genitori e del loro affetto.
Nel 1844 si iscrisse all’Università di Kazan’, prima per studiare lingue
orientali, poi per frequentare la facoltà di giurisprudenza. Nel corso di
questi anni Tolstoj condusse una vita disordinata, con l’animo profondamente
irrequieto. Tuttavia si dedicò con particolare interesse alla filosofia,
all’arte e alla lettura di alcuni grandi scrittori (J.J. Rousseau, A.Puškin,
N.Gogol’, L.Sterne).
Nel 1850 interruppe gli studi e ritornò nella sua tenuta di Jasnaja Poljana,
dove cercò di migliorare le condizioni di vita dei contadini, costretti ad
un’esistenza misera e ad un lavoro duro, e dove continuò ad approfondire la
propria cultura. |
Nel 1851 raggiunse un fratello in guerra nel Caucaso, prima
come volontario, poi come ufficiale di artiglieria. In questo periodo iniziò la
sua attività letteraria. Scrisse alcuni racconti ed una prima opera
autobiografica, intitolata “Infanzia” (1852), seguita da altre due opere:
“Adolescenza” (1854), e “Giovinezza” (1856). In questa trilogia autobiografica
Tolstoj, tracciando con rigore il processo di crescita comune ad ogni giovane
del suo tempo, si rivelò già scrittore maturo.
Nel 1853, scoppiata la guerra russo-turca, Tolstoj ottenne di essere trasferito
sul fronte di Sebastopoli. Le battaglie violente in Crimea, le esperienze
quotidiane, la difesa di Sebastopoli, gli ispirarono “I racconti di Sebastopoli”
(1855-1856) i quali, pubblicati con molte difficoltà di censura, suscitarono
ampie polemiche per le descrizioni sulla realtà crudele della guerra. Di questo
periodo fanno parte altri racconti di guerra: “Il taglio del bosco” (1855), “La
tempesta di neve” (1856), “I due ussari”(1856), “I Cosacchi” (1858).
Lasciato l’esercito, Tolstoj partì per l’Occidente, dove, nel corso di un breve
soggiorno, arricchì la sua conoscenza della narrativa inglese e francese
contemporanea. Successivamente, in un secondo viaggio che lo portò in Francia,
Svizzera, Italia e Germania, visitò diverse scuole elementari per approfondire
teorie e metodi pedagogici.
Rientrato nella tenuta di Jasnaja Poljana, si dedicò ai problemi inerenti la
gestione delle sue proprietà, ma in particolare volle dedicarsi all’istruzione
dei figli dei contadini nella scuola da lui stesso fondata. In quegli anni
elaborò una serie di nuovi principi pedagogici trattati nell’ambito di due
importanti lavori: “Sull’importanza dell’istruzione popolare” (1862) e “I
quattro libri di lettura” (1873). Nel contempo, sempre partecipe dei problemi
esistenti fra contadini e proprietari, si impegnò fortemente con l’intento di
abolire la servitù della gleba, ma ancora una volta i suoi sforzi fallirono.
Nel 1862 sposò Sofja Bers, e da lei ebbe tredici figli (di cui cinque morti in
giovanissima età).
La vita famigliare era una tranquilla, e gli permise di dedicarsi con più
serenità alla scrittura.
Nacquero così i suoi due più grandi capolavori: “Guerra e pace” (1863-1869),
ambientato durate gli avvenimenti storici dei primi anni del XIX sec. fino alla
campagna napoleonica di Russia, e “Anna Karenina” (1873-77), una grande storia
d’amore in cui la protagonista, travolta dalla passione, giungerà ad una tragica
fine. Queste due opere consacrarono la sua fama nel mondo, soprattutto per i
contenuti morali.
Terminato questo periodo di intensissimo lavoro, Tolstoj entrò in una grave
crisi esistenziale e spirituale. I suoi valori e i suoi ideali non trovavano
riscontro nella società in cui viveva, che gli appariva sempre più egoista,
fatua ed ingiusta.
Le inconciliabili divisioni tra il mondo dei proprietari e quello dei contadini,
la condizione economica e sociale del popolo russo, gli stessi problemi
religiosi, gli provocarono un un senso rifiuto e di amarezza, accompagnati da
tormento interiore, che egli cercò di mitigare dedicandosi alla scrittura di
testi di carattere morale e religioso.
Di questo periodo sono le seguenti opere; “Confessioni” (1879-80), “Saggio di
teologia dogmatica” (1879-80), “In che cosa consiste la mia fede” (1882-84) ed
una traduzione dei Vangeli (1880-81).
La lettura dei Vangeli gli fece prendere coscienza di due principi importanti:
l’amore per gli uomini e per tutti coloro che, oppressi, soffrono ingiustamente,
e il rifiuto di ogni forma di violenza.
Coerentemente con questi due principi, Tolstoj rinunciò ad ogni privilegio,
dedicandosi per un lungo periodo al lavoro manuale. Egli intravvide, nel
recupero della dimensione e dei valori popolari, la base della pace spirituale e
sociale. Nacque così il tolstoismo, che ebbe una risonanza universale.
