Un suono, un incubo

di Diego Matteucci

 

SCENA 1.

BUIO.

 

VOCE NARRANTE

Devo distrarre la mente, devo pensare a qualcos’altro. Quel giorno… così bello, così dolce, così… naturale…

 

 

SCENA 2.

ESTERNO GIORNO. CENTRO STORICO DI PADOVA.

 

È una giornata primaverile, calda. Molte persone sono a passeggio, guardano le vetrine, parlano tra loro.

 

VOCE NARRANTE

Ho conosciuto Ilaria a giugno dell’anno scorso, tramite un amico in comune e l’occasione fu l’esame di Statistica Psicometrica alla facoltà di Psicologia. A prova sostenuta, scoprimmo che sarebbe stato sufficiente leggersi un po’ l’eserciziario, invece di imparare quasi a memoria il testo obbligatorio del corso. Insomma, la facilità di quell’esame si era vista anche dal numero dei partecipanti: più di cinquecento.

 

Tra le persone passa uno scooter con sopra Davide e Ilaria.

 

VOCE NARRANTE

Quel giorno non rimasi particolarmente abbagliato da Ilaria. Sì, certo, ragazza carina, bel seno, di conversazione facile, non sembrava farsi tanti problemi e non sembrava nemmeno tirarsela. Eppure non la consideravo una ragazza speciale, una con cui provarci… Non che fossi io quello che se lo tirava, intendiamoci, ma non stavo nemmeno attraversando un periodo di magra: l’estate, i lidi ferraresi, le straniere… si sa!

 

Davide e Ilaria parcheggiano lo scooter vicino a una cabina telefonica e lo chiudono con un catenaccio.

 

VOCE NARRANTE

Ci siamo sempre visti spesso, specialmente all’università. Ma qualche giorno fa, il 24 aprile, l’ho incontrata ad una lezione e abbiamo trascorso quarantacinque minuti più che altro a confabulare tra di noi. E l’ho vista in un modo diverso. Già quel nostro amico in comune mi aveva confidato che molto probabilmente le piacevo. ‘Si vede dagli atteggiamenti,’ mi aveva detto, ‘da come sembra contenta ogni volta che salta fuori il tuo nome.’ Così colsi la palla al balzo e la invitai a fare un giro in centro.

 

SCENA 3.

ESTERNO GIORNO. PIAZZA DEI SIGNORI A PADOVA.

 

Davide e Ilaria camminano sotto alcuni portici e conversando, osservano le vetrine.

 

DAVIDE

La settimana scorsa mi avevi chiesto se avevo la ragazza.

 

ILARIA (sorridendo ma senza guardarlo)

Sì.

 

DAVIDE

Ti avevo risposto di no, che ero libero come l’aria: e tu?

 

ILARIA (sorridendo sempre più)

Io cosa?

 

DAVIDE

Hai la ragazza?

 

ILARIA (questa volta guardandolo e ridendo)

Come se ho la ragazza!

 

DAVIDE (osservandola attentamente)

Be’, non si sa mai.

 

VOCE NARRANTE

Mi accorsi solo in quel momento di come fossero belli i suoi capelli castani che le ricadevano mossi e vaporosi fin sulle spalle.

 

DAVIDE

Allora, ce l’hai o no?

 

ILARIA

La ragazza, no.

 

DAVIDE (in tono scherzoso)

O cavoli, allora ci dobbiamo preoccupare.

 

ILARIA

E perché?

 

DAVIDE

Perché dal tono della tua voce mi sembra di capire che forse il ragazzo ce l’hai.

 

ILARIA (titubante)

Be’… ecco… insomma… sì, ce l’ho.

 

DAVIDE (secco)

Io direi di no.

 

Poi rivolge subito l’attenzione a una vetrina e senza aspettare che Ilaria ribatta qualcosa, osserva:

 

Ma guarda come sono strane quelle scarpe.

