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Visita Santuario

      M. Zambuto - Speranza nostra

E' bene avvicinarsi al santuario dal grande viale posto a nord dello stesso, per ammirare l'imponente complesso immerso nel verde della campagna, a ricordo di quel prato Mazzolengo dove avvenne l'apparizione della Madonna a Giannetta Vacchi.

Entrando dalla Porta Nuova , si può costeggiare la grande fontana, nella quale i pellegrini hanno l'abitudine di buttare qualche spicciolo come segno di solidarietà. Entrando nel Sacro Fonte, il visitatore è invitato a valorizzare il segno sacramentale dell'acqua per rinnovare l'istanza alla conversione in memoria del proprio battesimo. Da qui si esce per entrare nel santuario dalla porta principale, posta a ponente.

Il santuario maestoso e raccolto, luogo privilegiato per la preghiera. Ma non mancano assolutamente le ricchezze artistiche, espressione della fede e della coltura delle generazioni del passato. L'interno è caratterizzato da una superficie affrescata, dove hanno operato Giovanni Moriggia e Luigi Cavenaghi. Il primo nell'ottocento affresca l'interno della cupola con la scena del paradiso e i rispettivi pennacchi con le figure di Rut, Abigail, Ester e Giuditta; le volte del transetto con le scene della "Cacciata di Adamo ed Eva", la "Natività della Vergine", la "Presentazione al tempio" e "Gesù tra i dottori". Nei lunettoni dei due bracci maggiori il Moriggia affresca l' " Annunciazione", lo "Sposalizio della Vergine", la "Visitazione" e la "Nascita di Cristo". Il Cavenaghi all'inizio del nostro secolo dipinge tutti gli affreschi delle volte delle navate, con scene intonate ai dottori della chiesa, fanciulli, angeli, putti e sibille.

La diversità tra i due autori è evidente: mentre il Moriggia si caratterizza per i toni più caldi e le solidità delle figure, il Cavenaghi presenta una leggerezza del disegno e nei toni cromatici: due epoche, quindi due stili decorativi. Si può passare a una osservazione più attenta delle cappelle laterali. La prima, a destra entrando dal portone d'ingresso, è dedicata a S. Antonio Abate, raffigurato nella pala, opera di Gianbattista Secco, originario di Caravaggio, autore anche degli stucchi e delle medaglie raffiguranti la vita del Santo. Nella seconda è possibile ammirare una bella "Deposizione" del pittore modenese Giacomo Cavedoni (1577-1660), proveniente da Imola, concessa in deposito fin dal 1813 dalla Pinacoteca di Brera, una composizione con forme pulite e rigorose, con cromia caratteristica che va dal rosso, al rosato, al grigio. La terza è dedicata alla Madonna con i santi Filippo e Giacomo Apostoli, la cui storia è illustrata dal Secco nei pannelli della volta. Anche la quarta vede all'opera Gianbattista Secco (1602): vi si può ammirare una "Madonna del rosario con due persone in preghiera", il pontefice SistoV e il suo "scutifero" Soccino Secco, parente del pittore.

Degni di nota sono gli stucchi e i raffinati pannelli che illustrano i misteri del Rosario. Passando alle cappelle di sinistra, si incrocia il maestoso tempietto circolare con l'altare maggiore; posto al centro, all'interno di otto colonne che sostengono l'anello della trabeazione su cui si alza il baldacchino, con corone di putti, venne costruito da Carlo Merlo tra il 1736 e il 1750 e presenta tutte le caratteristiche del Settecento sia nelle linee sia nella preziosità dei marmi e delle statue dei Melloni che raffigurano la "Fede", la "Carità", l' "Amore" e l' "Umiltà". Nella quinta cappella si può osservare una "Educazione della Vergine", una graziosa opera eseguita da Moriggia in età giovanile (1825) a Roma, dove il pittore si era trasferito dopo le prime esperienze vissute a Bergamo alla scuola del Diotti, per perfezionarsi alla scuola del Camucci. I locali simboli della volta sono opera del locale Ferruccio Baruffi (1931), che ricoprì quelli più antichi. La tela della sesta cappella è attribuita a Giacomo Trécourt (1812-82), che dipinse la "Pesca miracolosa degli Apostoli Pietro e Andrea insieme a Cristo". Nei cassettoni della volta, dipinti a tempera, episodi della vita dei due Santi apostoli, di Ambrogio Bolgiani (1931). Di Carlo Preda è la bella pala della settima cappella, che raffigura la "Madonna che mostra il bambino a S. Antonio da Padova e a S. Lucia (1710). Nei cassettoni della cappella episodi della vita di S. Lucia, opera di Galliano Cresseri (1931).

