Testi letterari anche in dialetto, recensioni, le composizioni dei lettori

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La grande firma

Cossiga, lei è matto?

di Claudio Sabelli Fioretti



Presidente, lei è matto?
“Chiariamo una cosa. Era “matto” anche Erasmo da Rotterdam. Era “matto” anche Tommaso Moro che tutti credevano che stesse scherzando e per rimanere fedele alla Chiesa cattolica si è fatto tagliare la testa dopo aver raggiunto l'apice del “cursus honorum” di un cittadino inglese dell'epoca”.
Rifaccio la domanda e lasciamo perdere Erasmo. lei è matto?
“La follia è un ingrediente necessario dell'intelligenza. Così come bisogna distinguere tra colti ed eruditi, gli eruditi sono quelli che hanno letto molto, i colti sono quelli che hanno letto e hanno dimenticato quello che hanno letto mantenendone il concetto e soprattutto il senso universale...”
Presidente, risponda, lei è matto?
“Io sono evoluto. Io soffro e ho sofferto di depressione. Vuole che le faccia un elenco dei grandi depressi della storia? Churchill, Roosevelt, Newton, Kafka, Dostojewsky...”
Non sarà matto ma si è certo montato la testa...
“La depressione può colpire solo persone molto intelligenti. Allora. Sai come è nata la voce della mia follia quando ero presidente della Repubblica? E' vero, io facevo cose un po' strambe. Ma perché le facevo?”
Perché le faceva?
“Perché non avevo dietro di me potentati economici, né potentati politici, né potentati culturali. Ero stato abbandonato anche dalla Dc. Per farmi ascoltare dovevo fare follie, dovevo dire cose che avevano la forma della follia. Quello che per anni è stato il mio avversario ideologico, Luciano Violante, in un libro, ha detto che avevo previsto tutto rispetto a loro e che loro non vollero credermi. Come tutti i depressi io però avevo una grande lucidità intellettuale. Si dice che Newton abbia scoperto la legge di gravitazione universale durante una crisi di depressione”.
Risposte elusive.
“Ho fatto anche il matto. Per attirare l'attenzione, quando non mi stava a sentire nessuno”.
Quand'è che si è cominciato a dire che lei era matto?
” Vuole sapere l'origine storica? Quando ero ministro dell'Interno sono stato messo subito sotto controllo telefonico, fisico e ambientale dal servizio segreto militare. Volevano sapere cosa si facesse all'interno del ministero dell'Interno. E poi siccome ero cugino di Enrico Berlinguer, mi consideravano abbastanza pericoloso.
Poi sono diventato presidente del Senato e si è capito che ero sulla via per diventare presidente della Repubblica...”
Ma lei come sa che la spiavano?
“Hanno fatto in modo di farmelo sapere. Mi spiarono anche quando volle che andassi in Romania, rompendo la convenzione che vietava ai ministri dell'Interno e della Difesa di andare oltre la cortina di ferro”.
E lei perché ha rotto la convenzione?
“Non l'ho rotta io ma il Governo. Ceausescu trescava con gli americani, gli americani mi chiesero di andarci. A quei tempi Ceausescu era buono. I suoi lo hanno ammazzato per dire che era cattivissimo”.
Va bene, lei andò a trovare Ceausescu.
“E andai a visitare la famosa clinica della dottoressa Aslan. Quella del Gerovital. Uscì la notizia che ero andato là per farmi l'elettroshock”.
Chi fece uscire questa notizia?
“Ciriaco De Mita, appena diventato presidente del Consiglio. Fu lui a telefonare ai giornali e a farla pubblicare”.
Ne ha mai parlato con De Mita?
“No, ma tutte le volte che De Mita vede mio figlio se lo prende sotto braccio e gli dice: “Sai Peppino, tuo padre mi accusa di queste cose... Ma non è vero”. E invece è vero”.
Sui giornali venivano pubblicate anche le opinione degli esperti per stabilire se lei era matto.
“E uno di loro era andato vicino alla verità. Disse: “Non è matto, ci fa”. Lei sa che l'eutimico, che sarebbe il perfetto normale, è il cretino! Il perfetto equilibrato è il cretino!”
Quante lauree honoris le sono state conferite?
“26. Più di Spadolini. Credo di essere quello che ne ha di più in assoluto. Se Mussi non mi blocca quella in medicina arrivo a 27”.
E' guarito dalla depressione?
“Dalla depressione si guarisce sempre. Anche senza medicine e anche senza sostegno psicoterapico. Le medicine e il sostegno psicoterapico servono solo per fare soffrire di meno e abbreviare la malattia. Non capisce che cosa sia la depressione chi non l'ha mai avuta e chi non l'ha mai curata, chi non l'ha vissuta con un depresso...
Il momento peggiore della depressione qual è stato?
“Ho avuto un momento pessimo. Insonnia, idee ossessive, i numeri, i nomi, come si chiamava quella che mi ha fatto l'intervista? Qual è il numero del telefono di mio figlio? Ma l'ossessività è anche la caratteristica del genio perché il genio non pensa che a quello e non riesce a pensare ad altro. Ma io non sono un genio”.
Era depresso da ministro? E Da Presidente?
