Un classico servizio su luoghi , storie, persone e realtà italiane o straniere



PRIMA PAGINA CRONACACULTURASPORTLETTEREARRETRATISONDAGGI



La nostra bella Cremona e gli sgarri di ieri e di oggi

S.Marcellino: crepe, polvere e concerti

S.Vincenzo: un rio destino dagli anni cinquanta


Due chiese
una disperazione

di Angelo Garioni Sabadini


Nel giorno del compleanno di Cremona, il 31 maggio, uno splendido concerto di musica barocca diretto dal maestro G. Favolis, ha allietato la platea assiepata nella navata unica della chiesa di San Marcellino. Circa settecento persone hanno assistito alle evoluzioni del complesso dei Barrocchisti e del Coro della Televisione Svizzera Italiana. Una musica avvincente aperta da un Magnificat eseguito discretamente dal complesso. Una serata uggiosa rinfrescata dai frequenti temporali di fine maggio. L’idillio è completato da un rondine che intrappolata nella chiesa volteggiava tra le ancone ed i paliotti eretti per le preghiere dei Gesuiti, prima di liberarsi in cielo attraverso lo spiraglio offerto da un vetro rotto.
Dicevamo l’idillio è completato, nel senso pieno del termine, perché nella bella serata la sola vista dello stato conservativo dell’antica chiesa è un grido disperato di allarme e tristezze. Osservando gli altari, le tele, i virtuosismi eclettici del Bertesi ci si chiede come abbia fatto questo monumento a sopravvivere all’ignoranza degli uomini per due secoli dopo la soppressione al culto. La chiesa privata per anni della sua originaria funzione è giunta alla nostra epoca in stato di sofferenza totale. Ampie fessure si stagliano nelle sue volte, colature di acqua dai tetti stanno erodendo gli stucchi degli arconi di scarico che sovrastano le cappelle, la facciata interna è puntellata, imbragata e nascosta e gli stucchi della stessa sono ormai andati, come si direbbe, a ramengo.
Tralasciamo poi lo stato dell’arredo, manca da anni la via crucis di cui si intravede l’antica presenza sul negativo della polvere adagiata sulle paraste, mancano gli scranni spariti chi sa dove e tanti particolari che fino a pochi decenni fa abbellivano il tempio. Nei confessionali sul fondo della navata sono spariti i capitelli intagliati che incorniciavano gli ingressi agli scranni.
Osservando controluce le pareti del presbiterio si distingue chiaramente il guano dei piccioni che in anni precedenti hanno soggiornato nel tempio per periodi variabili. Le finestrature della chiesa non solo hanno perso i vetri ma stanno lasciando cadere anche le pezze che in passato vi sono state apposte per tappare i buchi maggiori. E per pietà non vogliamo continuare l’elenco.


Rettifica: San Marcellino non è del Comune

Caro Direttore,
nell'ampio servizio dell'architetto Angelo Garioni Sabadini dedicato alla chiesa di San Marcellino vi è scritto, fra l'altro, che questo edificio è di proprietà del Comune. Si tratta di un'affermazione priva di qualsiasi fondamento in quanto la chiesa di San Marcellino, anche se viene utilizzata per concerti della Fondazione Teatro Ponchielli, non è di proprietà del Comune, si tratta infatti di una chiesa sussidiara della parrocchia di S. Agostino, della quale fa parte e alla quale appartiene. Non si capisce pertanto a che titolo il Comune dovrebbe intervenire su un immobile di cui non ha la disponibilità.

Albino Rigoni, Ufficio Stampa Comune di Cremona

Resta il problema, però. La chiesa esige urgenti restauri. Il Comune si attivi, giacché ne usufruisce...

Ogni tanto capita a chi frequenta la chiesa, autore compreso, di scorgerne qualche piccione che è penetrato nella navata maggiore per uscirne stecchito dopo una settimana di digiuni. Tralasciamo infine lo stato penoso delle tele, illeggibili a causa della polvere accumulata in vari secoli. Povera San Marcellino, la chiesa che accoglie la tela del Massarotti intitolata “San Marcellino soccorre i Cremonesi contro i Milanesi”, una delle opere più belle ed amate dai cremonesi del passato ed oggi pressoché dimenticata. Siamo al limite del collasso. Un limite che se superato porterà alla rovina totale sia dell’edificio sia delle opere d’arte in esso racchiuse.
Mi rammento che molti anni fa, una decina, discutendo col prof. A. Grimoldi delle bellezze cittadine, già allora affermavamo che la chiesa aveva bisogno di ingenti restauri conservativi. Dico dieci anni fa! Ed il comune? E il nostro caro sindaco Corada si rende conto dell’accaduto, del pericolo? Se ne rendono conto gli assessori Segaroli e Berneri e gli altri della giunta? Già perché forse non l’ho scritto prima ma la chiesa appartiene al comune di Cremona. Evito a questo punto di infierire. Però siamo a Cremona, nella nostra bella città per consuetudine prima facciamo crollare oppure demoliamo i monumenti, poi come coccodrilli li rimpiangiamo.
Potrei fare un lungo elenco di strazi: San Domenico, il vecchio palazzo Vescovile con la sagrestia vecchia, le Porte cittadine, le mura, molte chiese a partire da San Vittore e San Mattia ed il caso del monasteri di San Quirico e San Vincenzo.