La sua casa nella tenuta di Jasnaja Poljana divenne meta di pellegrinaggio
ininterrotto di scrittori, scienziati, politici, religiosi, gente comune e
giovani provenienti da ogni parte del mondo. Ma le teorie divulgate attraverso
saggi e trattati, le cui spese di pubblicazione venivano sostenute dallo stesso
Tolstoj, vennero ritenute dannose dal sinodo della chiesa ortodossa, che nel
1901 decise di scomunicarlo.
Una decisione che accrebbe ancora di più la fama mondiale di cui Tolstoj già
godeva.
La diffusione di questa sua nuova fede venne ostacolata anche dalla censura
zarista, che però non osò toccare Tolstoj: lo scrittore era già celebre a
livello internazionale.
Nei suoi scritti la ricerca morale si intreccia con atti
di accusa appassionata contro l’ineguaglianza sociale, e contro i metodi
disumani della polizia.
Fra le sue opere più rinomate queste ricordiamo: “Di che vivono gli uomini”
“ (1881); ”La morte di Ivan Il’ic” (1886); “La potenza delle tenebre”
(1886); “La sonata a Kreutzer” (1889); “Padrone e servo” (1894-95); “Ilijas”
(1885).
Nel 1897 portò a termine un saggio che suscitò vivacissime polemiche; “Che
cos’è l’arte”. In quest’opera, egli sostenne che il valore di un’artista
deve misurarsi sulla capacità di raggiungere ogni ceto sociale, e l’arte,
che non può essere tale senza profondi principi morali, non deve essere
destinata ad una cerchia di lettori privilegiati. |
|
Nel 1899 venne pubblicato un altro suo grande capolavoro,
“Resurrezione”, un romanzo di vita sociale che racconta il sofferto percorso di
redenzione morale di un uomo in preda al rimorso. Di questo capolavoro Tolstoj
offrì i diritti d’autore ai seguaci di alcune comunità perseguitate, per
consentire loro di emigrare in Canada.
Nell’ultimo decennio della sua vita, instancabilmente Tolstoj scrisse altre
opere: “Padre Sergio” (1890-98), “Chadzi-Murat “ (1896-1904), “Il cadavere
vivente” (1900), “La cedola falsa” (1902-1904), “Dopo il ballo” (1903), ”Fëdor
Kuz’nic” (1905); e su questioni politiche scrisse: “I frutti dell’istruzione”
(1889), “Ha bisogno di molta terra l’uomo?” (1904), “La schiavitù del nostro
tempo” (1900), “Divino e umano” (1905), ”Chi sono gli assassini” (1908-09), “Non
posso tacere” (1908).
Nell’animo di Tolstoj, mentre cresceva l’avversione per la
società, per il mondo ingiusto in cui viveva, prendeva posto anche un doloroso
conflitto famigliare: la sua idea di rinunciare ai diritti d’autore per
consentire ai contadini di riscattare la terra, il suo desiderio di non ricevere
risorse e vantaggi dalla sua professione, gli crearono forti dissidi con la
moglie che desiderava tutelare gli interessi economici personali e dei figli.
Tolstoj sentì così ancora più profondamente il divario fra i grandi ideali e la
difficoltà di tradurli nella vita quotidiana. Vecchio e amareggiato dal
comportamento della moglie, decise di abbandonare la vita coniugale e di rompere
con un’esistenza che contraddiceva i suoi principi.
Il 28 ottobre 1910 Tolstoj lasciò la sua casa, accompagnato dalla figlia
Aleksàndra. Fino al 31 ottobre rimase presso un monastero. Infine, già ammalato,
volle prendere il treno alla stazione di Astapovo - Rjazan’, ma un forte attacco
di polmonite lo costrinse a scendere e a trovare ospitalità presso la casa del
capostazione, dove morì il 7 novembre 1910. Aveva 82 anni.
I suoi funerali ebbero un’intensa partecipazione popolare.
Fra i grandi scrittori che interpretarono lo spirito russo,
Tolstoj fu uno dei più rappresentativi. In questo senso egli fu il punto di
arrivo di tutta la grande tradizione realistica russa a partire da Puškin.
|
La potenza dell’espressione e il suo realismo, originale
e spontaneo, nacquero dall’esigenza di esprimere con chiarezza le emozioni e
le motivazioni interiori di un vasto mondo di personaggi appartenenti ad
ogni classe sociale, senza pregiudizi.
Egli non solo si distinse dai precedenti narratori del suo paese, ma anche
dai maggiori rappresentanti della letteratura realista europea. La grandezza
delle sue opere nasce soprattutto dalla capacità di analisi dei personaggi e
da arte contemplativa e strutturativa di un’immenso mondo sociale.
Il suo spirito è ben rappresentato dalle costanti denuncie che egli fece
contro l’ingiustizia e lo sfruttamento dei più deboli, veri e propri atti di
accusa che lo portarono, durante tutto il corso della sua vita, a cercare di
elevare moralmente i singoli, per far conquistare loro un nuovo spirito di
fraternità.
Tolstoj si sforzò di realizzare quanto predicava, ma l’utopia si scontrò con
la realtà. Tolstoj, figura carismatica dell’Ottocento, è pertanto ricordato
non solo per le sue doti di narratore, ma anche come uno dei più intensi e
sofferti critici morali della storia. |
|