“Dopo che hanno ucciso Moro lo sono stato. Mi vennero i capelli bianchi. Mi svegliavo di notte urlando che ero stato io ad uccidererlo. Il che era “fattualmente” vero. Ero stato io a rappresentare con durezza la linea dell'intransigenza. E sapevo che la linea dell'intransigenza avrebbe portato quasi certamente all'uccisione di Moro. Quelli erano cattivi. Nella loro mentalità vetero-leninista-stalinista-astorica dovevano dimostrare la propria credibilità con l'intransigenza anche “teatrale”, la prigione del popolo, il giudizio. Non capirono che ci avrebbero messo in braghe ditela, noi e il Pci, se dopo l'appello di Paolo VI lo avessero liberato”.
Mi risulta che lei abbia fatto anche degli interventi in sede scientifica.
“All'università di Roma ho fatto una relazione ad un convegno di endocrinologi, andrologi e sessuologi sul tema vecchiezza e giovinezza. Io sostenni la tesi che la giovinezza è vivere la vecchiezza in quanto tale. Chi vuole vivere da ragazzino pur essendo vecchio è ridicolo”.
A chi sta pensando?
“Penso a molti! Anche a Silvio. Lo dica a lui; perché lo dico sempre anche a lui”.
E poi?
“Poi consigliai di non cercare la scorciatoia del Viagra. Mi arrivò una gomitata dal preside della facoltà. Il convegno era finanziato dalla Pfifer, l'azienda produttrice del Viagra”
E' lei stesso a volte che racconta episodi che fanno pensare a lei come a un matto. Per esempio quando raccontò che nei giorni in cui si doveva formare il governo riceveva i politici a casa sua, nella sua camera da letto, seminudo”.
“Venivano alle sette! E alle sette mi trovavano in mutande. Lo chiamai il governo delle mutande!”
Era il governo D'Alema. Il governo che non era stato votato, come diceva Berlusconi.
“Per questo motivo anche a D'Alema vennero degli scrupoli la mattina in cui avrebbe dovuto ricevere l'incarico. Massimo è intelligente. Aveva capito che avrebbe creato malumori dentro al partito. Sia per questo democraticismo secondo il quale bisognava avere il “lavaggio elettorale” sia perché lui stava per diventare il primo ex comunista presidente del Consiglio. Aveva ragione. Aveva capito che gliel'avrebbero fatta pagare. Quella mattina mi mandò Marco Minniti. Io dissi a Marco: “Torna da lui e digli di non rompere i coglioni che io a Palazzo Chigi ce lo porto a calci in culo!” Alla fine dissero: “Cossiga ha dato l'incarico a D'Alema”. Ma sai chi ha sbagliato?”
Chi?
“Berlusconi. Poteva astenersi, rendersi conto dell'esigenza del Paese. Se lo avesse fatto sarebbe anche lui entrato subito nella storia. E poi ha fallito anche l'appuntamento successivo: quando non ha permesso l'elezione di Massimo D'Alema a presidente della Repubblica”
Eppure D'Alema è sempre piaciuto a Berlusconi...
“Berlusconi ha un altissimo concetto di D'Alema, lo considera il meno fazioso, il più intelligente e il più onesto dei suoi avversari politici. Ha paura perché è stato comunista. Berlusconi ha preso l'anticomunismo come metro della politica”.
Più che il governo delle mutande fu il complotto delle mutande...
“Noi non abbiamo fatto nessun complotto, anche se non riusciremo mai a toglierlo dalla testa di Romano. Prodi è stato rovesciato da Rifondazione Comunista che temendo di andare alle elezioni non poteva continuare a sostenere la politica del rigore. Un giorno io fui chiamato da Massimo D'Alema che mi voleva parlare. Ci incontrammo, in modo segreto, in casa di Alfio Marchini, un appartamento nel quale si entrava da via Condotti e si usciva da via Frattina. E disse: “Senti, noi ci siamo fatti sempre la guerra, però siamo politici tutti e due. Così non si può continuare”. Io per facilitare l'incarico a D'Alema parlai con gli americani e con gli inglesi, ci mettemmo subito d'accordo, parlai con Confindustria, parlai con Agnelli. Da qui la fissazione che sia stato un complotto D'alema-Cossiga-Cuccia-Romiti-Marini. Ma non era vero. Io li ho sentiti certo. Per varare un governo con premier l'ex segretario della federazione giovanile comunista ci voleva il consenso di tutti. Non potevamo permetterci che i grandi organi di informazione ci si mettessero contro!
A lei D'Alema piace proprio.
“Adesso ti dico una cosa che non ho mai detto a nessuno. Quando si dimise Prodi, e D'Alema aveva già avuto l'incarico, ci fu la visita di Giovanni Paolo II al Quirinale. Io chiamai Gaetano Giffuni e gli dissi: “In prima fila ci deve essere Prodi, ma anche D'Alema. E D'Alema deve essere presentato al Papa”. Problema. Come si fa? Presentiamo un comunista al Papa? Dissi: ci penso io. Spiegai tutto a D'Alema: “Appena ti presentano il Papa devi dire queste parole, se dici queste parole il Papa ti risponderà così.” Tra la meraviglia di tutti D'Alema disse: “Santo Padre, per me è un onore conoscerla e mi auguro che lei manterrà sempre la benevolenza che ha avuto nei confronti del mio Paese.” E il Papa gli rispose: ” Presidente D'Alema, anche a me fa piacere conoscerla. Le rivolgo i miei migliori auguri per il suo prossimo governo”. Insomma, il Papa ha benedetto il primo premier postcomunista”.