 

Ilaria rimane interdetta, non sa cosa dire. Può sembrare leggermente irritata, ma subito un leggero sorriso lascia intendere che il comportamento di Davide le piace.

 

ILARIA (avvicinandosi anch’essa alla vetrina)

Che scarpe?

 

DAVIDE

Quelle lì, quelle viola spacca-occhi e con le zeppe da quarantasette centimetri e mezzo l’una.

 

ILARIA

Ma che dici! Dai, non sono male!

 

DAVIDE

Mi vuoi dire che saresti capace di indossarle?

 

ILARIA

E che ci sarebbe di male?

 

E poi, con aria un po’ colpevole:

 

A dirti la verità ne ho un paio.

 

DAVIDE (portandosi una mano alla fronte

                  ed enfatizzando notevolmente il gesto)

O mio Dio! Meno male che non ti ho mai vista mentre le indossavi.

 

ILARIA (ridendo)

Ma dai, non fare lo stupido.

 

E gli dà una spintarella con la mano sul petto.

 

DAVIDE

No, davvero, ascoltami un attimo.

 

E le si para davanti.

 

VOCE NARRANTE

Avvertivo la freschezza della sua pelle e il dolce e fragrante profumo con cui si era spruzzata il collo.

 

DAVIDE

Guarda qui, la tua altezza è più che giusta; non hai certo bisogno dei tacchi.

 

In effetti Davide è soltanto poco più alto di Ilaria.

 

ILARIA (con voce dolce e languida)

Più che giusta per chi?

 

I loro due visi sono ad una ventina di centimetri di distanza. Si guardano negli occhi con intensità.

 

VOCE NARRANTE

Sarebbe stato davvero facile baciarla in quel momento. Una parte di me diceva di cogliere l’attimo, di non farmela sfuggire, che sicuramente ci sarebbe stata. Anche una persona che ci avesse guardato se ne sarebbe accorta. Ma un’altra parte di me mi diceva di aspettare, di non avere fretta, che più tardi l’avessi baciata, più bello sarebbe stato. Mi deve desiderare, pensai in quel momento.

 

Davide le sorride e prendendola sottobraccio, tornano ad avviarsi lungo i portici.

 

 

SCENA 4.

ESTERNO GIORNO. PIAZZA DEI SIGNORI, SOTTO I PORTICI.

 

Davide e Ilaria camminano a braccetto in silenzio, osservando di tanto in tanto qualche vetrina, più che altro persi in pensieri personali.

 

VOCE NARRANTE

Ero sempre più sicuro che tra noi due sarebbe successo qualcosa. Lo sentivo anche da come mi stringeva il braccio, facendomi avvertire la pressione del suo seno.

 

DAVIDE

E quell’esame di Inglese?

 

ILARIA (sconsolata)

Ah, è una lotta! Ma lo sai che sono già due volte che provo a farlo e non lo passo?

 

DAVIDE

Certo che lo so! Perché, non ti ricordi che l’ultima volta eravamo seduti vicini?

 

ILARIA

Sì che mi ricordo.

 

DAVIDE

C’era un silenzio di tomba in quell’aula e a un certo punto sento bisbigliare qualcuno. Mi giro e non vedo te che leggi a voce alta?

 

ILARIA

Eh, eh, è vero.

 

DAVIDE

Ti osservo per un po’, ma tu non sembri affatto accorgerti che ti sto guardando con un punto interrogativo stampato in faccia.

 

ILARIA

Ero talmente concentrata che non mi rendevo conto di leggere a voce alta. Ma tu piuttosto! Come hai fatto a farlo senza dizionario?

E gli dà un pizzicotto su un fianco.

 

DAVIDE

Ahi!… Be’, evidentemente so l’inglese un po’ più di te.

 

ILARIA

Dai, non mi prendere in giro. No, guarda, seriamente, alle superiori non ho mai fatto inglese e io proprio non ce la faccio a studiarlo.

