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DOCUMENTO DI LEGAMBIENTE
SULL’INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO
(DICEMBRE 1999)

Fonte: Legambiente  www.legambiente.it


PREMESSA
LE CONOSCENZE
LA NORMATIVA VIGENTE E FUTURA
L’AZIONE DI LEGAMBIENTE
LE PROPOSTE

 

 

PREMESSA   torna
Sono tre le principali sorgenti di inquinamento elettromagnetico:
gli elettrodotti per la trasformazione e distribuzione di energia elettrica;
il broadcasting cioè il settore delle radiocomunicazioni;
la telefonia mobile.
Più di 50.000 chilometri di elettrodotti ad alta ed altissima tensione che attraversano il nostro Paese sono regolamentati, solo a partire dal ’92, da una normativa ormai obsoleta, la cui modifica che deve tenere conto degli ultimi sviluppi della ricerca sui possibili effetti sanitari è attualmente in discussione al Parlamento. Tra l’altro parte della linea non risulta nemmeno in regola con la normativa vigente.
Il crescente utilizzo di telefoni cellulari (circa 20 milioni in Italia, il 35,3% delle famiglie italiuane nell’anno 1998 possedeva un cellulare, il 14,3% in più dell’anno precedente), di apparecchiature elettriche ed elettroniche e il grande sviluppo della radiotelecomunicazione ha creato negli ultimi anni un’esplosione sul nostro territorio di impianti che generano campi elettromagnetici.
60.000 impianti di broadcasting radiotelevisivi, oltre 5.000 stazioni radiobase per la telefonia cellulare sono stati installati sul nostro territorio senza alcuna regolamentazione che tenesse conto preventivamente del loro impatto ambientale e sanitario.
Il boom dell’installazione di questi impianti negli ultimi anni, il ritardo con cui è stato affrontato il problema, le incertezze sui possibili effetti sanitari hanno creato apprensione nella popolazione e l’elettrosmog sembra essere divenuta in questo periodo la vertenza ambientale-sanitaria maggiormente sentita dai cittadini italiani.
In realtà una recente ricerca condotta dall’Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione su un campione sugnificativo di popolazione mette in evidenza che il problema dell’inquinamento elettromagnetico compare solo al sesto posto tra le problematiche ambientali che preoccupano i cittadini, dopo il buco dell’ozono e la diffusione di organismi geneticamente modificati.
LE CONOSCENZE 
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Il primo studio che ha posto l’attenzione sui possibili effetti sanitari dell’esposizione a campi elettromagnetici artificiali è stato probabilmente la pubblicazione nel 1979, sull’American Journal of Epidemiology, dell’articolo di N.Wertheimer e E.Leeper Electrical wiring configurations and childhood cancer, in cui per la prima volta si avanzava l’ipotesi della possibile esistenza di un’associazione tra la residenza nei pressi di grandi elettrodotti e l‘insorgere di gravi patologie infantili, come la leucemia. A partire da quel momento sono cominciati a circolare i risultati di numerosissime indagini, non sempre concordi nelle conclusioni, e di non facile interpretazione.
Nel 1988 l’International Non-Ionizing Radiation Committee dell’International Radiation Protection Association (INIRC-IRPA) pubblicava sulla rivista Healt Physics le prime linee guida, Interim guidelines on limits of exposure to 50/60 Hz electric and magnetic fields, sui limiti di esposizione ai campi elettrici e magnetici a 50/60 Hertz, ovvero le basse frequenze, poi aggiornate nel ‘98.
I limiti proposti dall’ICNIRP ai fini della protezione sono basati su effetti acuti pienamente accertati, mantenendo aperto il problema della protezione dai possibili effetti a lungo termine, così come riconosciuto anche nel documento congiunto dell’Istituto Superiore della Sanità (ISS) e dell’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL) del gennaio ’98.
Numerosi sono stati da allora gli studi e le pubblicazioni sull’argomento, spesso discordanti tra di loro; questo ha contribuito a far crescere la confusione e il livello d’incertezza e gli studi sono stati spesso utilizzati in maniera strumentale a seconda delle parti.
Ancora meno chiara appare la situazione per apparecchiature di frequenze tra i 100 KHz e i 300 GHz, conosciute come "alte" frequenze (es. broadcasting , stazioni radiobase per telefonia mobile). Le interazioni con gli organismi biologici, e quindi gli eventuali possibili rischi sanitari, dei campi prodotti da queste frequenze differiscono in maniera sostanziale con quelle dei campi prodotti dalle basse frequenze (generati dagli elettrodotti) e troppo spesso sono, invece, equiparati. La grande eterogeneità delle sorgenti che operano in questo intervallo di frequenze, l’ampiezza dell’intervallo considerato, le diverse potenze di funzionamento, rendono l’elettrosmog da alte frequenze di ancora più complessa interpretazione.
L’IRPA (International Radio Protection Agency) anche per questo intervallo di frequenze ha indicato dei valori limite che prendono in considerazione esclusivamente l’effetto termico sui tessuti biologici determinati da esposizioni croniche a questo tipo di frequenze, non considerando per mancanza di dati certi, gli effetti a lungo termine.
