IL RUOLO DEL CAFFE NELL'ALIMENTAZIONE I paragrafi principali
COMPOSIZIONE
MEDIA DEL CAFFE CRUDO La
composizione delle due specie di coffea Arabica e Canefhora nella varietà
robusta è assai diversa. La caffeina varia nelle due specie dallo 0,9 al
2,16%, la sostanza secca estraibile (costituita soprattutto da cellulosa e
polisaccaridi) dal 29 al 35%; i grassi dal 7'2 al 16,5%; la trigonellina
dallo 0,32 al 1,4%; gli acidi clorogenici dal 5,8 all'85%; l'acqua dal 6 al
14%; gli zuccheri dal 7 al 10%. I
grassi contenuti nei semi del caffè contengono fino al 2,7% di acido
linoleico. Questo potrebbe essere interessante dal momento che recentemente è
stato visto che un isomero dell'acido linoleico può avere alcune proprietà
anticarcinogene come antiossidante. Tra
le numerose sostanze presenti nel caffè sino ad oggi sono stati identificati
360 costituenti chimici volatili tra i quali si annoverano idrocarburi,
alcali, aldeidi, chetoni, fenoli, esteri, lattoni. STRUTTURA
FISICA E COMPOSIZIONE CHIMICA DEL CAFFÈ' TOSTATO In
generale vi è una forte riduzione del contenuto idrico (2-3%); la caffeina si
riduce del 20%, la trigonellina può diminuire anche del 75% e gli acidi
clorogenici fino al 60%. Una piccola parte degli idrocarburi policiclici
aromatici, presenti in tracce nel caffè viene eliminata con i fumi. La
caffeina nel caffè verde si trova sotto forma di clorogenato di caffeina e
clorogenato di potassio, mentre nel caffè torrefatto è presente allo stato
libero. La
trigonellina sembra avere una piccolissima influenza diretta sulla qualità
della miscela, comunque è biologicamente importante perchè nella torrefazione
viene dimetilata ad acido nicotinico; il caffè potrebbe essere una fonte
significativa di questa vitamina nella dieta. La quantità di acido nicotinico
nel caffè dipende dalla quantità di trigonellina nel caffè verde e dal modo
di tostatura dei chicchi di caffè. Ad esempio una tazza preparata nello stile
dell'Europa settentrionale (caffè più chiaro, meno tostato) può contenerne
circa 1 mg, mentre una tazza di caffè all'italiana (più scuro, più a lungo
tostato) può contenere fino a 2-3 mg di acido nicotinico. L'acido
clorogenico merita un posto a parte tra gli acidi organici contenuti nel
caffè (acetico, piruvico, ossalico, malico, citrico, caffèeico, chinico,
tannico ecc.). Contenuto in quantità maggiore nella specie robusta rispetto a
quella Arabica, nel caffè verde segna valori varianti da 5,2 a 9% al grammo.
Dopo la torrefazione il tasso di questo acido scende tra il 2,1 ed il 4% al
grammo. Il tono blu di certi tipi di caffè sarebbe causato dall'acido
clorogenico e dal magnesio. LA
CAFFEINA Il
principale companente del caffè è la caffeina, una 1,3,7 trimetilxantina
derivata dalla purina come la teofillina e la teobromina con le quali ha in
comune azioni farmacologiche. La
xantina è invece una diossipurina strutturalmente analoga all'acido urico
(Fig.1) Il contenuto
di caffeina varia tra il caffè espresso bevuto a casa e quello bevuto al bar.
