LA TECNOLOGIA E IL PROGRESSO DELL'UOMO

tratto da "PASSATO E  FUTURO" di Isaac Asimov

 

Se pensate che stiamo vivendo in un'epoca di tecnologia, avete perfettamente ragione. Se pensate che questo sia un fenomeno degli anni o dei secoli più recenti, avete del tutto torto. La tecnologia è l'abilità di fare cose per mezzo di oggetti che non sono parte del vostro corpo. Se cercate di spezzare una noce con i denti, il vostro agire è del tutto naturale. Se ponete la noce su di una pietra e la colpite con un'altra pietra, cominciate a essere tecnologici. Se torniamo indietro nella storia abbastanza da raggiungere l'epoca in cui l'uomo non usava la tecnologia, quando non costruiva arnesi di pietra, di osso, di legno o di canna, scopriamo che dobbiamo arrivare ancora più indietro dell'uomo. Le prime tracce a noi note delle più primitive creature simili all'uomo, che vissero nell'Africa orientale tre milioni e mezzo di secoli fa e che possedevano un cervello appena più grande di quello di un moderno gorilla, sono già accompagnate da rocce scheggiate, chiaramente destinate a tagliare e a incidere. Cosa portò l'uomo alla tecnologia? Sicuramente deve essere stata la comprensione, per quanto nebulosa, che adattando i materiali del mondo intorno a lui ai propri scopi, si sarebbe resa la vita più comoda. Impiegando i materiali a sua disposizione, poteva uccidere un animale più facilmente ed essere più sicuro della disponibilità del cibo, o poteva costruire un qualche tipo di riparo, ed essere meglio protetto contro la tempesta. Se bastano solo la capacità del cervello e l'intuizione per scorgere un modo di compiere più facilmente qualcosa di desiderato per mezzo di strumenti al di fuori di noi stessi, è inevitabile che verrà intrapresa quella via. Il primo passo importante sulla scala della tecnologia venne con l'uso ragionato del fuoco. Questo significa qualche cosa di più della scoperta del fuoco in se stessa; ogni animale scopre il fuoco quando è costretto a fuggire da una foresta incendiata dal fulmine. Era necessario andare oltre la semplice scoperta che tale cosa esisteva. Vi devono essere stati momenti in cui degli uomini (o forse dei bambini), osservando qualche resto morente di fuoco che consumava qualche ramoscello, osarono giocare con esso alimentandolo con altri ramoscelli. Quindi a qualcuno venne in mente che un fuoco "addomesticato", tenuto nel ricovero di una persona, avrebbe fatto luce e generato calore nel corso della notte. Quando ciò venne messo in azione, fu compiuto il passo singolo più cruciale nella storia dell'uomo. Non sappiamo quando ciò accadde, né quanto tempo fa, né in quali circostanze, né quante volte la scoperta venne ripetuta, né quale fu la velocità della diffusione. Alla fine, però, si diffuse a tutta l'umanità. Non venne mai trovato in alcun luogo della terra un gruppo di uomini che in tempi storici mancasse dell'uso del fuoco. E' appunto l'uso del fuoco quello che rappresenta la prima distinzione assoluta e chiara fra l'uomo e tutte le altre specie di creature viventi. Vi sono animali che comunicano efficacemente sebbene non attraverso il linguaggio; esistono animali che impiegano strumenti in modo primitivo; ma nessun animale diverso dall'uomo ha mai compiuto anche il più timido passo verso il dominio del fuoco. Il fuoco ha avuto, senza dubbio, come suo effetto immediato, il conseguimento di ciò che deve essere stato il suo immediato scopo: l'eliminazione dell'oscurità e del gelo della notte. Questo significava che gli esseri umani potevano essere più efficientemente attivi di notte, mentre altri grandi (ed eventualmente pericolosi) animali, che temevano il fuoco, dovevano rimanere alla larga. L'uomo improvvisamente ottenne un forte vantaggio nella sua lotta contro gli altri predatori. Le conseguenze di un importante progresso tecnologico non possono essere confinate ai suoi effetti immediati. L'influenza del fuoco si diffuse. L'uomo era, alle sue origini, essenzialmente un animale tropicale, come sono quasi tutti gli altri primati. Con il fuoco, però, divennero sopportabili le notti più fredde a maggiori distanze dall'equatore e ad altitudini più elevate sul livello del mare. La gelida desolazione degli inverni nordici poteva essere affrontata una volta che l'uomo avesse imparato a indossare le pelli di altri animali per superare la propria mancanza di pelo, e quando avesse il fuoco come suo alleato. Il fuoco così significò una notevole estensione del