Inchieste e fatti


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Si susseguono mostre, mostrine e mostri ma...


Non abbandonate San Vitale con il suo mistero manicheo: quegli uomini che pregavano la luna


Il richiamo a una ricerca di Giampiero Torresani per indurre la Provincia a destinare regolarmente dei fondi per una accurata manutenzione di questo spazio eccezionale e dei suoi dipinti trecenteschi, che rimandano a storie straordinarie di tempi dimenticati


Perché questo dipinto fu sfregiato?


I manichei, qui, nella chiesetta sfilata ai bordi del fiume e del porto, rappresentarono la loro fede

Diamo alcuni momenti dell'opera di Torresani, che va però letta nella sua integrità, dalla prima parola all'ultima, se davvero si vuol cogliere appieno una delle valenze straordinarie e non solo artistiche di San Vitale.


Giampiero Torresani traduce un passo di Agostino:

'Dunque costoro (i Manichei) venerano per ignoranza nelle immagini fantastiche delle loro favole idoli e demòni: mentre invece hanno ammesso apertamente di sottomettersi a una creatura nella figura del sole e della luna, e poiché sono convinti in tal modo di sottomettersi anche al Creatore, si sbagliano grandemente.
Si abbassano a servire le proprie fantasie e non il Creatore, quando negano che egli abbia creato ciò che l'Apostolo apertamente dimostra appartenere alla creatura di Dio quando dice, scrivendo sui cibi e le carni, "Ogni creatura di Dio è buona e nulla è da scartarsi se lo si prende con rendimento di grazie
".




Il dipinto sfregiato e misterioso, qui sotto visto anche a luce radente per evidenziare gli sfregi compiuti da chi riferì al dipinto il testo di Agostino


Commenta e chiarisce Giampiero Torresani.

Questa è la sana dottrina che la vostra intolleranza ha trasformato in favola: l'Apostolo nello stesso tempo in cui loda la creatura di Dio vieta anche che ad essa ci si rivolga in adorazione.
(...)
L'uomo in preghiera (...) è Adamo, il primo uomo e tutti gli uomini in lui. Non è nel tempo però, ma fuori del tempo, anzi fuori da ogni tempo.

Non è infatti l'Adamo della Genesi, raffigurato all'interno dell'Eden. Non è il Paradiso Terrestre la landa tenebrosa nella quale si trova, è invece il mondo della Materia nel quale lo hanno imprigionato gli Arconti demoniaci.

Notiamo l'importante differenza: l'Adamo cristiano nell'Eden è l'inizio della Storia, vista come allontanamento continuo dell'uomo dalla sua condizione iniziale di felicità, ma nello stesso tempo come progressivo avvicinarsi alla salvezza finale alla quale lo guida il tanto provvidenziale quanto gratuito amore di Dio. L'Adamo dei Cristiani è l'origine di un divenire necessario al compiersi dell'opera divina che procede, attraverso i secoli e i millenni, verso il momento finale del giorno del Signore, appunto come Storia della Salvezza, raccontabile, descrivibile, tale comunque che ogni momento di essa, per quanto a noi possa apparire trascurabile, è invece decisivo secondo il punto di vista di Dio.

L'Adamo immerso nelle Tenebre di questo nostro mondo terreno non conosce invece alcuna Storia della Salvezza: è come un prigioniero che non sa quando sarà liberato. La liberazione, se verrà, non dipenderà dalle sue scelte o dalle sue buone azioni: non sono ammessi piani di fuga.

Non gli è dato un tempo determinato, con la speranza di una scadenza sicura per quanto lontana, ma una sorta di tempo assoluto, pura durata indefinita.

L'uscita verrà, se verrà, all'improvviso con l'illuminazione della "gnosis" e sarà immediata liberazione. Il mondo verrà percepito allora come prigione e cesserà per ciò stesso di essere una prigione definitiva: da quel momento Adamo, e ogni illuminato in lui, anelerà soltanto ad imbarcarsi sui vascelli della luna e del sole per far ritorno alla sua patria luminosa.

Questo ha dipinto il nostro pittore: Adamo nel momento immediatamente successivo all'intervento del "Nous" Gesù lo Splendore, il Terzo inviato mandato a risvegliarlo dal sonno profondo nel quale giaceva.