 

DAVIDE

Ma io te lo avevo già detto che ti avrei dato volentieri una mano.

 

ILARIA

E quand’è che avresti un po’ di tempo libero?

 

DAVIDE

Sempre, anche subito.

 

Ilaria blocca Davide per parlargli direttamente in faccia.

 

ILARIA

Verresti a casa mia per studiare adesso, allora?

 

DAVIDE

Perché no, andiamo!

 

ILARIA (sorridendogli e guardandolo dritto negli occhi)

Solo per studiare.

 

VOCE NARRANTE

Bella scusa.

 

DAVIDE

Naturale.

 

Lo dice con un sorriso che ha ben poco a che fare con lo studio.

 

 

SCENA 5.

ESTERNO GIORNO. DAVANTI ALLA CASA DI ILARIA.

 

La casa si trova in una traversa di una tranquilla zona di Padova. È una costruzione di due piani molto recente, con la facciata in pietra a vista, mansardata. Ilaria e Davide, scesi dallo scooter, sono fermi di fronte al cancello, al di là del quale si trova un giardino colmo di piante e fiori.

 

DAVIDE

Ehi, Ilaria, non ti tratti mica male, eh?

 

ILARIA

Non mi lamento, ma da sola non me la potrei mai permettere. Divido questa casa con altre due ragazze… ma adesso sono fuori.

 

 

DAVIDE (falsamente dispiaciuto)

Che peccato! Avrei potuto conoscerle.

 

ILARIA

Ah, dai, ci sarà un’altra occasione, no?

 

E apre il cancello.

 

DAVIDE (seguendola)

Lo spero.

 

 

SCENA 6.

INTERNO GIORNO. CASA DI ILARIA.

 

Si trovano nel garage, e dopo aver parcheggiato lo scooter, attraversano una porta di comunicazione e Ilaria fa strada a Davide in un’ampia e ben arredata cucina. D’un tratto un suono interrompe il cammino di Davide: è come una malinconica litania di sottofondo, prodotta da uno strumento difficilmente identificabile, anche perché dura soltanto pochi secondi.

 

ILARIA

A che stai pensando, Davide?

 

DAVIDE

Che suono è, questo?

 

ILARIA (tendendo l’orecchio, curiosa)

Che cosa, il rumore delle macchine che passano?

 

DAVIDE

No, no, lascia stare. Deve avermi fischiato un orecchio.

 

ILARIA (divertita)

Vuol dire che qualcuno ti pensa.

 

DAVIDE (tornando alla serenità di prima)

Chissà mai chi è! Dai, fammi strada che non vedo l’ora di studiare.

 

ILARIA (accennando un ‘sull’attenti’ militare)

Sì, certo, signor professore!

 

E poi lo conduce su per una scala con il corrimano in legno.

 

 

SCENA 7.

INTERNO GIORNO. CAMERA DI ILARIA.

 

La camera da letto di Ilaria è avvolta dalla penombra, ma al loro ingresso Ilaria spalanca immediatamente la finestra facendo entrare la luce del sole. Davide rimane fermo sulla porta. Di fianco all’unico letto c’è un grande armadio, mentre sul lato sinistro della stanza, vicino alla finestra, si trova una libreria con scrivania. Ilaria scosta la sedia che fa parte dell’arredamento e si siede, poi prende un libro e lo apre.

 

ILARIA

Allora, che fai lì impalato? Devi insegnarmi la lingua inglese o no?

 

DAVIDE (avvicinandolesi)

Corro.

 

Poi, notando una bottiglia di birra su di una mensola sotto la finestra, continua:

 

Ah, ma guarda un po’ la nostra studentessa Ilaria… E tu questo lo chiami studiare?

 

ILARIA (prendendo la bottiglia di birra in mano)

Ah, l’ho bevuta ieri sera. E poi, guarda, è persino vuota; devo essermi dimenticata di buttarla via.

 

E riponendola nella stessa identica posizione di prima, aggiunge:

 

Su forza, ho già il libro qui pronto; che cosa mi insegni?