territorio in cui l'uomo poteva vivere, e questo è stato l'effetto di ogni progresso nella tecnologia da allora in poi. L'uomo non è confinato in quegli ambienti cui è adatto il suo corpo nudo e indifeso. Non è necessario all'uomo seguire il lento ritmo di cambiamento evolutivo per adattarsi ad altri ambienti più duri. Mediante la tecnologia, egli controlla l'ambiente e lo adatta alle sue necessità. E nemmeno possono essere previsti tutti gli effetti di ampliamento di un cruciale progresso tecnologico. Vi sono sempre conseguenze del tutto inaspettate e forse imprevedibili. Per quanto riguarda il fuoco, fu fatta la scoperta, sulle prime senz'altro accidentalmente, che il cibo riscaldato dal fuoco diveniva più facile da masticare e sviluppava nuovi aromi che l'uomo trovò piacevoli. A poco a poco, l'uso del cibo cotto divenne universale. Ciò non fu una questione di moda o di inutile artificialità. Vi sono cibi che possono essere mangiati se cotti ma che sono troppo duri o scadenti per poter essere utilizzati crudi. La cottura ammorbidisce e, in un certo grado, predigerisce il cibo, e ciò talvolta è essenziale. Pensiamo a quante persone vengono mantenute in vita dal riso bollito, per esempio, e immaginiamo di mangiare grani crudi di quel cereale. Inoltre la cottura distrugge i batteri e altri parassiti del cibo. L'uso del cibo cotto fece diminuire le malattie e le infezioni intestinali nell'uomo primitivo; e ciò significò un aumento della forza e un allungamento della vita. Il fuoco, aumentando in tal modo la disponibilità del cibo, rese possibile non solo all'uomo di aumentare le proprie possibilità ma anche di accrescere il proprio numero. La stessa quantità di terra, lo stesso numero di piante e di animali potevano, col fuoco, alimentare più esseri umani di quanto potessero senza di esso. E da allora in poi, gli ulteriori progressi nella tecnologia hanno ancora aumentato il numero di esseri umani che ogni volta la terra poteva alimentare. Gli effetti di un progresso cruciale nella tecnologia continuano a manifestarsi e qualche volta non si rendono evidenti per periodi di tempo sorprendentemente lunghi. L'uomo primitivo può avere talora trovato piccole pepite di rame, argento ed oro ed essere rimasto affascinato dalla loro lucentezza, dalla loro disponibilità ad essere appiattite e deformate in forme interessanti senza spezzarsi, e dalla facilità con cui potevano essere lucidate fino a risplendere. Sarebbe stato naturale impiegare le pepite come ornamenti. Infine, verso il 3500 a.C., fu in qualche modo scoperto che certe rocce, se mescolate con legno carbonizzato, potevano fornire grandi quantità di certi metalli, purché la mistura fosse fortemente riscaldata, per l'azione del fuoco. L'uso dei metalli divenne possibile solo perché l'uomo aveva il fuoco a sua disposizione, così che i nuovi progressi tecnologici si fondarono sui vecchi. E i metalli entrarono in uso forse decine di migliaia di anni dopo che il fuoco era stato per la prima volta domato: le conseguenze sono talvolta ritardate. Naturalmente, l'uso del fuoco comportò dei pericoli. Il fuoco poteva essere domato, ma era sempre pronto a tornare ancora selvaggio. Un fuoco poteva accidentalmente bruciare il riparo in cui era posto, o una intera foresta. L'uomo poteva morire nelle fiamme o addirittura impiegare deliberatamente il fuoco come un'arma per uccidere altri uomini. Non vi è alcun modo per impedire tali tragedie se l'uomo è trascurato o malvagio; ma non è la tecnica quella che produce il pericolo bensì l'uomo che la controlla. Se impiegato efficientemente, attentamente e umanamente, non vi è alcuna ragione di supporre che il fuoco debba essere distruttivo. Ma non esistono modi in cui il fuoco, per quanto impiegato efficientemente, attentamente e umanamente, possa produrre effetti collaterali indesiderabili? Sicuramente, esso produce fumo e puzzo che ammorba l'aria, macchia tutto ciò con cui viene a contatto, e irrita la gola e i polmoni. Molti di quelli che usavano il fuoco potevano (immagino) rimpiangere l'aria pulita di una tenda o di una caverna non inquinata dal fumo. Le alternative sono: abbandonare l'uso del fuoco, usarlo e sopportare l'inquinamento, o escogitare un modo per avere il fuoco senza l'inquinamento. L'ultima alternativa è sicuramente la più ragionevole, e fu, in realtà, quella accolta. Vennero elaborate delle specie di camini che permettevano al fumo di uscire dal ricovero e di diffondersi nell'aria