(Medico chirurgo,
specializzato in oncologia, dirigente medico dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano,
si occupa di omotossicologia e omeomesoterapia energetica)
I vegetariani sono persone coscienti, razionali, attente ai problemi pratici
della vita. Coerenti con le loro idee, cercano di educare i figli nel migliore
dei modi, che non è certo quello di riempirli di merendine e di farli crescere
paciocconi... per questo motivo leggono molti testi di alimentazione e di
medicina e si fanno seguire e consigliare da esperti di dietetica e pediatri
vegetariani. Questi professionisti hanno il pregio, la capacità e la forza di
andare spesso controcorrente, mettendo in discussione alcuni dogmi della scienza
alimentare tradizionale, come ad esempio l'importanza delle proteine della
carne, il ruolo degli aminoacidi cosiddetti essenziali, l'utilità degli
omogeneizzati di carne al momento dello svezzamento.
Così, facendo con onestà il nostro lavoro, ci scontriamo (mi ci metto anch'io
che non mi occupo né di bambini né di alimentazione ma conosco, come medico e
come oncologo, l'importanza della dieta vegetariana nel mantenere lo stato di
buona salute oltre che nella prevenzione e cura dei tumori) con poteri molto
forti che pur di conservare le loro posizioni di privilegio cercano di orientare
l'opinione pubblica in modo da farci sembrare incompetenti ed incoscienti.
Così, dopo il bambino sottratto ai genitori perché vegetariano, i mezzi di
informazione ci informano che un lattante di 6 mesi ha avuto una emorragia
cerebrale perché la madre vegetariana che lo allattava non ha assunto la
vitamina K prescritta dal medico. Ebbene, io che non sono né pediatra né
dietologo ma pur sempre medico, ho fatto un salto sulla sedia perché ho subito
avuto il ricordo che questa vitamina è contenuta proprio nei vegetali (vitamina
K1) ed è anche prodotta dai batteri intestinali (vitamina K2). Entrambi i tipi
di vitamina svolgono le stesse funzioni e i loro effetti si sommano.
La vitamina K ha un ruolo molto importante nella coagulazione del sangue avendo
un'azione antiemorragica, oltre ad intervenire sullo sviluppo e sulla
calcificazione delle ossa. La sua mancanza provoca quindi emorragie a vari
livelli (le più gravi, seppur rare, sono quelle a livello cerebrale) e maggior
tendenza all'osteoporosi.
Gli individui sani non presentano in genere carenze di questa vitamina che è
contenuta in particolare nelle verdure a foglia verde come cavoli, cavolini e
spinaci, nelle carote e nei piselli, nei pomodori, nella soia e nel tuorlo
d'uovo mentre, al contrario, cereali e frutta ne contengono poca. In assoluto,
l'alimento a maggior contenuto di vitamina K sono gli spinaci (4,2 microgrammi
per 100 grammi, seguiti dai cavoli verdi, con 3,2). Le carni, così come il
fegato, hanno un contenuto di K che varia da 0,1 a 0,4 microgrammi.
Il problema vero è che il latte ne contiene pochissima (0,02 quello della donna
mamma; 0,002 quello della mucca). Per questo motivo, a scopo prudenziale, si
potrebbe somministrare al neonato che verrà allattato al seno, dopo la nascita,
o alla madre un giorno prima del parto, della vitamina K intramuscolo. Questo
solo ed esclusivamente perchè l'intestino del neonato è ancora sterile e
quindi non possiede la flora intestinale che produce la vitamina K. Appena il
neonato comincia ad alimentarsi, compare la normale flora intestinale ed inizia
la produzione di vitamina K endogena.
Per questo motivo, nell'uomo possono esservi casi di ipovitaminosi K,
caratterizzati soprattutto da un aumento del tempo di coagulazione e dalla
comparsa prima di soffusione emorragica, poi di piccole emorragie nei punti
soggetti a traumatismo ed infine anche spontanee, ma solo in pochissimi casi
(nei neonati prima del completo sviluppo della flora intestinale; nelle persone
che hanno assunto antibiotici o FANS che danneggiano la flora intestinale per
lunghi periodi senza prendere insieme le vitamine; nelle persone che assumono
anticoagulanti per aumento di consumo; nelle gravi coliti, nell'alcolismo
cronico, nell'ittero ostruttivo per assenza di sali biliari, in alcune malattie
intestinali che alterano l'assorbimento dei grassi; ma soprattutto in caso di
alimentazione carente di vegetali verdi).
E' francamente assurdo pensare ad una madre vegetariana che allatta il suo
piccolo e, proprio durante l'allattamento, non assume i suoi cari vegetali.
Oppure che si ammala e non si alimenta ma continua ad allattare, prende gli
antibiotici prescritti dal medico per giorni e giorni ma rifiuta caparbiamente
di assumere le vitamine. La stessa madre dovrebbe essere tanto incosciente da
privare della vitamina necessaria alla coagulazione del sangue il lattante in
cura con gli antibiotici o comunque seriamente malato.
Tutto è possibile, ma è molto tirato per i capelli.
Niente paura, continuiamo ad essere vegetariani: la carne fa male e i bambini
non devono essere belli grassi ma sani, vitali e allegri. L'allattamento al seno
fino a sei mesi è quanto di meglio possa desiderare un bambino. Certo ci si
deve far seguire da un pediatra vegetariano esperto e fare tutto quello che lui
consiglia. Per gli sfortunati figli di vegetaliane che non possono allattare, mi
risulta esista in commercio latte di soia speciale per neonati, integrato con
minerali, oligoelementi e vitamine (il ricorso costante al pediatra qui è
tassativo).
Un messaggio per i non vegetariani: smettete di mangiare cadaveri. Fanno male.