L'impresa: il racconto epico

Dopo una giornata di lavoro che definire stressante è poco, inforco la mia "Botteon" deciso a scaricare sulle nuove coperture nere tutta la tensione.
Zigzago tra le macchine lungo il viale Borri alla ricerca di un'idea, e sollevando la testa la vedo di fronte a me: il Sacro Monte, per me ancora più Sacro non avendolo mai affrontato completamente, una sorta di Monte Vergine, ma suona male. Affronto con decisione il Viale Aguggiari, non mi fermo al semaforo dell'ippodromo, sfila alla mia destra la chiesa dedicata a Massimiliano Kolbe e impavido calco sui pedali all'improvviso induriti dallo strappo che irrispettoso delle mie intenzioni si propone con decisione all'altezza del tiro a segno.
Un forte formicolio percorre i quadricipiti femorali e i polpacci non ancora convinti di quello che sto imponendo loro di fare. Lo sguardo fiero e deciso non si fa ingannare dalla curva verso destra che lascia pensare alla fine dell'asperita', perche' sa che non e' ancora finita…. ANZI !
Così arrivo, senza vederlo a mo' di apparizione mistica, a Sant'Ambrogio.
Con il primo strappo alle spalle, procedo lungo il tratto di strada che porta al primo traguardo, notando che la ruota anteriore è sempre più in alto della posteriore. Dovrei girare a destra, dritto finirei nel parcheggio della funicolare, o meglio ex parcheggio della ex funicolare, ma decido, non per la fatica, bensì per vedere il casino che stanno facendo con quel tunnel, di appoggiare il piede destro calzato Vittoria a terra; 62 secondi fuggono veloci sul cronometro, troppi devo ripartire.
La pedivella cigola per l'improvvisa sollecitazione, il muscolo che l'ha provocata, ignaro di quello che lo attende, risponde "presente!" e comincia a muovere la massa attratta in senso opposto dalla nota legge fisica.
Destra-sinistra-destra e di fronte a me si para la meravigliosa immagine della prima cappella, e anche se da un po' la mia è informicolata, svolto a sinistra per la prima volta in carriera. Eccomi ci sono. Il Sacro Monte vero sta per iniziare. Sono qui, dove si suda, dove si soffre, dove si sputa, dove la ruota sfrega sul duro asfalto creando attrito al di fuori d'ogni regola fisica. La strada fa di tutto per cacciarmi indietro ma io spingo, spingo, spingo….prot! mmh forse ho spinto troppo!
Subito capisco di aver avuto un'idea del c..zzo, un secondo dopo maledico di essere uscito in bici, uno dopo ancora di aver comprato la bici e così via.E' veramente dura. Le gambe cominciano a porsi dubbi sulle facoltà mentali del loro capo, e trasmettono al cervello già sovraccarico impulsi indecifrabili. Intravedo un cartello e lì mi fermo. Aspiro tanta aria da far muovere le foglie. Sento un ritmo impressionante, penso ad un maranza con il finestrino abbassato e la musica a canna, ma è il mio cuore. Mentre penso alle ultime cose dette a mia moglie e alle ultime coccole a mia figlia, consapevole che saranno appunto le ultime riparto; i muscoli delle gambe rispondono "ehh?" e faticosamente mi muovo, sempre più attratto in senso posto dalla celeberrima legge fisica. Dopo aver salutato una lumaca che striscia alla mia destra superandomi, dopo aver dato un nome ad ogni singolo raggio della ruota anteriore ed aver contato sassi, foglie, mozziconi e qualche preservativo sulla strada pur di non sollevare lo sguardo per vedere cosa mi attende, noto un'ombra nera sull'asfalto, sollevo lo sguardo e scorgo un ponte strano, che solo dopo varie ore di riposo riconosco in quello della funicolare; qualche pedalata ancora e sono di nuovo fermo.
