MONTAGNE PER SOFFRIRE ...MONTAGNE PER SOGNARE GRUPPO DELLA SCHIARA - Dolomiti Bellunesi |
Il versante nord del Monte Schiara dai «Van de Zità»
(foto di Stefano Reolon) |
Testo di
Giovanni Randi e Stefano Reolon "Teto" C.A.I. Sezione di Belluno |
||||||
«Schiara». Un nome che per i bellunesi significa molto.
Il gruppo della Schiara è la «montagna di casa»,
la meta privilegiata delle escursioni e delle imprese di molti alpinisti
locali.
Ben visibili dalla Val Belluna, queste montagne, all'apparenza così palpabili e vicine, sono invece aspre e selvagge; infatti, solamente da pochissimi decenni, sono abitualmente percorse da alpinisti ed escursionisti. Anche se una delle peculiarità principali del gruppo è la varietà di paesaggio, che offre a tutti gli appassionati la possibilità di divertirsi, vi predominano i tipici ambienti di media montagna, con pendii molto scoscesi coperti spesso di erba (lóppa in dialetto locale), bassi cespugli e caratterizzati dalla massiccia presenza del pino mugo.
Non è raro infatti l'incontro ravvicinato con il camoscio, sovrano incontrastato di queste zone, mentre si percorrono i difficili sentieri ed i caratteristici «viàz» (passaggi impervi), che mettono in crisi anche gli alpinisti più esperti per le loro difficoltà tecniche e di orientamento. Il gruppo è comunque attraversato anche da buoni sentieri e da comode mulattiere che, partendo da fondo valle e attraversando le zone perimetrali più disagiate, si addentrano lungo le valli principali fino a raggiungere il cuore del massiccio, dove la vegetazione lascia gradualmente il posto alla roccia nuda. Qui, sopra i 1500 metri circa, l'ambiente cambia totalmente: le pareti calcaree diventano imponenti, la loro verticalità si fa più pronunciata, si scoprono guglie molto affilate e torrioni slanciati; in poche parole si ritrova il tipico ambiente dolomitico.
La parete sud-ovest di quest'ultimo ne costituisce l'esempio più eclatante: con i suoi 1450 metri di dislivello può essere annoverata fra le più alte ed impegnative delle Alpi, specialmente per il problema degli accessi all'attacco. Su questa parete, ad opera di cordate bellunesi e polacche, si sono scritte pagine importanti nella storia dell'alpinismo dolomitico. Il gruppo è stato da sempre regno incontrastato dei valligiani locali, che ne raggiunsero la vetta più elevata (Schiara, m 2565) in epoca ignota, certo anteriormente alla prima salita documentata del monachese Gottfried Merzbacher, con le guide Cesare Tomè e Santo Siorpaes, il 17 settembre 1878. Non bisogna qui dimenticare un antico ed illustre visitatore di queste montagne, un cavaliere romano funzionario dell'Impero, colpito dalla selvaggia bellezza di questi luoghi. Il suo nome, Caio Flavio Ostilio Sertoriano, è giunto sino a noi grazie ad un magnifico sarcofago, conservato attualmente nel cortile di Palazzo Crepadona a Belluno, dove possiamo ammirare ancor oggi alcuni interessanti bassorilievi ed un'iscrizione in greco, che è stata così resa in latino dall'umanista bellunese P. Valeriano: «Vigila, vale, montium semper memor» (Stai attento ed in buona salute, ...e ricorda sempre i tuoi monti!) epitaffio da lui stesso dettato e che ci dimostra il suo profondo amore per le nostre montagne. Tornando ad anni a noi più vicini, il periodo fra la fine dell'ottocento ed i primi del novecento non vede grandi imprese. Gli unici che troviamo attivi nel gruppo sono gli alpinisti lombardi e veneti, grazie ai quali viene conquistato l'ardito obelisco della Gusèla del Vescovà (F. Jori, A. Andreoletti e G. Pasquali, 16 settembre 1913).
