Oggetto:
registrazione degli atti costitutivi e statuti d’associazioni
sportive.
In considerazione dei numerosi
quesiti pervenuti relativamente all'opportunità della registrazione
degli atti costituitivi e statuti delle associazione sportive, si
ritiene utile significare quanto segue:
premesso che la registrazione dei
documenti in questione garantisce un mezzo dì prova tutt'altro che
trascurabile (per esempio in ordine alla valutazione delle
responsabilità temporali da parte dei soggetti operanti in virtù
della "data certa" di stipula), va detto che la normativa
civilistica non pone alcun tipo di obbligo relativamente alla
registrazione dell'atto costitutivo e/o statuto delle associazioni.
Peraltro, dalla disamina degli art. 36 e seg.ti del Codice Civile,
risulta come non venga contemplata addirittura la necessità della
forma scritta quale condizione necessaria per la nascita di tali
soggetti (ad substantiam). E' evidente che da un punto di vista
pratico, intervengono in seguito altri fattori che determinano la
necessità della stesura di uno statuto quali una maggior chiarezza
delle clausole e norme disciplinanti il vincolo associativo, le
richieste eventualmente avanzate dalle Federazioni, eccetera. In
estrema sintesi possiamo, tuttavia, affermare che, da un punto di
vista strettamente giuridico, nessuna norma prevede l'obbligo della
forma scritta né, tantomeno della registrazione.
Al di là dell'utilità che
possono fornire l'atto costitutivo e lo statuto registrati quali mezzi
dì prova (ad probationem), la questione, da un punto di vista
fiscale, è assai più delicata e complessa. Con l'entrata in vigore
del D. Lgs, 460/97, è stato modificato radicalmente l'art. 111 del
T.U.I.R. Dalla lettura del citato articolo si evince che la mancata
modifica dello statuto nei modi richiesti dal legislatore e/o la sua
mancata registrazione (atto pubblico, scrittura privata autenticata o
registrata presso l'Agenzia delle Entrate) comportano, principalmente,
le conseguenze che sinteticamente si evidenziano
-
tassazione dei corrispettivi specifici versati dai propri
associati e da associati dì altre associazioni facenti parte della
medesima Federazione, ancorché relativi a prestazioni svolte in
diretta attuazione degli scopi istituzionali;
-
tassazione dei proventi da somministrazione di qualunque
genere e tipo agli associati, indipendentemente dal fatto che
l'associazione sia annoverata tra gli organismi riconosciuti dal
Ministero dell'Interno ed ancorché tali prestazioni siano
strettamente, complementari a quelle svolte in diretta attuazione
degli scopi istituzionali
Per meglio chiarire il concetto,
nel caso di un'associazione di tennis, la mancata conformità dello
statuto e/o la sua mancata registrazione produrranno, per esempio, I
seguenti effetti:
assoggettamento a tassazione del
corrispettivo versato per l'utilizzo dei campi, sia da parte degli
associati, sia da parte di associati di altri sodalizi sportivi
affiliati. Tale tassazione viene estesa a tutti gli altri
corrispettivi specifici ( lezioni tenute dell'istruttore, utilizzo
delle docce, ecc.) versati dagli associati propri e di altri sodalizi
aventi medesima struttura di vertice. Oltre alle conseguenze nei
confronti dei propri iscritti, viene quindi a decadere il diritto di
reciprocità sancito, a suo tempo, dal Ministero delle Finanze.
Da quanto sopra evidenziato
emerge che la gran parte dei sodalizi ha valide ragioni per porre in
essere tale adempimento.
Al presidente dell'associazione sportiva l'onere di
regolarsi come meglio crede,
DISCIPLINA
FISCALE DEGLI ENTI NON COMMERCIALI
PREMESSA
Con la definizione di enti non
profit (dall'inglese ''not for profit") si suole definire ogni
forma associativa che non si prefigge lo scopo di lucro. Da tale prima
considerazione si evince che nessun ente non profit può avere la forma
di società (art. 2247 C.C.).
A livello sportivo intenderemo
quindi riferirci a tutte le forme associative che vengono utilizzate
allo scopo della pratica, diffusione e sviluppo dello sport
dilettantistico. Non esiste una definizione giuridica di sport
dilettantistico esiste, invece, la definizione di sport
professionistico come disciplinato dalla Legge n° 91 del 23 marzo 1981
(art. 2).
Possiamo quindi parlare di
svolgimento di attività sportiva dilettantistica quando non ricorrono
le condizioni previste dalla succitata legge.
Da tale prima considerazione
discende che é possibile, per lo svolgimento di attività sportiva
dilettantistica, l'utilizzo di una qualsiasi forma associativa, dalla più
elementare (comitati, associazioni riconosciute e non) alla più
complessa (società), mentre per lo svolgimento di attività sportive
professionistiche sarà condizione necessaria la costituzione di
specifiche società commerciali (la stessa L. 91/81 ha infatti previsto,
per lo sport professionistico, una particolare forma di S.p.A. e di
S.r.l. nelle quali non si può dare luogo al riparto di utili ed il cui
eventuale residuo attivo al termine della procedura di liquidazione deve
essere assegnato al C. O. N. I.).
Gli enti non commerciali tipici
delle associazioni sportive dilettantistiche sono disciplinati dal
Codice Civile al Titolo I° Capo II (artt. 14 e seg.ti ossia i comitati)
ed al Capo III (artt. 36 e seg.ti ossia le associazioni non
riconosciute), in base all'oggetto della loro attività. Le Associazioni
Riconosciute previste agli artt. 12 e seg.ti si differenziano dalle
precedenti per l'acquisizione della personalità giuridica e godono
quindi di autonomia patrimoniale perfetta (con conseguente responsabilità
limitata). Tale riconoscimento può venire concesso, su richiesta,
mediante Decreto del Presidente della Repubblica. Il Governo è
autorizzato a delegare ai Prefetti l'incarico di riconoscere determinate
categorie di enti con loro decreti. L'art. 14 del D.P.R. n° 616/77 ha
demandato, in taluni casi, la possibilità del Riconoscimento alle
Regioni.
