VETRO

di jacopo Mistè

 

 

La volta che decisi che non valeva più la pena di vivere era una gelida mattina di inverno. I miei erano appena usciti di casa per lavoro, e non pensavano minimamente cosa passava in testa al caro loro amato figlioletto 16enne. Non sapevano che il loro caro Johnny covava quest'istinto da ormai diverso tempo, ma finalmente aveva avuto il coraggio di metterlo in atto. "Quale sarebbe un modo esemplare di morire?", pensai. Avevo visto e letto moltissimi film, libri e fumetti riguardo a questo. "Dunque... ci si può tagliare le vene del polso", pensai, ma mi resi conto che non ne avrei avuto il coraggio. Idem quella di impiccarmi, perchè mi dava fastidio l'idea dell'osso del collo che si spezzava. Continuai a pensare. Non mi venne in mente nulla di nuovo. Avrei almeno voluto morire in modo dignitoso, in modo diverso, in modo NUOVO. Avevo visto in un certo film, mi pare un certo Hellraiser 2, un tizio scuoiarsi vivo con un rasoio da barbiere. Penso che nessuno l'avresse mai fatto nella realtà, e sicuramente una morte così avrebbe fatto parlare di molto, ma era da sempre che avevo il terrore del rasoio come arma da taglio, quindi rinunciai. L'idea era però buona. Dopo qualche minuto, finalmente arrivai alla soluzione. Il vetro. Anche questo l'avevo visto in un film, dove una tizia se l'era ingoiato ed era morta. Il vetro, ingoiato così, avrebbe, come dire, "tagliato l'interno dello stomaco". Non saprei come altro spiegare. Forse però sarebbe stato forse parecchio doloroso. Cominciai a sentirmi irritato. Non si può morire in modo spettacolare senza soffrire molto. Mi misi a pensare se valeva davvero la pena morire in modo spettacolare. Non mi misi a pensare se valeva la pena morire. No! Ormai era deciso! Il vetro! Mi sarei ucciso tagliandomi con il vetro! Non certo ingoiandolo, perchè sarrebbe stato troppo doloroso, ma comunque tagliandomi. Presi la mia fedele mazza di baseball, con cui avevo battuto così tante palline, e l'abbattei con tutta la forza possibile sulla finestra della mia stanza. Con un frastuono enorme la finestra andò in mille pezzi rovesciando tutto il suo contenuto sulla terrazza. Cercando di non avere nessun ripensamento, presi in mano il coccio più grande, e lo avvicinai alla gola. Un'ultimo pensiero prese vita nella mia testa: una volta, quando andavo a dottrina, il prete mi aveva detto che suicidarsi è un peccato che porta all'inferno, perchè così si spreca la vita che il caro generoso signore ci ha dato. "Finirò all'inferno?". Cercai di non pensarci. Sperando di non trovare un'ultima scusa per rimanere in vita, con forza mi incisi un taglio abbastanza consistente nella gola. Non l'avrei mai detto, ma la sensazione non fu di dolore. E' come quando si è bambini: ci si mette a piangere non per il dolore, ma alla vista del sangue quando ci si taglia. Anche questo era il mio caso. Vedevo colare giù un sacco di sacco di sangue caldo che continuava ad imbrattarmi la maglietta, ma non sentii dolore, solo stanchezza. Dopo qualche minuto mi sentii svenire. Cercai di afferrarmi da qualche parte, ma non c 'era nulla a cui appendersi. Persi l'equilibrio e precipitai giù. Atterrai su tutti gli altri cocci di vetro. Questa volta sì che sentii il dolore, e urlai. Non ci riusci. Ero troppo debole. Emisi un gridolino. Le tenebre mi afferrarono. Chiusi gli occhi. Non li aprii più.

Neppure l'aldilà fu come mi aspettai. Per diverse ore mi ritrovai a vagare nel buio più totale. Non riuscivo neanche a muovere un muscolo. Ero trasportato dal buio. Non sapevo il perchè, ma ero sicuro che guardandomi la gola non avrei più trovato nessun taglio. Continuai a vagare immobile nel buio. Improvvisamente avertii due luci. Una gialla alla mia sinistra, e una rossa alla mia destra. Non so il perchè, ma ERO SICURO d'aver sentito qualcuno piangere. Il pianto proveniva da sinistra. lo sentìì solo per una frazione di secondo, poi sparii. Finii trascinato verso la luce rossa alla mia destra, e persi conoscenza. Mi risvegliai poco dopo. Davanti a me c'era Satana. Non era affatto come me lo aspettavo. Aveva l'aspetto di una sagoma completamente nera, senza nè occhi, nè naso, nè bocca, nè orecchie. Insomma, aveva il viso completamente liscio. Pur non avendo bocca, parlò lo stesso. "Finalmente abbiamo un nuovo arrivato." In tutta la mia vita non avevo mai sentito una voce così conturbante, così seducente. Avevo anche la pelle d'oca, senza motivo. "Era da un pezzo che gente giovane come te non si faceva vedere. Meno male che sei arrivato tu...". Si fermò. Riprese parola pochi secondi dopo. "Per cosa è che ti sei suicidato così giovane? ". Tacqui. "Aspetta, lasciami pensare..."

