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Le opere di Lev Nikolaevic Tolstoj
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Riportiamo qui le sintesi di commento per ogni opera di
Tolstoj reperita nel web. Invitiamo chi fosse interessato all'acquisto delle
opere a contattare i siti che promuovono la loro commercializzazione :
(p.e.:
http://www.liberonweb.com/rizzoli/bur_tolstoj.asp) in
questa sede ci si limita a segnalare la produzione letteraria dell'illustre
personaggio senza alcuna pretesa di completezza o di escusività. Ricordiamo
che il nostro sito non persegue alcuno scopo di lucro. |
Dopo il grande successo avuto
con "Anna Karenina", Tolstoj at traversò un periodo di crisi spirituale. Nella
prima metà degli anni '80 si dedicò a opere di carattere morale e religioso,
volte a chiarire a sé stesso le radici del proprio tormento: "Confessione "
(1879-1880), "In che cosa consiste la mia fede" (1882- 1884), "Saggio di
teologia dogmatica" (1879-1880), e la traduzione dei "Vangeli" (1880-1881).
Alcune di queste opere furono considerate dannose dalla censura ecclesiastica.
Essa riuscì a vietare la rappresentazione del dramma "La potenza delle tenebre"
che fu rappresentato solo all'estero. Nel 1901 il sinodo della chiesa ortodossa
lo scomunicò. Delineò in quegli anni alcune idee che ebbero sotterranea ma vasta
influenza: le teorie della non resistenza al male, che at tirò il giovane Gandhi
(di cui esiste una corrispondenza sull'argomento con Tolstoj), del rifiuto di
ogni forma di violenza, del l'aiuto a chi soffre ingiustamente: i contadini
oppressi, le vittime di carestie, i seguaci di sette perseguitati come i
molochany e i duchobory, alla cui emigrazione in Canada collaborò offrendo i
diritti d'autore di "Resurrezione" ecc.
Importanti, oltre ai romanzi e
racconti, gli scritti sull'arte. Tolstoj si rivela qui un moralista militante,
rifiuta con orrore l'idea dell'arte per l'arte, trova Shakespeare
insopportabile, barocco crudele e inverosimile. Svaluta l'arte in quanto "copia
di una copia" in nome della serietà della vita. Condanna l'arte dei ceti
dominanti, dei ricchi e dei colti in nome del cristianesimo evangelico e per
conto dei poveri, offesi e derisi da svaghi fatui e astrusi, dei quali non
possono godere ma per i quali sono tenuti a versare sudore e sangue.
Nel 1897 portò a termine un saggio, destinato a suscitare polemiche accese, in
cui raccolse le proprie idee sull'arte: in Che cos'è l'arte sostenne che il
valore di un artista si misura sulla maggiore o minore rispondenza al sentimento
e alla coscienza religiosa del suo tempo e di tutto il suo popolo e non di un
ristretto gruppo di privilegiati o eletti. Se l'arte non è accessi bile e
comprensibile agli uomini più semplici, non è arte ma strumento di corruzione e
sintomo di decadenza.
Dopo "Guerra e pace" fu Anna Karenina (1873-1877). Il romanzo nacque come
storia di un adulterio, consumato nell'ambito dell'alta società. Anna è
moglie del noioso e rigido avvocato Ka renin, si innamora del bell'ufficiale
Vronskij. Il marito le im pone il rispetto delle formalità sociali, ma Anna
rimane incinta e va a vivere con l'amante in Italia, con un gesto ribelle
alle convenzioni che crea scandalo. La società pietroburghese mette al bando
l'adultera, il marito non le concede il divorzio e le impedisce di vedere il
figlio nato dal loro matrimonio. Divorata da una passione senza sollievo, da
una gelosia ingiustificata, ban dita dal proprio ambiente, Anna si suicida
sotto un treno metten do così sotto accusa l'atteggiamento gretto,
conformista, purita- no della società del tempo, che troppo facilmente
condanna e re spinge chi non si adegua ai suoi rigidi canoni. Significativo
il personaggio di Levin, il proprietario dedito alla conduzione delle
proprie terre: egli è alla costante ricerca di una via spirituale su cui
costruire la propria vita, una vita familiare serena e austera con la moglie
Kitty lontano dalle fa tue beghe della società moscovita. E la trova nelle
parole di un vecchio contadino che lo spinge, proprio come Pierre in "Guerra
e pace", a trovare il bene nella comunione di vita e di fatiche con il
popolo, un rinnovamento interiore di tipo evangelico.