Anche se non é tassativamente
prevista una particolare forma per la loro costituzione (ad substantiam)
essendo sufficiente il semplice accordo verbale degli associati, vedremo
i molteplici vantaggi sia sul piano giuridico* sia su quello fiscale,
derivanti dalla redazione dell'atto costitutivo e statuto e dalla
successiva registrazione
* Non vanno dimenticati i grossi
rischi che il Presidente (legale rappresentante), i componenti il quadro
direttivo nonché gli associati che agiscono in nome e per conto
dell'associazione non riconosciuta corrono relativamente alle
obbligazioni del sodalizio a causa della mancanza di taluni privilegi
quale il beneficio di escussione preventiva. E’ tuttavia assai
infrequente che la piccola associazione sportiva ottenga quel
riconoscimento da parte dell'Autorità che le consenta di ottenere la
personalità giuridica e le conseguenti prerogative.
Può apparire una pura
contraddizione parlare di disciplina fiscale di enti non commerciali in
quanto abbiamo precisato per tali associazioni l'assoluta mancanza di
intento lucrativo. Lo statuto infatti determina, fra l'altro, l'oggetto,
ossia la descrizione dell'attività o delle attività istituzionali
(discipline sportive) che il sodalizio intende praticare e sviluppare.
E' altrettanto vero che quando parliamo di entrate derivanti da attività
istituzionali intendiamo tutta una serie di proventi che non generano,
normalmente, ricavi tassabili (quote associative, contributi, liberalità,
ecc.).
E’ tuttavia possibile che l'A.S. si trovi a svolgere,
seppure accessoriamente e/o occasionalmente, altre attività che sono
ritenute dalla normativa fiscale, con presunzione assoluta, commerciali.
Lo svolgimento di tali attività determina l'assoggettamento alla
disciplina fiscale indipendentemente dall'assenza di scopo di lucro, non
essendo il medesimo presupposto di tassazione.
E' evidente che al verificarsi di
tale situazione si innesta una serie di obblighi ai fini delle Imposte
Dirette (TU. D.P.R. 917/86), ai fini della tenuta della contabilità
fiscale (D.P.R. 600/73), ed ai fini I.V.A. (D.P.R. 633/72),
Atri non trascurabili doveri cui
deve ottemperare la associazione attraverso i propri organi riguardano
la figura dei sostituto d'imposta, nonché gli obblighi contributivi.
Non é infatti impossibile che l'A.S. si avvalga, congiuntamente
all'opera volontaria e gratuita dei dirigenti dell'opera retribuita, di
taluni collaboratori (es.
allenatori, istruttori, ecc.). interni (dipendenti e collaboratori
coordinati e continuativi) o esterni (professionisti, occasionali,
ecc.). E’ oltremodo probabile che l'associazione elargisca premi, sia
in denaro sia in natura, ai propri atleti o affiliati. In tutti questi
casi l'a.s. avrà cura di effettuare le ritenute d'acconto (o d'imposta)
e versarle nei termini stabiliti dalla legge, nonché di rilasciare la
certificazione dei compensi. Avrà altresì cura di presentare la
dichiarazione dei sostituti d'imposta previsti dal D.P.R. 600/73. Si
preoccuperà inoltre di porre in essere i necessari adempimenti sul
piano contributivo e previdenziale
DISCIPLINA
FISCALE
LE ATTIVITA' COMMERCIALI
Gli enti non commerciali trovano
la loro collocazione, ai fini delle imposte dirette (IRPEG), nell'art.
87 lett. c) del D.P.R.
n° 917 dei 22/12/86 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi T.U.I.R.)
In base al dettato normativo di
cui all'art. 108 del T.U.I.R., gli enti non commerciali determinano il
reddito in maniera analoga alle persone fisiche. Non avremo quindi un
unico bilancio, bensì una sommatoria di redditi ripartiti in base alla
loro natura (fondiari, di capitale, di impresa a e diversi).
L'ente non commerciale avrà
quindi la possibilità di compensare le perdite derivanti da attività
commerciali con tutti gli altri redditi d'impresa in contabilità
semplificata. Potrà , invece, compensarla nell'anno
di conseguimento e,
per la differenza, nei successivi ma non oltre il quinto se in
contabilità ordinaria.
Potrà inoltre, ai sensi
dell'art. 110 del TUIR, dedurre dal reddito complessivo del periodo
d'imposta (in base al principio di cassa) tutti gli oneri di cui
all'art. 10 lett. e), f) e g) del T.U.I.R, (contributi e donazioni,
INVIM decennale, ecc.).
In ossequio all'art. 110 bis del
TUIR sarà altresì legittimato a detrarre dall'imposta lorda il 19%
degli oneri di cui all'art. 13 lett. a) g) h) i) e i bis) (erogazioni
liberali, ecc.)