aperta, dove poteva disperdersi più efficacemente. Questo è un esempio di come i problemi provocati dalla tecnologia vengono risolti da una ulteriore tecnologia. Ciò a sua volta, può causare nuovi problemi; così i fuochi dell'uomo sono oggi aumentati in quantità e intensità al punto che perfino l'intera atmosfera minaccia di essere inquinata. Cosa dobbiamo fare allora? Abbandonare, sopportare, o progredire con qualche nuova ingegnosità? Tutta la storia dimostra che solo la terza alternativa, nuova ingegnosità e tecnologia più avanzata, è sostenibile. Il progresso tecnologico comporta un minore disagio materiale nella forma di una crescente dipendenza dell'uomo dalla tecnologia. E' il fuoco che ci permette di avere caldo in inverno, quindi dobbiamo correre il rischio di gelare se il fuoco dovesse spegnersi accidentalmente. Se fossimo rimasti senza fuoco  e non avessimo abbandonato i tropici, la nostra terra di origine,  non avremmo mai corso il rischio di avere freddo. Ma anche la risposta alla dipendenza porta a un ulteriore progresso tecnologico. In qualche epoca, l'uomo imparò ad accendere il fuoco deliberatamente là dove prima non era mai esistito, mediante scintille o sfregamento. Quando questa nuova tecnica venne sviluppata, scomparve la paura che il fuoco si spegnesse. Se delineiamo le conseguenze dell'uso del fuoco, degli altri progressi che il fuoco rese possibili, e anche degli altri avanzamenti che questi progressi produssero, si è tentati di concludere che tutti i mutamenti nella condizione umana dipesero, in un modo o nell'altro, da un qualche progresso nella tecnologia. Perfino mutamenti che sembrano, a prima vista, non avere nulla a che fare con la tecnologia possono essere fatti risalire a un qualche fattore tecnologico che rese possibile e desiderabile il cambiamento. Passiamo al maggiore progresso tecnologico dopo l'addomesticamento del fuoco: lo sviluppo delle tecniche dell'agricoltura. Ciò avvenne circa nel 10000 a.C., in qualche luogo dell'attuale Medio Oriente. In una economia di raccoglitori di cibo, tali persone devono avere incontrato certe erbe selvatiche, i cui semi erano saporiti e nutrienti se arrostiti. Deve essere venuto in mente a qualcuno che se alcuni di quei semi venivano piantati invece di essere mangiati, e se tali seminagioni venivano curate, ci sarebbe stata una sicura produzione di cibo per l'anno seguente. Non sappiamo chi ebbe questa idea, come essa si formò, quanti tentativi vennero fatti prima di ottenere un successo, come le persone appresero, e in quanto tempo e con quali difficoltà, a curare nel migliore dei modi le piante in crescita, a zappare e sarchiare e innaffiare e concimare, e come trattare il grano prodotto; ma alla fine vennero fondate delle piccole comunità agricole. L'addomesticamento delle piante fu analogo a quello degli animali: la raccolta deliberata di armenti che sarebbero stati custoditi, alimentati e incoraggiati a riprodursi al fine di ottenere una produzione sempre disponibile di cibo per la tavola, senza i pericoli e le incertezze della caccia. I pastori, oltre agli agricoltori, divennero una realtà. Consideriamo le conseguenze dell'agricoltura. Per prima cosa, se un tratto di terra veniva dedicato all'attenta coltivazione delle piante commestibili, poteva venire alimentato un numero maggiore di persone che se il terreno fosse stato lasciato nel suo stato naturale. La popolazione così aumentò in modo insolitamente rapido in quelle aree che furono dedicate all'agricoltura, e la razza umana andò incontro alla sua prima esplosione demografica. Ma con la crescita della popolazione, aumentarono i rischi nel caso di una catastrofe. Se il raccolto veniva meno, la quantità delle persone ammassate nel territorio in attesa di un abbondante cibo non poteva essere alimentata in alcun modo alternativo. La denutrizione sarebbe stata più diffusa e grave che nei giorni di minore popolazione alimentata dalla caccia e dalla raccolta. Abbandonare? Sopportare? Migliorare? Fu, naturalmente intrapresa quest'ultima via. Poiché la causa più probabile del mancato raccolto era la scarsità di pioggia, le fattorie dovevano essere costruite là dove vi era la disponibilità d'acqua, anche in assenza di pioggia, cioè nelle valli dei fiumi. Inoltre, doveva essere costruita una rete di canali di irrigazione e mantenuta in ordine al fine che l'acqua del fiume potesse raggiungere tutte le parti del terreno coltivato. Si dovettero elevare dighe per