da Consumare senza essere
consumati, edito da
"Il Salvagente"
INDICE Introduzione |
Sono più di seimila le sostanze chimiche autorizzate per la
preparazione dei cosmetici. Si tratta, in diversi casi, di prodotti inquinanti
per l’ambiente e anche pericolosi per il nostro organismo. Spesso, le uniche
precauzioni adottate dalle case produttrici sono i test di laboratorio sugli
animali, che provocano la morte di almeno cinquecentomila cavie l’anno nel
mondo.
Cosmetici per cavie
Ma a che genere di prove vengono sottoposte le cavie? Il test “LD 50”, che
prova la pericolosità dei prodotti, consiste nel somministrare, per via orale,
dosi crescenti di cosmetico fino a provocare la morte del 50 per cento degli
animali.
Il Draize Eye Test che misura i possibili danni alla vista è altrettanto letale
per gli animali, ma se possibile ancora più crudele. I prodotti da esaminare,
infatti, vengono iniettati direttamente negli occhi dei conigli utilizzati come
cavia, per poi verificare le lesioni provocate.
Le sofferenze degli animali non servono neanche a dare la sicurezza che creme,
profumi e prodotti di bellezza siano davvero innocui per gli uomini e le donne
che li utilizzeranno. L’inaffidabilità è dimostrata tra l’altro dai
numerosi casi di dermatiti, eczemi, eritemi, di tipo allergico provocati
dall’uso prolungato di cosmetici testati.
L’alternativa c’è. Altri tipi di esami di laboratorio, meno cruenti, non
solo sono possibili ma sono anche ritenuti più efficaci e affidabili.
Per sostenere questa scelta, possiamo acquistare i cosmetici contrassegnati dal
marchio “cruelty free”, cioè non sperimentati su animali.
"Naturali" per davvero?
Anche quando gli ingredienti sono di origine naturale, e i prodotti sono
reclamizzati come “naturali”, in qualche caso i cosmetici contengono
additivi poco salutari.
Si tratta di conservanti e antiossidanti che hanno la funzione di limitare la
proliferazione di microrganismi.
Shampoo
Cominciamo col dire che lavarsi la testa tutti i giorni, tanto bene non fa.
L’uso frequente dello shampoo, soprattutto di quelli più aggressivi, può
infatti indurre alterazioni fisiologiche del cuoio capelluto.
Ma l’aggressione è diretta anche contro l’ambiente. I detergenti per
capelli sono composti essenzialmente di tensioattivi di origine sintetica, oltre
che da una serie di eccipienti (addensanti, profumi e coloranti). I prodotti
specifici per la forfora impiegano anche una lunga lista di principi attivi.
Impariamo allora usarli correttamente. È consigliabile usare a ogni lavaggio
piccole quantità di prodotto, eventualmente diluito in acqua. Meglio limitarsi
a un’unica applicazione piuttosto delle canoniche due “passate”.
Per chi preferisce shampoo a minor impatto ecologico e non testati sugli
animali, ci sono prodotti proposti dalle case di cosmetica naturale come Body
Shop, Bottega di Lungavita, Helan.
Bagnoschiuma
Stessa musica con i bagnoschiuma. Quelli “poco rispettosi”, e irritanti per
la pelle, se usati in modo eccessivo possono contribuire ad alterare
l’equilibrio biologico delle acque dei mari e dei fiumi. Tanto più è
importante scegliere il prodotto giusto.
Il mercato offre attualmente una gran quantità di prodotti, concepiti per
contenere l’impatto sia dal punto di vista della salute umana che ambientale.
E molti hanno ingredienti naturali, estratti da fiori e piante secondo i
procedimenti delle antiche erboristerie senza aggiunte di additivi chimici quali
coloranti e profumi. Quindi è preferibile scegliere prodotti che dichiarano un
tensioattivo di provenienza vegetale, come il cocco, il polipeptide di soia, e
che sostituiscono i profumi sintetici con estratti vegetali.