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"Stòoria, stòorie e sturiéle"


Torna Luciano Dacquati con un bel libro su rivalità e superstizioni nostrane


C'è un detto, a proposito di Tidolo, un paese del cremonese, che molti (tra quelli non più giovani, ahinoi) conoscono bene: Tidolo è il paese "dùa i fèra i òoch àl s'ciarùur di lampès" , ovvero ferrano le oche al bagliore dei lampi.

Il detto deriva da una barbara usanza, quella di inchiodare le zampe delle oche alle assi per far loro ingoiare senza difficoltà cibo a dismisura allo scopo di ingrassare il fegato all'inverosimile.

Il lazzo aggiunge però che il tutto avviene al "s'ciarùur di lampès", luce improbabile e quindi denigratoria nei confronti dei contadini tidolesi.

Ma ecco pronta la loro controffensiva. Ce la racconta Luciano Dacquati .

Quando i tidolesi si sentono dire ironicamente: "Te sèet dèl paées in dùa i fèra i òoch àl s'ciarùur di lampès" ("Tu sei del paese dove ferrano le oche al bagliore dei lampi"), rispondono con altrettanta ironia: "Sé, ma nùma a chèi che pàsa" ("Sì, ma solo a quelli di passaggio"). Sottintesa l'aggiunta: " Cioè alle oche come te".

Abbiamo citato questo brano del volume per spiegare il taglio e lo spirito di questa nuova ricerca del giornalista cremonese che quest'anno si addentra appunto, con grande abilità e simpatia, nel racconto delle rivalità di campanile, delle superstizioni, delle leggende della nostra gente, andando in tutta la provincia, di paese in paese. Libro godibilissimo che, come i precedenti avrà grande successo. Lo pubblica Cremonalibri (che bella idea toglioere l'anglofilo Cremonabook almeno per gli argomenti di casa).

