LA DESCRIZIONE
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Il Progetto, intende costituire a livello formale la base per l’avvio di una Azione di Sviluppo Locale.

Oggetto: I FEUDI

 

Studio,catalogazione, progettazione del recupero delle parti principali dei casamenti,casa Padronale e chiesa.

Il progetto prevede due livelli di sistema a rete in grado di connettersi, con i territori limitrofi.

Il primo sistema è costituito dai beni culturali ed ambientali  che costituiscono le sedi architettoniche degli antichi Feudi.

Il secondo sistema e costituito da fabbricati di derivazione feudale. Con la formalizzazione di nuove tipologie, direttamente derivate da quelle dei Feudi. Ma con una progettazione piu’ formale.Masseria

Il progetto prevede,  lo studio approfondito delle parti fondative dei feudi. Dal punto di vista della  costruzione formale architettonica.

Dal punto di vista tipologico e morfologico.

-----------------------------------------------------------------------------------------------vedi sotto descrizione di Emilio Pecora

          Sul fronte ionico zona del Pachinese.

Il Pecora esegue una bellissima descrizione del paesaggio agrario della zona di Pachino. Leggendolo attentamente nella parte che riguarda la descrizione dei casamenti rurali che individua con il nome villa , l’autore non approfondisce piu’ di tanto sulla fondazione dei primi nuclei generatori dei fabbricati che sono la casa padronale e la chiesa.

Poiche all’origine della fondazione del feudo la funzione in esso esercitata era massima. Non vi erano centri urbani vicini. Di conseguenza la vita all’interno del feudo e dei suoi casamenti doveva svolgersi in un modo  molto formale. E dove parti dei fabbricati erano destianti alla residenza del nucleo che portava avanti l’economiaa formale del feudo.

 FEUDI SICILIA-SUD
 ROVETO
 SAN LORENZO
 XIBINI
 MAUCINI
 BURGIO
 SAN BASILIO
 LA DESCRIZIONE
 BARONI
 BUFALEFI
 MUSOLINO
 BIMMISCA
 MARZA
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Analisi della situazione negli anni 60-70

studi di Emilio Pecora sugli Iblei.

la zona di pachino illustrata egregiamenta da un geografo.

la realtà di quel periodo storico va oggi rinterpretata per capire se è possibile uno sviluppo diverso ed un nuovo rapporto fra Citta’ e Campagna.

La fronte Marittima ionica

Olski editore Firenze

LA ZONA VITICOLA DI PACHINO.

DI EMILIO PECORA

“- Tra le foci della Cava D’Ispica ad Ovest e del Tellaro a nord-est la regione iblea si protende a formare una tozza penisola quadrangolare, distinta da tratti veramente peculiari. In questa penisola,o agro pachinese, domina in modo pressochè incontrastato la vite, che riveste i caratteri di una vera monocultura. Il manto compatto delle viti si sfrangia, lasciando sempre piu’ spazio ai seminativi arborati con olivo o mandorlo, soltando dove l’agro si addossa ai bassi tavolati di Modica e di Noto, cioè lungo i suoi margini , mentre all’interno si apre talora su ampie radure di seminativi nudi e di incolti produttivi o sterili, in corrispondenza dgli affioramenti del substrato calacareo : tracce residuali, queste ultime, di una agricoltura di tipo estensivo, basata su grandi aziende allevatrici, caratteristica della regione ancora all’inizio del secolo scorso.

Il  manto omogeneo delle viti ad alberello, si innalza a ravvivare il paesaggio un gran numero di case rurali, che danno subito l’impressione di un popolamento sparso particolarmente intenso , quale è difficile vedere in altre plaghe della Sicilia. Ma la realtà del paesaggio umano è tutt’affatto diversa: le case isolate vengono abitate per la maggior parte soltanto temporaneamente, durante il periodo dei lavori piu’ intensi delle vigne e nei campi. La densità della popolazione sparsa si deprime infatti al di sotto di 5 ab, peer kmq, e talora si annulla del tutto. Gli abitanti vivono anche nell’agro pachinese prevalentemente accentrati, nonostante la popolazione attiva mostri un grado di ruralità marcatamente elevato, pari al 60,5%. Eppure il processo di disgregazione dei feudi in questa cuspide meridionale della regione iblea si è spinto ad un punto rimarchevole: a Pachino le proprietà inferiori a 5 ha interessano il 54% del territorio comunale.Ma tale processo non è stato accompagnato dal trapianto delle famiglie agricole dai centri abitati ai fondi coltivati: la dissociazione tra campagna e sedi rurali si è al contrario rafforzata, per l’inerzia dovuta alla secolare cosuetudine a vivere in modo associato nei centri, la dispersione delle aziende in stacchi o campi molto lontani tra loro, e infine l’adozione da parte della grande proprietà ancora esistente di sistemi di conduzione- l’affitto diretto o per mezzo di intermediari (gabellotti) ai contadini (terraggeri mitateri) soltanto per un anno e con contratto per lo piu’ verbale- che non facilitano ovviamente l’insediamento sparso.

