di Luciano Proietti (Medico pediatra e nutrizionista)
In questi ultimi anni si è verificata, soprattutto negli Stati Uniti, una
crescente diffusione di diete alternative rispetto a quelle della popolazione
generale. Tra i fautori di queste diete, il nucleo più consistente è
costituito dai vegetariani, gruppo eterogeneo che ha in comune l'esclusione di
ogni cibo carneo dalla dieta.
A seconda del tipo di restrizione nell'uso dei prodotti di derivazione
animale, si possono suddividere in:
latto-ovo-vegetariani
latto-vegetariani
ovo-vegetariani
vegetariani puri o vegetaliani o vegan (in inglese).
Benché la pratica del vegetarianismo sia molto antica - per convinzioni
etico-religiose, necessità economiche, motivi di igiene e salute - solo in
questi ultimi 40 anni sono stati fatti studi accurati sull'argomento e la
letteratura medica, specie dei Paesi di lingua inglese, è molto ampia.
Numerosi studi sono stati fatti sui possibili benefici per la salute
apportati da una dieta vegetariana: un effetto preventivo esercitato dalle fibre
alimentari, di cui è ricca la dieta vegetariana, è stato riscontrato nei
confronti delle cosiddette "malattie della civilizzazione", vale a
dire le malattie enteriche (diverticolosi, appendicite, cancro del colon e del
retto, poliposi benigna), colecistopatie, disordini venosi (emorroidi, vene
varicose), ernia iatale [4, 5, 6].
Le fibre alimentari potrebbero inoltre ridurre l'incidenza di diabete tramite
un effetto modulante sul tasso di assorbimento del glucosio e sulle risposte
ormonali diminuendo le richieste di insulina e l'escrezione di glucosio.
E' stata riportata una minore incidenza di ipertensione arteriosa [24,
25] ed una cariogenicità inferiore della dieta a causa
della consuetudine, tra i vegetariani, ad un basso consumo di zucchero e farine
raffinati [15].
Mentre gli adulti sono stati oggetto di indagini complete sullo stato di
salute, per quanto riguarda i bambini gli studi non sono altrettanto numerosi e
ripetutamente sono state avanzate perplessità circa la completezza nutrizionale
di tali diete in un periodo della vita in cui la scelta dei nutrienti è
particolarmente importante per uno sviluppo armonico [1, 2,
3, 8, 11, 19,
23].
Negli studi sul vegetarianismo infantile apparsi nella letteratura
internazionale, sono stati individuati i rischi ed i possibili benefici di tale
pratica.
I rischi sono essenzialmente rappresentati:
dalla bassa densità calorica,
dall'insufficiente introito qualitativo di proteine,
dall'apporto inadeguato di vitamina B12, ferro e zinco e, per i
vegetariani stretti, anche di vitamina D e calcio.
La dieta vegetariana infatti, in quanto più ricca di scorie, ha una
densità calorica (Kcal/gr.) ridotta rispetto alla dieta onnivora ed inoltre
nel bambino piccolo, in cui la capacità gastrica è ridotta, può
rapidamente dare un senso di sazietà. Occorre tuttavia distinguere tra
latto-ovo e vegetariani stretti: nei primi le carenze di energia sono
improbabili per l'apporto di latticini e uova, mentre nei secondi sono
possibili e riportate da più Autori [2, 8,
9, 11, 12, 19,
26, 27, 29].
Le proteine animali, per il loro contenuto in aminoacidi essenziali, hanno
un valore biologico superiore a quello delle proteine vegetali, che mancano
di uno o più aminoacidi essenziali: ad esempio le proteine dei cereali sono
carenti in lisina e triptofano (nel riso lisina e treonina) mentre quelle
dei legumi hanno uno scarso contenuto in aminoacidi solforati, in
particolare la metionina [19]. Si è osservato però [10]
che la carenza può essere superata sfruttando la complementazione proteica:
combinando in uno stesso pasto proteine vegetali di diversa origine in modo
che le carenze in aminoacidi essenziali di un alimento, siano "complementate"
dalla loro abbondanza in un altro. La combinazione può accrescere sino a
circa il 50% la qualità proteica degli alimenti presi separatamente. Dos
Santos e coll. [10], ad esempio, studiando bambini dai 4
ai 6 anni in Brasile, hanno dimostrato che una dieta di riso e fagioli che
fornisce un apporto proteico 1:1, è valida nutrizionalmente e garantisce
una crescita regolare, a condizione naturalmente che l'introito calorico sia
adeguato, altrimenti una parte più o meno importante di proteine sarà
sottratta ai bisogni plastici per i fini energetici. Quindi anche una dieta
vegan può, con il principio della complementazione, garantire un apporto
proteico adeguato e una crescita regolare, anche se questo è più
facilmente realizzabile con una dieta latto-ovo-vegetariana.