La reclame della Vigorsol con il ragazzo che si diverte a far svolazzare il cane legato al palo, rende in minima parte l'idea di come sto respirando. Il cuore ha un ritmo che nemmeno il batterista dei Pooh con le palle girate riuscirebbe a sostenere; avendo avuto l'idea malsana di non portare con me alimenti liquidi o solidi, e sentendone assoluto bisogno, accarezzo l'idea di emulare Pannella, ma mentre recupero il piccolo erogatore, nella nebbia del mio sguardo, compare un omino, dapprima fosforescente poi dalle fattezze umane che mi saluta cordialmente.
Mi accorgo dall'affanno di non emettere suoni comprensibili all'orecchio umano, ma l'umanoide capisce lo stesso e mi suggerisce di proseguire perché poi spiana. Non so chi spinga la pedivella che cigola come il muscolo che ha dato in totale autonomia l'ordine di muoversi, ma il mio corpo in totale insurrezione si rimuove verso l'alto, al grido di "e vaffanculo ce la dobbiamo fare.." e probabilmente hanno la meglio sulla mia volontà, tanto che mi ritrovo al famoso bivio dopo il quale mi aspetto una strada del lungomare romagnolo, ma non è proprio così anche se effettivamente spiana. Così dopo un numero imprecisato di sputi e scricchiolii mi ritrovo nel piazzale che domina Varese, quasi investito dal pulmann dell'Avt che a mo' di prova speciale affronta la curva.
Non ho più il controllo del mio corpo, che autonomamente scende dalla bici e rigido come quello del comandante di una truppa tedesca in parata solenne di fronte al furer vincitore del conflitto mondiale, si avvicina al chiosco delle bibite per ingurgitare il migliore dei Chinò Sanpellegrino. Il liquido freddo e gassato fa emettere al mio corpo autogestito un ruttone, che se fossi stato ancora sulla bici, mi avrebbe spinto fino a Castronno, battendo in retromarcia ogni record di qualunque mezzo spinto da motore a combustione. A mo di reliquia infilo nel portafoglio, buttando a terra documenti e centinaia di euro per fare posto, lo scontrino-prova e felice mi preparo al ritorno.
Le mani intorpidite come tutto il corpo dalla fatica impugnano il manubrio ed i relativi freni, ma l'idea di godere della discesa prevale su ogni concetto di prudenza, e quindi mi limito o quasi a tenere in pista la bici. La oramai celeberrima legge fisica è ora a mio favore, e la notevole massa spinge laddove prima frenava; la velocita' è subito sostenuta. La strada è bagnata dagli sputi e dal sudore riversato a litri durante la salita; sorpasso insultandola, la lumaca prima citata, con lo spostamento d'aria infilo i sassi e i mozziconi nei preservativi e in un nanosecondo passo sotto al ponte, ma esiste o era un miraggio?
Affronto ogni curva o tornante in staccata, fosse buio si vedrebbero i cerchi arroventati; ad ogni staccata nuvole di plastica nebulizzata si staccano dai pattini e si depositano sull'asfalto formando la scritta "va adasi!"
Ho la sensazione di riappropriarmi dell'energia bruciata in salita, e mentre godo delle ultime curve affrontate in derapata come Valentino, mi ritrovo in Viale Auguggiari. Ah che bella la bici, ho fatto bene a comprarla.
Mhh, pero' ho uno strano fastidio alle gambe ed al "pancino", forse ho sbagliato a non coprirmi; avro' mica preso freddo? Le gambe in palissandro massello massiccio, cercano di spingere nuovamente la massa grondante di sudore, e lentamente, len-ta-men-te mi ritrovo a casa. Salendo le scale scopro e provo i dolori descritti minuziosamente da mia moglie durante il parto, e una volta varcata la porta di casa, dopo aver estratto il sudaticcio portafoglio come un cow boy fa con la pistola, mostro con orgoglio lo scontrino-prova-reliquia a mia moglie che mi fa impietosamente notare l'eccessivo prezzo della bevanda. La picchio e picchio anche la bambina che stava per romperlo. Mi tuffo nella vasca da bagno come in quella vecchia reclame dello Scaldabagno De Longhi e mi abbandono al meritato riposo, pensando alla lauta cena che mi aspetta. Un solo dubbio mi assale: ma c'era davvero l'omino prima del bivio?
Massimo.

 

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