Alla omogeneità del paesaggio agrario si oppone pertanto una estrema varietà delle dimore rurali. Il piu’ antico tipo di insediamento, che dovunque affiora nelle campagne- nell’agro pachinese come in tutta la regione iblea- è la grossa masseria, già centro e simbolo della grande proprietà terriera e della grande azienda cerealicolo-allevatrice ad essa corrisponde nei centri abitati, in particolare a Pachino che domina tutto l’agro, la piccola casa contadina, di struttura particolarmente semplice. La masseria, molto complessa e compatta, si impone solenne nell’aperta campagna, spesso dalla’alto di una seppur lieve prominenza del terreno. Essa dà subito l’impressione di un centro organizzativo di vita rurale, autonomo e indipendente, riecheggiando ,almeno  negli elementi strutturali di base, le movenze della grande cassina lomgarda e piamontese. Da tempo invece la masseria non costituisce più un centro di attività agricole ben definite: la divisione dei feudi(feu) di cui la masseria rappresenta il simbolo concreto , materiale, ha determinato, con la fine delle sue antiche funzioni agro-pastorali, la morte della masseria come nucleo vivo e attivo di popolazione agricola, l’ha trasormata in un anacronismo visibile, in un complesso rustico senza alcuna apprezzabile funzione. La masseria è diventata nell’agro pachinese, per lo più, uuna dimora temporanea nonostante la sua complessità, sia stata lottizzata o sia al contrario riuscita a mantenere una sua unità aziendale: i capaci edifici del rustico come vani d’abitazione sono usati solltanto durante i lavori di campagna e il periodo della raccolta.

In genere essa non costituisce più, pertanto, il centro ne di una unità fondiaria, ne di una unità aziendale; e quanto risulta ancora abitata in modo permanente il suo corpo compatto appare in realtà come rotto in più parti, destinate a piccoli proprietari o ad un numero più o meno grande di affittuari. Elemento fondamentale e distintivo della masseria è il cortile, che appare delimitato sui suoi quattro lati da costruzioni dalle funzioni originariamente ben definite, ad un solo piano. Soltanto su un lato la fabbrica mostra un secondo piano, oltre al terraneo, al quale si accede grazie ad una scala esterna di pietra: è la casa padronale, riservata al proprietario che abita durante ol periodo del raccolto, detta vills o casa di campagna. Accanto ad essa o sul lato direttamente opposto, una soal porta alta ed un arco legemente svasato- sostituito a volte da un androne, che sopporta una parte della casa padronale imemette nel cortile. Questo è piccolo , assolutamente incomparabile con la corte della cassina lombarda: esso non è mai stato il centro di nessuna operazione agricola. Qui venivano portati soltanto i prodotti dai campi , già pronti per essere immagazzinati (grano fieno) o elaborati (olive), non diversamente da quanto avviene ora: per mezzo di asini, che ene curavano il trasporto a soma dai campi.

 A differenza della cassina lombarda la masseria era dunque un insediamento di tipo decisamente padronale, che teneva lontano , vincolati nei grossi centri abitati come riserve coloniali, i lavoratori agricoli.

Un lato della masseria di norma quello corto, è dunque occupato in genere dalla villa padronale al primo piano e dai magazzini dello stesso proprietario al pianoterra. La villa rimane cosi inquadrata tra due lati lunghi, dove si dispongono da una parte un trappeto (per le olive), una carraia per i depositi per la paglia,e  dal’altra una stalla assai capacce e due locali per la preparazione della ricotta e del formaggio: la stalla , ovviamente, venuto meno l’allevamento del bestiame, è stata trasformata nel coso degli ultimi sessant’anni in cantina e palmento ( locale per la pigiatura delle uve). I vari affittuari usano a turno il palmento, in base all’estensione del fondo coltivato, e godono di un piccolo settore della cantina. La maggior parte di questa resta tuttavia a disposizione del proprietrario, che incamera dai compartecipanti e affittuari una notevole parte del prodotto(da un terzo a due terzi) : Su quarto lato , infine -quello che si oppone alla villa- si innalzano altri magazzini, originariamente adibiti anche ad abitazione, o corre più semplicemente un muretto di cinta. Il pozzo o la cisterna e l’abbeveratoio, oramai in disuso, si trovano presso la stalla o anche quasi al centro del cortile.