Colori per capelli
Sono molto diffuse, ma questo non significa che siano inoffensive per
l’ambiente e per chi le usa. Nelle tinture per capelli sono infatti tollerati
principi attivi tossici, come l’acetato di piombo e il nitrato d’argento.
Le tinture per capelli si possono riunire in quattro grandi gruppi: i sali
metallici, i coloranti semipermanenti, i coloranti di ossidazione e infine i
coloranti vegetali. Nella scelta, non basta considerare gli effetti sulla
propria testa, ma va valutato anche l’inquinamento che si produce. Per le
tinture a base di coloranti semipermanenti, a scarsa persistenza, si utilizzano
per esempio prodotti chimici che non vengono assorbiti dai capelli. Si
depositano solamente sulla parte esterna, e sono destinati a essere eliminati
dopo quattro o cinque shampoo.
I rischi dell’impiego di questo tipo di tinture (meno tossiche per chi le usa)
riguardano le acque di lavaggio, che vengono smaltite con il loro carico di
inquinanti, senza alcuna precauzione.
Lacche per capelli
Forse oggi un po’ meno di moda, rappresentano circa un terzo di tutti i
prodotti spray venduti in Italia. E tuttavia, nella composizione delle lacche
per capelli entrano numerose sostanze il cui impatto ambientale non va
sottostimato.
Dopo la messa al bando dei clorofluorocarburi, utilizzano come propellenti gas
non meno tossici, come denunciano Mimmo Tringolo e Piergiuseppe Calà, autori
del volume “Piccolo manuale di ecologia quotidiana” (Red Edizioni). Si
tratta di sostanze come il biossido di carbonio, il protossido di azoto, il
dimetiletere.
Non è finita. Nelle lacche troviamo anche diverse resine sintetiche, numerosi
tensioattivi e un buon numero di brillantanti, deodoranti e conservanti,
pericolosi non solamente per il loro pesante impatto ambientale, ma anche gli
effetti che possono avere sul sistema respiratorio, la pelle e soprattutto gli
occhi.
Insomma, forse è meglio tenersi alla larga dalle lacche. E se proprio vogliamo
utilizzarle, scegliamo almeno prodotti dotati di spruzzatori a pompa e non gli
spray con gas propellenti.
Dischetti di profumo
Anche i flaconi in plastica per profumi e deodoranti possono, sommati per
milioni di consumatori e consumatrici, produrre tonnellate di scorie.
Alcune profumerie particolarmente attente alle esigenze dell’ambiente (o che,
quantomeno, vogliono ingraziarsi le clienti più eco-sensibili) propongono il
servizio di “refill”. Ricaricano cioè le confezioni vuote, ben lavate e
asciugate, facendo una sorta di “pieno” di profumo.
Un’altra possibilità è quella di “rottamare” i flaconi vuoti per
riciclarli. La catena dei negozi The Body Shop, ad esempio, utilizza questa
plastica di scarto per produrre dischetti profumati (i lettori del
“Salvagente” li hanno potuti annusare, qualche tempo fa, avendoli ricevuti
in omaggio con la rivista).
Come vengono prodotti? Ogni anno più di trecento quintali di flaconi di
cosmetici vuoti vengono riportati spontaneamente dai clienti nei negozi The Body
Shop e raccolti in appositi bidoni.
Tutto il materiale viene inviato in un centro operativo, dove inizia il processo
di riciclo. La plastica viene quindi profumata, e trasformata nei simpatici
dischetti colorati profuma-cassetti.
Quando il dischetto non profuma più, niente paura. È sufficiente raschiare
leggermente la sua superficie per ridare vigore al gradevole odore liberato
dalla plastica recuperata.