 

Davide è alla sinistra di Ilaria. Si sporge sulla scrivania scrutando attentamente quel testo di inglese, sfogliandone qualche pagina.

 

DAVIDE

Mah, non saprei…

 

Poi rivolge lo sguardo verso la ragazza, la quale tiene ancora gli occhi fissi sul libro. I raggi del sole le attraversano i capelli, facendoglieli scintillare; Davide ne scosta una ciocca per osservarle meglio il profilo e lei a quel tocco si gira verso di lui, sfoggiando un paio d’occhi colmi di desiderio ed una bocca socchiusa.

 

DAVIDE (piano)

Forse col present continuous?…

 

Ilaria non risponde, ma avvicina il viso a quello di lui.

 

VOCE NARRANTE

Ci siamo.

 

Le loro bocche lentamente si uniscono. Dapprima soltanto qualche bacio leggero e delicato sulle labbra, poi lui le mette un braccio dietro la vita e la attira con più decisione a sé, spingendo la propria lingua dentro la sua bocca. Ilaria gli risponde stringendolo forte a sua volta.

 

VOCE NARRANTE

La sua bocca è fresca e la lingua morbida.

 

Davide le mordicchia lievemente il labbro superiore e si discosta di pochi centimetri da lei. Ilaria emette un gridolino e da quella breve distanza lo guarda con gli occhi languidi della passione. In quel momento torna a farsi sentire quella nenia lenta e malinconica. Ilaria sembra non essersene affatto accorta, perché poggia una mano dietro al collo di Davide e torna ad attirarlo a sé.

 

VOCE NARRANTE

Perché Ilaria non sente niente? Vorrei fermarmi, perché sento crescere dentro di me un’estranea rabbia e forza, ma i suoi baci sono così dolci…

 

Davide prende a baciarla con più foga, vagando con una mano per tutto il suo corpo, tastandola, esplorandola.

 

VOCE NARRANTE

Sono confuso, non capisco più niente. Devo soltanto… devo soltanto… agire.

 

Davide le mordicchia di nuovo il labbro superiore, ma questa volta non si ferma: affonda i propri denti nella carne di lei. La ragazza emette un grido soffocato di dolore e sorpresa. Cerca con tutte le forze di spingerlo via, ma con più spinge e con più lui affonda i denti nel suo labbro. Sangue le cola dalla bocca e lacrime le rigano le guance. In un impeto di forza affonda i pugni nel torace di Davide, allontanandolo da sé; ma questi, rimanendo ostinatamente aggrappato al suo labbro, glielo lacera, schizzandosi il viso di sangue. Davide si drizza in piedi e sputa sulla scrivania il brandello di labbro, macchiando di sangue il libro di inglese. La litania continua, salendo di tono; sembra prodotta da un organo da chiesa. Ilaria si lamenta forte, ma lui la zittisce affibbiandole un forte pugno alla tempia sinistra. Lei reclina il capo da una parte e poi in avanti, senza più lamentarsi, ma lui glielo raddrizza assestandole un altro pugno, questa volta sul naso, che prende a sanguinare. Ilaria non proferisce più alcuna parola, sembra non respirare nemmeno. Davide si guarda in giro furiosamente, con gli occhi che gli escono dalle orbite: una maschera di odio e cattiveria. Posa gli occhi sulla bottiglia di birra sotto la finestra. La malefica litania sta raggiungendo il suo culmine. Davide prende la bottiglia e la spacca sul cranio della ragazza, facendo partire schegge di vetro da ogni parte e tagliando in più punti il cuoio capelluto di lei, che prende a sanguinare copiosamente. La litania si spegne improvvisamente e l’espressione sul viso di Davide cambia, sembra quasi risvegliarsi.

 

VOCE NARRANTE

Che cosa ho fatto, per Dio! Che cosa ho fatto!