Con gli apparecchi domestici il volume del liquido aumenta aggirandosi sui
35-50 ml e la quantità di caffeina varia fra i 56,4-121 mg. Nel caffè
espresso del bar invece, la quantità di caffeina si aggira fra i 55,1-110,6
mg. La
trigonellina segue un andamento diverso spostandosi da 20-49 mg a 17-40 mg. Nei
Paesi anglosassoni, Stati Uniti compresi, si usano 15-16 gr di caffè per
preparare una tazza ottenendo circa 200 ml di bevanda. Bere il caffè
anglosassone e bere il caffè espresso non è quindi la stessa cosa anche a
parità di miscela adoperata. Consumando
tre espressi all'italiana al giorno si ingeriscono mediamente attorno ai 300
mg di caffeina e circa 12 mg di acido nicotinico. Nel caso del caffè
anglosassone, quando questo viene usato come bevanda durante i pasti, il
consumatore ne beve due razioni di 200 ml al giorno ed ha così ingerito circa
500 mg di caffeina e circa 115 mg di acido nicotinico. Una
tazza di caffè preparato con 8 gr di macinato della specie Arabica apporterà
mediamente 80 mg di caffeina, 130 mg di potassio e 16 mg di sodio. Preparata
con 8 gr di specie Robusta i valori salgono rispettivamente a 200 mg, 143 mg
e 53 mg. (2) CONTENUTO
IN CAFFEINA DI ALCUNE BEVANDE (IN MG. ) - (4) Caffè
espresso al bar : 60-120 Caffè
alla napoletana : 60-130 Caffè
solubile : 40-110 Caffè
decaffeinato : 2-5 Caffè
americano : 97-125 Caffè
in polvere (100 gr) : 1000-2000 Thè
(una tazza) : 15-20 (fino a 90) Thè
in lattina : 20-35 Bevanda
tipo cola (una lattina) : 30-40 Cioccolata
(una tazza) : 10 Meccanismi
biochimici dell'azione della caffeina I
lavori di Sutherland hanno chiarito dei meccanismi biochimici che spiegano
alcune delle azioni metaboliche della caffeina. Sutherland
ha osservato che l'AMP ciclico (c-AMP) funziona da secondo messaggero
nell'azione di numerosi ormoni (ad es. adrenalina, glucagone,tiroxina). Il
primo messaggero è l'ormone stesso che si lega a recettori specifici,
presenti sulle membrane plasmatiche delle cellule bersaglio, attivando
l'adenilciclasi. Quest'enzima, legato alla membrana, catalizza la sintesi di
c-AMP da ATP. Il
c-AMP attiva, qundi, una proteina chinasi che modula l'attività di diverse
proteine intracellulari fosforilandole. (Fig.2) Studiando
il metabolismo del glicogeno si è visto, per es., che la proteina chinasi
atttiva la fosforilasi (tramite la fosforilasi chinasi) da una parte e,
simultaneamente, blocca la glicogenosintetasi (direttamente) dall'altra. Ciò
porta nello stesso tempo ad una aumentata degradazione del glicogeno e ad una
sua ridotta sintesi. Questo meccanismo a cascata di reazioni ha lo scopo di
amplificare lo stimolo ormonale originale. Un
meccanismo analogo a quello responsabile della stimolazione ormonale della
glicogenolisi è quello che presiede alla lipolisi. Anche in questo caso il
c-AMP, stimolando una proteina china si trasforma la lipasi ormono sensibile
inattiva in forma attiva. Ciò
comporta l'idrolisi dei trigliceridi di deposito con liberazione in circolo
di glicerolo ed acidi grassi liberi (free fatty acids, FFA). Di conseguenza
processi che diminuiscono o creano un accumulo del c.AMP modificano la
lipolisi. Il c-AMP viene degradato a 5'-AMP dall'enzima fosfodiesterasi.
Questo enzima risulta inibito dalla caffeina la quale, pertanto, provoca un
accumulo del c-AMP, un aumento della lipolisi e, conseguentemente, un rialzo
significativo e prolungato in circolo dei FFA. Hanno
un effetto lipolitico anche l'adrenalina, la noradrenalina, l'ACTH, il TSH,
il glucagone, l'ormone tiroideo, tutte sostanze che attivano l'adenin
ciclasi, mentre hanno un effetto antilipolitico l'insulina, la prostaglandina
E1 e l'acido nicotinico che inibiscono l'adenin ciclasi. (Fig.3) (5) AZIONI
FARMACOLOGICHE DELLA CAFFEINA Sistema
nervoso centrale L'azione
della caffeina sul sistema nervoso centrale si manifesta a vari livelli.