contenere l'acqua quando il livello del fiume diventava troppo alto. La costruzione e il mantenimento dei canali e delle dighe richiedeva la cooperazione di molte persone. Ciò significò che le colture agricole non poterono essere organizzate sulla base delle famiglie, com'era invece il caso delle colture dei raccoglitori. Era necessaria una migliore e più complessa organizzazione politica, e così le prime città-stato si svilupparono nelle aree agricole lungo il Nilo, dell'Eufrate e dei fiumi dell'India. Questo avvenne non perché gli uomini avessero concepito un qualche tipo di concetto politico astratto, ma come conseguenza diretta del progresso della tecnologia. E inoltre, lo sviluppo dell'agricoltura significò che per la prima volta, un gruppo di persone poteva produrre più cibo di quello che era necessario per le proprie necessità. Questo sovrappiù poteva alimentare persone che non contribuivano direttamente all'aumento della produzione del cibo ma che potevano fornire beni e servizi di altro tipo, importanti per gli agricoltori, da scambiarsi col loro cibo. Ciò significò che l'umanità fu in grado di specializzarsi. Gli artigiani, i mercanti, i poeti, gli artisti e i preti poterono esistere. Cominciò la vita dell'intelletto, non perché l'umanità divenisse in qualche modo più intelligente o perché qualcuno ebbe un'idea astratta, ma solo perché la tecnologia aveva infine fornito abbastanza cibo da permettere l'esistenza di questo tipo di attività fondamentalmente parassitario. Naturalmente, la produzione del cibo che si accumulava nelle regioni agricole attraeva i "barbari" esterni, che stavano ancora raccogliendo, cacciando, o talvolta allevando il proprio cibo. Le incursioni dei barbari, che portavano all'uccisione degli agricoltori e alla razzia dei granai, rese necessario che gli agricoltori si radunassero per la protezione reciproca. Le case vennero raccolte insieme e circondate da muri. Così ebbero inizio le città, e con esse la "civiltà" (dalla parola latina che significa appunto "città"). All'interno della città, la ricchezza si accumulava, e quanti non erano agricoltori vi restavano in permanenza. Incominciarono le guerre organizzate, spesso con vantaggio dei barbari più attivi e mobili, che periodicamente conquistavano un territorio agricolo e poi si stabilivano divenendo agricoltori a loro volta  e quindi oggetto delle razzie di altri barbari. La bilancia si inclinò dalla parte dell'abitante delle città solo quando gli specialisti cittadini svilupparono armi da guerra che dipendevano a tal punto da una tecnologia avanzata che i barbari non poterono riprodurle. Fu la polvere da sparo, sviluppata in Europa nel secolo quattordicesimo, che provocò il mutamento di corrente. Non è un caso se nel  tredicesimo secolo (quello precedente la polvere da sparo) l'ultima grande ondata di barbari, i mongoli di Gengis Khan, devastò il mondo civilizzato, in Oriente e in Occidente. E nemmeno è un caso se nel secolo quindicesimo (quello seguente alla polvere da sparo), gli Europei e le loro armi da fuoco diedero inizio al processo che doveva porre in loro potere tutto il mondo. Ma torniamo all'agricoltura. La produzione di un eccesso di cibo, che portò alla specializzazione in tutte le forme dell'artigianato, condusse anche al commercio in quanto i prodotti di una coltura venivano scambiati con i prodotti di un'altra. Il desiderio di commerciare venne reso effettivo dallo sviluppo delle tecnologie della costruzione di strade e di navi. Attraverso il commercio, i popoli confinanti giunsero a conoscersi più intimamente e poterono cooperare (o litigare) più efficientemente. Poiché i mezzi di comunicazione e di trasporto crebbero con i regolari progressi della tecnologia, unità politiche più vaste (gli imperi) divennero possibili e vennero fondate. In generale gli imperi si allargavano, tendendo a raggiungere l'estensione che permetteva la tecnologia. L'impero persiano era tenuto insieme dai suoi corrieri che cavalcavano indefessamente lungo le strade su ordine del Gran Re. " la neve, né la pioggia, o il caldo o l'oscurità della notte" (disse Erodoto) "impediscono a questi corrieri di percorrere in fretta i tragitti loro prescritti". Ma le basi tecnologiche per tenere insieme un così grande regno come l'impero persiano erano troppo esigue, e, sotto un monarca poco energico, quando dovette affrontare il travolgente Alessandro il Grande, esso crollò. Il più grande e il più efficiente degli