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COMUNICATO DEL COORDINAMENTO IN MARCIA PER LA PACE SU CUBA

Il Comitato “In marcia per la pace” ha sviluppato, in queste ultime settimane, una articolata attività tesa alla negazione della guerra come mezzo per risolvere i problemi internazionali ed alla costruzione di cultura e pratica di pace. 

Ci siamo battuti , abbiamo raccolto in città un crescente consenso proprio nel momento in cui è diventato evidente l’intento di fondare un nuovo ordine mondiale basato sulla violenza, sul terrore, sul dominio del più forte. L’ultima guerra in Iraq pretende di essere non solo un episodio, ma parte di una strategia di lungo periodo. Una strategia di lucida follia, incapace di combattere realmente il terrorismo, i fondamentalismi, le estreme disuguaglianze, ma che anzi rischia di incrementarle. 

Noi intendiamo continuare, oggi come ieri, nella nostra attività di denuncia e di costruzione di possibili alternative. Vogliamo tentare insieme una rinnovata promozione della convivenza, dell’uguaglianza e dei diritti.

Non possiamo fermarci di fronte a questa o quella situazione di crisi. Ogni violazione, ogni sopruso, in qualsiasi parte del mondo venga perpetrato, sono per noi una sconfitta. 

In tal senso, non possiamo non sottolineare negativamente gli ultimi accadimenti cubani: condanne brutali agli oppositori politici, processi sommari e –soprattutto- la fucilazione seduta stante di tre giovani fuggiaschi.

            Per molte/i Cuba ha rappresentato, nonostante molte contraddizioni, un punto di riferimento per la sua capacità di non rassegnarsi alla legge della prepotenza.

            Ciò nonostante è oggi impossibile giustificare in alcun modo la selvaggia ondata di repressioni in corso. Non si può accettare una così cruda violazione dei diritti essenziali della democrazia e delle regole di giustizia.

            Anche chi attivamente cospira per il rovesciamento di uno Stato e di un sistema merita rispetto: da questo principio, nel xxi secolo, non ci si può discostare. La pena di morte, oggi, in qualsiasi parte del mondo (USA, Cina, Nigeria...) è barbarie. 

            Da tempo Cuba si trova di fronte ad un grave pericolo: l’amministrazione Bush  ne minaccia la sovranità nazionale, classificandola come “Stato canaglia”. Non ci pare, però, che la repressione indiscriminata di oggi e l’eventuale militarizzazione del paese domani, costituiscano una risposta efficace a questo pericolo, neppure dopo quaranta anni di embargo inumano.

              Ci rivolgiamo dunque ai/alle cittadini/e casalesi, alle autorità locali, alle autorità cubane ed agli amici di Cuba affinché, attraverso tutte le forme non violente possibili, costruiscano una strada alternativa, una strada politica. Per noi serve una interlocuzione critica capace, ancora una volta, di evitare qualsiasi giustificazionismo e di stabilire le migliori condizioni per l’affermazione dei diritti.