Il volume è stato presentato in amministrazione provinciale da Michelangelo Gazzoni e dal presidente Torchio.


L'annuario del Liceo Classico e la ripetizione, in Duomo, dell'esperimento del pendolo di Foucault



Agli ex alunni del Liceo classico “Daniele Manin” Santa Lucia porta sempre in dono un corposo annuario, intitolato “La Scuola classica di Cremona”.
La edizione numero 15 è stata presentata nel tradizionale raduno di metà dicembre dell'Associazione ex alunni creata da Renata Patria. Aula magna gremita, al tavolo, oltre alle due redattrici Renata Patria ed Emanuela Zanesi, l'assessore comunale alla Cultura Gianfranco Berneri, la professoressa Luisa Arli in rappresentanza del preside. Il volume del 2007 è ricco di storie, di notizie, di saggi.
Ci sono in particolare i ricordi di due insegnanti, Silvana Rizzi, mancata di recente, e Annadora Groppali, che agli alunni e ai colleghi diedero tanto nei lunghi anni di insegnamento.
Luigi Bellini, poi, l'ultimo della famiglia Vergani (per parte materna), racconta con un singolare dialogo tra “il menatorrone e il cavadenti” (il dentista Walter Carlino), la storia del classico dolce cremonese, un po’ infrangendo la campanilistica leggenda.
Non si può citare tutto delle 367 pagine, ma una chicca va senz’altro richiamata: il saggio di Alessandro Maianti sull’orologio solare del Manin, scoperto durante i lavori di restauro dell’edificio e risalente alla fine del ‘700. Questo anche per annunciare che nei giorni 9-10-11-12 gennaio 2008, il Comitato per l’orologio astronomico del Torrazzo e il Gruppo astrofili cremonesi, proporranno, per la prima volta a Cremona, di ripetere in Duomo l’esperimento del pendolo che Léon Foucault realizzò nel 1851 al Panthéon di Parigi per dimostrare la rotazione della Terra.
Sarà un modo di celebrare i nove secoli della Cattedrale. Il volume potrà essere acquistato anche alla Libreria del Convegno.

Nelle foto: Renata Patria con Luigi Bellini


La Cattedrale, infinito mistero di bellezza



La serie dei volumi che si sono susseguiti sulla Cattedrale dopo la poderosa opera di Alfredo Puerari di 36 anni fa, si è allungata di un altro scalino con il volume strenna della Cariparma presentato in Cattedrale davanti a numeroso pubblico richiamato anche dal concerto di Natale della World Youth Chamber Orchestra e la esibizione di uno staordinario flautista, Andrea Griminelli.


Il complesso diretto da Damiano Giuranna ha riscosso caldissimi applausi

La presentazione tecnica del volume, introdotta da mons. Achille Bonazzi e dagli interventi del Vescovo e del direttore generale di Cariparma, è stata svolta dal sovrintendente di Brescia Luca Rinaldi il quale ha posto l'accento soprattutto sulla prima parte del volume che ripercorre ed aggiorna - con uno straordinario intervento di Carlo Arturo Quintavalle - il lavoro , appunto, svolto da Alfredo Puerari. In questo senso si può davvero parlare di un'opera che segna un passo avanti. E certamente vanno apprezzati altri interventi che però riguardano sempre il primo periodo della storia del Duomo (ovvero quello esaminato da Puerari). Citiamo Giusy Zanichellli che affronta i cicli quattrocenteschi dei transetti ed i corali, Achille Bonazzi sui materiali del Duomo, Vito Zani sulle sculture quattrocentesche ed altri bassorilievi. Per il resto il libro delude parecchio, diventa davvero classica strenna bancaria, e qui il sovrintendente stesso forse è incorso in un lapsus freudiano elogiando specialmente e quasi ad esclusione la parte inconografica che è particolarmente ammirabile. Molto foto, giocate sul dettaglio, sono davvero splendide. Ma l'innovazione non si sente più , si avverte in particolare la assenza di di Marco Tanzi che avrebbe potuto portare davvero quel contributo di approfondimento ed innovazione tale da fare di questo volume il "pilastro" del quale si è parlato molto nel corso della cerimonia. Resta dunque spazio per molti altri lavori, come è stato giustamente detto. D'altronde il Duomo di Cremona non esaurirà mai i suoi infiniti misteri di bellezza.