Il D. Lgs. 460/97 ha
profondamente modificato gli artt. 87/108/109 e 111 del D.P.R. 22/12/86
N. 917, nonché l'art. 4 del D.P.R. 26/10/72 N. 633 (Legge I.V.A.) e
art. 20 del D.P.R. 29/9/73 N. 600 (Accertamento Imposte sui Redditi),
Il più grosso problema relativamente alla gestione di tali
soggetti deriva dalla mancanza di raccordo e di armonia tra le
disposizioni civilistiche e quelle fiscali. Come abbiamo visto in
precedenza, si ritiene di dover collocare, sul piano civilistico tali
enti fra le associazioni e comitati solo per esclusione, non essendovi
infatti un soggetto tipico che possa identificare la figura del
"non profit". Può essere utile ricordare che gli Stati Uniti
d'America hanno previsto una particolare figura giuridica ove collocare
tali enti, le TAX‑EXEMPT ORGANIZATIONS (organizzazioni esonerate
dal pagamento delle imposte).E’ auspicabile che, a fronte della
regolamentazione fiscale, anche a livello civilistico il legislatore
provveda, seppur tardivamente, a colmare tale lacuna imputabile alla
obsolescenza dei nostro Codice Civile.
E’impossibile procedere alla
disamina delle attività commerciali prima di aver chiarito il concetto
fondamentale espresso nell'art. 6 del D.Lgs. 460/97. In tale occasione
il Legislatore ha inteso chiarire, in modo
lapidario, che, quale
che sia l'oggetto indicato sull'atto
costitutivo o statuto, il
sodalizio perde inesorabilmente il suo status di ente non commerciale
(diventando quindi ente commerciale
ex art. 87 lett. b) T.U.I.R.) nel momento in cui viene meno la
prevalenza dell'attività istituzionale su quella commerciale per un
intero periodo di imposta. In altri termini può essere stravolta la
connotazione data ad un determinato ente qualora l'attività
effettivamente svolta determini, in contrasto con le intenzioni e le
aspettative iniziali, una effettiva prevalenza della commercialità
sulla istituzionalità . Il sodalizio può quindi nascere come ente non
commerciale e rimanere tale solo sino a quando risulti oggettivamente
provata la accessorietà dell'attività commerciale. La perdita di tale
qualifica determina con effetto a decorrere dal periodo d'imposta in cui
vengono meno le condizioni necessarie, una serie notevole di modifiche
di carattere giuridico, contabile e fiscale sia ai fini dell'imposizione
diretta sia dell'imposizione indiretta (compresa, ovviamente,
l'impossibilità di fruire di regimi agevolativi quale quello previsto
dalla L. 398/91 di cui si dirà più avanti). Da tale momento correrà
dunque l'obbligo di comprendere tutti I beni costituenti il patrimonio
dell'ente nell'inventario redatto ai sensi dell'art. 15 del D.P.R.
600/73, entro 60 giorni dal periodo d'imposta in cui tale mutamento ha
effetto (vds. D.P.R.23/12/74
N. 689). Al fine di valutare se sia o meno intervenuta tale
variazione, il 2° comma dell'art. 111 bis dei T.U.I.R. prevede di
tenere conto “anche" dei seguenti parametri:
a) prevalenza delle
immobilizzazioni relative all'attività commerciale, al netto degli
ammortamenti, rispetto alle restanti attività (prevalenza
patrimoniale);
b) Prevalenza di ricavi rispetto
alle restanti attività (prevalenza economica delle entrate)
c) Prevalenza dei redditi
derivanti da attività commerciale sulle entrate istituzionali
(contributi, sovvenzioni, liberalità e quote associative);
d) prevalenza delle componenti
negative afferenti l'attività commerciale sulle spese inerenti
l'attività istituzionale.
Si é dell'avviso che non sia
sufficiente il verificarsi di una sola delle condizioni illustrate Per
determinare tale trasformazione, bensì sia necessaria una concomitanza
di situazioni (qualitative e quantitative) per la perdita della
qualifica di ente non commerciale. Se così non fosse non si
comprenderebbe la ragione dell'utilizzo dell'avverbio "anche".
Risulta, per altro, difficile comprendere la ragione di tale effetto
retroattivo, anche in considerazione della impossibilità di porre in
essere, con tale decorrenza, tutte le modifiche del caso. E’
auspicabile quindi anche in questo caso, un'ulteriore pronuncia
ministeriale. Una volta accertato, quindi, il corretto inserimento del
sodalizio tra gli enti non commerciali si può iniziare l’analisi del
dettato normativo che li riguarda.
L'art 1 dei D.Lgs in argomento si
occupa, sostanzialmente, di chiarire in base a quali elementi sia
possibile determinare l'oggetto dell'Associazione. Tale determinazione
viene effettuata, in prima istanza sulla base dell'atto costitutivo e/o
statuto se esistenti nella forma di Atto Pubblico, scrittura privata
autenticata o registrata. Da tale prima norma si rileva l'importanza
attribuita dal legislatore allo statuto redatto e reso solenne (ad
probationem), attraverso l'attribuzione di data certa. E’ comunque da
rilevare che tale adempimento non ha effetto probatorio in assoluto,come
già chiarito, ma può comunque contribuire a meglio identificare
l'attività istituzionale se questa non contrasta con l'attività
effettivamente posta in essere.
Ad evitare che potessero venire assoggettati ad imposizione
diretta tutti i proventi derivanti a titolo di liberalità (art. 55
T.U.I.R) viene aggiunto all’art. 108 il comma 2 bis il quale chiarisce
che concorrono alla formazione del reddito di tali enti i fondi agli
stessi corrisposti a seguito di raccolte pubbliche occasionali anche
mediante offerte ai sovventori di beni e/o servizi, purché di modico
valore ed in occasione di celebrazioni, ricorrenze e campagne di
sensibilizzazione. Con la nuova formulazione dell'art. 20 del DPR 600/73
è stato inserito l'obbligo, per gli enti non commerciali che effettuano
raccolte pubbliche di fondi, di redigere, entro quattro mesi dalla
chiusura dell'esercizio, apposito e separato rendiconto tenuto e
conservato ai sensi dell'art. 22 dal quale risultino con chiarezza,
seppure in assenza di particolare obbligo di forma, le entrate e le
uscite relative alle singole celebrazioni e/o ricorrenze. Tutto ciò è
necessario a prescindere dalla redazione dei rendiconto economico e
finanziario annuale.