Il materiale di costruzione predominante è costituito da blocchi di calcare. Le pareti sono intonacate verso l’esterno, ma presentano sul cortile la pietra viva: ciò dà un senso di solidità e nel contempo di austerità al complesso rurale. I tetti sono di norma a due pioventi, di tegole curve ,appogiati., tranne che nella villa, su una intelaiatura di legno e di canne. Nell’interno spesso le intere pareti prospettanti sul cortile sono coronate verso il culmine da una lunga fila di coppi ricuvi (ciaraamiri) . posti con l’incavo verso l’alto, i quali servono prevalentemente come collettori dell’acqua piovana dai ciaramiri l’acqua passa in un canale addossato al muro per defluire in piccoli condotti posti sotto il cortile e convergenti verso la cisterna.

In campagna , alle masserie si giustappongono, imbracandovisi fortemente, le dimor rurali più elementari, di origine assai recente. Esse rappresentano una notevole varietà di forme, in dipendenza della loro funzione ed  in rapporto alla genesi del loro sviluppo, ma ciò nonostante si mantengono entro i limiti di una sicura e chiara semplicità.

Il tipo di casa rurale prevalente mostra una pianta rettangolare, entro cui trovano posto due vani: l’abitazione ripsostiglio e della stalla fienile (pagghialora) La copertura è formata da un unico tetto a due pioventi , costituito da tegole curve coppi, che poggiano su una intelaiatura di legno e di canne legate insieme in modo molto compatto, detta cannizzata. I due vani, presssochè eguali- ciascuno con una porta d’ingresso ad arco basso, sul lato lungo, e qualche piccola finestra- non si presentano molto ben distinti sul piano delle funzioni.

IIn effetti , si tratta di abitazioni a carattere prevalentemente temporaneo, quasi del tutto prive di oggetti di arredamento anche elementari: la presenza di un piccolo tavolo, di qualche sedia e sgabello ed eccezionalmente del focolare (fornelli) permette di distinguere l’abitazione ripostiglio dalla stalla fienile, che dispone a volte della greppia per il mulo o l’asino.

Questo tipo elementare di casa bicellulare a pianta rettangolare spesso si complica per duplicazione: cioè per la giustapposizione di un altro ambiente di forma pure rettangolare, con il tetto indipendente: il quale può avre due pioventi- e in caso ripete esattamente la struttura dell’elemento originario della dimora - o un solo piovente: e allora il nuovo ambiente aggiunto risulta meno sviluppato in altezza, e la sua copertura si addossa a piano inclinato, a mò di tettoia, al primo. Si forma in questo modo la pinnata, o stalla aperta che si titrova con qualche variante in tutta la regione iblea e in molte altre contrade della Sicilia. Si tratta evidentemente di una varietà recenzione, da mettere in rapporto all’ammodernamento e alla conseguente intensificazione delle colture, a dispetto del fatto che tali dimore continuano a fungere soltanto come sedi temporaneee per gli agricoltori che vivono nei centri.: in effetti la duplicazione significa spesso la comproprietà della dimora da parte di due famiglie contadine.

 Tale reciprocità risulta ancora evidente quando si pone mente al fatto che la casa ad elementi giustapposti sotto uno stesso tetto si presenta come una vera piccola unità edile stilisticamente ben compiuta, la quale riecheggia assai da vicino la struttura del palmento, una piccola costruzione pr la lavorazione delle uve, che compare frequentemente, isolata, in mezzo agli ex feudi. Di questi palmenti , in genere, si servono quasi tutti i piccoli proprietari e afituari: le sase isolate del pachinese , prevalentemente viticolo, sono invero per lo più prive dell’attrezzatura atta alla vinificazione. La deficenza di capiatale non ha permesso l’adeguamneto della casa rurale, che ha sempre assolto soltanto alla funzione di casa-ricovero temporanea, per quantogrande. alle nuove funzioni agricole dell’agro. Nella cas di campagna, il piccolo palmento figura molto rararamente. A questi tipi di dimora elementare si ricollegano strutturalmente anche le più piccole case-ricovro in muratura, a due vani variamente giustapposti, che ravvivano il paesaggio agrario: le più semplici hanno il tetto di canne e di paglia , e rappresentano l’anello di passaggio verso i ricoveri costruiti esclusivamente con materiali vegtali. Detti pagghiari. Sia le case ricovero che i pagghiari sono presenti soltanto come forme residuali.

