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ELOGIO DELLA BICICLETTA di Gianni Moriani il manifesto 6 febbraio 2000
Di quel capolavoro della natura che è il cavallo la bicicletta ha fatto tesoro: il telaio ricalca l'ossatura dell'equino; le zampe si sono arrotondate solo per guadagnare in efficienza; la sella è rimpicciolita, ma se molleggiata è anche più confortevole; le redini le ha perse, in compenso ha preso il lucente manubrio con tanto di manopole e freni; non ha i muscoli, e noi siamo felici di metterceli. E' stata di legno, poi di acciaio, adesso è diventata fantastica con la fibra al carbonio; con manubrio ricurvo e tubolari subisce una metamorfosi, trasformandosi in raggiante bicicletta da corsa.
La storia ci sussurra che trattasi di un'invenzione cinese, sortita dalla testa di un certo Sin-en-ti nel lontanissimo 206 a.C. Il "celerifero", un veicolo a due ruote privo di pedali e freni, viene attribuito al francese De Sirvac nel 1791. A un altro francese, Pierre Michaud, si deve la realizzazione, nel 1861, del primo velocipede con i caratteristici due alti pedali sul mozzo della ruota anteriore. Ancora pochi anni, e nel 1885 l'industriale inglese John Kemp Starley costruisce la "Rover Safety": prima bici con i pedali che trasmettono il moto alla ruota posteriore per mezzo di una catena.
Inizialmente la bicicletta era un veicolo di lusso, poi fu impiegata tra le bombe e il sangue delle guerre, quindi "la due ruote" divenne veicolo di massa. Nel dopoguerra, prima dell'arrivo della "cinquecento", la bicicletta faceva parte della vita degli italiani. Il cinema neorealista la immortalò in Ladri di biciclette. Più recentemente, Aldo A. Settia (in Bici e baci, ed, Marsilio) ha inserito "la due ruote" nello sfondo dell'Italia della ricostruzione, non ancora visitata dal boom economico, dove spesso la bicicletta come quella dei grandi campioni, Coppi e Bartali, restava un sogno insoddisfatto degli adolescenti: "se avessi anch'io una bicicletta così!..." pensa il giovane aspirante corridore, facendo di quell'agognato mazzo scintillante un alibi per vittorie non ancora conquistate su strade fangose e polverose, irte di tranelli e imbiancate dalla brina nelle gelide mattinate invernali.
Poi le automobili invasero le città, adesso ce ne sono milioni e milioni (una ogni due abitanti) che intasano le strade paralizzando la mobilità, dopo aver atrofizzato le nostre gambe. Piazze e marciapiedi sono diventati parcheggi. Motori potenti muovono scatole con quattro ruote e motore a scoppio, che inquinano l'ambiente rendendo l'atmosfera urbana dannosa per i nostri polmoni e dispensano frastuoni in grado d'infrangere la nostra quiete. Non solo, questi velocissimi mezzi, dalla fine della II guerra mondiale, hanno fatto in Italia tante vittime quanto lo scontro bellico; oggi in ogni contrada del mondo il massacro procede al ritmo di 885.000 morti all'anno. E come in guerra, sono ancora prevalentemente i giovani a morire. Cosicché nel traffico imbottigliato delle città, riecco comparire la bicicletta. Quel mezzo azionato dai nostri muscoli, si sta riprendendo la rivincita sulle auto: in città la bici è il miglior mezzo di trasporto. Il ciclista può sgusciare via tra gli ingorghi dando... "la polvere" alle automobilisti immobilizzati dentro colonne di scatole metalliche, lungo strade ammorbate dagli scarichi dei motori tenuti inutilmente in moto... per stare fermi. Anche quando arrivi alla meta, la bici segna la differenza, perché non ti crea problemi di parcheggio potendola lasciare pressoché ovunque.
Pedalare la bicicletta cambia la nostra esistenza, perché muta il modo di percepire e di vivere la natura e, all'interno di essa, tempo e spazio acquistano nuovi significati e sensazioni. Si corre dentro il vento, si avverte il caldo e il freddo e con essi si vive il passare delle stagioni. Correndo in campagna si passa da un profumo all'altro, da un colore all'altro. Se la strada si muove su un piano inclinato si scopre la fatica della salite e poi l'ebbrezza della discesa; arrivati a destinazione senti la fatica ma anche la felicità.
La bicicletta è un prodotto della tecnologia alternativa, del piccolo e bello che non mette in pericolo la sicurezza dei pedoni.
Il ciclismo è la più efficiente forma di locomozione umana, più ancora della passeggiata, della corsa a piedi e della voga. Non c'è dubbio, le città possono tornare a correre solo se vanno... in bicicletta, si dia quindi alle due ruote le necessarie piste ciclabili e i quartieri urbani diventeranno più umani e meno inquinati. E oggi, nelle città vietate alle macchine, portiamo in trionfo la nostra cara bicicletta: ogni pedalata sarà una boccata di salute.