Il III comma dell'art. 2 dei D.Lgs. aveva già previsto la
possibilità da parte dei Ministero delle Finanze di stabilire con
apposito decreto condizioni e limiti di determinazione del requisito di
occasionalità. Il comma 2 dell'art. 37 Legge 342/2000 ha stabilito che,
per le associazioni sportive operanti nel regime di cui alla L. 398/91
(di cui si dirà più avanti), non concorrono alla costituzione del
reddito imponibile i proventi realizzati nello svolgimento di attività
commerciali connesse agli scopi istituzionali e/o realizzati per il
tramite della raccolta pubblica di fondi effettuata in conformità
all'art. 108 comma 2bis lett. a) del T.U.I.R.. alla duplice condizione
che gli eventi che li hanno originati non siano più di due nell'anno e
per ammontare non superiore a Lit. 100.000.000.
Sono altresì esclusi da
imposizione i contributi in c/capitale corrisposti da Enti Pubblici per
lo svolgimento di attività aventi finalità sociali svolte in conformità
alle finalità istituzionali. In estrema sintesi si ritiene che il
Legislatore abbia inteso premiare gli E.N.C. che svolgono la sola
attività istituzionale e che solo occasionalmente (in assenza quindi di
attribuzione di Partita I.V.A.) ricevano contributi o corrispettivi per
cessioni di beni di modico valore e prestazione di servizi da parte di
Enti Pubblici in conformità a quanto disposto dal D.L. 30/12/92 N. 502
e D.L. 7/12/93 n. 5 17.
Prima di proseguire nell'analisi
del D.Lgs. é necessario comprendere in quali casi l'A.S. si trovi a
svolgere attività dì carattere commerciale.
Il I° comma dell'art. 111
preliminarmente afferma " Non é considerata commerciale l'attività
svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle
finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri
enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli
associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non
concorrono a formare il reddito complessivo." Non viene neppure
considerata commerciale l'attività svolta nei confronti degli associati
derivante da prestazione di servizi non rientranti nell'art. 2195 del
Codice Civile a condizione:
a) che siano rese in conformità alle finalità
istituzionali dell'ente,
b) che non esista specifica organizzazione a tale uopo.
c) che i corrispettivi in
argomento non eccedano i costi di diretta imputazione.
E’ evidente che la portata di
tale disposizione, peraltro di applicazione estremamente limitata,
riguarda esclusivamente le imposte dirette.
Sono viceversa considerate normalmente commerciali le
cessioni di beni e le prestazioni di servizi (occasionali o abituali che
siano) rese agli associati verso pagamenti di corrispettivi specifici,
contributi o quote
supplementari in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle
quali danno diritto e che non siano effettuati in diretta attuazione
degli scopi istituzionali. Qualora, invece, le attività in argomento
siano svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, ancorché
effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici ed a condizione
che si ottemperi a quanto previsto dal successivo art. 4 quinquies, non
genereranno ricavi tassabili anche se rese ad Associazioni e ad
associati di altre Associazioni che svolgono la medesima attività e che
per legge, regolamento atto costitutivo o statuto facciano parte di
un'unica organizzazione locale o nazionale.
Si é voluto, in tal modo,
ribadire quel concetto di reciprocità già precedentemente descritto ai
fini I.V.A. nella Circolare 150/E del 10/08/94. Da quanto indicato pare
evidente che l'associazione Tennistica X (affiliata alla Federazione
Italiana Tennis) potrà ospitare l'associato dell'Associazione
Tennistica Y (anch'essa affiliata) ed evitare che il corrispettivo
versato dell'atleta in questione per l'utilizzo del campo generi ricavi
tassabili (comune denominatore delle due associazioni è infatti la
F.I.T. e, quale struttura di vertice, il C.O.N.I.).
Sono altresì esenti da imposte
dirette le cessioni a terzi di pubblicazioni proprie cedute
prevalentemente agli associati.
Chiarita la regola generale, é
ora necessario comprendere quali siano le attività che,
indipendentemente dalla figura del destinatario, sono sempre e comunque
considerate commerciali in via oggettiva,
Tale elenco é indicato al 4°
comma dell'art. 111 T.U.I.R.. Esso
prevede che siano sempre e comunque considerate commerciali , nei
confronti di chiunque poste in essere, le seguenti attività:
-
cessione di beni nuovi prodotti per la vendita;
-
somministrazione di pasti,
-
erogazione di acqua, gas, energia elettrica e vapore;
-
prestazioni alberghiere e di alloggio.
-
trasporto e deposito di merci;
-
servizi portuali e aeroportuali
-
prestazioni effettuate nell'esercizio delle seguenti
attività:
- gestione di spacci aziendali e di mense;
- organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;
- gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale
- pubblicità commerciale;
-
telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.
Va evidenziata che l'omologa disposizione I.V.A. in ordine
alle attività considerate commerciali ed elencate all'art. 4 del DPR
633/72, presenta talune incongruenze con quanto previsto ai fini
dell'imposizione diretta. Infatti la summenzionata disposizione di legge
prevede, con presunzione assoluta, che rivestano carattere commerciale
le seguenti attività:
-
cessione di beni nuovi prodotti per la vendita escluse le
pubblicazioni delle associazioni politiche, sindacali e di categoria,
religiose, assistenziali, culturali e sportive cedute prevalentemente ai
propri associati;
-
erogazione di acqua, gas, energia elettrica e vapore;
-
gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
-
gestione di spacci aziendali , gestione di mense e
somministrazione di pasti;
-
trasporto e deposito di merci,
-
trasporto di persone;
-
organizzazione di viaggi e soggiorni turistici,
-
prestazioni alberghiere e di alloggio;
-
servizi portuali e aeroportuali; pubblicità commerciale,
-
telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.