 

La ragazza giace scomposta sulla sedia con la testa imbrattata di sangue. Pezzi di vetro sono dappertutto.

 

VOCE NARRANTE

Ho un sapore disgustoso in bocca… un sapore ferroso… un sapore di sangue… il sangue di Ilaria!

 

Davide viene colto da un forte capogiro e per non cadere si appoggia alla scrivania.

 

VOCE NARRANTE

Non è possibile, non è possibile… è tutto così irreale. Che cosa mi è successo… perché tutto questo…

 

Poi si raddrizza lentamente, tornando in sé e staccandosi dalla libreria.

                                               

VOCE NARRANTE

                        Maledizione, e se arriva qualcuno?

 

E senza guardarsi alle spalle, Davide esce dalla stanza.

 

 

SCENA 8.

INTERNO GIORNO. SCALE, CUCINA, GARAGE, BAGNO NELLA CASA DI ILARIA.

 

Davide scende velocemente le scale, attraversa la cucina, entra nel garage e sta quasi per uscire all’esterno quando si blocca sui propri passi. Abbassa lo sguardo sulla propria maglietta e vede che è sporca di sangue in più punti. Si mette una mano sullo stomaco. Si guarda in giro, in pena. Torna sui propri passi. Appena esce dalla cucina, sulla sinistra trova subito il bagno. Vi entra con furia, si accovaccia sulla tazza del water e vomita.

 

SCENA 9.

SEMIOSCURITA’.

 

Si intravede il volto di Davide.

                                               

DAVIDE

                        Ho paura. Paura di non svegliarmi più da questo incubo.

 

 

SCENA 10.

INTERNO GIORNO. BAGNO DI ILARIA.

 

Davide è seduto di fianco alla tazza del water, con la schiena appoggiata al muro. Respira affannosamente e goccioline di sudore gli imperlano la faccia.

                                               

VOCE NARRANTE

                        Non c’è tempo da perdere.

 

Si rialza faticosamente, torna in cucina e rovista tra i vari cassetti. Quando trova una sportina nera della spazzatura, torna in bagno e si guarda allo specchio: vede che è sporco di sangue tutto intorno alla bocca e un rivolo rosso gli scende sul collo.

                                               

VOCE NARRANTE

                        C’è un cadavere là sopra.

                                               

DAVIDE

                        No, no, maledizione, non è un cadavere, è Ilaria!

                                               

VOCE NARRANTE

                        Ma è comunque morta.

 

Si toglie la maglietta sporca di sangue e facendone un fagotto la infila dentro al sacchetto nero. Si lava velocemente la faccia e le mani. Poi si guarda di nuovo allo specchio.

                                               

 

VOCE NARRANTE

Non bastano un po’ d’acqua e sapone per cancellare quello che ho fatto.

 

Si asciuga in fretta, dopodiché rovista nel cesto della biancheria sporca. Trova una maglietta. La indossa. Gli va un po’ stretta. Se ne porta un lembo al naso e respira profondamente.

                                               

 

VOCE NARRANTE

Il profumo di Ilaria… Basta! Chissà quanto tempo è passato. Le altre due ragazze possono arrivare in qualunque momento.

 

Esce dal bagno portando la sportina nera con sé, ma quando passa di fronte alle scale che portano al piano di sopra, si blocca.

                                               

VOCE NARRANTE

                        E se non fosse ancora morta?

 

Rimane a riflettere qualche secondo, poi abbassa la testa e si dirige verso l’uscita, attraversando la cucina e il garage.

 

 

SCENA 11.

ESTERNO GIORNO. DI FRONTE ALLA CASA DI ILARIA.

 

Non appena Davide esce all’aperto dalla porta del garage, si ferma.

                                               

VOCE NARRANTE

                        Non ho controllato se passava qualcuno in strada.

                                               

DAVIDE (piano)

Fino ad ora non mi ha visto nessuno entrare ed uscire da questa casa.

