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Dalla trasparenza all' interattività:
"la nuova estetica"
Il progetto modernista era caratterizzato dalla trasparenza, e l’ obiettivo dell’ architettura era quello di trasmettere simultaneamente la tensione tra spazio profondo e superficie. In quel particolare contesto, quindi, la facciata trasparente era stata concepita per essere oggettiva, per avere una continuità tra la superficie chiaramente percepita e la profondità data dallo spazio interno.
La superfici si traduceva in trasparenza proprio perché essa stessa rappresentava l’estetica fondamentale della nuova architettura diventandone così anche l’etica come nuova forma di volersi aprire oggettivamente al nuovo mondo.
Oggi la superficie si presenta come una metafora della nuova estetica, come “scatola embrionale” di una architettura “consapevole” di poter essere interattiva, di poter avere strutture spazi e situazioni navigabili e modificabili. Si cerca, così, di “andare avanti” ed oltrepassare questo concetto, in modo da arrivare a concepire la “pelle” autonoma rispetto al resto, esplicitando le differenze tra volume e superficie.
Ábalos e Herreros, “Gordillo Residence”, Madrid.
Sottolineano l’importanza della bidimensionalità nella loro concezione dell’architettura.
Herzog & de Meuron, “Technical school library in Eberswalde”, Germania.
Utilizzano un processo serilitografico grazie al quale, delle immagini sono trasferite sulle superfici di cemento dell’edificio o direttamente serigrafate sul vetro. La pelle viene concepita come un tessuto che racconta una storia.
Si è arrivati, anche ad interpretare la pelle dell’edificio come una superficie di comunicazione, come un tessuto che racconti una storia. Le facciate sono concepite come superfici programmabili, che narrano, progettano e pervadono lo spazio dei volumi , ne interpretano la loro funzione.
Bernard Tschumi, “Glass Video Gallery in Groningen”, Olanda 1990.
Utilizza frequentemente immagini effimere come “sostanza” della sua architettura, giungendo alla definitiva rottura della dialettica fra superficie e profondità.
Siamo entrati nella nuova ottica di concepire le superfici, che vengono rappresentate come forme ripiegate su se stesse, come “strutture” dalle geometrie topologiche, come superfici che interagiscono con il contesto urbano.
Come un fluido incontrollabile il mondo del virtuale, dalla sua dimensione tecnologica, investe l’architettura trasformandola da corpo “costruito” in corpo “immateriale”, ovvero in pura immagine.
La perdita di identità e materialità dell’architettura coincide con la scomparsa definitiva del concetto di facciata e di prospetto. Divenendo perciò libera, la facciata può esprimersi così in una evoluzione indipendente, proponendosi come una sovrastruttura che non presenta più alcun tipo di relazione con il contenuto del manufatto architettonico.
Nell’architettura dell’immateriale, dunque una architettura fatta di involucri, il vero involucro è l’immagine e l’immagine stessa vista come flusso comunicativo è diventata il vero obiettivo dell’azione edificatrice.
La costruzione fisica è concettualmente e idealmente circondata da un etereo stato di energia comunicativa che conferisce all’architettura una capacità di riversare la sua presenza al di là della sua materialità e realtà fisica.
Daniel Libeskind, estensione del “Victoria and Albert Museum”, Londra.
Egli prosegue l’investigazione del tema della “piega” in architettura, infatti l’edificio è concepito come una superficie a spirale che collassa su se stessa. Il movimento sinuoso e intrecciato della spirale, collega spazialmente l’interno con l’esterno.
Il nastro di Mobius è una singolare superficie che presenta una sola faccia e un solo bordo. Per verificarlo, basta tagliare una striscia di carta e incollarne gli estremi dopo averli ruotati l'uno rispetto all'altro di 180°. Facendo scorrere la punta di una penna sul nastro, si osserva che senza mai staccarla si lascia la traccia su entrambe le facce della striscia.
Ben van Bekel e Caroline Bas, “Mőbius House”.
L’edificio è un’architettura spazialmente concepita in termini deleuziani (Deleuze “La piega”). Il progetto pone in evidenza lo spazio continuo e matematicamente indeterminato nel progetto di un’architettura basata su superfici topologiche complesse. La casa Mobius integra in un unico atto programma funzionale, circolazione interna e struttura in un insieme senza soluzione di continuità e senza suture. La casa è espressione di movimento e fluidità, gli spazi tematizzano il continuo errare e la facciata dell’edificio è la risultante del movimento.
L’uso della nuova tecnologia digitale ha permesso che questo cambiamento non restasse un discorso puramente concettuale ma divenisse una produzione ed un praticare l’architettura in maniera sostanziale e completa.
Programmi di animazione specifici come Maya, Alias, Catia, e l’utilizzo sempre maggiore della progettazione al computer, consentono così agli architetti di lavorare su superfici che presentano determinati livelli di complessità (Sistemi NURBS).
Le curve dei sistemi NURBS (Non Uniform Rational Bézier Spline) sono il fondamento della generazione delle forme.
I sistemi NURBS come “Alias”, “Maya”, “3D Studio Max”, sono fondati sull’analisi matematica, ben diversi dunque da altri programmi software basati sul paradigma cartesiano, tipo “Autocad”. Con tali tipi di sistemi, attraverso l’utilizzo di formule algoritmiche, le linee e le superfici subiscono un aggiustamento e un ricalcalo continuo. E’ un sistema più dinamico con cui superfici e oggetti vengono sviluppati in una mutevole relazione con una superficie. Utilizzando, quindi, programmi di animazione basati sui sistemi NURBS è possibile progettare liberamente con curvature complesse.
Greg Lynn “Form, Embryologic Housing”.
La pelle esterna dell’edificio è costituita da un numero prefissato di pannelli di alluminio posati su un telaio anch’esso di alluminio e su una strutture di travi tubolari.
Attraverso, quindi, le nuove tecnologie e l’elettronica si arriva ad elaborare un modo nuovo di trattare lo spazio, avendo il computer la capacità di semplificare complesse reti di interrelazioni.
Sulan Kolatan e William Mac Donald, estensione della “Raybould House”.
Questa estensione può essere concepita come una sorta di risonanza che crea una mediazione fra edificio esistente e paesaggio.
In misura sempre maggiore abbiamo a che fare con la tecnologia e gli architetti si affidano in prevalenza al lavoro su computer, mezzo fluido ed interattivo, per trasmettere il senso di cambiamento continuo che si sta cercando di far avere all’architettura in maniera che anch’essa divenga a sua volta un flusso, capace di mutare velocemente e con grande precisione le proprie sorti. Così le nuove tecnologie di progettazione e produzione basate sui sistemi NURBS hanno provocato grandi cambiamenti in architettura nell’arco di pochissimi anni.
Alicia Imperiale, Nuove bidimensionalità tensioni superficiali nell'architettura digitale, testo & immagine, Chieri (To), 2001
Christian Pongratz - Maria Rita Perbellini, Nati con il computer giovani architetti americani, testo & immagine, Chieri ( To ), 2000
Umberto Cao - Stefano Catucci, Spazi e maschere, Melteni, Roma 2001