Nelle foto di Sandro Rizzi, mons. Achille Bonazzi mostra la strenna di Cariparma sul Duomo e, nel riquadro, l'applaudita World Youth Chamber Orchestra.


L'ultimo lavoro di Vittorio Cozzoli


"Dante secondo Dante": una guida per andare ai significati "oltre" della Divina Commedia


Vittorio Cozzoli, l'illustre dantista cremonese, ci offre una esplorazione significativa dei giganteschi orizzonti del capolavoro dell'Alighieri in un volume che si intitola esemplarmente "La guida delle Guide, Dante seconda Dante".

Meglio non si potrebbe dire di come fa la presentazione del volume.

Leggere Dante 'secondo Dante' significa leggerlo passando dalla guida di una filologia storico-critica, linguistico-estetica o comunque ideologica, ad una filologicamente 'nova', capace di leggere "Dante" secondo la pienezza della sua specifica polisemìa.
Dante ha voluto tale, cioè polisemica, la propria scrittura. Perciò va rispettata la 'intentio auctoris', al di-la del credo o della metodologia del singolo lettore, per più o meno specialista che sia. La filologia 'nova' (fondata sulla concezione 'nova' della realtà e della stessa antropologia) consente la lettura non secondo un nuovo commento, ma secondo uno coerentemente 'novo'.
Questo guida il lettore, di livello in livello, fino a giungere alla significazione, anagogica, la più alta, la spirituale. E questa, a sua volta, va intesa come quella in cui si compie tutta la significazione dell'opera di Dante. Che, dunque, così intesa perché così voluta, rivela il proprio messaggio perennemente contemporaneo.
Lo conferma, e non a caso, Dante stesso con un'incessante autoesegesi, vero autoaccessus e dunque nostra guida autentica verso il significato della propria opera. Così ci guida, ma a sua volta egli è guidato a questo compimento di sé, come Dante uomo e come Dante poeta 'novo' e 'novissimo', per mezzo dalle sue Guide: a partire dall'incipit vita nova con Amore per giungere a concludersi, per mezzo delle guide della maturità - Vigilio, Beatrice, Bernardo -' nell'explicit comedìa.


Torna in libreria "Pàan e sapièensa"


E' tradizione che per S.Omobono gli amici della Cucina Cremonese presentino il loro volume gastronomico che da qualche anno viene edito da Cremonalibri. Stavolta non si tratta però di un'opera inedita, ma la opportuna ripresa di "Pàan e sapièensa", l'arguto titolo che Lidya Visioli Galletti aveva dato alla traduzione del "De honesta voluptate et valetitudine" del piadenese Bartolomeo Sacchi detto il Platina, attuando un riordino, soltanto schematico, del lavoro originale, La traduzione fu curata con grande pazienza da Luisa Piccioni ed a questa esperienza tutta nostra e cremonese attinsero a piene mani anche case editrici illustri attratte dalla riscoperta del capolavoro che fu il primo libro di cucina - così lo chiameremmo oggi - stampato (1475) e tradotto in tutto il mondo conosciuto di allora, al punto che fu il più diffuso fino agli inizi del Seicento dopo la varie edizioni della Bibbia. Con vera sorpresa, il nostro direttore Antonio Leoni nè segnalò una serie di edizioni nell'albergo frequentato a Passau dalla imperatrice Sissi che era appassionata di cucina e curò, proprio in quella dimora, una straordinaria collezione di libri gastronomici nella quale non poteva mancare, è ovvio, il Platina, presente con molte edizioni e traduzioni, alcune di enorme valore non solo bibliografico. L'edizione di Cremonalibri presentata dal sindaco nel salone dei Quadri è integrata da un intervento di Eugenio Moreni anch'esso datato ma prezioso, apparso - se non andiamo errati - nelle strenne dell'Adafa. Eccolo.


