Adrien-Marie Legendre

Nota II: rette parallele


Adrien-Marie Legendre (?)
(1752-1833)
In appendice agli "Éléments de géométrie" (undicesima edizione 1817) di Legendre si trova la Nota II sulla dimostrazione della proposizione XX del libro I. La parte introduttiva alla Nota dice:
" La proposizione XX del libro I non è che un caso particolare del famoso
postulatum sul quale Euclide ha stabilito la teoria delle parallele e il teorema della somma degli angoli interni di un triangolo. Questo postulatum non è ancora stato dimostrato in maniera puramente geometrica e indipendentemente dalle considerazioni sull'infinito; questo si deve attribuire senza dubbio alla imperfezione della definizione di linea retta, che serve da base agli elementi. Ma se si considera questo oggetto da un punto di vista più astratto, l'analisi offre un mezzo molto semplice per dimostrare rigorosamente questa proposizione."

Legendre critica implicitamente i metodi utilizzati da Louis Bertrand ma la sua Nota sarà citata esplicitamente e analizzata da Nikolai Ivanovich Lobachevsky; vale la pena quindi di vedere più da vicino il contenuto della Nota e seguire un breve tratto del percorso riguardante il problema delle rette parallele.

 
Iniziamo dalla proposizione XX del libro I che è equivalente al postulatum di Euclide.

Data la retta BD perpendicolare alla retta AB, se un'altra retta AE forma con AB l'angolo acuto BAE, allora le rette BD, AE, se prolungate sufficientemente, si incontrano.

Legendre ammette senza bisogno di alcuna proposizione preliminare il secondo principio di uguaglianza dei triangoli: due triangoli che hanno rispettivamente uguali un lato e i due angoli adiacenti sono uguali in quanto esiste un movimento che porta a farli sovrapporre.

Detto questo passa a dimostrare che se due triangoli hanno due angoli uguali hanno uguale anche il terzo angolo e nella dimostrazione utilizza le argomentazioni tipiche del calcolo dimensionale.

Sia c la lunghezza del lato AB e gli angoli adiacenti. Considerato l'angolo retto come unitario gli angoli interni del
triangolo ABC risultano tre numeri compresi tra 0 e 2; allora, per quanto detto sopra, il terzo angolo risulta univocamente
determinato: D'altra parte c non può comparire nell'espressione della  f  in quanto, se così fosse, sarebbe 
possibile ricavare c in funzione di tre angoli, che sono tre numeri  puri, ed ottenere come risultato una lunghezza; questo
è palesemente assurdo quindi .
Sia ABC un triangolo rettangolo in A, e AD la perpendicolare mandata da A all'ipotenusa. Il triangolo ABD  ha gli angoli in B e in D  uguali agli angoli in B e  in A del triangolo ABD quindi anche gli angoli ACB e BAD sono uguali. Analogamente sono uguali gli angoli ABD e DAC ma l'angolo BAC è retto quindi la somma degli angoli acuti di un triangolo rettangolo vale un angolo retto.
Sia ora ABC un triangolo qualsiasi e BC un lato che non sia minore degli altri due. Da A mandiamo la perpendicolare a BC che cadrà internamente al lato BC e lodividerà nei due triangoli rettangoli ADB e ADC . In ciascuno di questi triangoli rettangoli la somma dei due angoli acuti vale un angolo retto quindi la somma degli angoli interni del triangolo ABC vale due retti.
Utilizziamo il triangolo precedente ponendo a la lunghezza del lato BC e b quella del lato AC. La quantità a è, come prima,
completamente determinata dalle sole quantità e altrettanto dicasi per il rapporto ma il rapporto
è un numero puro quindi e analogamente Sia dato ora un secondo triangolo avente gli stessi
angoli del precedente ai quali saranno opposti i lati di lunghezza a', b', c'  allora e
da cui segue che ; quindi in tutti i triangoli equiangoli i lati opposti agli angoli uguali sono in proporzione.
Dall'ultima proposizione, del tutto generale, è ora facile dedurre la proposizione XX perché risulta dimostrato che dato un triangolo qualsiasi è sempre possibile costruirne uno simile di dimensioni arbitrarie.