"Scuola?"

"No".

"Droga?"

"No".

"Allora la risposta è semplice: amore, vero?"

Non annuii. Avevo paura.

"C'ho azzeccato, vero? E' questo che porta molta gente giovane come te qui. E tu non fai eccezione".

Si fermò nuovamente. E dopo qualche secondo riprese nuovamente a parlare.

"Immagino che tu sappia cosa ti succederà. Qui ti aspetta la dannazione eterna. Mai letto la Divina Commedia?".

A quel punto, dopo quella prova di coraggio che avevo sostenuto togliendomi la vita, scoppiai indegnamente a piangere. SAPEVO che non ce l'avrei fatta a rimanere lì per l'eternità.

"La prego, io... io... IO NON VOGLIO RESTARE QUI!", urlai a squarciagola.

"Non sei soddisfatto della tua scelta? Ma non preoccuparti, io non obbligo nessuno a rimanere qui contro al sua volontà. Se vuoi, puoi anche andare in paradiso, verro la beatitudine eterna. Basta che sali questa piramide".

Detto questo, Satana schioccò le dita, e improvvisamente il buio sparì, sostituito dalla luce. Mi trovavo ai piedi di una piramide enorme, altissima, che andava su su verso il cielo. Ero scalzo.

"Basta che tu la salga fino in cima per giungere al paradiso", mi disse.

"Coraggio, puoi farcela!"

Prima che gli potessi domandare qualsiasi cosa, scomparve. Riuscii finalmente a muovermi. Avevo davanti a me la piramide. Non mi restava altro da fare. Cominciai a salire i gradini.

Appena misi giù il piede sul primo scalino, urlai di dolore. Era pieno di cocci di vetro rialzati. Il piede cominciò a sanguinare.

"Calma", pensai. "Basta che tu salga lentamente cercando di appoggiare il piede sui cocci invece di metterlo giù di forza, per evitare di farti male", mi disse la mia voce della ragione. Seguii il consiglio. Passarono ore e ore, anche giorni forse. Il tempo non cambiava mai. Ero solo su una piramide al centro di un ambiente completamente bianco e incorporeo. Molto molto tempo dopo, in quel che era probabilmente il terzo giorno di scalata, avevo rimediato soltanto qualche piccolo taglietto ai piedi. Continuavo a salire su in maniera costante, anche se cominciavo ad accusare stanchezza e a domandarmi quando sarei arrivato in cima. Non sentivo nè fame nè sete, solo stanchezza. Alla fine del quarto giorno ero ormai completamente stremato. Verso la metà del quinto crollai in avanti, tagliandomi su vari punti del corpo. Urlando di dolore mi rialzai di scatto, e perdendo l'equilibrio, misi giù di forza i piedi, infilzandoli nei cocci. Urlai nuovamente, e questa volta caddi all'indietro, precipitando giù per tutti gli scalini senza riuscire a fermarmi e continuando a tagliarmi su tutto il corpo. Per cinque giorni continuai a precipitare in giù, perdendo pezzi di corpo che finivano infilzati dai cocci. Mi ritrovai al punto di partenza. L'unico problema però è che mi rimanevano soltanto il busto, la testa e le braccia. Le gambe e i piedi non li avevo più. Non so perchè non ero morto. Inoltre questa volta il dolore LO SENTIVO. Lancinante, grottesco, indicibile. Dal mio busto usciva l'intestino. Riuscivo a muovermi, ma dovevo trascinare il busto con le braccia.

"MA COME CAZZO POSSO GIUNGERE IN CIMA SENZA GAMBE E CON TUTTI QUEI COCCI DI VETRO TAGLIENTI COME RASOI??????!!!!", urlai con tutte le mie forze.

Apparve improvvisamente Satana. Anche se non aveva nè occhi nè bocca, riuscivo lo stesso ad avvertire che ghignava.

"E tu speravi veramente di farcela? Non ti rimane che startene qui oppure riprovare a salire la piramide se vuoi essere graziato!", urlò.

"Ma come faccio?", ribattei piangendo, indicandogli le gambe che non avevo più.

"Oh, questi sono affari tuoi. Tu non puoi morire, quindi ci puoi riprovare tutte le volte che vuoi. Occhio però a quando cadrai finendo col perdere anche la testa, perchè in quel caso passerai tutta l'eternità a guardare lo stesso paesaggio!", rispose ridendo.

"Fin dall'inizio sapevi questo!", ribattei imprecando.

"Anche tu sapevi che morendo saresti finito qua. Forse avresti fatto meglio a suicidarti in maniera diversa per evitare questa tortura del vetro. Il supplizio deriva proprio dal modo in cui quella determinata persona è morta! Beh, adesso ti devo salutare. Speriamo che tra 1000 anni non sarai ancora qua!" Ridendo, Satana scomparve.

"Ecco perchè la gente quando si uccide lo fa sempre nella stessa maniera: forse il supplizio della corda per gli impiccati è molto meno doloroso del mio del vetro", pensai.

Capii che ormai ero fottuto per tutta la vita.