Egli ha appena ricevuto la Conoscenza e dunque ha visto per la prima volta l'impronta animale lasciata dagli Arconti demoniaci nella parte inferiore del suo corpo: ora ne prova vergogna e l'ha nascosta con un panno.

Ha preso coscienza della sua natura luminosa e il pittore ha molto insistito su questo concetto, dipingendo il suo corpo con un colore incarnato particolarmente chiaro, perlaceo, quasi traslucido.

Persino per i capelli ha abbandonato il colore tradizionale per dipingerli con un azzurro particolarmente ricco di pigmento bianco.
(...)

Per accentuare la distanza del personaggio dalla condizione animale o dalla cieca brutalità dell'istinto, a fronte della capigliatura lunghissima e dell'ispida barba virile, gli ha dipinto petto e braccia del tutto glabri ed è stato attento persino al particolare delle unghie, che ha voluto delicatamente ricurve, morbidamente assecondanti il bordo delle dita e ben più corte di questo.

Per il mondo poi che circonda il personaggio, il fondo insomma dell'immagine, si può notare facilmente un ripensamento del pittore, assai significativo.

Esso fu dipinto, in un primo tempo, quando l'intonaco era ancora perfettamente umido e quindi in grado di assorbire bene il colore, con un rosso assai chiaro, del tutto simile al completamento tondo della falce di luna.

L'immagine complessiva doveva così risultare luminosissima, quasi luce su luce: la luminosità del corpo immersa dentro quella del fondo.

Poi il pittore si pentì, oppure così com'era l'opera non piacque al committente: ridipinse il fondo con un colore rosso sangue decisamente più cupo e opaco. Lo dovette stendere però a secco cosicché il tempo e l'umidità lo hanno fatto cadere a poco a poco quasi del tutto.

Sicuramente più drammatico l'effetto della seconda stesura, certo capace di rendere bene l'idea delle Tenebre di questo mondo; più sottile e forse più sapiente la diffusa luminosità lunare originaria.

Quanto alla luna, si può capire ora perché essa è l'oggetto del gesto rituale di preghiera qui raffigurato: l'Adamo risvegliato e, in lui il manicheo consapevole, si rivolge alla luna (e non al sole) perché essa è la prima nave che lo riporterà in patria, il sole invece la seconda; chi si vuol salvare si aggrappa sempre alla mano più vicina. E siccome il dipinto si trova sulla parete Nord della chiesa, sarà anche facile, a questo punto, capire che avendo questa luna la curvatura rivolta a ponente, essa è una falce di luna che cresce, un'imbarcazione ferma nel porto in attesa di colmarsi del suo carico di luce da portar via per riversarlo nel sole.

E' una luna rossa: appena spuntata sulla linea dell'orizzonte, sul far della sera. E di una sera chiara, appena fatta, era la morbida luminosità della prima stesura, infoscata poi nella seconda.
(...)
La luna sporge fuori dal riquadro nel quale si trova la figura di Adamo: oggi di poco, ma nella prima stesura o nel progetto, assai di più.

Il significato è chiaro: per i Manichei la luna era una creatura buona, luce che non aveva sofferto, al pari del sole, della mescolanza con le Tenebre, aliena dal mondo di quaggiù; del resto non può esser schiavo della Notte ciò che dalla Notte permette di fuggire.

Anche per i colpi di punteruolo con i quali l'inquisitore infierì sulla pittura, ora si può avanzare una spiegazione più completa.

Si ricorderà che essi sono di due tipi: leggeri e accurati nella zona del fondo al di sopra del capo dell'uomo in preghiera, e invece pesanti e grossolani sulla figura del personaggio, su tutto il corpo, ma specialmente sul volto.

La figura della luna è rimasta completamente indenne.

Ora si capisce: fu colpita l'immagine dell'Adamo risvegliato, perché si vide in essa un'icona manichea, ma fu del tutto risparmiata la luna, perché l'inquisitore conosceva bene il testo di Agostino che abbiamo citato in precedenza; "si terrestria corpora bona sunt, quanto magis coelestia, in quibus excellunt sol et luna". Per quanto fosse oggetto di venerazione da parte degli odiatissimi Manichei, essa non era minimamente coinvolta nel loro peccato, restava "corpus bonum".