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La prima parte del romanzo Guerra e pace fu completata da Tolstoj nel 1863,
l'ultima nel 1869. Sette anni di lavoro. Partito dal progetto di narrare la
rivolta dei decrabisti del 1825, spostò poi il suo interesse sul periodo
1803-1813, dove secondo Tol stoj si erano condensati i problemi sociali e
politici dei decenni successivi. Il romanzo è delimitato da due date: il
1805 anno della prima sfortunata campagna contro Napoleone, chiusa dalla
sconfitta di Austerlitz, e il 1812 anno della travolgente guerra patria che
vide insorgere tutto il popolo russo in difesa della propria terra. Sullo
sfondo delle due campagne si intrecciano le vicende dei membri di due
famiglie dell'alta nobiltà, i Bolkonskij e i Rostov, portatori di valori
genuini, contrapposti al corrotto clan dei Kuragin, depravati e disonesti.
Tre i protagonisti: Natascia Rostova, creatura forte e purissima, di
straordinaria poesia, simbolo dell' «armonia del mondo» che l'autore
inseguiva. Accanto a lei due figure maschili di grande moralità: il principe
Andrej Bolkonskij che, in polemica con la fatua società pietroburghese,
affronta l'esperienza della guerra, la prigionia, l'infelice amore per
Natascia, raggiungendo con la morte una purificazione spirituale nella fede
cristiana. Dopo tutte le vicende raccontate in modo magistrale, nuove
famiglie sono mostrate nell'epilogo nel 1820: i protagonisti sono
invecchiati. Natascia assorbita nei suoi compiti di moglie e madre ha perso
molto del fascino poetico di un tempo. Marja e Pierre sono i personaggi
spiritualmente più forti. Simbolo delle generazioni future, fa una breve e
significativa apparizione Nikolen'ka, il figlio del principe Andrej. Nel
romanzo, Tolstoj condensò il suo pensiero sulla storia, fatta non dai grandi
condottieri ma dalla volontà delle masse, dal loro slancio e dalle loro
segrete convinzioni, di cui i capi sono solo interpreti più (Kutuzov) o meno
(Napoléon) attenti.
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Tu hai riflettuto, hai riflettuto tanto, ma mi hai amato poco" dice Masa a
Sergej, nella scena finale del romanzo: la felicità di un tempo è tramontata
per sempre. C'è un nuovo, più assennato, calmo, costruttivo sentimento, ci
sono i figli, la casa, la balia, il tè, l'ordine: ma è questa la felicità?
Il tema delle incomprensioni, dei difficili equilibri di coppia, dei
rapporti che mutano - dalla piena sintonia ai malintesi, agli equivoci, alle
incrinature è stato affrontato da Tolstoj in molte opere, da "Guerra e pace"
a "Anna Karenina". Qui l'autore lascia aperta la questione, quasi volesse
lasciare al lettore la risposta, o forse la ricerca di una risposta.
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Il lungo racconto "Il diavolo", composto nel 1889, venne pubblicato postumo un
anno dopo la morte di Tolstoj, avvenuta nel 1910, seguendo dunque la stessa
sorte di "Padre Sergio", un altro dei suoi racconti che per non pochi aspetti a
questo si avvicina. "Il diavolo" infatti è, anche qui, la tentazione dei sensi:
tema fondamentale nell'arte di Tolstoj, che si trova sviluppato in numerose sue
opere e in particolare anche in un altro famosissimo racconto lungo, "La sonata
a Kreutzer", pubblicato proprio nel 1889.