Esercita una stimolazione diretta sulla corteccia migliorando la prestazione
psicomotoria e la resistenza al sonno ed alla fatica. Al livello del midollo
allungato stimola il centro respiratorio, il centro vaso motore ed il vago
producendo un aumento del volume respiratorio minuto, una vaso costrizione
periferica e bradicardia. Nel midollo spinale facilita la risposta motoria
creando iperiflessia.Quest'ultimo effetto può portare negli animali da
esperimento a convulsioni cloniche ed alla morte. Va detto, tuttavia, che la
dose tossica letale di caffeina per l'uomo è assai alta, pari a più di 5
grammi corrispondente a 40-50 tazzine di caffè al giorno. Sistema
cardiocircolatorio Ogni
settore del sistema cardiocircolatorio risente dell'azione della caffeina.
Gli stimoli sono talora antagonisti per cui l'effetto finale non è nè
costante nè univoco. La caffeina provoca tachicardia sinusale, favorisce
l'insorgenza di ritmi ectopici e migliora la forza di contrazione miocardica.
Queste azioni, che si esrcitano direttamente sul miocardio indipendentemente
dall'innervazione, portano ad un mascheramento della bradicardia indotta
dalla stimolazione del vago, all'insorgenza di extrasistolia, di tachicardia
sopraventicolare ed a un aumento della gettata cardiaca. Il circolo
periferico viene dilatato dalla caffeina per azione diretta miorilassante. A
questa azione ipotensivizzante si contrappone l'effetto pressorio dovuto alla
stimolazione midollare e cardiaca. Anche le coronarie vengono dilatate dalla
caffeina, per cui all'aumento del lavoro cardiaco da aumentata gettata
corrisponde un aumento del flusso coronarico. Contrariamente a quanto si
verifica per il circolo cerebrale per cui la caffeina, spesso in associazione
con ergotamina, viene utilizzata nel trattamento della cefalea vasomotoria. Muscolatura
liscia L'azione
diretta miorilassante della caffeina si esplica non solo sui vasi ma anche
sui bronchi, favorendone la dilatazione, sulle vie biliari e sul tratto
gastroenterico modificandone, ed alte dosi il tono e la peristalsi. Tuttavia
la costipazione che si può osservare nei forti bevitori di caffè è da
attribuire più al tannino, presente soprattutto nel thè che alla caffeina. Gli
olii essenziali e le cere contenuti nel caffè possono causare irritazioni
gastro-intestinali con diarrea. Altre
azioni farmacologiche La
caffeina aumenta la diuresi riducendo probabilmente il riassorbimento
tubulare del sodio e aumentando il filtrato glomerulare. A
livello gastrico il caffè aumenta la secrezione sia dell'acido cloridrico che
degli enzimi: Esso è pertanto da limitare in presenza di ulcera peptica. Sul
metabolismo basale la caffeina esercita un'azione di stimolo; 500 mg di
caffeina, che sono l'equivalente di 5 tazze di caffè possono aumentare il
metabolismo basale del 10 e talora del 25% con un massimo dalla prima e la
terza ora dall'assunzione. (6) RAPPORTI
CAFFÈ - SALUTE La
letteratura epidemiologica sull'argomento è vastissima e contraddittoriale. La
quantità di caffeina, varia notevolmente a seconda del tipo di torrefazione
dei chicchi e delle modalità di preparazione. Indagini effettuate fra donne
(4) che preparavano il caffè in modo usuale, nonchè fra bar, ristoranti e
clubs, hanno confermato l'estrema variabilità dei contenuti in caffeina. Solo
quando il tipo di caffè rimane identico e le modalità di preparazione sono
attuate dalla stessa mano, si ha una certa costanza di valori. Questo
significa che per effettuare ricerche sull'influenza del caffè sulla salute