Alcuni studi evidenziano effetti sanitari in relazione all’esposizione a lungo termine ad alte frequenze, non solo di tipo cancerogeno ma anche di alterazioni ematologiche, effetti cromosomici e riproduttivi, ma l’esiguità numerica, l’insufficiente lasso di tempo trascorso dall’inizio dell’esposizione, l’eterogeneità dei protocolli utilizzati, portano l’ISS e l’ISPESL a dichiarare che sono "insufficienti per permettere conclusioni relativamente alla presenza o assenza di un’associazione causale tra l’esposizione ai tipici livelli delle radiofrequenze e microonde…e l’insorgenza di effetti sanitari a lungo termine".
Il lavoro di Repacholi et al. del ’97, che viene spesso preso a riferimento, ha rilevato un eccesso di linfomi in topi transgenici esposti a campi elettromagnetici pulsati ad alte frequenze, e pur fornendo ulteriori elementi riguardo le interazioni e gli effetti delle radiofrequenze, necessita di replica e della validazione dell’estrapolazione all’uomo.
In conclusione, possiamo pienamente concordare con quanto affermato dall’ISS e dall’ISPESL nel documento congiunto del gennaio’98, ovvero che: "le segnalazioni reperibili in letteratura di effetti a lungo termine sulla salute dovuti a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, ancorchè non conclusive, non possono essere ignorate. L’esistenza di margini di incertezza non viene negata, ma se ne tiene conto esplicitando il fatto che si sta adottando un atteggiamento di tipo cautelativo".
Legambiente ritiene che l’incertezza non può essere evocata per giustificare la mancanza di azioni di carattere preventivo e che nelle situazioni in cui il nesso causale tra esposizione e malattia non è stabilito con sufficiente certezza, ma vi è il sospetto di un danno alla salute per esposizione a qualsiasi agente inquinante, si debba ricorrere al principio cautelativo, nel regolamentare la materia dal punto di vista ambientale e sanitario.
LA NORMATIVA VIGENTE E FUTURA 
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Attualmente gli impianti di generazione trasformazione e distribuzione dell’energia elettrica, ovvero gli elettrodotti comprese le cabine di trasformazione, sono regolamentati dal DPCM del 23 aprile ’92, poi aggiornato dal DPCM del 28 settembre 1995.
Il DPCM del ’92 esprime i limiti sia in termini di intensità di campo elettrico e di induzione magnetica (art.4), sia in termini di distanze dalle linee elettriche (art.5), mentre il DPCM del ’95 afferma che per le azioni di risanamento devono essere effettuate in base all’art.4 del decreto precedente.
Nel fissare i limiti massimi di esposizione entrambi i decreti fanno riferimento alle indicazioni dell’IRPA/ICNIRP per la salvaguardia dagli effetti acuti.
Risultano quindi assolutamente inadeguati per la tutela della salute della popolazione da effetti a lungo termine determinati dall’esposizione ai campi elettrici e magnetici generati da questo tipo di impianti. L’inadeguatezza è ancora più evidente viste le indicazioni che negli ultimi tempi arrivano numerose dal mondo scientifico sugli effetti sanitari dovuti all’esposizione a campi di valori inferiori a quelli per cui sono stati accertati effetti acuti.
Gli impianti che funzionano a radiofrequenze, tra 100 KHz e 300 GHz sono normati a partire dal gennaio ’99 dal decreto n.381 del 10 settembre 1998.
Tale decreto, emanato in base alla legge 249/97, di istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle radiotelecomunicazioni, fissa i valori limite di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici connessi al funzionamento ed all’esercizio dei sitemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell’intervallo di frequenza compresa fra 100 KHz e 300 GHz, conosciute come "alte frequenze": stazioni radiobase per telefonia cellulare, broadcasting radio-televisivo,…
Nel fissare i limiti di esposizione e gli obiettivi di qualità il decreto considera anche i possibili effetti sanitari a lungo termine, applicando il principio cautelativo.
Il decreto 381/98 rappresenta una positiva novità nello scenario legislativo italiano ed europeo, ma è uno strumento ancora parziale e non di immediata applicabilità sul territorio richiedendo a livello locale regolamenti di attuazione.
Risulta inoltre fragile in assenza di una normativa di riferimento sull’intera problematica, ovvero la legge quadro che è attualmente in discussione al Parlamento.
Il Disegno di Legge Quadro n.4816, approvato alla Camera il 14 ottobre’99, e attualmente passato al Senato, sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, ha per oggetto gli impianti, i sistemi e le apparecchiature che operano con frequenze tra 0 Hz e 300 GHz: gli elettrodotti, le stazioni radiobase per telefonia mobile, i radar e gli impianti fissi per radiodiffusione.
La legge quadro, così come approvata dalla Camera, riempie anche per le alte frequenze, le lacune del deceto n.381, inserendo sanzioni e oscuramento per gli inadempienti, tempi di risanamento.
Anche qui non mancano alcuni aspetti sui quali Legambiente ha formulato alcune riserve e osservazioni:

Da tener presente che i valori numerici a cui fare riferimento vengono demandati a decreti attuativi (già presentati dal Ministero dell’Ambiente), come del resto è abitudine nelle normative di tipo ambientale-sanitario. Questo permette una maggiore flessibilità nell’eventuale aggiornamento successivo dei valori numerici.
I limiti previsti dal decreto del Ministero dell’Ambiente sono i più restrittivi in Europa e pongono il nostro Paese all’avanguardia in questa materia. Legambiente è impegnata insieme alle altre associazioni ambientaliste europee del Bee a estendere tali limiti in tutta Europa.
Resta, comunque, assolutamente necessario che la legge quadro di riferimento venga approvata dal Parlamento in tempi brevissimi.
L’AZIONE DI LEGAMBIENTE  
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L’impegno che Legambiente ha sviluppato e sta portando avanti nei confronti della problematica dell’inquinamento elettromagnetico è alimentato dalla stessa cultura con la quale l’associazione è costantemente presente su tutte le problematiche ambientali.
Legambiente ritiene quindi che i criteri fondamentali da seguire nell’affrontare il problema dell’elettrosmog, con l’obiettivo di tutelare la salute pubblica sia dagli effetti a breve termine, cosidetti "acuti" e ormai definitivamente accertati, sia dagli effetti a lungo termine, riconducibili ad un’ampia gamma di patologie segnalate da diversi gruppi di ricerca ma su cui la comunità scientifica sta ancora indagando, debbano essere:

Secondo questi criteri si è quindi sviluppata in questi anni l’azione di Legambiente volta a:

Molte sono state le vertenze condotte sul territorio nei confronti di ENEL, riguardo al problema di elettrodotti esistenti che non rispettavano nemmeno i limiti previsti dalla normativa e verso quelli di nuova costruzione, progettati secondo vecchie logiche e che alla luce delle conoscenze scientifiche rappresenterebbero un rischio per la popolazione.
Molto probabilmente anche in futuro queste saranno le vertenze più dure che Legambiente dovrà sostenere, per ottenere che vengano effettuati i necessari risanamenti delle linee, anche alla luce della prossima normativa.
L’azione di risanamento non sarà infatti di facile e rapida attuazione, per l’ampia diffusione delle linee elettriche, l’alto numero di popolazione esposta e le caratteristiche intrinseche del nostro territorio. A questo va aggiunta la scarsa disponibilità dimostrata da parte del principale ente gestore.
Un altro fronte di vertenze è rappresentato dal settore delle radiotelecomunicazioni.
La selvaggia proliferazione di antenne e ripetitori, molto spesso abusivi sia per mancanza di autorizzazioni e di controlli sulle emissioni che di licenze edilizie, ha portato all’aumento incondizionato della potenza emessa per avere la garanzia della recezione del segnale.
La farraginosa problematica del piano nazionale di assegnazione delle frequenze, il momento di transizione tecnologico da analogico a digitale, e la carenza di governo del settore del broadcasting hanno infatti determinato una generale anarchia nella installazione degli impianti.
Le molte competenze in gioco, rendono oltretutto molto più complicata l’azione di vertenza, e la vicenda, non ancora conclusa, della scuola Leopardi di Montemario a Roma può essere presa come caso emblematico in tal senso.
Numerose e più recenti sono state anche le vertenze nei confronti di antenne per la telefonia mobile, che ultimamente hanno rappresentato quasi l’impegno quotidiano per la velocità e la diffusione con cui sono state installate nei nostri centri urbani, spesso senza tenere conto dei vincoli presenti sul territorio e per la mancanza fino a pochi mesi fa di una normativa specifica di regolamentazione.
Per dare ancora più forza e per indirizzare al meglio le vertenze Legambiente si è impegnata in questi anni per far crescere i livelli di conoscenza tra la popolazione e per ottenere una regolamentazione appropriata dell’intero settore.
La realizzazione dello sportello informativo, attivo ormai da diversi anni a livello nazionale ed arricchitosi di analoghi sportelli a livello territoriale, ha permesso di contattare migliaia di cittadini e centinaia di amministratori, fornendo loro una corretta e puntuale informazione e gli strumenti utili di intervento.
La presenza sul Treno Verde ’99 di uno spazio dedicato all’inquinamento elettromagnetico, inserito anche nel percorso informativo-didattico, è stato un altro momento importante della nostra azione di informazione e sensibilizzazione su questa tematica ed ha stimolato numerosi dibattiti sull’argomento con i cittadini, rappresentanti delle Amministrazioni e degli enti gestori di telefonia mobile e dell’Enel.
Il continuo impegno di Legambiente nell’azione di stimolo verso le istituzioni per la definizione di regole a tutela della salute e della salvaguardia ambientale si è concretizzato con l’emanazione del decreto 381/98 sulla determinazione dei tetti delle radiofrequenze compatibili con la salute umana.
Il decreto ha infatti accolte le istanze ambientaliste ed ha utilizzato il principio cautelativo per la determinazione dei valori limite di esposizione per la popolazione e per le misure di cautela e gli obiettivi di qualità.
L’entrata in vigore del decreto 381/98 ha dato l’opportunità di affrontare in maniera finalmente concreta la problematica elettrosmog, richiedendo un grosso impegno per la sua applicazione sul territorio e per la verifica del rispetto dei limiti previsti. La verifica presuppone infatti una fase di monitoraggio spesso assai difficile da essere attuata, soprattutto laddove non sono ancora operanti le Agenzie di controllo ambientale. Le stesse ARPA, dove operative, si stanno muovendo in seguito a segnalazioni e soprattutto per richieste di nuovi impianti, ma è ancora molto limitato il monitoraggio del fondo elettromagnetico dei nostri centri urbani, necessario per una qualsiasi attività di risanamento e di pianificazione.
L’attività di Legambiente è quindi adesso rivolta in particolar modo su questo fronte e la definizione delle linee guida per l’attuazione del decreto, da poco pubblicate, ci offre un ulteriore strumento di verifica sul territorio dell’attuazione e del rispetto delle norme.
Per stimolare l’attuazione del 381, Legambiente ha anche elaborato una proposta di regolamento comunale per l’installazione delle stazioni radiobase per la telefonia mobile.
Le linee guida contenute in questo regolamento sono state già accolta da diverse amministrazioni, che le hanno utilizzate per la definizione di regolamenti comunali specifici.
Altro fronte d’impegno è stato svolto con gli enti gestori.
A tale proposito Legambiente ha richiesto a tutti i gestori di telefonia mobile presenti in Italia di andare oltre a quanto previsto dalle nuove norme e di impegnarsi a mettere in atto azioni di maggiore informazione e salvaguardia dell’ambiente.
Al nostro appello ha risposto ad oggi soltanto Omnitel che ha accettato di sottoscrivere un protocollo di intesa, nel quale tra gli altri impegni c’è anche quello di finanziare una campagna di monitoraggio dell’inquinamento elettromagnetico, che verrà effettuata da Enti pubblici, nelle città scelte e su indicazioni fornite da Legambiente.
La campagna partirà in due città campione, Napoli e Bologna, e l’attività di misurazione è stata affidata alle rispettive ARPA, quali enti preposti al monitoraggio ambientale. I punti individuati da Legambiente riguarderanno aree interessate da impianti sia ad alta che a bassa frequenza.
LE PROPOSTE  
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