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“La confessione" descrive compiutamente la crisi spirituale che caratterizza
gli ultimi anni della vita di Lev Tolstoj. Abbandonata la vita più mondana,
l'autore si ritira nella villa di Jasnaja Poljana, si dedica a lavorare la
terra, predica la non violenza. La rivoluzione, il cambiamento del mondo - è
l'insegnamento attualissimo di Tolstoj - non può che avvenire per mezzo del
lavoro manuale e individuale. Le rivoluzioni delle parole e dei proclami non
sono che inganni.
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Ideato e scritto fra il 1890 e il 1898, "Padre Sergio" fu pubblicato
soltanto nel 1911, nel secondo volume delle "Opere artistiche postume di Lev
N. Tolstoj", curate dal Certkòv. Tutto incentrato sulla figura del
protagonista, il principe Stjepàn Kasatskij, che di colpo decide di
abbandonare il mondo per farsi monaco e poi eremita, il racconto svolge con
arte possente e mirabile il suo tortuoso itinerario verso Dio; la
sensualità, il dubbio, la vanità di un 'grande peccatore' sconvolto
dall'ansia della perfezione, che solo nell'amore operante per il prossimo
troverà la forza per convertire la falsa gloria di una 'santità' mondana ben
riconoscibile e gratificante nel dramma profondo della propria fede e della
propria difficile vocazione.
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L'inquietudine e la ricerca morale di Tolstoj ebbero riflessi in una serie
di racconti di assoluta perfezione stilistica e contenutistica. Così La
morte di Ivan Il'jc (1887-1889) ha per tema il senso che l'uomo cerca di
dare alla propria vita attraverso l'esperienza della morte imminente. Ivan
Iljìc Golovin, consigliere di Corte d'Appello nella capitale, ha una vita
soddisfacente, una carriera perfettamente riuscita alle spalle, una vita
sociale brillante, una moglie attraente, due figli giudiziosi. Ottenuta da
poco la promozione desiderata, trasferendosi dalla provincia a Pietroburgo,
arreda con gusto il nuovo appartamento quando, sistemando una tenda, cade da
uno sgabello e prende un colpo al fianco. Il dolore provocato dalla caduta,
prima quasi inavvertito, diventa costante. Le visite ai luminari della
medicina, i farmaci di ogni tipo, non portano a nessun miglioramento.
Affiora alla coscienza la possibilità di una prossima morte. Il pensiero lo
terrorizza, lo esaspera, tutto lo irrita, sente la falsità di coloro che
sono sani verso lui malato, capisce di essere di peso ai familiari. L'unica
persona che lo tollera accanto a sé è Gerasim, un giovane servo che lo
assiste e lo aiuta con semplicità sincera, affetto autentico, mentre il male
si fa sempre più devastante e lo porta all'immobilità. Nelle lunghe ore di
meditazione con il pensiero della morte, Ivan Iljìc si accorge che la sua
vita non è come avrebbe voluto, tutto è falso, nella carriera come nella
vita familiare. Manca un principio, una ragione profonda. Nell'agonia gli si
affaccia un pensiero consolante: liberare gli altri, prima che sé stesso,
dalla sofferenza. Improvvisamente una gran luce si accende dentro di lui, e
muore sereno.
