|
|
Rimini |
Sotto le volte del Palazzo dell'Arengo in Piazza Cavour a Rimini si trova una lapide, datata 1544, con alcune antiche misure in uso nella città; in essa sono riportati i campioni di diversi elementi da costruzione e alcune misure lineari. I mattoni hanno dimensioni e forme diverse in relazione al loro impiego: muratura, pavimentazione, etc. Per le misure lineari il «passetto» è simile al braccio, il «passo da legne» era un'unità abbastanza diffusa mentre le «pallate» molto meno e il termine merita un approfondimento. L'ultima misura lineare in basso, ricavata in un bordo, è abbastanza curiosa, è la «Mesura d'archebuso». E' evidente che questa misura regolamentava il settore delle armi da fuoco ed era esposta quindi rivolta a tutti: Riminesi, gente del contado, stranieri, residenti o di passaggio. A cosa serviva? |
Per quanto riguarda il termine «pallate» iniziamo ricordando che a Brescia esiste una torre medioevale (1254), con adiacente e successiva fontana, detta della Pallata. L'origine del nome viene fatta risalire alla sua costruzione, a difesa di una porta, nei pressi di una palizzata (lat. palancatum). Nel Vocabolario Italiano e Latino di Giacinto Marietti del 1833 alla voce «Palata» si legge anche: «riparo fatto su' fiumi, o simil. con pali, palatio». Andando ancora a ritroso in un'opera (postuma) di Lodovico Antonio Muratori si trova: « [...] le fortificazioni, e tra esse quella che oggidì si chiama Palizzata, e anticamente Palancatum [...] Quando questa voce non sia formata dai Pali, sarebbe da attribuire l'origine a Planca, significante Tavola, Assa con essersi detto Plancatum, e poi Palancatum.». In ogni caso sembra che la nostra unità di misura faccia riferimento a materiali da costruzione in legno: pali o tavole. Lodovico Antonio Muratori, Dissertazioni sopra le Antichità Italiane, Milano,1751, p. 417. |
Per quanto attiene alla «Mesura d'archebuso» un dato certo è che Rimini veniva da un periodo difficile. Quattro anni prima, nel 1540, ci fu l'ultimo tentativo dei Malatesta di riprendersi la città. Ci provarono, anche militarmente, a più riprese, Pandolfo IV Malatesta e il figlio Sigismondo e per il buon esito di questo tipo di operazioni spesso era necessaria una componente di tumulti interni alla città. |
Non disponendo al momento di altri
elementi certi proviamo ad avanzare una ragionevole ipotesi partendo
da norme
simili, più o meno dello stesso periodo,
sempre in tema di armi da fuoco, adottate in altre città. Il primo atto è un bando «Sopra gl'Archibusi, & Scoppi da Ruota» del 2 giugno 1547 del Duca di Firenze [Cosimo I de' Medici] nel quale il Duca proibiva a qualsivoglia persona di «havere, tenere o usare alcuna sorte di detti archibugi [...] che sieno di minor lunghezza d'un braccio & mezzo in alcun luogo del Ducale stato». Il secondo provvedimento fu emanato a Innsbruck il 30 agosto 1603 da Massimiliano, Arciduca d'Austria, duca di Borgogna ecc., governatore del Tirolo; l'ordinanza fece parte degli Statuti della città di Rovereto: «per estirpare ogni sorte de' vagabondi, bravi e banditi ed altra simil gente, razza dannosa, vi comandassimo [...] che tutti gli archibusi da fuoco, che si possono tener celati e nascosti ed altre armi simili fossero proibite sotto la pena della vita. Comandiamo [...] che niuno [...] possa condurre, portare, ovver adoperare archibusi da fuoco che di canna non siano lunghi due spanne [...] delle cose suddette, sotto pena della forca, ciascuno si debba attenere». Statuti della città di Rovereto 1425-1610, Trento, 1859, pp. 347-349. |
Longiano |