si incorre in difficoltà di interpretazione dei dati statistici. Anche lo
studio sull'animale non è estrapolabile in toto all'uomo in quanto non
conosciamo fino a che punto il metabolismo della caffeina (ma anche degli
altri componenti del caffè) sia nell'animale simile a quello umano. CAFFÈ
E COLESTEROLO Due
recenti segnalazioni hanno correlato il consumo di caffè e la concentrazione
serica di colesterolo. Thelle e coll. (21) esaminarono 7213 donne e 7368
uomini di età compresa fra i 20 ed i 58 anni a cui era stato dosato il
colesterolo totale, il colesterolo HDL ed i trigliceridi. I soggetti
esaminati risposero ad un questionario che includeva domande sul fumo, caffè
attività fisica, alcool, età e peso. Risultò una stretta connessione tra il
consumo di caffè e l'aumento del tasso di colesterolo totale. Il loro studio
fu in seguito sostenuto da Arsen e coll. (22) (Fig.4); i dati in entrambi i
lavori erano basati sul caffè bollito. Forde
e coll. (23) nel 1985 riportarono uno studio per valutare gli effetti
dell'astenzione dal bere caffè (preparato in due modi: bollito o filtrato)
sulle concentrazioni ematiche dei lipidi in uomini con ipercolesterolemia. Il
tasso di colesterolo diminuiva significativamente in tutti i soggetti che non
assumevano caffè per 5 settimane rispetto a quelli che continuavan ad
assumerne. La concentrazione continuava a scendere nei soggetti che non
bevevano caffè per 10 settimane. Il colesterolo ematico aumentava nuovamente
nei soggetti che tornavano a bere caffè bollito, ma rimaneva invariato in
quelli che riprendevano ad assumere caffè filtrato (Fig.5). In base ad una
analisi di 24 studi crociati Bak (24) ha stimato che per ogni tazza
giornaliera di caffè filtrato consumata, la concentrazione di colesterolo totale
aumenta di 0.08 mmol/l; l'aumento corrispondente al consumo di caffè bollito
è di 0.038 mmol/L. L'idea
che il caffè contiene un fattore innalzante i lipidi fu di Zock e coll. (25).
Lo studio fu effettuato riscaldando 1350 litri di acqua fino al punto di
ebollizione, l'acqua venne divisa in 150 parti ed in ciascuna si aggiunsero
Kg 15 di caffè. Il prodotto ottenuto dopo centrifugazione fu somministrato a
10 volontari con il loro pranzo per 6 settimane in modo da consumare
l'equivalente lipidico di 6-7 tazze di caffè ogni giorno. Durante questo
studio le LDL aumentarono di 0.85 mmol/L. Quindi qualunque sia la sostanza
respnsabile di tale effetto non si trova nel caffè filtrato. Le
differenze nazionali e regionali degli effetti del caffè sulla concentrazione
del colesterolo possono essere spiegate dal metodo di preparazione. CAFFÈ
E CANCRO Pancreas Suti
di autori americani (34) negli anni 80 hanno dimostrato un netto rapporto tra
numero di tazzine di caffè ed incidenza di carcinoma pancreatico con
prevalenza nel sesso femminile. Ulteriori
ricerche di controllo eseguite da altri Autori (19) non hanno confermato gli
studi precedenti pertanto, in attesa di conoscere meglio il meccanismo di
azione oncogenetica del caffè, si puo concludere che tale bevanda può solo
rappresentare un coofattore secondario tra gli agenti eziologici della
malattia. Colon Bjelke
(35-36) ha effettuato uno studio su 421 casi controllo. Da questi studi ha
dedotto che esiste una relazione tra consumo di caffè e riduzione del rischio
del cancro al colon. Nessuna
relazione è stata invece riscontrata in altri 2 studi di casi controllo (37)
ed in un terzo si è invece riscontrato un incremento del rischio al cancro.