antichi imperi dell'occidente fu l'impero romano. A cosa dovette il suo successo? Fu la dedizione dei suoi cittadini, l'eccellenza  delle sue leggi, la saggezza dei suoi governanti, il valore dei suoi eserciti, l'abilità dei suoi generali? Senza dubbio, tutto ciò contribuì (sebbene abbastanza spesso qualcuna di queste categorie mancò gravemente), ma l'impero non sarebbe durato, malgrado tutti i fattori precedenti, se non avesse anche tracciato le strade romane lungo le quali potevano marciare le legioni da un capo all'altro dell'impero, ogni volta che i loro servizi fossero resi necessari. "Tutte le strade conducono a Roma", dice il proverbio. Anche quando il progresso della tecnologia non porta direttamente a qualche avanzamento, può stabilire condizioni che rendono necessario un tale avanzamento. Quando le città-stato crebbero verso l'impero, grazie al progresso nella tecnologia dei trasporti e delle comunicazioni, i processi finanziari della crescente unità si fecero più complessi. Divenne sempre più difficile organizzare e controllare tutti gli aspetti della tassazione. Per stabilire quanto veniva richiesto e confrontarlo con quanto era ricevuto, per tenere conto delle riserve e delle spese, si dovettero stabilire segni convenzionali per assistere la memoria, e alla fine (poco prima del 3000 a.C. per stadi naturali, fu sviluppata la scrittura. Prima che la scrittura divenisse efficiente, dovette essere inventata una varietà di tecniche: uno stile per imprimere dei segni sulla morbida argilla, e l'argilla doveva essere cotta per renderla stabile; un pennello e dell'inchiostro per fare dei segni su di una superficie simile alla carta ottenuta dalle canne del fiume.

Lo sviluppo della scrittura, che sorse da una necessità prodotta dal progresso della tecnologia, affrettò ulteriori progressi. La scrittura significò l'immagazzinamento più o meno permanente della conoscenza. Le conoscenze vitali non sarebbero più morte con la memoria che le conteneva. I prodotti letterari si moltiplicarono; i codici di leggi vennero scritti per durare permanentemente, come pure le cronache dell'epoca; le conoscenze si accumularono. Con i particolari registri di pensieri e di attività disponibili nelle città, divenne più facile adottare progressi già impiegati altrove, o usare miglioramenti precedenti come basi di lancio per ulteriori nuovi progressi. In breve, la storia ci insegna che il ritmo del progresso tecnologico è costantemente aumentato, in quanto un gruppo di scoperte serve come base per altre, nuove e più estese. La tecnologia, infatti, è un aspetto del comportamento umano che non è mai regredito (almeno finora). Anche nei cosiddetti secoli bui, quando la letteratura e la speculazione teorica svaniscono e le piacevolezze della società declinano, la tecnologia continua a progredire, sebbene forse a un ritmo più lento. I secoli di declino dopo la caduta dell'impero romano videro l'introduzione dei ferri e del collare del cavallo, del versoio dell'aratro, dell'architettura gotica, della bussola magnetica, della polvere da sparo. Progressi che ebbero ciascuno un potente effetto sulla società, specialmente gli ultimi due, che in effetti resero possibile all'Europa la conquista del mondo. L'agricoltura porta solo vantaggi? No, naturalmente. Nessun progresso tecnologico può fare a meno di avere i suoi effetti collaterali indesiderabili. Gli sforzi dell'uomo per concentrarsi su quelle particolari piante a lui utili offrirono immense ricchezze a quegli altri animali che si alimentavano con quelle piante, così che tutti i tipi di "parassiti", dai ratti alle locuste, si moltiplicarono, qualche volta al punto che le loro incursioni lasciavano dietro di sé la carestia e la fame per l'uomo. La moltiplicazione del numero degli uomini stessi condusse a un più facile contagio della malattia e grandi epidemie sempre afflissero l'umanità. La connessione fra questi mali e l'agricoltura non è in realtà evidente. Più chiaro fu che l'agricoltura legò l'uomo alla terra. Egli non fu più libero di vagare e di cacciare. Dovette rimanere nei pressi delle sue immobili piante, per custodirle e difenderle. E fu necessario lavorare instancabilmente e duramente in ogni aspetto di tale tecnica. E poiché l'eccesso di cibo prodotto dall'agricoltore rendeva possibile l'esistenza delle corti, degli eserciti e delle città, i gruppi dominanti negli antichi imperi giudicarono che gli agricoltori dovessero lavorare il più a lungo