Il castello malatestiano di Longiano ospita al suo interno le ricche collezioni d'arte della fondazione Tito Balestra. Nella parete che costituisce il fronte dell'edificio che si affaccia sul cortile interno della rocca, di fronte alla più antica torre del castello, è stata inserita una lapide con le antiche unità di misura in uso a Longiano. La lastra risale al 1624 e i campioni in essa riportati sono gli stessi della città di Rimini che si vede sopra. I modelli sono collocati in modo diverso ma sono gli stessi compreso, in basso al centro, la lunghezza della canna «d'archebuso». La cosa non sorprende perché storicamente Longiano, fin dal 1295, fu un avamposto riminese conteso dai cesenati che oggi si trova in provincia di Forlì-Cesena. Nelle «Tavole di ragguaglio per le misure e pesi dello Stato Pontificio», Roma, 1857, si legge che Longiano aveva le stesse misure lineari di Rimini mentre quelle per gli aridi, vino, olio e pesi come Savignano. |
|
Verucchio |
A Verucchio in Piazza Malatesta sotto i portici del municipio, ad una delle estremità, in corrispondenza ad una caratteristica fontana, si può osservare un riquadro contenente delle antiche misure. Non ci sono datazioni ed il sistema appare abbastanza semplificato rispetto ai precedenti. Sempre dalle «Tavole di ragguaglio per le misure e pesi dello Stato Pontificio», Roma, 1857, risulta che Verucchio aveva le misure lineari, di aridi e vino come Rimini mentre di olio e pesi proprie. |
|
Forlimpopoli |
A Forlimpopoli in Piazza Pompilio
[Publio Pompilio Lenate] nel portico posto di fronte al lato nord
della rocca è ospitata una lapide senza alcuna datazione riportante
le antiche misure in uso nella città. Il «piede di pertica»
(53,5 cm); la «pietra» (31,5 x 16,5 x 3,5 cm), «il
coppo» (48,5 x 24,5 x 14,5 cm); la «mezzana»
(31,5 x 16,5 x 3,5 cm); il «brazzo da marzaro» (63 cm) [marzaro = merciaio, commerciante] ,«brazzo della tela» (73,3 cm); «passo della legna» (148,7 cm). Dalle solite tavole di ragguaglio apprendiamo che Forlimpopoli aveva misure «in tutto proprie»; con lo stesso nome potevano differire sia come valore che come nome e numero dei sottomultipli. |
Cervia |
Anche a Cervia in Piazza Pisacane, nelle mura del municipio, è collocata una lastra con la «Vera matrice delle giuste misure di Cervia» datata 1636. La lettura delle antiche misure è più difficile, ricorrono le sagome dei laterizi: «tavella» [soffittature], «coppo» [coperture], «quadré» [pavimentazione], «mattone» [muratura] e alcune misure lineari tra le quali ancora il «brazzo da marzaro» e il «piede di marangone» [marangone = carpentiere, falegname]. Anche Cervia aveva misure «in tutto proprie». | ||
|
||
Resta da considerare l'incisione
posta sul
«gavalo maggiore» che riguarda la misura delle «fassine». Un modo
per misurare geometricamente le fascine
lo si può trovare in un contratto di affitto di un terreno
agricolo stipulato a Medicina (Bologna) nel 1570: «Li fassi grossi
remondi di strope longhi piedi sette et grossi nella ligatura uno
piede». In sostanza si stabiliva che le fascine ripulite dalle «strope»,
cioè dai giovani rami del salice talvolta usati come
legacci, dovevano essere formate da rami lunghi sette piedi e il
diametro alla legatura doveva essere di un piede. «Documenti nella causa fra il Comune e la Partecipanza di Medicina», Bologna, 1872, pag. 37. |
|
Ravenna |
A Ravenna nel Palazzo Comunale in Piazza del Popolo 1 nella sala preconsiliare è conservata la "vera matrice delle pubbliche misure" scolpita nel 1642 da Giacomo Bellabarba su una grossa lastra di sasso d'Istria. Le misure riportate sono quelle del 1625 e corrispondono in larga misura a quelle di Cervia. Compare un "gavaletto" e una misura "del carro de zocchi". Il carro di zocchi era una misura, in volume, di legna grossa da ardere ["zocchi o ciocchi che son pezzi di legna grossi, svelti dalla radice o rotti dagli arbori", vocabolario Girolamo Ruscelli del 1815]. |