(38) In
un follow up condotto nel Norway (39) su 16555 persone non si è evidenziata
alcuna associazione tra il consumo di caffè e tumore del colon nei soggetti
al di sotto dei 65 anni mentre si è notata una modesta associazione nei più
anziani. Bjelke
(35) 12 anni fa ha tentato di spiegare queste correlazioni: secondo questo
autore il caffè contiene delle sostanze che riducono l'escrezione degli acidi
biliari, degli steroli neutri o di entrambi pertando riduce il rischio di
cancro del colon ma incrementa il livello serico di colesterolo. Va ricordato
che gli acidi biliarisono potenti promotori del cancro del colon negli
animali. Inoltre si è visto che persone con diete associate con un alto
rischio di cancro del colon, hanno un'aumentata escrezione di metaboliti
steroidei e pazienti con cancro del retto presentano alta concentrazione di
acidi biliari fecali. (40) lowenfels
(41) ha notato che in persone con diete ricche di colesterolo e grassi
associate a basse concentrazioni di colesterolo serico, vi è un incremento
dell'escrezione di colesterolo.Questo spiega la relazione inversa tra il
colesterolo ematico e il cancro del colon (42). Tornberg e coll. (43) infatti
trovarono un'associazione positiva tra livelli ematici di colesterolo e
betalipoproteine con il cancro del retto e del colon. La connessione tra il
consumo del caffè ed incremento della concentrazione di colesterolo con il
ridotto rischio di cancro del colon, forse può essere valida solo per gruppi
di popolazioni con alti apporti di grassi. Questo può spiegare l'associazione
positiva (o assente) tra il bere caffè ed il rischio di cancro del colon
trovata negli Avventisti (44) e nella popolazione giapponese delle Hawaii
(45) La somministrazione di caffeina e di estratti di caffè in animali di
laboratorio sofferenti di tumori provocati o seguiti nell'ambito di ricerche
prospettiche ha avuto esiti contraddittori: in alcuni casi si blocca
l'induzione del tumore, in altri la si accentua. Cancro
della mammella La
Vecchia (4) ha confermato una modesta associazione tra il consumo di caffè e
tumore mammario ma non ha potuto dimostrare l'esistenza di un fattore in
relazione con la dose. Cancro
ovarico Gli
studi condotti da Stocks (34) nel 1970, Trichopoulos (46) nel 1981 confermano
una debole connesione tra il consumo di caffè e cancro ovarico. Infatti
un'incidenza di tale malattia si era riscontrata maggiormente nelle donne che
bevevano 2 opiù tazze di caffè al dì. Hartge
e coll. (47) riportarono un rischio relativo al cancro ovarico di 1.3 nelle
donne che bevevano alcune tazza di caffè in confronto alle non bevitrici.
L'intervallo per il rischio relativo da 0.8 a 2.2 è chiaramente associato con
nessun effetto consistente. Vescica
e rene Nel
1974 Cole (48) riportò una associazione tra il bere caffè ed il cancro del
basso tratto urinario soprattutto nelle donne. Con gli stessi dati Schmauz e
Cole (49) misero a confronto pazienti affetti da cancro renale ed uretrale
con quelli con cancro della vescica. Si notò che il rischio esisteva soltanto
in coloro che consumavano più di 7 tazze al giorno. Dal momento che le
persone che si trovavano ad assumere questa quantità di caffè sono poche, ne
risulta che il campione era troppo esiguo per trarne giuste conclusioni.
Anche in studi successivi si È trovata soltanto una debole connessione tra
consumo di caffè e cancro vescicale. Per il cancro renale non si è trovata
alcuna relazione. CAFFEINA
UMORE E RENDIMENTO Generalmente
si considera la caffeina come uno stimolante che aiuta a stare svegli ma
questa realtà non è mai stata verificata su basi rigorosamente
scientifiche.Prescindendo dai numerosi esperimenti in cui ai soggetti
venivano somministrate dosi di caffeina relativamente elevate, non si è mai
giunti ad una conclusione vera e propria circa gli effetti che questa
sostanza produce sul comportamento umano. (63) Il
dottor Harris R. Lieberman tenta di spiegarne la ragione.Nella maggior parte
degli esperimenti condotti sino ad ora sono stati somministrati dosaggi molto
superiori alle quantità presenti nelle normali consumazioni".Tuttavia,
considerando gli elevati dosaggi somministrati si sarebbero dovuti osservare
determinati effetti psicologici. Le
ragioni che conducono a questa mancanza di coerenza nelle conclusioni degli
studi condotti sugli effetti comportamentali della caffeina, sono molti e
vari. In primo luogo gli esperimenti sono stati solo parzialmente condotti in
modo omogeneo vale a dire, di volta in volta si sono adottate regole sempre
diverse, negando la possibilità di mettere a confronto i risultati ottenuti.