e il più duramente possibile, al punto che la schiavitù divenne comune. In tutte le epoche post-agricole, vi fu sempre il desiderio di un ritorno alla vita semplice. Per che altro motivo molte mitologie contengono miti di una passata Età dell'oro quando il cibo veniva semplicemente raccolto senza sforzo? Il mito più noto di questo tipo è, naturalmente, quello del Giardino dell'Eden, da cui Adamo venne scacciato con la maledizione, "Col sudore del tuo volto mangerai pane". Eppure, sebbene gli uomini potessero idealizzare la società dei raccoglitori e sentirsi stanchi del duro lavoro agricolo, non vi fu alcun ritorno indietro. Il progresso della tecnologia aveva significato un aumento della popolazione e la creazione di nuove comodità. Ritirarsi dalla tecnologia avrebbe comportato un'acuta diminuzione della popolazione (per carestie o uccisioni di massa) e la perdita di quelle comodità. Davanti a questi crudi fatti, solo individui isolati qua e là si sono ritirati alla "vita semplice". Quali che fossero le loro pressioni sugli altri, la popolazione in genere non li seguì; letteralmente non poteva farlo. Nessuna comunità agricola nella storia, in nessun luogo, in nessuna epoca, ha volontariamente abbandonato in massa la coltivazione del suolo ritornando alla raccolta del cibo. Non è possibile fare un tale cambiamento. E ciò è vero per ogni importante progresso tecnologico. Qualsiasi ritorno al livello precedente deve significare una vasta riduzione delle possibilità e del numero degli uomini, e questa è una catastrofe che gli esseri umani non accettano volontariamente. La soluzione dei problemi introdotti da un progresso tecnologico è, ed è sempre stata, un altro passo avanti. La vita dell'agricoltore (contadino, peone, servo, schiavo) non è mai stata migliorata dalle occasionali ribellioni selvagge da lui provocate. Ciò che ha migliorato il suo destino è stata la scoperta di nuove terre,  come nell'America del nord (una scoperta resa possibile dalle tecniche della bussola marinara e dalle navi capaci di affrontare un oceano) e, recentemente, dai progressi del diciannovesimo secolo nella tecnologia dell'agricoltura. Una volta che l'agricoltura fu meccanizzata e vennero sviluppati i fertilizzanti chimici, un numero minore di persone con meno lavoro poté produrre una quantità maggiore di cibo, così che divenne meno necessario minacciare gli agricoltori con crudeltà non umana. E nello stesso tempo, la percentuale degli artigiani, artisti, intellettuali, attori, uomini d'affari, impiegati, e altri non agricoltori, poté moltiplicarsi ulteriormente. Per quanto riguarda i disastri dei parassiti e delle epidemie resi possibili dall'accumularsi delle piante e degli uomini, è chiaro che anche questi vennero affrontati con considerevole successo dal progresso della tecnologia. Può sembrare che sia stato dato scarso peso a fattori non tecnologici. Che dire di quella particolare combinazione di idee non tecnologiche, eppure così importanti, che viene chiamata religione? Senza tentare di negare la rilevanza della religione, si può argomentare che essa eserciti la sua influenza efficacemente solo con i mezzi resi possibili dal progresso tecnologico. I primi concetti di religione precedono la civiltà. L'uomo di Neanderthal seppelliva i suoi morti con elaborate cerimonie e sembrava avere un concetto di un aldilà. Ciò nonostante, come può una religione diffondersi dal suo punto di origine e veramente influenzare un vasto numero di persone senza trarre vantaggio dalla tecnologia, almeno quella della scrittura? E' del tutto un caso che le idee religiose originantisi in una tribù di poche migliaia di persone che invase la terra di Canaan circa nel 1250 a.C. siano oggi il fondamento delle credenze di circa un miliardo e mezzo di ebrei, cristiani e musulmani? O fu perché, attraverso tutti gli accidenti della storia, gli ebrei produssero un gruppo di letterati superlativamente validi che scrissero i libri della Bibbia, e fu questo prodotto scritto, gelosamente conservato nei secoli, che tenne viva e influente la religione? E il giovane Cristianesimo avrebbe potuto diffondersi come fece se non fosse stato per l'accidente storico dell'esistenza dell'impero romano? Le stesse navi e le stesse strade che portavano le legioni portarono anche i missionari cristiani. Consideriamo gli effetti di un progresso cruciale nella tecnologia che è più vicino ai tempi nostri: la stampa, inventata da Johann Gutenberg circa