In
appendice agli "Éléments de géométrie" (undicesima
edizione 1817) di Legendre si trova la Nota II sulla
dimostrazione della proposizione XX del libro I. La parte
introduttiva alla Nota dice:
" La proposizione XX del libro
I non è che un caso particolare del famoso postulatum
sul quale Euclide ha stabilito la teoria delle parallele e il teorema della somma degli angoli interni di un
triangolo. Questo postulatum
non è ancora stato dimostrato in maniera puramente geometrica e
indipendentemente dalle considerazioni sull'infinito; questo si
deve attribuire senza dubbio alla imperfezione della definizione
di linea retta, che serve da base agli elementi. Ma se si
considera questo oggetto da un punto di vista più astratto,
l'analisi offre un mezzo molto semplice per dimostrare
rigorosamente questa proposizione."
Legendre
critica implicitamente i metodi utilizzati da Louis Bertrand ma
la sua Nota sarà citata esplicitamente e analizzata da Nikolai Ivanovich Lobachevsky; vale la pena quindi
di vedere più da vicino il contenuto della Nota e seguire un
breve tratto del percorso riguardante il problema delle rette
parallele.
Iniziamo
dalla proposizione XX del libro
I che è equivalente al postulatum
di Euclide.
Data
la retta BD
perpendicolare alla retta AB,
se un'altra retta AE
forma con AB
l'angolo acuto BAE,
allora le rette BD,
AE,
se prolungate sufficientemente, si incontrano.
Legendre
ammette senza bisogno di alcuna proposizione
preliminare il secondo principio di uguaglianza dei triangoli:
due triangoli che hanno rispettivamente uguali un lato e i due
angoli adiacenti sono uguali in quanto esiste un movimento che
porta a farli sovrapporre.
Detto
questo passa a dimostrare che se due triangoli hanno due angoli
uguali hanno uguale anche il terzo angolo e nella dimostrazione
utilizza le argomentazioni tipiche del calcolo dimensionale.
Sia
c
la lunghezza del lato
AB
e
gli angoli adiacenti. Considerato l'angolo retto come unitario gli angoli interni del
triangolo ABC
risultano tre numeri compresi tra 0 e 2; allora, per quanto
detto sopra, il terzo angolo risulta univocamente
determinato:
D'altra
parte
c
non può comparire nell'espressione della f
in quanto, se così fosse, sarebbe
possibile
ricavare c
in funzione di tre angoli, che sono tre numeri puri, ed
ottenere come risultato una lunghezza; questo
è palesemente
assurdo quindi
.
Sia ABC
un triangolo rettangolo in A,
e AD
la perpendicolare mandata da A
all'ipotenusa. Il triangolo ABD
ha gli angoli in B
e in D
uguali agli angoli in B
e in A
del triangolo ABD
quindi anche gli angoli ACB
e BAD
sono uguali. Analogamente sono uguali gli angoli ABD
e DAC
ma l'angolo BAC
è retto quindi la somma degli angoli acuti di un triangolo
rettangolo vale un angolo retto.
Sia
ora ABC
un triangolo qualsiasi e BC
un lato che non sia minore degli altri due. Da A
mandiamo la perpendicolare a BC
che cadrà internamente al lato BC
e lodividerà nei due triangoli rettangoli ADB
e ADC
. In ciascuno di questi triangoli rettangoli la somma dei due
angoli acuti vale un angolo retto quindi la somma degli angoli
interni del triangolo ABC
vale due retti.
Utilizziamo
il triangolo precedente ponendo a
la lunghezza del lato BC
e b
quella del lato AC.
La quantità a
è, come prima,
completamente
determinata dalle sole quantità
e
altrettanto dicasi per il rapporto
ma
il rapporto
è
un numero puro quindi
e
analogamente
Sia
dato ora un secondo triangolo avente gli stessi
angoli
del precedente ai quali saranno opposti i lati di lunghezza a',
b',
c'
allora
e
da
cui segue che
;
quindi in tutti i triangoli equiangoli i lati opposti agli
angoli uguali sono in proporzione.
Dall'ultima
proposizione, del tutto generale, è ora facile dedurre la proposizione
XX perché risulta dimostrato che dato un triangolo qualsiasi è sempre
possibile costruirne uno simile di dimensioni arbitrarie.