L'ottava cappella (è la prima per chi entra dalla porta principale di ponente) presenta una bella copia dell' "Arcangelo Gabriele" di Guido Reni, eseguita da Paolo Gallinoni. Nelle nicchie ai lati del portale le statue di " S. Fermo" e di "S. Rustico", patroni della città di Caravaggio. Sempre nella navata centrale , sopra gli ingressi laterali, si osserva il maestoso apparato dell'organo e delle cantorie, frequentemente utilizzati nelle diverse celebrazioni liturgiche. L'organo, come strumento, conserva pochissimi elementi di quello originario dei Serrassi; infatti l'attuale risale a una ricostruzione di inizio secolo, completata nel 1927 con l'aggiunta di un nuovo corpo d'organo collocato sotto la grande cupola. Nel 1956 si realizza infine un'ulteriore pregevole riforma con la dotazione di un terzo corpo, posto sulla tribuna di fronte, opera della ditta Balbiani - Vegezzi - Bossi. I preziosi lavori di intaglio sia dell'organo sia delle cantorie sono del caravaggino Giacomo Carminati (1747). Al di sotto dell'altare centrale, rivolto nella navata più orientale da dove si accede con due scalinate, si trova lo speco con le statue della Madonna e di Giannetta.

Di fine fattura è anche la preziosa cancellata settecentesca in ferro e bronzo dorato, che chiude il vano semicircolare riservato ai fedeli che intendono sostare in preghiera personale. Nella navata posteriore, oltre agli affreschi della volta già citati, si possono ammirare ai lati del portale orientale due grandi statue lignee raffiguranti "S. Pietro" e "S. Paolo", scolpite dal caravaggino Gianbattista Carminati verso il 1750.

Alle pareti sono collocati due pregevoli dipinti raffiguranti l'apparizione della Madonna: quello di destra è opera di Camillo Procaccini (1551-1629), quello di sinistra di Giovanni Stefano Danedi, detto il Montallo (1609-1690). È opportuno ritornare al transetto per visitare la sagrestia, posta nel lato settentrionale, realizzata nella seconda metà del Seicento e nei primi del Settecento: trattasi di un'opera unitaria per le opere che la caratterizzano, recentemente restaurata. Vicino all'ingresso è possibile osservare una grande tavola attribuita al Bergognone (Ambrogio da Fossano, 1481-1522), raffigurante una "Deposizione". Sul soffitto un' "Assunzione della Vergine" affrescata da Giuseppe Procaccini, verso la fine del secolo (1698), con lo stesso ritmo e la stessa cromia della Certosa di Pavia. Del medesimo pittore sono anche gli Episodi Evangelici e gli Apostoli affrescati tra le mensole del soffitto. Giacomo Carminati - è lo stesso che intagliò l'organo e le cantorie - costruì i grandi armadi intagliati nei quali veniva custodito il "tesoro" del santuario (1730), depredato poi durante la dominazione dei Francesi. In fondo alla sagrestia non si manchi di osservare una ricca ancona di autore ignoto, ma evidentemente di aspirazione caravaggesca, con una "Deposizione" di Stefano Maria Legnani, detto il Legnanino, una tela proveniente dal convento dei Cappuccini di Caravaggio, che era stato soppresso.

 Anche il santuario di Caravaggio possiede un suo "tesoro" : si tratta di oggetti e di paramenti sacri di notevole pregio, donati dai fedeli e da alcuni nobili lombardi, qui custoditi e a volte utilizzati nelle solennità maggiori, anche se gli oggetti di maggio valore, come gia affermato, vennero rubati dai Francesi per ordine della Repubblica Cisalpina.

Sul lato del santuario che guarda il piazzale della fontana si apre il sottopassaggio al Sacro Fonte, che ricorda il luogo preciso dell'apparizione. È stato ripristinato negli anni '50 con mosaici, opera di Mario Busini, che rievocano alcuni fatti e i personaggi dell'apparizione; lì sono conservati alcuni cimeli storici e quella Madonnina con l'incisione latina di cui già si è parlato. Il piazzale è recinto da una lunga fila di portici: iniziati nella seconda metà del Seicento, vennero continuati nel secolo successivo a varie riprese pur conservando una certa unità strutturale. Invece, i tratti semicircolari dell'imboccatura del viale risalgono al 1884.

Tratto da "Itinerari della fede cristiana: S. Maria del Fonte" Comunicazione 90 Editore, 1998

 

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