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La sonata a Kreutzer (1889-1890) contro l'educazione sessuale nella società
moderna. Protagonista è Pozdnysev che racconta in treno a un compagno di
viaggio come ha ucciso la moglie per gelosia. Il suo discorso è una
requisitoria spietata al concetto cor rente di matrimonio nel ceto
benestante, una prostituzione legalizzata condita di falsi romanticismi, che
porta all'insofferenza reciproca. Incontrata una bella ragazza di famiglia
agiata, ha scambiato per amore quello che era solo sensualità. Complici il
chiaro di luna e un abito provocante, si è dichiarato e sposato. Nonostante
i cinque figli, non li lega niente, tranne i sensi. Quando la moglie su
consiglio dei medici rinuncia a avere altri figli, per Pozdnysev è la
tortura: vede la moglie imbellita e gaia senza quello che egli considera
l'unico rimedio alla civetteria, le ripetute gravidanze. Pozdnysev presenta
alla moglie Truchacevskij, mezzo uomo di mondo e mezzo artista: è la rovina
per la coppia. Pozdnysev nota una spontanea intesa tra i due, crede di
intuire nella moglie vaghi rimpianti per le sue illusioni sull'amore, quale
le avevano insegnato che fosse. Raggiunge l'arbitraria certezza di essere
tradito dopo una serata in cui Truchacevskij, dilettante di talento, esegue
al violino la "Sonata a Kreutzer" di Beethoven, affascinando sia lui che la
moglie. Uccide a coltellate la moglie. Nemmeno quando la vede in agonia
Pozdnysev dubita del proprio buon diritto, e anzi quasi si aspetta che sia
lei che debba chiedergli perdono. Solo qualche giorno dopo riuscirà a
considerare con lucidità la catena di errori che l'ha portato al delitto.
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Dalla storia, pietosa ed edificante, narratagli da un amico giurista, il più
che settantenne Tolstoj trae lo spunto per un romanzo di grande respiro,
"illuminato con il modo odierno di veder le cose", per usare le sue medesime
parole. Alla vicenda di Katjuscia e Nechijudov, con la loro finale
"resurrezione" a una nuova vita, di cui la dignità e la coscienza di sé sono
i pilastri, ben s'affianca, e anzi fa da protagonista, quella folla di
personaggi "umiliati e offesi" che scatenò gli entusiasmi di un critico
illustre come Óechov.
Ultimo romanzo scritto da Tolstoj fu Resurrezione
(1889-1899). Il protagonista, il principe Dmitrij Ivanovic Nechljudov, è
giurato al processo dove viene condannata la donna da lui un tempo sedotta,
la prostituta imputata di omicidio Katjuscia Maslova: lei era la ragazza,
mezzo cameriera mezzo figlia adottiva delle sue zie, conosciuta dieci anni
prima. Nechljudov è un tipo in quieto, si rende conto di aver avuto una
grossa responsabilità nella sorte di Katjuscia. Decide di sposarla, si
adopera per salvarla dalla condanna. Katjuscia, inasprita dalla vita,
diffida delle offerte di Nechljudov. Divorato dal rimorso, abbandona la sua
vita di agiato possidente per seguirla nei lavori forzati in Siberia.
Katjuscia ritrova lentamente l'antica dignità, mentre Nechljudov sente
acutamente l'abisso tra i diseredati e la socie tà che li condanna senza
appello. Ottenuta infine la grazia per Katjuscia, rinnova la sua domanda di
matrimonio, ma Katjuscia per diversi e più alti motivi, rifiuta ancora.
Respinto da lei, si rifugia solo nella parola evangelica e nella certezza di
una vita morale migliore. Non più semplice coro, ma componente essenziale
degli avvenimenti, di questa gente semplice (prostoj narod), contadini di
recente inurbati, preda di miseria e conseguente depravazione, oggetto
d'ogni genere di soprusi e angherie, lo scrittore si fa accorato portavoce,
tracciando quadri d'indimenticabile intensità e vigore. Per la ricchezza e
varietà dei temi trattati, per la stessa elaborazione letteraria,
Resurrezione va così molto oltre la spinta che gli deriva dall'ideologia
moralistica o profetica degli ultimi anni di Tolstoj, e davvero raggiunge
quel "modo moderno di vedere le cose" che lo scrittore si era prefisso ancor
prima di partorire la sua creatura. |
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