Conseguenza di ciò è che talune attività sono esenti da
IRPEG e non altrettanto da I.V.A. e viceversa (es. cessione anche a
terzi di pubblicazioni proprie e organizzazione di viaggi e soggiorni
turistici organizzati da parte di particolari soggetti art. 5 D. Lgs n.
460/97).
Relativamente alla somministrazione di alimenti e bevande
rese in punti di ristoro interni al circolo, é assolutamente necessario
procedere ad effettuare talune importantissime precisazioni che
formeranno oggetto di successivo paragrafo.
Tutti gli esoneri e le agevolazioni testé elencati sono
applicabili solo ed esclusivamente a condizione che, ai sensi dell'art.
4 quinquies (che ha modificato l'art. 111 del T.U.I.R. e l'art. 4 del
D.P.R. 633/72) l'associazione inserisca, a pena di decadenza, nel
proprio atto costitutivo e/o statuto , che deve avere la forma dell'atto
pubblico, della scrittura privata autenticata o registrata, le seguenti
sei clausole con effetto vincolante:
a)
divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi
di gestione, nonché fondi, riserve o capitale durante la vita
dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non
siano imposte dalla legge;
b)
obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente in caso di suo
scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità
analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di
controllo di cui all'art. 3 comma 190 della L. 23.12.1996 n.° 662 e
salvo diversa destinazione imposta dalla legge,
c)
disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità
associative volte a garantire l'effettività dei rapporto medesimo,
escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita
associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età
il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e
dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi
dell'associazione;
d)
obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto
economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;
e)
eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del
voto singolo di cui all'art. 2532. 2° comma del Codice Civile, sovranità
dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro
ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle
convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni dei bilanci o
rendiconti
f)
intrasmissibilità della quota o contributo
associativo a eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non
rivalutabilità della stessa.
Per le associazioni sportive già esistenti il termine
ultimo per tale adeguamento era stato fissato al 30/06/98.
CONTABILIZZAZIONE
In
tema di enti non commerciali che svolgono, accessoriamente, attività
commerciali, occorre chiarire occasionalità o l'abitualità della
attività commerciale. Nessuno, ad oggi, ha mai tracciato una netta
linea di confine tra le due fattispecie. Si ritiene tuttavia che possa
essere considerata commerciale l'attività svolta una, due volte
nell'anno in occasione di determinate circostanze (esempio
sponsorizzazione in occasione di una determinata manifestazione
sportiva). In questi casi ci troveremmo di fronte ad una prestazione
resa al di fuori dei casi previsti dell'art. 1 dei D.P.R 633/72
(mancanza del requisito soggettivo). E’ evidente il rinvio qui operato
all’art. 2082 e 2195 del Codice Civile, laddove si parla di “…
esercizio per professione abituale ...” . In questo caso
l'associazione non avrà alcun motivo di chiedere l'attribuzione della
Partita I.V.A. (mentre fin dalla sua costituzione il legale
rappresentante sì sarà preoccupato di richiedere
l'attribuzione del Codice Fiscale al competente Ufficio
Distrettuale delle Imposte Dirette o Agenzia Entrate ai sensi
dei D.P.R. 29/09/73 N°
605). Rilascerà al soggetto erogatore una ricevuta recante la
causa di esclusione da I.V.A. e provvederà ad applicare la marca da
bollo da LIT. 2.500 per i compensi superiori a LIT. 150.000, in ossequio
a quanto previsto dalla Legge in materia di Imposta di Bollo (D.P.R.
642/72). Entro il termine previsto lo stesso Legale rappresentante
presenterà la Dichiarazione dei redditi per l’anno di riferimento.
Qualora, viceversa, il sodalizio si trovi a svolgere
attività commerciale con carattere di abitualità avrà l'obbligo di
richiedere, entro 30 giorni dall'inizio (in armonia con quanto disposto
dell'art. 35 del D.P.R.633/72) al competente Ufficio dell'Imposta sul
Valore Aggiunto, l'attribuzione della P. I.V.A. (che avrà, altresì
valenza di Codice Fiscale nel caso di costituzione di Associazione e
contestuale inizio di attività
commerciale accessoria).
L'attribuzione della Partita I.V.A. determina
l'acquisizione dello status di imprenditore ed assoggetta, almeno sul
piano generale, l'ente non profit alla disciplina prevista per tutti gli
altri operatori economici.
Una delle novità sostanziali introdotta dalla nuova
formulazione dell'art. 109 del T.U.I.R., improntata al concetto della
trasparenza, prevede la obbligatorietà circa la separazione della
contabilità relativa alla attività istituzionale da quella
commerciale. Tale nuovo obbligo (che come vedremo produrrà notevoli
riflessi ai fini della determinazione dell'IRAP) comporta una serie
notevole di adempimenti. In primo luogo sarà necessario determinare
quali siano i beni relativi all'impresa applicando il disposto dell'art.
77 commi 1 e 3bis T.U.I.R.. Inoltre
sarà necessario procedere alla ripartizione delle spese e degli altri
componenti negativi afferenti le due attività in maniera promiscua. Sarà
deducibile, al sensi dei comma 3bis dell'art. 109 T U 1 R , l'importo
risultante in base al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e proventi
della sola attività commerciale e l'ammontare di tutti i ricavi e
proventi.