In secondo luogo, gli effetti della caffeina sulla vigilanza e/o sull'umore
possono essere rilevati solo attraverso test psicometrici scientifici e molto
precisi; i tipi di test adottati in fase di sperimentazione, sono stati
invece, molto diversi fra loro e non tutti avevano lo stesso grado di
precisione. Inoltre l'elaborazione statistica dei risultati non è sempre
avvenuta in condizioni ottimali.L'unico dato certo è che la caffeina aumenta
l'ansia e la depressione nei pazienti psichiatrici. A
tale conclusione sono giunti i dottore J.F.Greden, P.Fontaine e M.Lubetski,
dell'università del Michigan di Ann Arbor, dopo aver osservato che un'alta
percentuale di ricoverati nel loro ospedale per sindromi depressivo ansiose
risultava forte (più di 750 mg al dì -circa 7-8 tazze di caffè) e media (da
250 a750 grammi al dì) consumatrice di caffeina. Oltre che forti dosi
dell'alcaloide del caffè, i depressi consumavano anche forti dosi di
tranquillanti minori, sedativi, alcool e sigarette. In molti casi il caffè
sarebbe dovuto servire a vincere la sonnolenza data dai tranquillanti ma in
effetti i forti consumatori erano generalmente quelli che lamentavano più
degli altri ansia, stanchezza e depressione. Gli psichiatri del Michigan
suggeriscono un'accurata anamnesi dei depressi per svelare eventuali sintomi
di caffeinismo ma non pensano che l'ansia o la depressione da caffè possa
manifestarsi anche in persone normali. In
in individuo sano il caffè agisce sui centri nervosi arrecando un generale
senso di benessere. Aiuta ad essere maggiormente vigili ed attivi nel lavoro
soprattutto in quello che richiede maggiore prontezza di riflessi. L'azione
eccitante della caffeina allontana la sonnolenza, la stanchezza sia fisica
che psichica. Potenzia le capacità della memoria e della concentrazione;
attenua le cefalee e le emicranie in genere. Tutti questi fenomeni sono
comunque soggettivi e variano soprattutto in relazione all'abitudine al
caffè. CONCLUSIONI
-Esistono
pareri discordi riguardo l'associazione caffè-malattie coronariche pertanto è
prematuro affermare che tutte le domande sul caffè, caffeina e malattie cardiovascolari
abbiano avuto risposta. -Si
è evidenziata una stretta connessione tra il consumo di caffè e l'aumento del
tasso di colesterolo totale. -L'effetto
ipertensivo del caffè è modesto e di breve durata: scompare in due ore. -In
soggetti predisposti la caffeina facilita l'insorgenza di aritmie
sopraventricolari. -Il
caffè stimola la secrezione gastrica, attiva la produzione della bile e la
contrazione della colecisti pertanto assunto dopo il pasto facilita la
digestione. -Non
esistono prove concrete che il caffè favorisca l'insorgenza di cancro. - Si
è dimostrata una modesta relazione tra caffeina e bilancio negativo del
calcio. -In
gravidanza non è stata dimostrata alcuna relazione tra caffeina e
malformazioni fetali. -Negli
individui sani il caffè diminuisce la stanchezza, agisce sul tono muscolare,
sull'umore, facilita la concentrazione, attenua le cefalee e le emicranie in
genere. Da
quanto è stato finora esposto risulta che malgrado i numerosi studi sul caffè
non esistono dati certi che questa bevanda rappresenti un fattore
determinante nello sviluppo di patologie. Si
può ritenere controindicato il caffè solamente in soggetti affetti da:
aritmie cardiache, ipertensione, ipercolesterolemia, gastrite, ulcera
gastrica. Un modesto consumo è riservato alle donne in gravidanza.
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