Ma la difficoltà degli accessi, assieme alla perdurante mancanza di punti di appoggio validi, dirotta sempre più spesso i forti arrampicatori bellunesi sulle altre crode dolomitiche, dove possono misurarsi con gli alpinisti di lingua tedesca. L'interesse per il gruppo della Schiara tende così a scemare ed è solo dopo la fine del secondo conflitto mondiale che vengono affrontati e risolti alcuni problemi alpinistici rimasti insoluti. |
|
|
Ma è dal 1952, con la costruzione del «Rifugio 7° Alpini» nella località Pis Pilón, proprio ai piedi della parete sud della Schiara, che il gruppo è reso accessibile ad un numero sempre maggiore di alpinisti ed escursionisti. Un'intensa attività porta alla conoscenza quasi completa di tutta la catena centrale. Nel frattempo si costruiscono anche le prime vie ferrate: la Zacchi, che supera brillantemente tutta la parete sud, fino al bivacco «Ugo Dalla Bernardina» presso la Gusèla del Vescovà, e la Berti che giunge fino alla vetta della Schiara lungo la cresta ovest. Con la pubblicazione delle prime guide, anche in lingua tedesca, la Schiara viene pian piano scoperta dagli appassionati di tutta Europa. Nonostante tutta questa apparente espansione, la zona mantiene sempre il suo aspetto selvaggio, ed alcune vie, specialmente sulla cresta delle Pale del Balcón e sul Burèl, conservano a tutt'oggi le difficoltà incontrate dai primi salitori ed un fascino tutto particolare per i grandi dislivelli, l'ambiente incontaminato e gli accessi lunghi e complicati.
Ma anche per gli escursionisti non mancano certo le possibilità di itinerari di varia bellezza ed impegno, su sentieri ottimamente tracciati, anche nelle gole più aspre, dove si incontrano sovente i resti di antichi insediamenti a ricordo di una vita un tempo molto attiva: una vita di sacrifici, di solitudine, di tenace lavoro, come dimostrano le «casère» (case o ricoveri di montagna) e le malghe ancor oggi visibili. Non è difficile trovare tracce di vecchie teleferiche, ricoveri, come pure i segni di antiche opere di difesa del suolo, a testimonianza di un vero amore per la montagna che oggi, purtroppo, sta diventando sempre più debole e si nasconde sotto le apparenze di un falso ecologismo alla moda. La conformazione di queste montagne è caratterizzata da fianchi assai ripidi e valli strette che si incuneano fin sotto le cime rocciose principali; questa mancanza di luoghi adatti ha sempre limitato gli insediamenti umani a carattere permanente e questo spiega come, fino ad oggi, la zona si sia potuta mantenere così meravigliosamente intatta. |
Panoramica dal monte Célo: da sin. «Gusèla del Vescovà», Pale del Balcón e «Burèl» (foto di Stefano Reolon) |
E con questa realtà ancor oggi tangibile, si stà concretizzando la nascita del «Parco delle Dolomiti Bellunesi». Una riserva naturale che, con la sua conformazione aspra ed ostile agli insediamenti dell'uomo, sembra voler mantenere da sola la propria integrità, anche senza la necessità di leggi o servizi di vigilanza. Già buona parte del gruppo è oggi tutelata dalla «Riserva Naturale della Schiara Occidentale» (sotto il diretto controllo e la gestione del Ministero per l'Agricoltura e le Foreste), che comprende le zone verso la Val Cordevole ed è circa un terzo della superficie complessiva. La speranza dei bellunesi è che l'istituendo Parco non diventi un nuovo aggravio sulle spalle dei montanari locali o fonte di speculazioni a favore di pochi, ma porti un reale beneficio all'economia delle popolazioni residenti e favorisca soprattutto la tutela dell'intero gruppo della Schiara.
© testo by Stefano Reolon and Giovanni Randi
© foto by Stefano Reolon |