nel 1450. La stampa fu il prodotto di un numero notevole di tecniche sviluppate: la vera carta, inchiostri adatti, caratteri mobili di metallo, una efficiente pressa da stampa, e così via. Non è dunque sorprendente che, sebbene il concetto di stampa sia estremamente semplice (assai più semplice, secondo me, del far crescere le piante e di accendere il fuoco), esso impiegò tanto tempo per svilupparsi. Una volta inventata, la stampa si diffuse per tutta l'Europa con una velocità, fino allora, senza precedenti, ed ebbe enormi conseguenze. Per prima cosa essa aumentò il numero di copie di ogni libro e rese semplice pubblicare anche quelli di scarso valore. Con l'aumento del numero dei libri, divenne meno probabile che alcuni prodotti della mente umana andassero perduti. Centinaia di opere teatrali e filosofiche di grandi pensatori della Grecia antica sono andate tristemente perdute, ma non un solo libro importante (o non importante, credo) è del tutto scomparso dopo l'invenzione della stampa. Questo, a sua volta, significò che, dal 1450, un "secolo buio" è divenuto sempre più improbabile tranne che come conseguenza di una distruzione fisica veramente titanica, come una guerra termonucleare. Inoltre la presenza di molti libri rappresentò la diffusione della capacità di leggere. In un'epoca in cui vi era appena qualcosa da leggere, scarso era il bisogno di saper leggere. Con la diffusione della parola stampata, si intensificò l'urgenza di imparare a leggere. Con l'aumento del numero di persone che sapevano leggere, si espanse l'educazione. Per la prima volta, divenne possibile per la massa partecipare alle decisioni raggiunte dai governanti di una vasta unità politica. Solo dopo l'invenzione della stampa, che rese i libri a buon mercato e i singoli giornali disponibili al grande pubblico, la democrazia divenne possibile in qualsiasi territorio più vasto di città-stato. Tutti gli sforzi di Washington e di Jefferson non avrebbero potuto rendere gli Stati Uniti una democrazia senza il progresso tecnologico rappresentato dall'invenzione di Gutenberg. E qui possiamo chiaramente vedere l'influenza di tale progresso sulla religione. Nel 1517, Martin Lutero affisse le sue 95 tesi sulla porta della cattedrale di Wittenberg, e incominciò così la storia della Riforma Protestante. Vi erano state persone che avevano contestato l'ortodossia religiosa in ogni secolo del Medioevo, ma nessuno aveva avuto successo prima di allora. Perché il movimento di Lutero non poté essere soppresso? Qualsiasi ragione politica o economica possa essere avanzata come spiegazione, possiamo anche notare che quando Lutero incominciò la sua opera, la stampa era un fatto ben stabilito; e Lutero ne fece uso. Egli diffuse una interminabile serie di libelli scritti con vigore che riempirono la Germania da un capo all'altro, e in tal modo le sue idee si diffusero prima di poter essere represse. Per la prima volta, l'eresia non fu un problema per i soli ecclesiastici, poiché sulla bilancia venne tratta una popolazione sempre più letterata, e il protestantesimo sopravvisse. Fu ancora la stampa che rese possibile la scienza moderna. I greci antichi avevano prodotto speculazioni scientifiche, alcune delle quali a un livello estremamente alto. Esse erano, però, contenute in manoscritti che potevano essere copiati solo con grande difficoltà ed esistevano solo in un piccolo numero. Non più di poche persone colte potevano conoscerle, e in una catastrofe minore, come il sacco di una città, l'intero prodotto scientifico di una cultura poteva andare distrutto. In realtà questo accadde quando i crociati saccheggiarono Costantinopoli nel 1204. Una volta che la stampa venne sviluppata, il pensiero scientifico poté diffondersi in grande quantità e non fu possibile né sopprimerlo né distruggerlo. Quando il manoscritto di Copernico che poneva il sole e non la terra al centro del sistema planetario, fu pubblicato in forma stampata, venne deriso, denunciato, e anatemizzato; ma non poté essere fatto scomparire e, alla fine, riuscì a trionfare. In realtà, quando le speculazioni scientifiche divennero facilmente disponibili in quantità, sorse per la prima volta quella che potremmo chiamare una "comunità di scienza". Ogni scienziato, in qualunque posto d'Europa si trovasse, poteva arrampicarsi sulle spalle dei suoi predecessori. Non è un caso se ciò che chiamiamo la "Rivoluzione Scientifica" avvenne nel continente che vide l'invenzione della stampa e