 

VOCE NARRANTE

Ma tutti i ragazzi dell’università mi hanno visto con lei.

 

DAVIDE (piano)

Ci penserò più tardi.

 

Davide richiude la porta del garage dietro di sé e scavalca il basso cancello che dà sulla strada. Qui torna a bloccarsi nuovamente, perché sta giungendo verso di lui una ragazza, la quale in quel momento sta parlando al telefono cellulare. Si sente uno stralcio di conversazione.

                                               

RAGAZZA

                        … non so quando torna Lara…

 

Sul viso di Davide si disegna il panico. Le va incontro.

                                               

DAVIDE (farfugliando concitatamente)

Ciao, no guarda, Ilaria non è ancora tornata, sono appena stato da lei e non l’ho trovata.

 

RAGAZZA (stupita)

Ci conosciamo? E poi, chi è questa Ilaria?

 

DAVIDE (biascicando)

Ah… no, scusa… mi devo essere sbagliato…

 

E la supera in tutta fretta.

                                                VOCE NARRANTE

                        Ma che sto facendo? Non aveva detto Ilaria. Calma!

 

Cammina velocemente, allontanandosi sempre più dalla ragazza.

                                               

VOCE NARRANTE

Ma è così difficile mantenere la calma. Mi sono appena tradito una volta e può succedere ancora. Devo allontanarmi il più presto possibile da qui.

 

 

SCENA 12.

ESTERNO GIORNO. VIE DI PADOVA.

 

Mentre Davide si allontana sempre più dalla casa di Ilaria lungo alcune vie di Padova, si accorge di stringere ancora in mano la sportina nera della spazzatura. La getta nel primo cassonetto che incontra.

                                               

VOCE NARRANTE

La causa di tutto… quel suono, quella stramaledetta melodia. La prima volta in cucina e, maledetto me, non ci avevo fatto tanto caso; ma come potevo immaginare l’orrore che avrebbe causato? E la seconda volta mentre baciavo Ilaria.

 

Alcune lacrime rigano le guance di Davide.

 

VOCE NARRANTE

Ma com’è possibile che un’insignificante musichetta da organo abbia condizionato a tal punto il mio comportamento? Ma chi aveva suonato quella melodia? Non riesco ad immaginare nessuno che mi odi così tanto. Sicuramente, l’ho sentita soltanto io, perché altrimenti chissà quante altre persone sarebbero impazzite come me in quei pochi secondi.

 

DAVIDE (piano)

E perché poi?

 

VOCE NARRANTE

Forse sono io che sono sempre stato così.

 

DAVIDE

Forse dentro di me sono sempre stato cattivo e crudele.

 

VOCE NARRANTE

E serviva soltanto qualcosa che portasse alla luce questa parte nera della mia anima, qualcosa come quella melodia.

 

Davide si sta addentrando attraverso alcune vie di Padova strette e antiche.

 

VOCE NARRANTE

Ma Ilaria… lei non c’entrava nulla con la mia anima. Lei voleva soltanto stare un po’ con il ragazzo che le piaceva e io… io… Mi sento così impotente, così in balia degli eventi…

 

In quel momento Davide passa di fronte alla facciata di una piccola chiesa. Si blocca e la osserva attentamente.

                                               

VOCE NARRANTE

Quella melodia è stata suonata da un organo da chiesa, e questa chiesa è poco distante dalla casa di Ilaria.

 

DAVIDE (piano)

Ma come posso essere sicuro che sia proprio questa?

 

VOCE NARRANTE

C’è soltanto un modo per saperlo.

 

Davide si asciuga gli occhi ed entra nella chiesa.

 

 

SCENA 13.

INTERNO GIORNO. NELLA PICCOLA CHIESA.

 

L’interno della chiesa non è molto grande e non c’è praticamente nessuno. Soltanto una coppia di vecchietti è seduta al centro. In quel momento di alzano ed escono lentamente. Davide si avvia nei pressi del confessionale, sulla destra, ma non vede nessuno. Torna allora al centro e si siede su una panca.