Glu-glu a rischio
Un bel gargarismo col collutorio e ci si sente la bocca più fresca. Ma in realtà
questi liquidi andrebbero utilizzati con maggior cautela. Possono essere utili
in caso di gravi infezioni della bocca, ma devono essere prescritti dal
dentista. Questi prodotti contengono sostanze chimiche (tensioattivi, coloranti,
aromatizzanti) che potrebbero rivelarsi dannose per l’equilibrio naturale
della bocca e per l’ambiente.
Ci si può preparare da soli un collutorio naturale sciogliendo in un bicchiere
d’acqua tiepida due cucchiaini di sale marino non raffinato o semplicemente
aggiungendo poche gocce di propoli.
Oppure si può scegliere un prodotto contenente sostanze come tintura di
camomilla, oli essenziali di cumino, garofano, menta e salvia.
Assorbenti igienici
Ogni donna durante la sua vita consuma almeno diecimila assorbenti igienici. E
questo consumo va spesso a discapito dell’ambiente. Vediamo perché.
Assorbenti esterni e tamponi sono costituiti da strati di cellulosa, cotone e
fibra di legno. Ma accanto alle fibre biodegradabili nei primi ritroviamo strati
sottili di materiale sintetico, che servono a proteggere le mutandine.
Proprio questi fogli impermeabili in materiale plastico, oltre a facilitare la
proliferazione dei batteri, irritando le pelli più delicate, risultano
difficili da smaltire e quindi altamente inquinanti.
Non si tratta di tornare ai “pannolini” in cotone o lino delle nostre nonne,
ma qualcosa si può fare. È molto importante cestinare gli assorbenti nel modo
corretto.
Quelli esterni composti di materiali non totalmente biodegradabili non devono
mai essere gettati nel water ma avvolti nell’apposito sacchetto che i
fabbricanti forniscono, anche per garantirne l’igienicità. Oppure devono
essere avvolti nella carta e gettati tra i rifiuti. Gli assorbenti interni come
gli “Ob” e i “Tampax” hanno un impatto ambientale certamente minore,
essendo composti di cellulosa e cotone, ma è bene gettare anche questi nella
spazzatura piuttosto che nel water.
Il bebè ecologico
Alle mamme che vogliono adottare un sistema di pannolini meno consumistico (e
perché no? più economico) ricordiamo una comoda, e utile, “invenzione”.
Sull’onda dell’esempio adottato in Germania e negli Stati Uniti, operano in
Italia i “baby service”: servizi di ritiro, lavaggio e riconsegna a
domicilio di pannolini in puro cotone (ideali soprattutto nei primissimi mesi
del neonato, quando la pelle intatta e delicata richiede un’attenzione e
un’igiene massime) che sostituiscono quelli “usa e getta”.
Si evita così un grande spreco ambientale. È stato calcolato che, in media,
per ogni bambino viene normalmente usata in tre anni l’impressionante quantità
di una tonnellata e mezza di pannolini. E che per produrre questo mare di
assorbi-tutto occorrono almeno 20 alberi di grandi dimensioni (nei primi tre
anni di vita, infatti, ogni bimbo viene cambiato dalle 4.500 volte in su).
I pannolini “usa e getta” dell’ultima generazione, inquinano ancora di più,
per l’effetto del procedimento chimico utilizzato per assicurare il massimo
grado di assorbimento. Che, tra l’altro, non rende possibile la loro
eliminazione insieme agli altri rifiuti.
Tornare però ai pannolini in cotone, da lavare e asciugare in casa, anche per
la mamma più ecologista e consapevole è uno sforzo davvero pesante. Ecco
allora che si rivela preziosa l’iniziativa dei “baby service”. Il sistema
prevede il noleggio di mutandine in microfibra (che “contengono” e
contemporaneamente permettono alla pelle di respirare) e pannolini in puro
cotone nella quantità desiderata, che vengono periodicamente ritirati per
essere lavati ad alta temperatura e disinfettati, con procedimenti analoghi a
quelli delle lavanderie degli ospedali.
Questi pannolini hanno però lo svantaggio di dover essere cambiati con maggiore
frequenza di quelli “usa e getta”.