Ad Haternal è arrivata la morte nera! Ciò non sta a significare che il sistema è stato infettato dall'ennesima pandemia mediatica, ma piuttosto per presentare "1348" alias prima fatica degli Speculum Mortis, band di recente formazione (2002) nata dall'esigenza di alcuni membri (ex Dissacred e Mordor per citare solo alcune delle bands in cui hanno militato prima di arrivare a concretizzare il loro attuale progetto) di poter trovare la giusta dimensione musicale a livello compositivo nonchè attitudinale per ciò che riguarda la line-up. Prodotto dalla Vomitarcanus, il lavoro di questi quattro untori si presenta accettabilmente registrato e missato, grezzo quanto basta per farci capire che il genere proposto è un mix fra black metal old style e sonorità viking, in questo caso, più inerenti alle realtà nordiche. A partire dalla prima traccia "1347", intro di stucchevole banalità, si intraprende il viaggio all'interno di questo lazzaretto di suoni giuntomi come l'ennesimo tentativo di poter "aprire le danze" con qualcosa di coinvolgente a livello emotivo. Tuttavia, aldilà delle mie già stanche aspettative, ecco partire il secondo pezzo "Macabre Triumph", tripudio di ripetitività ad un certo momento interrotto da un riff centrale che tende a rilassare gli animi rallentando i ritmi iniziali, ma che allo stesso tempo riporta alla mente gli antichi fasti del più dogmatico black metal. Come si potrà constatare proseguendo nell'ascolto, il tutto procede seguendo la traiettoria d'inizio album, rincarando l'attenzione su alcuni punti più riflessivi che spiccano maggiormente rispetto ai riffoni tirati non proprio riusciti a causa di un drumming non precisissimo e dello screaming decisamente ostico del cantante; evidente è infatti ciò che accade con decisione in "Pogrom", traccia in cui inoltre si rendono manifeste le presenze di Emperor e Bathory che vengono prese a braccetto da altre eminenti figure riconoscibili, a mio parere, in alcuni cambi di batteria (e non solo) di matrice blacksabbathiana come nel caso di "Speculum Mortis" e di accenti vocali alla Storm in "Vado Mori" anche se inseriti in contesti diversi. Questa sorta di dispensa presa un po' alla larga sull'epidemia del XIV secolo incede per culminare in medievalismi sonori e memento mori atti a sottolineare la funzione livellatrice della morte, tema molto caro al genere di cui si fanno portatori gli S.M, che nonostante gli sforzi propongono argomenti già trattati e sensazioni oltremodo riciclate, fattori che per una band che si fonda su baluardi di cui è difficile stancarsi non è negativo, bensì positivo, a patto che in loro domini la volontà di mantenere imbalsamati accuratamente alcuni standard che faranno la fine del genere per alcuni, ma che per altri potrebbero rappresentare l'incipit per qualcosa di davvero grandioso.