Le ragioni di una scelta.....
E’ passato circa un anno e mezzo da
quando la CVX S.Arpino si è avvicinata alla realtà del commercio equo;
un modo nuovo, di impostare i rapporti economici e commerciali, dove
l’attenzione non è posta solo sulla merce o sul suo valore economico, ma
anche alle condizioni sociali, culturali e umane dei piccoli produttori del sud
del mondo. Dove l’obiettivo perseguito non è solo l’utile di chi acquista o
distribuisce la merce; ma obiettivi sono anche e soprattutto il riconoscimento
della giusta retribuzione e della dignità dei lavoratori e delle loro famiglie,
la creazione delle condizioni necessarie per lo sviluppo economico dei paesi del
c.d. “terzo” mondo, l’attenzione alla cultura delle popolazioni coinvolte,
il rispetto dell’ambiente.
Un modo per dare una concreta
risposta di giustizia al grido dei poveri.
Concreta, perché lo scopo del commercio
equo e solidale non è “fare beneficenza”, ma costruire rapporti di
giustizia, di equità e solidarietà anche in quei contesti, quali il mondo del
lavoro e dell’economia, nei quali più radicata è la logica del più forte,
del perseguimento dell’utile personale a scapito dei più deboli.
E’
una risposta concreta, poi, perché consente ad ognuno di noi e alle
nostre famiglie di partecipare direttamente alla costruzione di un mondo più
giusto, sperimentando prassi di giustizia nella nostra vita quotidiana.
Per queste ragioni la comunità di
S.Arpino ha deciso di aumentare l’impegno nella diffusione del commercio equo
nella propria realtà locale intensificandone la promozione. In quest'ottica
nascono queste pagine di CVXnet nelle quali troverete documenti e strumenti per
accostarsi al Commercio equo. Questo impegno concreto è ulteriormente
intensificato con la costituzione da parte della CVX S.Arpino di gruppi di
acquisto solidali tra le realtà campane. E’ questo un impegno e un
invito a tutti coloro che desiderano partecipare alla costruzione di
un mondo migliore, destinando una parte – per quanto piccola, pur sempre
importante – della propria spesa nei prodotti del commercio equo oppure, perché
no, dando una mano nell’organizzazione di attività legate al commercio equo
Chiunque fosse interessato, pertanto, può
rivolgersi alla CVX S.Arpino inviando una email a cvxsarpino@hotmail.com.
Vi auguriamo intanto buona navigazione.....
Da
Padre Alex Zanotelli a proposito di commercio equo
Carissimi jambo!
E´ da tempo che volevo condividere con voi la mia riflessione sul commercio equo e solidale, che nasce da lontano, da quando, agli inizi degli anni 90, avevo inviato una
lettera aperta a tutti voi a questo riguardo. Nasceva anche dal confronto serrato e
prolungato negli anni con Transfair, che ha portato alla richiesta di togliere il mio nome da quella organizzazione;
una decisone, questa, che ha molto offeso Transfair, i cui dirigenti sostengono che alcune centrali di importazione non si comportano in maniera
molto differente da loro. Nasce infine da lunghe ed appassionate conversazioni con tanti responsabili del commercio equo, nonché dalla mia esperienza
diretta con lo stesso a Korogocho. Tutto questo mi ha portato a maturare una
serie di riflessioni. Noi parliamo di commercio equo, ma siamo proprio sicuri
che i nostri prezzi siano equi? I produttori di Korogocho, per esempio, guadagnano il minimo
per poter sopravvivere. Eppure so che è stato chiesto alla cooperativa BegaKwaBega di Korogocho di
abbassare i prezzi. Vogliamo ridurli a prezzi
da fame? Lo stesso presidente di CTM, al suo passaggio a Korogocho, si è senti
rivolgere queste medesime domande, che ha inserito nella sua lettera "Dov´è
il commercio equo e solidale". Sono domande che rivolgo a tutti voi. Per
questo mi preoccupa che il commercio equo stia lentamente entrando nei parametri
del mercato (scelta di edifici costosi e/o di grande visibilità, consulenze di
marketing etc...). Non si rischia così di entrare nel giro del business a spese
dei più poveri del pianeta? Non si rischia anche di marginalizzare il grande
perno del volontariato? Dopo 12 anni vissuti a Korogocho, emblema di un
continente "sbolognato" e violentato, mi domando se anche il commercio
equo stia mettendo l´Africa in disparte a favore degli altri continenti. Forse
perché è più difficile lavorare con l´Africa? O è solo un´impressione mia?