Per quanto riguarda la vitamina B12, i bambini latto-ovo-vegetariani
dispongono di un apporto quotidiano sufficiente a metterli al riparo da
eventuali carenze. I bambini vegan o vegetariani stretti e i lattanti
allattati al seno da madri vegan, sono stati trovati carenti in vitamina
B12. Per questo motivo le Società di nutrizione consigliano in questi casi
di supplementare la dieta con integratori vitaminici o cibi supplementari
con vitamina B12 [17, 19]. Le dieta
vegetariane sono ricche di fitati, noti per essere in grado di legare
minerali come il ferro e lo zinco rendendoli indisponibili per
l'assorbimento. E' noto che il ferro contenuto nella carne (ferro eme) è
rapidamente assimilato come tale dalla mucosa intestinale, mentre il ferro
contenuto nei vegetali (ferro non-eme), non è assorbito altrettanto bene in
quanto deve essere trasformato dalla forma di complesso inorganico ferrico
alla forma ferrosa. Questa conversione è facilitata da fattori endogeni
come l'acidi cloridrico e da fattori esogeni come l'acido ascorbico, l'acido
lattico, citrico e succinico. Sono stati peraltro individuati fattori e
procedimenti in grado di ridurre il contenuto in fitati della dieta: la
presenza di fitasi nell'intestino dei mammiferi, la lievitazione del pane a
pH acido, la fermentazione lattica. Sembra anche accertato che il fitato
monoferrico, la frazione maggiore del ferro della crusca, si equilibri con
il "pool" scambiabile di ferro non eme del pasto e possa rendersi
biodisponibile nel soggetto umano. Il fitato monoferrico infatti è
solubile: è stato osservato che il ferro in questa forma è più facilmente
biodisponibile che nella forma di fitati ferrici insolubili [21,
22]. Si può quindi affermare che mentre una dieta
latto-ovo-vegetariana sufficientemente variata è in grado di fornire un
apporto di ferro e zinco adeguato, questo avviene con difficoltà in diete
vegetariane strette ad alto contenuto di fitati. Con queste ultime diete si
è notata anche una carenza di calcio e vitamina D [1, 2,
8, 9, 11, 12,
14, 16, 23].
Pertanto i dati della letteratura degli ultimi 30-40 anni e la nostra
esperienza clinica ventennale ci portano ad affermare che:
Una alimentazione priva di cibo animale diretto, carne e pesce, può
essere nutrizionalmente corretta anche nel periodo dell'accrescimento,
inteso dalla nascita ai 25 anni, e presenta indubbi vantaggi nei confronti
del rischio di patologie della "civilizzazione" prima descritte.
Una alimentazione priva di ogni tipo di cibo animale (dieta "vegan"),
nel periodo dell'accrescimento, è nutrizionalmente adeguata a condizione di
inserire quotidianamente integratori vitaminici e minerali, in particolare
le vitamine D e B12 e il calcio il ferro e lo zinco.
E' inoltre condizione fondamentale e riconosciuta ormai universalmente
(direttive Unicef - OMS) per una crescita adeguata ed uno sviluppo ottimale
l'allattamento al seno nei primi due anni di vita; nel caso in cui la donna non
possa allattare, l'unico alimento adeguato, sostitutivo del latte materno, è il
latte "formulato", in cui le proteine possono essere di origine
animale (vaccino) o vegetale (soia): in natura non esistono latti la cui
composizione si avvicini a quella del latte materno. Questa raccomandazione è
particolarmente importante per i genitori che intendono non dare cibo animale ai
loro figli.
Ai fini pratici, quando un medico incontra dei genitori che non intendono
somministrare cibo animale al loro figlio, occorre sapere la ragione di questa
scelta e valutare le loro conoscenze nutrizionali. E' importante far capire che
il compito dei genitori è quello di crescere i figli in salute, che secondo la
definizione dell'OMS, non è assenza di malattia, ma benessere fisico, psichico
e sociale.
Il medico deve avere delle fondate conoscenze di scienza della alimentazione
e per quanto riguarda il bambino deve conoscere bene i fabbisogni nutrizionali
nelle varie età e l'importanza fondamentale dell'allattamento al seno nei primi
due anni di vita.
Il medico deve informare i genitori sui rischi legati al tipo di
alimentazione che intendono fornire al figlio, sia essa convenzionale (rischi di
allergia, obesità, patologie cardio-vascolari, diabete, patologie
gastro-enteriche, aterosclerosi), sia vegetariana o macrobiotica o altro.
Deve proporre una alimentazione che sia adeguata ad un accrescimento e
sviluppo ottimali, verificando con visite periodiche la salute fisica e
psicologica del bambino secondo i parametri di valutazione convenzionali: il
bambino che si alimenta in modo corretto e che vive in un ambiente emotivamente
equilibrato, non si ammala, cresce bene, comunica con gioia attraverso il gioco.
Nel caso in cui questo non si verifichi, occorre capire che cosa non funziona:
il cibo, l'ambiente, la relazione affettiva.