ESEMPIO
ricavi
commerciali
10.000
entrate
istituzionali
40.000
costi
promiscui
2.000
la parte
deducibile sarà di 400 data da:
10.000
‑---------
x 100 = 20%
50.000
2.000 x 20% =
400
Relativamente all'utilizzo
promiscuo degli immobili, é altresì stabilito che il rapporto di cui
sopra debba essere applicato alla rendita catastale (se trattasi di
immobile di proprietà). al canone di locazione (se trattasi di immobile
utilizzato in locazione), o al canone di locazione finanziaria (se
trattasi di immobile utilizzato mediante contratto di locazione
commerciale o leasing)
L'art. 13 del D.P.R. 600/73
contempla alla lett. g), tra i soggetti obbligati alla tenuta delle
scritture contabili, anche gli enti non commerciali. In linea generale
quindi, le associazioni sportive sono obbligate ad istituire le
scritture contabili previste dell'art. 14 stesso decreto (Libro
giornale, libro inventari, registri I.V.A. ecc.). All'atto pratico, e
fatto ovviamente salvo l'aspetto civilistico, gli enti in questione sono
esonerati sul piano fiscale, da tale obbligo qualora abbiano optato per
la contabilità semplificata di cui all'art. 18 (come previsto dall'art.
9bis del D.L. 30/12191 N' 417) o forfetaria se ricorrono le condizioni
previste relativamente al volume d'affari (sul piano quantitativo) e
sussistendone i requisiti.
Operata questa doverosa premessa
é comunque significativo evidenziare che é stato introdotto dal
D‑Lgs 460/97 l'obbligo per le associazioni in argomento di
redigere un rendiconto economico e finanziario. Tale formulazione, in
contrasto con la normale accezione di Bilancio tipico delle società e
degli enti commerciali, si richiama espressamente alla contabilità
pubblica. A fronte di ciò non è quindi chiaro se il legislatore
intenda riferirsi ad un bilancio vero e proprio (stato patrimoniale e
Conto economico), né se sia richiesta una particolare forma.
Dall’ interpretazione letterale
si presume che sia necessario poter desumere da questo documento
l'ammontare delle operazioni economiche dì costi e ricavi (in base al
principio della competenza) ed altresì conoscere la movimentazione
delle entrate e delle uscite, dei debiti e dei crediti (in base al
principio della cassa).
A tale proposito è utile segnalare che, secondo i principi
emanati dal Comitato dei Dottori Commercialisti. è ammessa la redazione
di un bilancio in forma semplificata sino ad un volume d'affari massimo
di Euro 50.000,00. annui.
Partendo dal documento richiesto
a fine esercizio, possiamo ben comprendere come, indipendentemente dal
regime contabile adottato (o prescindendo completamente dallo stesso nel
caso in cui non venissero svolte operazioni commerciali) l'associazione
avrà comunque l'obbligo di tenere una contabilità organizzata, seppure
su base elementare, che le consenta, su registri non vidimati, di
annotare le operazioni positive e negative con le conseguenti entrate e
uscite di denaro al fine di poter redigere nel termini il documento
previsto. Poiché sono poche le A.N.R. che hanno la possibilità di
avvalersi della contabilità ordinaria, si ritiene sufficiente
l'istituzione di un registro cronologico dei costi e dei ricavi e delle
entrate e delle uscite nel quale tali
operazioni dovranno essere cronologicamente annotate secondo le
disposizioni civilistiche (art. 2219 e 2220 del C.C.) Si ricorda
ulteriormente che tali operazioni dovranno essere sistematicamente e
cronologicamente registrate tenendo separati movimenti istituzionali da
quelli commerciali in ossequio a quanto disposto dall'art. 109 2° comma
del T.U.I.R...
REGIMI
CONTABILI
Fatto ovviamente salvo quanto
previsto dalla normativa civilistica relativamente alla tenuta della
contabilità da parte delle imprese (art. 2414 C.C.) è necessario
precisare, innanzitutto, che l'ass. sportiva non ha l'obbligo, sotto il
profilo fiscale, della tenuta della contabilità ordinaria se non nel
caso in cui il suo volume d'affari superi la soglia dei 600 milioni se
l'attività commerciale è relativa a prestazioni di servizi o di 1
miliardo qualora si tratti di cessioni di beni.
A parte quindi i limitati casi
succitati, l'A.S. non ha gli obblighi contabili previsti per le società
di capitale ed enti assimilati
E’ tuttavia evidente che per i soggetti che operano nel
terzo settore la tenuta della contabilità non ha utilità limitata alla
redazione del bilancio (o rendiconto che sia) richiesto dalla normativa
vigente. E' necessario procedere ad una rendicontazione quanto più
possibile efficace al fine di rendere edotti gli associati e
partecipanti relativamente alle spese, agli investimenti ed alla
conseguente crescita o riduzione del fondo associativo. E' altresì
importante avere una buona conoscenza della situazione
economico‑patrimoniale al fine di poter operare le necessarie
scelte in tema di investimento.
Per i suesposti motivi si ritiene
che i principi generali applicati alla contabilità possano e debbano rendersi
applicabili agli enti non profit, e più specificamente i concetti di:
‑ competenza economica (periodo di riferimento);
‑ prudenza,
‑ inerenza;
- trasparenza (verificabilità ed
analiticità dei dati);
- neutralità nella valutazione
di bilancio.