Riedizione della romantica storia di Cremona nella 'Capitale del Po' di F. Soldi


A cura della Fondazione Arvedi Buschini riappare la romantica storia di Cremona scritta dal giornalista Fiorino Soldi nel 1957. Il volume si fa notare per alcune felici cartine cronologiche, la fotografie di Mino Boiocchi e la elegante impaginazione curata da Corrado Testa. Quanto al lavoro storico risente di una forte enfasi retorica che qualche volta incide anche sulla descrizione e soprattutto nei commenti ai fatti. Presentazione in gran smalto al salone dei Quadri del Comune. La ottima stampa è di Fantigrafica.


"Scrissi d'arte" di Simone Fappanni


La Galleria Zanetti di Bozzolo presenta, dal 15 dicembre al 14 gennaio , la Rassegna “Amici d’arte”.
L’esposizione, allestita nelle sale di via Matteotti, propone le opere di ventidue selezionati artisti contemporanei, tra i quali alcuni cremonesi. Per la inaugurazione della mostra a cura dello studioso d’arte cremonese Simone Fappanni, verrà presentato il libro "Scrissi d’arte", pubblicato dall’Immaginaria editrice di Cremona, di cui è autore lo stesso critico che in esso raccoglie una scelta di testi stesi nel corso di parecchi anni di appassionate ricerche. Oltre ad affrontare tematiche attualissime, come il rapporto fra l’arte e il web, Fappanni si dedica alla scultura, al surrealismo, all’informale, alla sperimentazione, all’acquerello, alle donne artiste, al pastello e a tanti altri temi, dedicando un’intera pagina ai protagonisti di questa rassegna. La collettiva si può visitare nei giorni feriali dalle ore 16.30 alle 19.


L'arcobaleno del medico Giovanni Rosa



di Antonio Leoni


Alcuni baroni immeritevoli della medicina cremonese avranno tirato un sospiro di sollievo, ma molti dei numerosi pazienti che aveva a Cremona si saranno chiesti dove sia finito il medico Giovanni Rosa. In effetti, se ne erano perse un po' le tracce dopo aver tenute alcune popolarissime rubriche proprio sul nostro giornale.
Ebbene, vive tra Porto Giorgio, dove ha casa, e a Vulcano dove alimenta ancor più un nuovo affetto e nel contempo la sua passione per il mare.
Ed è da qui che trasmette con immutata onestà e passione il suo credo basato sic et sempliciter sugli aspetti morali e deontologici così spesso tartassati ma irremovibili del Giuramento di Ippocrate , fondati su un dovere millenario della medicina, ovvero che in primis non si deve nuocere, al contrario di quello che spesso accade quando, anche in certi reparti ospedalieri, si assiste a uno spreco di farmaci e di interventi chirurgici per ottenere immediati e profittevolissimi (sul piano finanziario) successi che alla lunga, però, si risolvono in devastanti disastri per i pazienti.
Giovanni Rosa si avvicina al malato con il rispetto che si deve all'uomo, che in questo caso non può essere un cliente, e cerca vie di uscita compatibili, trovando anche nella natura le risposte adatte, spesso strepitose. La sua campagna sugli effetti benefici dell'aloe, l'uso di antifungini come l'olio di melaleuca, efficacissimo nella lotta anche a molti altri disturbi elementari come il raffreddore, la prossima campagna a favore dell'aglio (tutti prodotti che non passano per le forche caudine delle grandi aziende farmaceutiche) sono sostenuti da grandiosi successi, ma sono emarginati perché hanno un difetto di base intollerabile nella società globalizzata, consumistica governata dalla lobbies del settore: hanno il torto gravissimo di costare poco. Eppure sono alcuni esempi di uno sguardo a tutto campo che alla fine determina quelli che alcuni potrebbero definire autentici miracoli ma che semplicemente sono l'esito del più semplice dovere, il rispetto alla della natura, al quale l'uomo non può e non deve sottrarsi.
Con questa premessa si capisce il succo di una impresa che Giovanni Rosa definisce finale. un piccolo volume stampato in mille copie a proprie spese, nel quale racconta la propria vita, ma non per esibizione personale, ma per cogliere anche i problemi e le difficoltà che si incontrano nel conciliare una società indifferente e dominata da quelle che personalmente definisco le tre esse della perversione occidentale importata dagli Stati Uniti (Soldi, Successo, Sesso) , la fonte di tutti i nstri guai e di un disagio espresso dai suicidi e dall'uso massiccio di tutte le droghe, alcool compreso, che non ha precedenti nella storia dell'umanità.
Questo libretto fantastico (che potete richiedere gratuitamente allo stesso Giovani Rosa -daaro@libero.it - e che gode di una appassionata prefazione di Agostino Melega) si chiude così: ”...mi siedo paziente in attesa di volare nel mirabile e sconosciuto finale del mio arcobaleno”.
Quanti di noi vorrebbero saper scrivere senza inquietudine la medesima frase.