Questo mi porta ad una altra domanda: il commercio equo è veramente in appoggio
alle strutture più povere? State almeno sostenendo seriamente quei progetti in
ambienti molto difficili, ma che proprio per questo ne avrebbero ancor più
bisogno? La mia impressione è che questo non avvenga. E siamo sicuri che il sostegno
finanziario dato ai progetti vada veramente a loro favore? E la scelta fatta da
alcune botteghe e centrali di entrare nella grande distribuzione è la via
migliore per aiutare i poveri? E se fosse invece un´ altra maniera con cui il
mercato cerca di cooptare questa perla che è il commercio equo e solidale? Ho
paura che il commercio equo abbia finito di sognare e di pensare alla grande.
Ogni bottega, oltre che vendere, dovrebbe essere un luogo di ritrovo, di
riflessione, di analisi, di cambiamento di stili di vita. Dovrebbe recuperare il
senso della comunità, del far festa, dell´interculturalità, del danzare la
vita. Dovrebbe essere un luogo di resistenza al sistema. Per questo ritengo
fondamentale la riflessione di S. Latouche quando afferma che "il pericolo
della maggior parte delle iniziative alternative volontarie infatti è quello di
rinchiudersi nella fortezza che ha permesso loro di nascere e di svilupparsi". La conseguenza di questo è che "riuscire ad imporre i
prodotti del commercio equo negli scaffali dei supermercati a fianco dei
prodotti non equi non è un obiettivo in sé e va iscritto più in una strategia
di fortezza.... E´ più importante assicurarsi del carattere equo della totalità
del processo dal trasporto alla commercializzazione, cosa che esclude in prima
battuta il supermercato ed allarga il tessuto organizzativo". Sono parole
dure di Latouche, ma non meno duro è il nostro Tonino Perna: "La sfida del
commercio equo consiste non nel far entrare nel circuito della moda i prodotti
del Sud del mondo ma far diventare un bisogno la scelta etica del consumatore.
Ciò significa che è necessario pensare più in termini di innovazione sociale
che di innovazione di prodotto". Per questo ritengo fondamentale che il commercio equo trovi la capacità di uscire dai propri circuiti e fare rete con
quelle realtà locali che tentano la creazione di spazi economici locali con
mercati locali, orientati al bisogno, sostenibili dal versante ecologico e che
promuovono il lavoro. Per questo l´eccessivo strutturarsi del commercio equo potrebbe ucciderlo
come movimento. Ritengo infatti importante sottolineare che il commercio equo
non è una catena commerciale, né una associazione (men che meno una mega
associazione) ma un movimento popolare. Guai a noi se tradiamo questa intuizione
originale!!! "Si tratta dunque - afferma di nuovo Serge Latouche - di
coordinare la protesta sociale con la protesta ecologica, con la solidarietà
verso gli esclusi del nord e del sud con tutte le iniziative associative per
articolare resistenza e dissidenza. E per sboccare alla fine in una società
autonoma. E´ così che all´inverso di Penelope si ritesse di notte il tessuto sociale che la mondializzazione disfa durante il giorno." Dopo quelle
splendide giornate di Firenze, queste parole diventano ancora più pregnanti. Il
commercio equo e solidale è una perla preziosa. Non buttiamola via!
Buon lavoro!
Sijambo.
Alex