Ed ecco l’altro grande scandalo: San Vincenzo. Solo noi cremonesi potevamo negli anni ’50 fare ciò che il destino ci aveva risparmiato durante la guerra, violentate la nostra città! Abbiamo demolito l’inimmaginabile. Due monasteri antichissimi. Per fare cosa? Le peggiori, più brutte mal congegnate e concepite scuole della città. Ammettiamo pure che molti cittadini percorrendo via Palestro si chiedono chi possa aver edificato la bruttura che prende il nome di scuola per geometri, ragionieri e liceo scientifico. Già e non dimentichiamo anche la ex scuola media Campi. Una stecca adagiata sul chiostro del monastero di San Vincenzo. Come dire, meglio il nuovo e brutto piuttosto che l’antico bello.
Solo la chiesa si è salvata, sotto la “protezione” della parrocchia di Sant’Agata. Con la crisi della stessa parrocchia degli anni ’90, sia spirituale che finanziaria, la chiesa prima ha perso le messe e poi è stata chiusa. Sono quasi dieci anni che non si può accedere a San Vincenzo. Dieci anni ma forse i nostri cari amministratori pubblici non si rendono conto. Per meglio capire basta pensare che dall’ultimo accesso pubblico sono passati ben cinque milioni di minuti. San Vincenzo è scomparsa dall’immaginario comune, dalle indicazioni dei comuni cittadini e dalle guide turistiche. Solo uno squallido parcheggio sul sagrato ce ne rammenta la presenza.
Non poco tempo fa in un colloquio con un parroco mi è stato suggerito che vendere la chiesa e farvi un parcheggio coperto a multipiano non era una cattiva idea. Pensare che nella chiesa vi sono insigni opere d’arte, pensare che fu costruita dai Barnabiti nel seicento, come San Marcellino sua coeva ma eretta dai Gesuiti.
Pensare che in un paese civile la chiusura di un monumento sarebbe assunta come sfida morale ai più alti valori fondanti della società. Siamo però a Cremona nell’epoca della decadenza, non dobbiamo dimenticarlo.
Insomma ci ritroviamo a Cremona con due bellissime chiese, una aperta al pubblico, con splendidi altari e decori seicenteschi che necessita di un imponente restauro, l’altra bellissima ma chiusa da dieci anni! E’ mai possibile?



San Vincenzo, l'inutile battaglia di pochi illuminati

La costruzione della Cittadella degli Studi tra via Palestro e viale Trento Trieste è stato uno dei progetti più devastanti realizzati a Cremona. Fu attuata nel 1958 e portò alla distruzione del cosiddetto ricovero di San Vincenzo, con i suoi eleganti porticati e cortili. Gli edifici vennero abbattuti in tre mesi nonostante la contrarietà di Italia Nostra verso la distruzione dell'intero quartiere,, sottolineando che il progetto era avulso dall'intera città, che avrebbe inciso profondamente nel tessuto cittadino con la concentrazione degli edifici scolastici (il che puntualmente avviene, creando ingorghi di traffico e di trasporto, problemi di orari e così via) e che si trattava di una devastazione paragonabile a quella di San Domenico e di Piazza Cavour (oggi piazza Stradivari, dove si è trovato addirittura il modo di peggiorare il peggio con la pensilina).
L'ing. Giovanni Marcatelli, già ingegnere capo del Comune di Cremona, sulla Strenna dell'A.D.A.F.A. per l'anno 1985 (p. 148) così si espresse: « Il Comune adottò, fino ad oltre la metà del secolo corrente, piani regolatori piuttosto dissacranti e si macchiò inoltre di un ignominioso misfatto mandando a demolire, sul finire degli anni '50, il vasto e pregevole complesso conventuale di S. Quirico e di S. Giacomo, fra la chiesa di S. Vincenzo ed i baluardi settentrionali delle mura, per erigervi una città degli studi discutibile architettonicamente ed urbanisticamente... ».
Aggiunge Gianfranco Taglietti nel suo volume "La Cittadella degli studi": "La distruzione fu perpetrata in tutta fretta, quasi si temesse qualche pentimento; vennero abbattutte quelle sale (tra cui quella della Carità di S. Vincenzo, con il ritratto di S. Omobono, dove distribuivano il pane e l'elemosine) e venne di furia ricoperta una fossa-ossario di lato alla chiesa di S. Vincenzo dopo un rapido sguardo a quei poveri resti di uomini e di donne dei secoli trascorsi“
.


Foto ed archivio Il Vascello ©




La pagina è stata aggiornata alle ore 10:20:03
di Sab, 18 ago 2007