Il fine resta comunque quello di
poter dare modo di rilevare, dagli schemi di bilancio, i necessari
elementi di analisi, desunti dalla situazione economica, finanziaria e
patrimoniale, per una seria valutazione della potenzialità relativa al
raggiungimento degli scopi istituzionali. Tali operazioni devono essere
assolti attraverso l'ausilio della nota integrativa,
Da tali considerazioni discende
che il bilancio, anche in tali casi, rappresenta un insieme di dati tra
loro omogenei ed aventi le caratteristiche descritte dai quali deve
emergere il risultato prodotto in un determinato periodo per effetto
della gestione. In assenza di una chiara normativa che imponga
determinati schemi si ritiene vi siano due possibilità; la prima
prevede l'assoggettamento anche per gli enti non profit, allo schema del
Bilancio C.E.E. (D. Lgs. 9/4/91 n° 127 di recepimento della IV
Direttiva). La seconda prevede l'istituzione di uno schema di bilancio
(o rendiconto come indicato dalla normativa fiscale) dalla natura molto
elementare e lasciato alla massima libertà di adattamento alle singole
esigenze. In questa seconda ipotesi lo schema potrebbe essere
pressappoco il seguente:
ENTRATE ISTITUZIONALI -
COSTI ISTITUZIONALI.. ….…………… = RISULTATO DELL'ATTIVITA'
ISTITUZIONALE (A)
ENTRATE COMMERCIALI
- COSTI DA ATTIVITA'
COMMERCIALE = RISULTATO DELL'ATTIVITA' COMMERCIALE (B)
(A)
+ (B) = RISULTATO ECONOMICO COMPLESSIVO LORDO
RISULTATO ECONOMICO COMPLESSIVO - INCASSI
DI COMPETENZA DA CONSEGUIRE + COSTI DI COMPETENZA DA SOSTENERE
= RISULTATO FINANZIARIO COMIPLESSIVO (in base al criterio di
cassa)
SITUAZIONE
PATRIMONIALE ALL'INIZIO DEL PERIODO +
INCREMENTI
PATRIMONIALI DI PERIODO (C)
-
DECREMENTI
PATRIMONIALI DEL PERIODO (D)
=
SITUAZIONE
PATRIMONIALE DI FINE PERIODO
In sede di attribuzione della P.
I.V.A. (oppure in sede di dichiarazione I.V.A.) il legale rappresentante
potrà formulare la propria opzione per un regime forfetario (va tenuto
presente che, indipendentemente dalla formulazione dell'opzione,
l'ufficio sarà tenuto a ritenere valido il regime applicato dal
contribuente desumendolo dal comportamento dallo stesso adottato come
previsto dal D.P.R. 10/11/97 N° 442 in attuazione dell'art. 3 comma 137
lett. b) L. 662/96. Sono ovviamente fatte salve le eventuali sanzioni
per omessa o tardiva comunicazione). Ad evitare errati comportamenti è
bene chiarire subito che l'applicazione di un sistema forfetizzato
soddisfa le esigenze di carattere impositivo (non sempre‑vds IRAP)
ma non è sufficiente a soddisfare il requisito della rendicontazione (e
della contabilità separata sancito dalla nuova formulazione dell'art.
109).
A prescindere dal regime contabile adatto al fine della
determinazione del reddito e dell' I.V.A.), non può non essere tenuta
una contabilità, nelle forme che vedremo, finalizzata, non solo al
rispetto del criterio di determinazione analitico dei risultato
economico derivante dall'attività istituzionale e da quella
commerciale, ma anche al fine di poter regolarmente determinare la base
imponibile I.R.A.P..
Nel contesto dell'art. 109bis del
T.U.I.R. viene affiancato al sempre valido regime di cui alla L. 398/91,
un nuovo regime forfetario che ha valenza solo ai fini
dell'imposizione diretta. Tale regime prevede un tetto massimo di
incassi (determinati ai sensi dell'art. 53 del T.U.I.R.) per la sua
applicazione, più ampio di quello di cui alla L. 398/91: relativamente ai proventi
non derivanti da prestazioni di servizi:
‑ LIT.
360 milioni per attività commerciale di prestazione di servizi (come la
L. 398/91)
‑
LIT. 1 miliardo per attività commerciali di altra natura.
I coefficienti applicabili,
differenziati in base a scaglione e per natura dell'attività, sono,
viceversa, meno vantaggiosi.
PRESTAZIONE DI SERVIZI
15%
fino a LIT 30 milioni di incassi
25%
oltre i 30 milioni e fino ai 360 milioni
ALTRE ATTIVITA':
10% fino a 50 milioni di incassi
15% oltre i 50 milioni e fino ad 1 mld
Il coefficiente da applicarsi è
determinato, per i soggetti che svolgono sia attività di prestazione di
servizi sia altre attività, in base alla prevalenza quantitativa dei
ricavi dell'una o dell'altra attività. In mancanza di distinta
annotazione si considererà prevalente l'attività di prestazione di
servizi (con conseguente applicazione del coefficiente pro‑fisco).
All'importo determinato mediante l'applicazione di tali coefficienti
andranno aggiunte le altre componenti positive determinate ai sensi
degli artt. 54, 55 , 56 e 57 del T.U1R‑ (cioè plusvalenze,
sopravvenienze, ecc.)
In assenza di supero del limite nel corso dell'anno, tale
regime si estende di anno in anno.
Tale opzione, per i soggetti che
già sono in possesso della P. I.V.A., deve essere esercitata in sede di
Dichiarazione dei Redditi ed ha effetto (retroattivo) dall'inizio del
periodo in cui è stata esercitata.
Tale opzione è vincolante fino a
revoca e comunque per almeno un triennio (fatto salvo il caso di
splafonamento dei limiti previsti).
Anche la revoca ha effetto
retroattivo con riferimento alla data di inizio dell'esercizio in cui è
stata presentata.
Come già accennato tale regime
forfetario ha valenza ai soli fini IRPEG ai fini della determinazione
dell'I.V.A. è quindi indispensabile la tenuta di una contabilità
analitica (I.V.A. da I.V.A.). Sono, tuttavia, applicabili le norme in
tema di semplificazione degli adempimenti contabili di cui ai commi 165
e 166 art. 3 della Legge collegata alla Finanziaria 1997.
