"HORTA" di Don Umberto Zuppante (ortano)

 

Errante peregrin, per l'ardua e audace

via dé millenni, verso il primo albore

di mia patria risalgo. In man la fece,

in cor la volontà, figlia d'amore.

 

Da la tenebra immensa, cui soggiace

l'erto sentiero, tremulo bagliore

in riva al Tebro, donde una pugnace

gente nacque di forza e di valore.

 

Horta mi addita. La nomò la scena

verde degli orti suoi ? La disser Horta,

qual la sposa di Romol, che terrena

 

donna non fu, ma diva ? O di Tessaglia

ricordo era a' Pelasgi ? Io so che sorta

tra le prime essa fu genti d'Italia

 

Salve, patria mia terra ! O che riviva

l'etrusco seme né tuoi figli o il santo

nome dell'Urbe, io intendo da la riva

del fiume e su da' colli e dall'incanto

 

verde e fecondo un'armonia, una viva

eco di voci, or flebili di pianto

or di gioia frementi, e intuona e avviva

ogni memoria ed ogni sasso un canto.

 

Baciami, Clio, la fronte. Io son l'aedo,

che, tratta l'aurea in man latina cetra,

sull'avita leggenda epica siedo;

 

e, scuotendo col cuor le ferree porte

del tempo, al Sol solleverò ogni pietra,

e riviver farò anche la Morte.