Figli di Dio

 di Luigi Risolo

 

Sono venuti anche stasera.

Mi osservano con agitazione febbrile dal rettangolo della finestra.

Sono decine, decine, e decine.

Alcuni premono le loro piccole mani sul vetro.

Altri invocano il mio nome.

Altri ancora piangono e si dimenano senza posa come fossero posseduti dal demonio in persona.

Al di là di essi una sagoma nera e sottile.

Le sue pupille infuocate assecondano ogni mio movimento.

E, scrutandomi, mi lacerano l’anima.

 

Era una sera d’estate come tante altre.

Beh, non proprio come tante altre, dato che gli anni miei di Charles e di Harry  messi assieme non facevano più cinquanta, e ci trovavamo a bordo di una Corvette diretti verso il bordello più malfamato di cui avessimo conoscenza.

Lo chiamavano “Il paese delle meraviglie”.

La leggenda voleva che vi si fossero prostituite le più grandi celebrità di Hollywood, e che molti clienti ne fossero usciti matti come cavalli.

 

Parcheggiammo la macchina tra due splendide limousine.

- Almeno siamo sicuri di non incontrare i nostri vecchi! Troppo elitario per gli stronzi ‘sto posto.

Harry aveva ragione, non avremmo incontrato né i nostri vecchi, né altra faccia a noi nota.

Dopo aver dato un’ultima occhiata alle nostre false carte d’identità, per convincerci di quanto fossero verosimili, bussammo alla piccola porta di legno rossa.

Una voce sensuale ci invitò ad entrare.

L’ingresso altro non era che un’angusta stanza senza finestre e dalle pareti nere come la notte. In un angolo se ne stava una bambina, leggeva fiabe al lume di una candela. Ne dedussi che la voce sensuale dovesse essere sua, ma non ebbi modo di accertarmene: non proferì parola.

Ci fece segno di continuare oltre la soglia di una porta posta perfettamente al centro della parete opposta.

 

- Sicuri di avere diciotto anni?

- Direi di sì, controlli pure queste.

L’uomo guardò distrattamente le nostre carte d’identità.

Per un attimo pensai che non l’avremmo fatta franca.

Ma purtroppo le cose non vanno mai come dovrebbero.

L’uomo concluse che eravamo tutti più che maggiorenni.

Con un gesto elegante ci aprì le porte del Paese delle meraviglie.

 

La visione che si schiuse ai miei occhi ancora oggi mi fa tremare l’anima.

Ovunque vi erano corpi che sospiravano e si contorcevano accarezzandosi e penetrandosi.

Un lezzo di sudore, sperma e sangue, investì le nostre narici.

Sentii le gambi divenirmi tanto molli che fui costretto ad accasciarmi a terra.

Il contatto con il pavimento ghiacciato accrebbe e distorse la mia percezione della realtà.

Sentivo gemiti di piacere, ma anche urla terribili e disumane.

Una ragazza meravigliosa si chinò a baciarmi.

Quando allontanò il capo dal mio mi accorsi che erano ben cinque le ragazze che mi circondavano.

Spaventato ed eccitato allo stesso tempo, lasciai che le loro mani  si insinuassero tra i miei vestiti.

Una di queste raggiunse la mia erezione, e la tormentò con movimenti dapprima lenti e poi sempre più veloci. La stretta cessò proprio quando ero vicino a raggiunge il piacere.

- Non a noi. Il tuo seme è soltanto per Lei. Calmati e lasciati spogliare.

 

Non so quante volte possedetti i loro corpi quella notte.

 

Ero ormai prossimo allo sfinimento quando le ragazze si allontanarono improvvisamente da me.

Presi a cercarle.

Ma era impossibile trovarle in quell’osceno mosaico di corpi.

E con loro avevo perduto anche i miei amici.

Non ebbi il tempo di chiedermi dove fossero che il mio sguardo fu rapito da una piramide che si ergeva al centro dell’enorme stanza.

Incredibile!

La piramide era formata dai corpi di innumerevoli amanti.

E non si trattava soltanto di uomini e donne.

Vi erano anche bambini e animali in quella Babele di carne.

Mi feci ancora più vicino.

Una piccola feritoia si apriva alla base dell’assurdo monumento.

Per attraversarla fui quasi costretto a strisciare.

 

L’interno era totalmente immerso nel buio.

Sentivo il cuore pulsarmi nelle tempie.

Pensai che dovevo essere stato veramente stupido per cacciarmi in quel luogo.

Ma prima che la disperazione si impadronisse della mia mente, una timida luce prese a rischiarare l’ambiente.

Su di un pregiato tappeto persiano era distesa una donna dalla bellezza altera e tremenda.

Un caschetto nero corvino le incorniciava il pallido viso sul quale risaltava la rossa morbidezza delle labbra.

Era nuda, eccetto che per degli stivali di pelle che ne esaltavano la diabolica sensualità.

 

-Mi hai trovata finalmente. Non sai da quanto tempo sia qui ad attendere la tua visita. Avvicinati.

Fu facile assecondare il suo ordine.

E quando fui abbastanza vicino da sentirne il calore del respiro, ella mi strinse in un forte abbraccio lasciandomi scivolare la lingua tra i denti.

La penetrai violentemente.

Dei suoi occhi non vedevo che il bianco.

Il nero, ne ero certo, lo stava donando al dio dell’amore.

Sentii il piacere venire improvviso.

Alzai gli occhi dalla donna e mi accorsi che ad effondere luce erano le pupille degli amanti, ora tutte rivolte verso la nostra comunione di carni e spiriti.

Svenni. Non so dire se per l’orgasmo o l’orrore di quella folle visione.

 

Rinvenni che ero disteso sul sedile posteriore della Corvette.

Charles ed Harry ridevano come idioti.

-Finalmente nel mondo dei vivi! Brava la Lilith, vero? Una gran puttana!

-Nel mondo dei vivi? Ma, cazzo, questo è il mondo dei morti porco dio!

Risi alla battuta di Harry, davvero buona.

 

Quella notte stessa fui svegliato più volte da rumori provenienti dal giardino.

Stanco di essere continuamente interrotto nel mio sonno, scostai le tende dalla finestra per vedere quale cazzo di animale avesse deciso di molestarmi a quel modo.

 

Ma quel che vidi non fu un animale.

Bambini deformi si erano accalcati alla finestra.

Con unghie lunghe e sporche ne graffiavano il vetro.

No, non stavano semplicemente graffiando il vetro, erano tutti intenti a scrivere qualcosa.

Tu sei nostro padre.

Tu sei nostro padre.

Tu sei nostro padre.

Tu sei nostro padre.

 

Sì, io sono il padre di quelle immonde creature.

 

 

                                   Fine

 

 

Ad Angela, per avermi guarito.