nel secolo seguente a tale invenzione. Ma se la scienza è la figlia della tecnologia, essa rapidamente ripagò tale debito. Attraverso la scienza, gli uomini appresero con incredibile rapidità e sempre maggiore profondità la natura delle leggi dell'universo, e mediante la giusta comprensione di esse, divenne più facile applicarle alle necessità pratiche. Così il progresso della tecnologia avanzò a una velocità sempre maggiore. La collaborazione della scienza e della tecnologia raggiunse una sorta di clima drammatico nel diciottesimo secolo. Il minerale ferroso mescolato col carbone di legna produceva il ferro se riscaldato. L'aumento del fabbisogno di ferro e la diminuzione della produzione di legname in Gran Bretagna resero necessario l'uso del carbone minerale. Perché il carbone fossile potesse essere estratto, le miniere dovevano essere liberate dall'acqua con le pompe. L'importanza del calore nella produzione dei metalli indusse gli scienziati a studiare il fenomeno dal punto di vista teorico. Il chimico scozzese Joseph Black, studiando il calore nel 1764, giunse a comprendere la interconnessione del calore con l'ebollizione dell'acqua e la condensazione del vapore. Un amico di Black, l'ingegnere scozzese James Watt, si valse delle teorie di Black per elaborare, nel 1769, il progetto del primo motore a vapore efficiente, capace di impiegare la forza del vapore per attivare una pompa che aspirasse l'acqua dalle miniere di carbone, e facesse muovere pistoni e girare ruote in una varietà di modi. Il motore a vapore di Watt fu il primo "primus movens" basato sul calore. Fu il primo apparecchio che prendesse energia termica dal mondo inanimato (carbone incandescente, per esempio) e la impiegasse per compiere un lavoro che fino ad allora veniva fatto tramite energia muscolare animale. Il motore a vapore fece muovere i macchinari nelle fabbriche, le locomotive sulle strade ferrate, e le navi sui mari. Con il motore a vapore ebbe inizio la "Rivoluzione Industriale", che mutò completamente il mondo. Dal 1800 ai giorni nostri, la popolazione del mondo si è quadruplicata, e una ricchezza e comodità senza precedenti si sono riversate su percentuali sempre maggiori di quella popolazione in continuo aumento. Ciò comportò dei problemi, come nel caso dell'agricoltura e del fuoco, e può sorgere un rimpianto per la "semplice vita" preindustriale; ma non possiamo tornare a essa più di quanto una comunità agricola potesse regredire alla raccolta del cibo. Ora abbiamo i problemi della sovrappopolazione, dell'inquinamento, della diminuzione delle risorse, del rischio delle armi da guerra totalmente distruttive. Ma qual è la soluzione? Una ritirata dalla tecnologia? Impossibile. Come sempre nel passato, ciò potrebbe essere ottenuto solo mediante la riduzione della popolazione e la restrizione delle possibilità dell'uomo. L'umanità non ha mai accettato di fare questo volontariamente e non lo farà mai. Ciò potrebbe essere ottenuto solo rinunciando ai benefici della nostra tecnologia, e l'umanità non imboccherà questa strada. Quale soluzione, allora? Quella che è sempre stata: un ulteriore progresso della tecnologia. Mano nella mano, la scienza e la tecnologia possono trovare nuove e illimitate fonti di energia, pulita e sicura, e con tale energia possiamo pulire il mondo, riciclare le sue risorse, e ridurre le sue ingiustizie. Mano nella mano, la scienza e la tecnologia possono studiare la psicologia dell'uomo, il suo comportamento, la sua fisiologia riproduttiva, e trovare qualche modo umano di ridurre il ritmo delle nascite e impedire una pericolosa crescita della popolazione. Ma possiamo essere sicuri che la scienza e la tecnologia troveranno queste risposte? Possiamo essere certi che esistano le soluzioni dei nostri problemi? No, non possiamo esserlo; ma possiamo avere la certezza che nulla oltre alla scienza e alla tecnologia potranno trovarle se esse esistono. La scienza e la tecnologia saranno in grado di progredire abbastanza in fretta da trovare soluzioni in tempo? Non possiamo esserne sicuri, ma di una cosa possiamo avere certezza: se l'umanità, in generale, si permetterà di essere delusa e di rivoltarsi contro la scienza e la tecnologia, riuscirà a rendere fatale il fatto che il progresso non sarà abbastanza rapido e la civiltà verrà distrutta. Per metterla nel modo più breve possibile: la scienza e la tecnologia sono le risposte ai nostri problemi. Se non lo sono, nient'altro può esserlo.