Vegetarismo & fattore K

di Giuseppe Fariselli 

(Medico chirurgo, specializzato in oncologia, dirigente medico dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, si occupa di omotossicologia e omeomesoterapia energetica)


I vegetariani sono persone coscienti, razionali, attente ai problemi pratici della vita. Coerenti con le loro idee, cercano di educare i figli nel migliore dei modi, che non è certo quello di riempirli di merendine e di farli crescere paciocconi... per questo motivo leggono molti testi di alimentazione e di medicina e si fanno seguire e consigliare da esperti di dietetica e pediatri vegetariani. Questi professionisti hanno il pregio, la capacità e la forza di andare spesso controcorrente, mettendo in discussione alcuni dogmi della scienza alimentare tradizionale, come ad esempio l'importanza delle proteine della carne, il ruolo degli aminoacidi cosiddetti essenziali, l'utilità degli omogeneizzati di carne al momento dello svezzamento.
Così, facendo con onestà il nostro lavoro, ci scontriamo (mi ci metto anch'io che non mi occupo né di bambini né di alimentazione ma conosco, come medico e come oncologo, l'importanza della dieta vegetariana nel mantenere lo stato di buona salute oltre che nella prevenzione e cura dei tumori) con poteri molto forti che pur di conservare le loro posizioni di privilegio cercano di orientare l'opinione pubblica in modo da farci sembrare incompetenti ed incoscienti.
Così, dopo il bambino sottratto ai genitori perché vegetariano, i mezzi di informazione ci informano che un lattante di 6 mesi ha avuto una emorragia cerebrale perché la madre vegetariana che lo allattava non ha assunto la vitamina K prescritta dal medico. Ebbene, io che non sono né pediatra né dietologo ma pur sempre medico, ho fatto un salto sulla sedia perché ho subito avuto il ricordo che questa vitamina è contenuta proprio nei vegetali (vitamina K1) ed è anche prodotta dai batteri intestinali (vitamina K2). Entrambi i tipi di vitamina svolgono le stesse funzioni e i loro effetti si sommano.
La vitamina K ha un ruolo molto importante nella coagulazione del sangue avendo un'azione antiemorragica, oltre ad intervenire sullo sviluppo e sulla calcificazione delle ossa. La sua mancanza provoca quindi emorragie a vari livelli (le più gravi, seppur rare, sono quelle a livello cerebrale) e maggior tendenza all'osteoporosi.
Gli individui sani non presentano in genere carenze di questa vitamina che è contenuta in particolare nelle verdure a foglia verde come cavoli, cavolini e spinaci, nelle carote e nei piselli, nei pomodori, nella soia e nel tuorlo d'uovo mentre, al contrario, cereali e frutta ne contengono poca. In assoluto, l'alimento a maggior contenuto di vitamina K sono gli spinaci (4,2 microgrammi per 100 grammi, seguiti dai cavoli verdi, con 3,2). Le carni, così come il fegato, hanno un contenuto di K che varia da 0,1 a 0,4 microgrammi.
Il problema vero è che il latte ne contiene pochissima (0,02 quello della donna mamma; 0,002 quello della mucca). Per questo motivo, a scopo prudenziale, si potrebbe somministrare al neonato che verrà allattato al seno, dopo la nascita, o alla madre un giorno prima del parto, della vitamina K intramuscolo. Questo solo ed esclusivamente perchè l'intestino del neonato è ancora sterile e quindi non possiede la flora intestinale che produce la vitamina K. Appena il neonato comincia ad alimentarsi, compare la normale flora intestinale ed inizia la produzione di vitamina K endogena.
Per questo motivo, nell'uomo possono esservi casi di ipovitaminosi K, caratterizzati soprattutto da un aumento del tempo di coagulazione e dalla comparsa prima di soffusione emorragica, poi di piccole emorragie nei punti soggetti a traumatismo ed infine anche spontanee, ma solo in pochissimi casi (nei neonati prima del completo sviluppo della flora intestinale; nelle persone che hanno assunto antibiotici o FANS che danneggiano la flora intestinale per lunghi periodi senza prendere insieme le vitamine; nelle persone che assumono anticoagulanti per aumento di consumo; nelle gravi coliti, nell'alcolismo cronico, nell'ittero ostruttivo per assenza di sali biliari, in alcune malattie intestinali che alterano l'assorbimento dei grassi; ma soprattutto in caso di alimentazione carente di vegetali verdi).
E' francamente assurdo pensare ad una madre vegetariana che allatta il suo piccolo e, proprio durante l'allattamento, non assume i suoi cari vegetali. Oppure che si ammala e non si alimenta ma continua ad allattare, prende gli antibiotici prescritti dal medico per giorni e giorni ma rifiuta caparbiamente di assumere le vitamine. La stessa madre dovrebbe essere tanto incosciente da privare della vitamina necessaria alla coagulazione del sangue il lattante in cura con gli antibiotici o comunque seriamente malato.
Tutto è possibile, ma è molto tirato per i capelli.
Niente paura, continuiamo ad essere vegetariani: la carne fa male e i bambini non devono essere belli grassi ma sani, vitali e allegri. L'allattamento al seno fino a sei mesi è quanto di meglio possa desiderare un bambino. Certo ci si deve far seguire da un pediatra vegetariano esperto e fare tutto quello che lui consiglia. Per gli sfortunati figli di vegetaliane che non possono allattare, mi risulta esista in commercio latte di soia speciale per neonati, integrato con minerali, oligoelementi e vitamine (il ricorso costante al pediatra qui è tassativo).
Un messaggio per i non vegetariani: smettete di mangiare cadaveri. Fanno male.

(Fonte: www.alternativamente.net)

 

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