~ ARTE ISLAMICA ~
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Nell’Islam
la presenza di Dio è nell’illimitatezza dello spazio; secondo questo
concetto, che è alla base della religione musulmana, Dio non può
esser mai raffigurato. L’arte può essere solo decorativa e le
immagini infatti rappresentano soltanto animali stilizzati e figure
geometriche.
La
bellezza, che è la testimonianza di Dio, si raggiunge dunque
attraverso la perfezione e la precisione geometrica.
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Gli
elementi che caratterizzano il gusto musulmano sono: le colonnine, l’arco
a sesto acuto molto pronunciato e ampio, l’uso decorativo della
scrittura, del mosaico, delle mattonelle con disegni geometrici,
dello stucco traforato, del legno preziosamente intagliato. |
L’arte
cura soprattutto gli effetti ornamentali attraverso la ripetizione
dei motivi decorativi ed i dettagli sempre più piccoli, per
confondere il motivo con il decoro stesso.
Di
invenzione araba è l’arco a sesto acuto, costruito attraverso
precise regole geometriche, già usato in Armenia e in Siria.
Questi
metodi di costruzione e di decorazione consentirono lo sviluppo di
veri e propri capolavori: l’arco moresco, il
più rappresentativo, ha la parte superiore a sesto acuto e descrive un
semicerchio che si restringe alla base, formando un ferro di
cavallo. Questo tipo di struttura architettonica all’interno
presenta delle decorazioni a stalattiti, chiamate muqamas, alveoli
dipinti e scolpiti che ornano anche cupole, capitelli e mensole.
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Quando
Palermo divenne la capitale dei musulmani il quartiere della
Kalsa,
vicino al mare, diventò il loro centro residenziale perché
rispondente ai loro canoni di sicurezza. Qui costruirono la reggia e
le moschee, la piazza Kalsa infatti corrisponde al cuore dell'antico
insediamento arabo.
Con
l'arrivo dei Normanni si persero tutte le costruzioni arabe in
Sicilia ma non l'arte, infatti i nuovi conquistatori svilupparono le
loro costruzioni su quelle islamiche.
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Oggi
troviamo soltanto nel nucleo centrale del Parlamento siciliano
di Palermo, probabili resti del vecchio Palazzo degli Emiri,
alcuni resti di fondazioni in San Giovanni degli Eremiti
nella stessa città e le terme di Hamman a Cefalà
Diana. |
Ruggero
ed i suoi successori, non distrussero le costruzioni musulmane per
devastare l’isola; ma poiché la politica normanna prevedeva la
conquista dei territori alla cristianità, le moschee (quella di
Palermo pare ospitasse più di 7000 fedeli) furono le prime ad
essere trasformate in chiese, monasteri e cattedrali e i palazzi
reali sorsero all'interno dei “giardini paradiso” : genoard.
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Basterebbe
leggere gli appunti di coloro che visitarono l'isola fra il XI e il
XII secolo o visitare, a Granata, la famosa Alhambra, uno
spettacolo di architettura immersa nella natura, per capire la
meraviglia dei “giardini paradiso”. I meravigliosi frutti dei
limoni, dei cedri e degli aranci della Zisa e della
Cuba
vennero descritti anche da Boccaccio
‘Ibn
Hawqal, descrive l’abbondanza
di acqua e di mulini del fiume Oreto; molte erano infatti le
sorgenti che in quel periodo scaturivano dalle montagne. Nei punti
in cui la terra si presentava più paludosa si trovavano
coltivazioni di papiri, utilizzati per la produzione della carta,
che serviva per stilare gli atti amministrativi.
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Sorse
la piccola proprietà terriera, un fenomeno tipicamente musulmano, e
i dintorni di Palermo circondati da case coloniche denominate
mahal,
erano dotate di piccole moschee private, ricche di giardini e fondi
agricoli detti muaskar.
Sulla
costa, prima di arrivare alla capitale isolana, c'era il Kasr Sa'd, una
colonia musulmana, dove esisteva una moschea rettangolare con archi
a sesto acuto.
Quasi
trecento erano le moschee arabe a Palermo, secondo quanto scritto da
Ibn Hawqual.
Oggi rimangono solo alcuni resti incorporati nella chiesa di
S. Giovanni degli
Eremiti.
L'intero plesso aveva le dimensioni di m 24 per m 19 ed era
composto dalla sala,
dal portico e dal recinto scoperto, elementi presenti nelle moschee
arabe dell’Africa del Nord: la sala, disposta su un asse di
costruzione N-S; il sahn, ampio cortile
quadrato o rettangolare; l’haram, sala
di preghiera, divisa da colonne in file parallele; il portico
attorno al cortile. La grande sala era suddivisa, in due navate
della stessa lunghezza, da cinque pilastri a sezione quadrata. Il
portico presentava sia ad oriente sia a settentrione sei finestre.