Un’altra variante della casa elementare ad elementi giustapposti ad un solo piano, è quella delle aree interessate dal pascolo e dal seminativo asciutto.

Qui l’allevamento dei bovini e sopratutto delle pecore è ancora prevalente e caratteristico. La casa si presenta pertanto più capace, e risulta formata dalla successione di tere vani principali, posti in questo ordine, abitazione fienile stalla. Piccoli locali per il forno e la lavorazione del latte si trovano ora addossati alla casa, ora anche da essa discisti: sul lato opposto di un piccolo cortile in terra battuta si sisegnano gli stazzi (mandre) per le pecore, grosse casse quadrangolari limitate da muretti a secco.

Tipi di abitazione assai recenti si ritrovano nelle aree interessate dalla riforma fondiaria postbellica- casette ad elementi giustapposti secondo schemi che si riportano anche in altre plaghe, non soltanto siciliane- e in  una stretta fascia che da Punta delle formiche si spinge a Portopalo: in un’area che da pascolativa e sterile nel corso degli ultimi  dieci,quindici anni si è trasformata in una plaga di prospere attività orticole, alle quali si disposa pure un razionale allevamento di bestiame bovino , da latte e da carne. In quest’ultima area la casa, costruita con blocchi di petra siracusana , o calcare bianco, è più complessa: essa mostra le forme di una piccola corte , ed è abitata in permanenza dal proprietario- in parte son contadini qui trapiantatasi dal territorio di Scicli -e da alcune famiglie di salariati. Il suo aspetto è tuttavia assai semplice, la superficie edile occupa relativamente modesta gli edifici piuttosto dimessi: il fondo coltivato non è grande , anche se colture , di pregio, ne fanno un’unità aziendale particolarmente prospera.

Nonostante la ricchezza di dimore che costellano l’agro pachinese , la maggiore parte dei lavoratori agricoli- piccoli conduttori diretti affittuari e giornalieri- vive nel centro di Pachino. Le condizioni delle loro case sono veramente pietose, e soltanto l’esame di una pianta della cittadina - che come quella di molti altri abitati siciliani fondati appositamente tra il cinquecento e i primi del settecento per la colonizzazione e il ripopolamento degli agri spopolati. si presenta con caratteri di una regolarità geometrica sorprendente- puo’ ingenerare l’errata impressione di una comunità socialmente evoluta, di una architettura urbana ricca o almeno decorosa. Le case sono riunite in blocchi quadrati, detti isole che la rete delle strade chiaramente enuclea. Esse sono saldamente legate tra di loro, per quanto presentino tetti indipendenti a capanna o ad un solo piovente, e mostrano an’unica soluzione di continuità nel caseggiato in corrispondenza di una apertura, larga due o tre metri, la carraia che dà accesso ad un piccolo cortile, il quale talvolta è ridotto a uno striminzito budello. Soltanto una parte del case prospetta, anche, sul cortile.

Le case che formano un’isola sono spesso di un solo vano: questo vano, con i lati di appena 4-5 m serve per tutti i bisogni della famiglia contadina.

Ma le più diffuse sono quelle a due vani: cucina e camera da letto, o abitazione e carretteria, che si dispongono di fianco , oppure si susseguono in profondità.

La carretteria, cioè il vano per il carro l’asino e il fieno, presenta una larga porta che poggia su un imbasamento di calcare , entro il quale sono evidenti e ben segnati i solchi incavati dalle ruote del carro. Più recente, ma meno frequente, si osserva anche la varietà a due vani sovrapposti, con scala interna di pietra, addossata ad una parete laterale. Evidente appare il carattere originariamente urbano di questo tipo, piu’ diffuso intorno alla piazza centarale dell’abitato; e del pari, motivi tipicamente urbani ripetono alcuni elementi ornamentali, spesso presenti anche nelle dimore più povere, come piccoli balconi appena accennati a pianoterra , o una trabeazione piuttosto ricca alle porte di ingresso.”

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