FACCIAMOLO CON I PIEDI di Massimo Serafini il manifesto 6
febbraio 2000
I dati sul crescente inquinamento dell'aria che respiriamo o quelli sul rumore, come
quelli sulle malattie e sui disagi da traffico - in modo particolare per bambini e anziani
- sono da tempo noti. Di fronte a una realtà così pesante le domeniche senza auto - un
esperimento limitato nell'orario e nel tempo - possono sembrare poca cosa, un po' come
curare il cancro con l'aspirina. Ma non è così. E' un'iniziativa che può al contrario
rappresentare l'inizio di una svolta, di una lotta per rendere le città meno rumorose e
meno inquinate. Per coglierla pienamente è però necessario andare oltre. Innanzitutto
chiedendo con forza a chi ci amministra una strategia che coniughi i due bisogni -
essenziali e ineliminabili - di salute e di mobilità urbana: con mezzi pubblici, tranvie
e metropolitane. Scelte che non vanno limitate solo ai centri storici, ma estese anche
alle periferie.
Se questa prima domenica e via via le successive non serviranno ad alimentare questa
speranza e a costruire un futuro urbano senza auto la delusione di quel 92% di italiani
che hanno dichiarato di apprezzare l'iniziativa, sarà dirompente. Sarebbe la seconda
volta: molti anni fa in numerose città i referendum sul traffico furono trionfalmente
vinti da chi voleva liberare dalle auto i centri storici. Quella domanda non fu ascoltata
da sindaci poco coraggiosi, che preferirono inchinarsi agli interessi corporativi di
commercianti poco lungimiranti e al timore delle probabili reazioni contrarie che ogni
cambiamento di abitudine provoca.
Oggi no: questa volta, e non solo di domenica, bisogna saper rispondere a quella domanda.
Questo chiedono gli appiedati che passeggeranno oggi nelle strade liberate dalle auto, una
lobby che normalmente resta senza voce; questo chiede chi si aspetta di trovare tram e
autobus alle fermate. Due settimane fa il blocco del traffico a Milano ha mostrato che la
svolta è possibile, è desiderata dai cittadini. Alle domande di qualità della vita si
è risposto, in questi anni, con targhe alterne, blocchi parziali, costruzione di
parcheggi, incentivi alla rottamazione, interventi sulla qualità delle benzine:
insufficenti o inefficaci, questi provvedimenti hanno dimostrato che il miracolo di
conciliare mobilità privata e qualità della vita e dell'aria è tecnologicamente
impossibile. Le lenzuola bianche che Legambiente ogni anno chiede ai cittadini di
appendere ai balconi, o più semplicemente l'esperienza quotidiana nel traffico, mostrano
invece che nuovi e più terribili inquinanti si sostituiscono ai vecchi. La scienza non
basta, servono politiche radicali: aree pedonali sempre più vaste, tranvie protette,
metropolitane, ferrovie urbane.
Sarebbe bello che oggi quel 18 per cento che non condivide l'iniziativa delle domeniche
senza auto uscisse per strada. Potrebbe magari scoprire una città insolita, più serena,
più accogliente; e lasciarsi contaminare dai silenzi e dall'allegria, dalla creatività
dirompente, dalla voglia di stare insieme, senza il consueto rombo assordante, senza
veleni.