Lasciando intatta la figura della luna, il gesto punitivo raggiungeva poi un altro scopo: la ridimensionava. Da immaginoso vascello per la traversata dal mondo tenebroso di qui a quello della Luce, veniva immediatamente ricondotta al suo status banale di corpo celeste: "il solito assassinio ecclesiastico del sogno". (Ceronetti)

Quanto agli altri colpi, quelli non da macellaio come questi, ma chirurgici, la loro accuratezza non lascia alcuna speranza di capire quel che han voluto cancellare.

Si può solo avanzare qualche ipotesi: sopra il capo di Adamo essi hanno la forma di brevi tratti che si intersecano. Che ci fosse una stella, o un segno di luce? Sul capo di Adamo in preghiera essi allora assumerebbero il significato di una specie di diadema luminoso,
lo stesso di cui fu cinta la fronte del "tenero figlio innocente di Sroshâv", come si legge nel frammento di inno manicheo ritrovato a Turfan (...). Non si può dare comunque una risposta sicura: solo un'analisi specifica di eventuali minuscoli frammenti di pigmento rimasti in quella zona potrebbe risolvere il mistero.


S.Vitale come si presentava all'avvio dei lavori di restauro


Più volte Cremona ha dimostrato che risponde in modo adeguato quando le vengono proposte iniziative di sicuro spessore, con ottima comunicazione ed organizzazione. Una città che si conferma colta, e non solo per meritare la giusta attribuzione di città di Stradivari e della musica.
Nella grande sforzo organizzativo di Cremona poesia, un successo recente, sono stati coinvolti palazzi e istituzioni e, come sempre, la chiesa di San Vitale.
Proprio su questa struttura è il caso di soffermarsi adesso, cogliendo la sensibilità dimostrata dai cremonesi.
Dopo il ripristino voluto dall'allora presidente provinciale Secondo Piazza, San Vitale si è dimostrata adatta ad ospitare mostre (molto meno, invece, ad accogliere conferenze).
E San Vitale viene massicciamente impiegata in mostre, mostrine e mostri. Parliamo di "mostri" perché sarebbe ormai opportuno qualificare maggiormente il luogo espositivo con i suoi straordinari affreschi trecenteschi, una trentina in tutto, di eccezionale bellezza e singolarità: comprendiamo che la politica ha le sue esigenze demagogiche e i favori a volte sono difficili da negare, ma qualche volta si è superato il limite per un luogo così degno.



La collocazione dell'affresco

Non siamo soltanto di fronte a un problema di scelte espositive rigorose: c'è un passo ben più importante da compiere. L'opera di ripristino di San Vitale non si può dire compiuta. San Vitale corre il rischio di decadere in luogo di consumo senza ricavare per se stessa il minimo vantaggio da un uso così frequente.
Un terribile pericolo.
Si fanno mille mostre ma da anni l'amministrazione provinciale che la gestisce non stanzia il becco di un quattrino per la manutenzione ordinaria e straordinaria.
Gli affreschi stanno già dando segno di degrado. E sono praticamente ignorati negli allestimenti delle mostre.
Muri, finestre, vetri pavimentali per l'osservazione delle strutture al disotto dell'impianto cinquecentesco, luoghi di passaggio e di uso meriterebbero una accurata ripulitura e qualche ripristino.
Da sempre poi l'illuminazione, in un luogo per mostre, è assolutamente carente, inadatta, poco flessibile. Ed anche in questo senso non c'è stata sin qui nessuna attenzione per valorizzare (senza danneggiare) gli affreschi trecenteschi. Quasi sempre ci vuole molta buona volontà per osservare davvero bene le opere esposte. Non parliamo poi dell'impianto audio.

Per capire cosa occorre difendere, tra mito, arte e mistero, rimandiamo l'Amministrazione Provinciale ed il suo assessorato alla Cultura a un'opera straordinaria di Giampiero Torresani. Analizza un dipinto e gli sfregi che ha subito in una libro pubblicato dalla benemerita Turris Editrice dal titolo " Gli uomini che pregavano la luna".
La bellezza e l'intrigo che emana questo brano pittorico è uno stimolo a capire il tutto e ad allertarsi al tempo stesso. San Vitale merita al più presto rispetto e interventi.
A Palazzo intendano quale gioiello hanno per le mani.






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di Sab, 16 giu 2007