LEGGE
398/91
Ha destato favorevolmente lo
stupore dei soggetti interessati il mantenimento in vita del regime
forfetario previsto dalla Legge n° 398 dei 16/12/91, ad opera
dell'inserimento dell'art. 109 bis dei T.U.IR
Dal momento della sua nascita,
tale regime fiscale agevolativo é stato considerato un grosso
"regalo" che l'Amministrazione Finanziaria ha voluto offrire
alle piccole associazioni sportive dilettantistiche (ed alle
pro‑loco) che svolgono accessoriamente attività commerciale; e ciò
non solo per la convenienza derivante dalla sua applicazione
(coefficiente di redditività del 3% e determinazione dell'I.V.A. in
base all'art. 74 dei D.P.R. 633/72 ‑ Regime SIAE) ma soprattutto
per la semplicità derivante dalla sua applicazione e per l'esonero dai
molteplici adempimenti formali di fatturazione, annotazione,
registrazione, contabilizzazione e dichiarazione (I.V.A.). Nell'analisi
dello spirito di questo regime agevolato, occorre, innanzitutto,
verificare a quali condizioni è consentita la sua applicazione. Il
primo requisito (qualitativo‑soggettivo) indica che beneficiari di
tale sistema possono essere solo ed esclusivamente, per quanto ci
riguarda, le Associazioni sportive dilettantistiche che operano secondo
la forma di ente non commerciale nella. accezione precedentemente
prevista (vds. criterio di
prevalenza di attività
istituzionale).
E' di tutta evidenza che la
perdita della qualifica di ente non commerciale (e la contestuale
trasformazione in ente commerciale) procurano, con decorrenza
dall'esercizio in corso, la conseguente impossibilità di applicazione
della L. 398/91. In secondo luogo viene posto un limite quantitativo annuo in ordine, agli incassi. Al momento della sua entrata in vigore tale
limite era fissato in
LIT. 100 milioni ed è stato via, via aumentato, di anno in anno, per
effetto degli adeguamenti deflativi previsti dal vari D.P.C.M.. Tale
plafond é attualmente stabilito, in
complessive LIT. 360.00.000. Ai fini dei computo di tale limite occorre
tenere conto di tutti i ricavi derivanti da attività commerciale
(art.53 T.U.I.R.), ovviamente al netto dell'I.V.A., e delle eventuali
sopravvenienze (art. 55 T.U.I.R.). Una volta determinato l'ammontare
imponibile (in base al principio di Cassa) si procederà, ai fini delle
Imposte Dirette, all'applicazione dei coefficiente di redditività dei
3% e si aggiungeranno le plusvalenze patrimoniali di cui all'art. 54 del
T.U.I.R_.
Relativamente
all'I.V.A. viene applicato il cosiddetto "regime SIAE": Tale
regime prevede l'abbattimento a forfait dell'I.V.A incassata nella
misura del 10% per le sponsorizzazioni, del 33,33% per le cessioni di
diritti radiotelevisivi e del 50% per altre attività. Non essendo
utilizzabile la distinta degli incassi da quando la SIAE non effettua più
servizio di riscossione. tale modello viene sostituito dal prospetto di
cui al D.M. 11/02/97 o registro per i "contribuenti minimi".
Mensilmente l'associazione provvede ad annotare su tale prospetto gli
incassi conseguiti ripartiti per aliquota. Entro il quindici del mese
successivo procede alla liquidazione dell'I.V.A. mediante l'applicazione
delle percentuali di detrazione forfetaria stabilite, ed entro il giorno
16 del secondo mese successivo alla chiusura di ciascun trimestre
(16/05‑16/08‑16/11 e 16/02)
provvede al versamento dell'imposta, tramite Mod. F24, senza
applicazione di interessi ed utilizzando il Codice 6729.
Oltre all'esonero dall'emissione di ricevute fiscali e
scontrini (D.M. 21/12/92 n. 6016) le associazioni sportive che si
trovano in questo regime agevolativo beneficiano di ulteriori esoneri:
‑ esonero dalla contabilità I.V.A. e Imposte Dirette
(vds eccezione IRAP)
- esonero dall'obbligo di
emissione di fattura (eccezione sponsorizzazione)
‑ esonero dall'obbligo di
presentazione della Dichiarazione I.V.A..
E’ invece fatto espresso obbligo di numerare e conservare
tutte le fatture attive e passive secondo i termini fiscali previsti. La
ratio di tale obbligo e di tutta evidenza; l'Autorità impositiva si
vuole garantire la possibilità di effettuare opera di controllo
relativamente alla regolarità e congruità dei ricavi dichiarati
attraverso il monte acquisti e spese, nonché in sede di eventuali
controlli incrociati.
E' possibile che l'Associazione
sportiva effettui acquisti o forniture intra‑comunitarie; in tali
casi correranno i seguenti obblighi:
- annotare in
apposita sezione del summenzionato registro le eventuali operazioni
attive intracomunitarie,
mantenendo
un'unica numerazione per tutti i documenti relativi alle operazioni
attive;
‑ annotare in apposta
sezione della distinta d'incasso e nel registro degli acquisti all'uopo
istituito, le eventuali operazioni passive intracomunitarie.
L'I.V.A. afferente gli acquisti
intra UE dovrà essere versata per intero mese per mese quale risultante
dalla dichiarazione conforme al Mod. INTRA 12.
Restano
fermi gli adempimenti previsti dall'art. 50 comma 6 del D.L. 331/93
relativi alla presentazione alla Dogana degli Elenchi INTRASTAT.
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