TRAPPOLE

 

DI MARGHERITA MELARA

 

 

“E’ morto. E’ morto. Si. L’hanno ammazzato.

 

L’ho ammazzato io…! Dio mio! Sono stata io.”

Cristiana. Così è il nome dell’angelica giovane donna che aveva, con un rastrello, colpito il cranio del suo papà.

L’aspetto più traumatico e per molti più divertente, era che fosse Cristiana di nome e cristiana di fatto.

In ogni caso, ora aveva la casa e la vista invasata di mille persone, tutte piccole formichine oramai davanti all’orrore.

Conoscenti, parenti, amici tutti erano la per giudicare il fattaccio e nessuno la consolò, naturalmente.

Tutti distanti. La madre disperata, terrorizzata, le partì il pensiero. Il dito puntato contro il cuore cristiano della giovane.

Sale il panico, l’ansia. Prima calma. E’ tutto normale. “E’ tutto a posto. Non sei tu. Non eri tu. Era quell' altra. Era quella incazzata, avvelenata. Il veleno, l’odio. Non sei tu. Te lo posso giurare sul cielo.” Sembrava fossero le parole che le giravano in testa.

Il senso di colpa non se ne andava. E tutti sbalorditi puntavano contro il suo malessere nel non essere quella che c’era.

Le mani aggrovigliate e tese tra i capelli e sulla bocca, il rossore del sudore, la vista della pala a terra. Cercava di ricordare. S’era scordata tutto. S’era impallata nel vuoto. Vedeva soltanto la madre che girava impazzita di qua e di la, senza dire niente. Urla? strepiti? Niente. Forse era soltanto Cristiana che non sentiva più per non farsi male. Era un po’ che reagiva così alle cose, sembrava più semplice. Lo sdegno del fratello maggiore, sembrava non fosse cambiato dal giorno prima, solo che oggi, all’omicidio del padre era più accentuato.

 

Calma. Sorrisi. “Hei, ciao come va? Ti faccio la pasta? La vuoi? Ma che c’hai? Sei morta? Ah ah ah….” Era la madre. Niente, non è successo niente. Cristiana era soltanto ferma in cucina aspettando che il caffè d’orzo della mattina fosse pronto. S’era fermata un attimo, soltanto unoe aveva visto, aveva visto cosa avrebbe potuto accadere se la coscienza e l’umanità reale non ci fossero.

Abbracci, sorrisi. Ora davvero è tutto a posto. Davvero non c’è niente. Il solito odio, i soliti scazzi, le solite indifferenze, le solite intolleranze ma nessuno è morto.

 

Rigirata nel letto, non riescono ad aprirsi gli occhi, è lucida più che mai ma non li apre. Li vede da fuori i suoi occhi ma non ce la fa, è intrappolata dentro al nero di questo strano sogno.

E’ sveglia.

 

Buongiorno.