ControTV




di Botho Strauss

drammaturgo tedesco

Il regime della comunicazione telecratica è insieme la meno cruenta delle dittature e il più completo dei totalitarismi. Non ha bisogno di far rotolare delle teste, le rende superflue».
Ma l'Avvento del Regno – la Fine della Storia, l'Uscita dal Mondo Corrotto, l'Allucinazione della Realtà Virtuale – può essere reso possibile soltanto attraverso la deprivazione dell'io personale:
1. Eliminare la conoscenza di se stessi – la Coscienza – rendendo impossibile la distinzione tra naturale ed artificiale. Solo l'introspezione, la conoscenza dei propri limiti, della propria fragilità e delle proprie possibilità, dei propri sensi e della propria umana strutturazione fisio-psichica permettono di affrontare il mondo esterno.
2. Abolire i termini di confronto col passato – la Memoria – che non tanto va criticato, quanto ignorato, giusta l'insegnamento di Isaia, LV 17: «Ecco, infatti, io sto per creare cieli nuovi e terra nuova! Il passato non sarà più ricordato, non verrà più in mente». Come si può infatti criticare un qualcosa che, anzi, non è mai esistito?
3. Tenere gli uomini separati l'uno dall'altro, anche all'interno della famiglia, riducendo la comunicazione interpersonale grazie ad uno stile di vita che enfatizzi, incoraggi ed obblighi alla separatezza facendo coltivare unicamente i propri hobbies, le proprie fantasie, i propri interessi, i propri appetiti individualistici.
4. Unificare, distorcere ed appiattire l'esperienza permessa dai sensi, da un lato incoraggiando l'«esperienza» mentale a spese di quella sensoriale, dall'altro guidando questa, pur sempre ineliminabile, in aree ristrette del comportamento (vedi l'esasperazione del sesso a discapito della totalità dei sensi e della psiche).
5. Tenere occupate le menti con pensieri, e soprattutto immagini, preordinati di qualsiasi tipo (il contenuto è meno importante del fatto che la mente sia riempita), in un mondo che valorizza la velocità e non la profondità, cosicché non siano più disponibili spazi mentali «vuoti», che possano permettere una riflessione autogestita.
6. Incoraggiare l'uso della droga a livello sociale, incoraggiare ogni tipo di devianza, giustificare un tasso «fisiologico» di criminalità, «offrire» modelli umani e stili di vita «alternativi», promuovere incessantemente «liberazioni», contenendo in tal modo ogni possibile manifestazione di rivolta ad un mero livello individuale.
7. Centralizzare la conoscenza e l'informazione, in modo che a rilasciare dati e notizie sia un'unica fonte «autorizzata», democraticamente riconosciuta, solidalmente avallata e introiettata in quanto «legittima» (più che la distruzione dei libri in sé, la distruzione cioè di fonti alternative: è questo il senso di Fahrenheit 451).
8. Ridefinire la felicità e il significato della vita secondo ideologie sempre più astratte, poiché qualunque cosa acquista un senso nel vuoto. Evitare le filosofie del realismo, che portano i soggetti ad una coscienza incontrollabile dai Persuasori. Le filosofie cui meno si può resistere sono infatti quelle più «razionali», e cioè più arbitrarie, quelle che acquistano un senso solo in rapporto a se stesse.




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di Sab, 15 dic 2007