                                               

VOCE NARRANTE

Voglio cercare di pregarti, Dio, ma forse ho scordato come si fa. Da bambino mi avevano insegnato che Tu eri ovunque, che potevi vedere e sentire tutto… perché io? Che cosa ho fatto di male? A volte mi chiedo…

 

In quel momento un prete gli passa davanti, dirigendosi verso un punto sulla sinistra. Per un breve istante i loro occhi si incrociano e l’anziano predicatore gli lancia un caldo sorriso. Ma sul viso di Davide affiora il timore.

                                               

VOCE NARRANTE

                        Ho una strana sensazione… e quel sorriso… così finto.

 

Il prete si accosta alla parete e sale su un basso palco su cui poggia una specie di grande parallelepipedo di legno: si tratta di un piccolo organo da chiesa.

                                               

VOCE NARRANTE

                        Mio Dio, no, non può essere vero.

 

Il prete si gira di nuovo verso Davide e gli lancia un altro caldo sorriso. Quest’ultimo è diventato bianco in volto e respira affannosamente.

                                               

VOCE NARRANTE

Allora… allora è stato lui, quello è un organo da chiesa e quel prete sta per suonare di nuovo quella maledetta melodia!

 

DAVIDE (urlando)

Nooo!!

 

Davide si alza dalla panca e corre disperatamente incontro al prete. Questi si è appena seduto sul seggiolino dietro l’organo e quando sente e vede Davide precipitarsi con foga verso di lui, non può che rimanere di sasso. Davide gli si avventa addosso, tempestandolo di pugni, riducendogli la faccia una maschera di sangue. Quando il prete non può più resistere all’assalto, si lascia cadere a terra, privo di conoscenza. Ma Davide non se ne accorge e gli salta in testa riempiendolo di calci.

                                               

DAVIDE (urlando)

                        Maledetto, maledetto, hai causato la morte di Ilaria!

 

Davide continua a picchiarlo ancora per qualche secondo, poi, lentamente, si calma. Ansima e suda. Vede che il prete non respira più e che la sua testa non è più qualcosa di riconoscibile. Vede altresì che c’è sangue dappertutto: sul pavimento, sui propri piedi, sulle proprie mani e gambe, e sul muro dietro al corpo inerte. Indietreggia leggermente.

                                               

DAVIDE (piano)

                        No… no, non è possibile…

 

Si guarda in giro, ma nessuno è ancora accorso. Si dirige velocemente verso l’uscita. Ha gli occhi umidi di pianto.

                                               

VOCE NARRANTE (rotta dal pianto)

La melodia non è ancora tornata alle mie orecchie e io ho già ucciso un’altra volta.

 

 

SCENA 14.

INTERNO GIORNO. CASA DI DAVIDE.

 

La casa di Davide è completamente sprangata e al buio, tutte le finestre e le porte sono chiuse. Davide è seduto a gambe incrociate sul suo letto. Ha il viso rischiarato da alcuni raggi di sole che riescono a filtrare attraverso la tapparella abbassata della finestra. Ha la faccia stravolta, stanca e provata. Ha gli occhi arrossati e umidi. Si dondola avanti e indietro.

                                               

DAVIDE

Sono passati cinque giorni. Non ho mai mangiato, non ho praticamente mai dormito. Ho chiuso la mia casa al mondo, perché sono pericoloso, e sfortunatamente non è venuto ancora nessuno a cercarmi per quello che ho fatto. Ho paura. Ogni minuto, ogni ora, ogni giorno che passa, attendo. Attendo con terrore che quell’infernale melodia ritorni. Il terrore di non sapere né quando né se ritornerà. Vivo in un incubo senza fine. Ho pensato più e più volte di suicidarmi, ma non ne ho il coraggio. Forse morirò di fame. Forse riuscirò ad ammazzarmi. Forse… forse… Aiuto… aiuto…