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All'interno
della Cappella
dell'Incoronata,
che si trova accanto la
Loggia
dell'Incoronazione, nei pressi della Cattedrale di Palermo,
si possono vedere i resti di una sala che risale all'età della
dominazione aghlabita
in Sicilia.
La
copertura è sostenuta da una fila di colonnine che sorreggevano in
origine archi (detti a ferro di cavallo). Essi appartenevano,
secondo l'ipotesi dello studioso G. Bellafiore, alla grande moschea
convertita in Cattedrale dopo la conquista normanna.
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Il
“Qanat della
Vignicella”
era un pozzo profondo circa 12 metri; sul fondo si diramavano nei
due sensi due cunicoli, in cui l'acqua dalle pareti raggiungeva una
rete di cunicoli nel sottosuolo, creati per portare le acque dalle
sorgenti verso la città. Il Qanat serviva a
drenare
e raccogliere le acque delle falde, anche da notevoli profondità,
per portarle a pochi metri dal piano della campagna. Queste
canalizzazioni sotterranee raccoglievano acqua fresca e non
inquinata che serviva per irrigare i campi e per bere.
Il
cunicolo era collegato con la superficie attraverso delle aperture,
necessarie ad illuminarlo e arieggiarlo. Dai pozzi, costruiti ogni
14 metri per raccogliere le acque, si tiravano fuori eventuali
detriti e si controllava la conduttura, che veniva nascosta in caso
di attacco nemico. I Qanat scoperti a Palermo ricordano, come tipo,
quelli arabo-persiani,
infatti, questo sistema
idrico di alta ingegneria nacque tra il 3000 ed il 2500 a.C.
nell'odierno altipiano dell’Iran.
La
tecnica con cui le acque venivano inglobate utilizzava una forza di
gravità determinata anche da minime
inclinazioni del terreno senza ricorrere
a sistemi di sollevamento
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E’
a Palermo, nel Castello
di "Maredolce" (nella figura a lato,
la volta del castello),
il cui nome deriva da una grande piscina che circondava
l'edificio, che ebbe origine quel sistema di giochi d'acqua
artificiali, che rallegrava i parchi delle case nel XII°
secolo.
Nel 1071 il castello fu occupato dal Conte Ruggero che, dopo
aver ampliato la piscina ne fece uno dei "solatii regii" che sorgevano
nel grande parco attorno alla città e che gli arabi avevano fatto
diventare un luogo di delizie con la loro raffinata sapienza
nell’utilizzare la ricca falda acquifera della
pianura.
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All'interno della piscina, voluta per allietare la corte, si
svolgevano naumachie (cioè finte
battaglie navali) e nei giorni di calura si lasciavano cullare
da barchette dipinte in oro e argento consumando pasti prelibati ed
ammirando la grande quantità di pesci e di gambero rosa che vi si
trovava.
Dove Ruggero costruì
la cappella vi si trovava probabilmente la moschea
dell'Emiro; infatti durante alcuni scavi eseguiti, sono stati
ritrovati frammenti di stoviglie in argilla tipicamente arabi.
Il
lago, oggi riempito da qualche metro di terra, è ancora
riconoscibile dagli argini costruiti con grossi blocchi di pietra,
coperta da uno strato di intonaco rosso, che è riuscito a resistere
nel tempo.
Il
Palazzo Reale e la Zisa,
che hanno mantenuto il loro fascino attraverso il tempo, ricordano
ancora l'oriente nella nostra isola; questo si può rilevare dalla
struttura degli edifici, in cui si nota la presenza di harem anche
in epoca normanna.
Frate
Leandro Alberti, definì la Zisa un "giardino- paradiso"
dove, attraversando "un artificioso ruscelletto di candido marmo",
si potevano vedere nelle "chiarissime trasparenti acque, pesci
finti di diverse maniere alla mosaica molto sottilmente composti, i
quali secondo il movimento delle
chiare acque, anche eglino
paiono muoversi". L'acqua che improvvisamente spariva,
riaffiorava poi in una peschiera davanti al palazzo, che aveva al
centro "un bello e vago edificio anch'egli di figura
quadrata".
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In
questi magnifici giardini, detti anticamente di Genoard: Il Paradiso
sulla terra (vedi foto a destra), che circondavano l'edificio, gli
uomini della corte nelle ore più fresche della giornata erano soliti
passeggiare tra aranci, cedri e limoni.
“EL
AZIZ”
(la Zisa), in arabo vuol dire nobile, splendido.
La costruzione fu iniziata da
Guglielmo I° il Malo, figlio di Ruggero II°, fondatore della
dinastia normanna in Sicilia, e ultimata da Guglielmo II°.
(foto
sotto: la Zisa) |
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Il
Re desiderava un edificio che fosse un luogo di delizie e riposo, ma
soprattutto espressione della sua potenza.
Ampi
spazi vennero creati per l'harem del sovrano e la straordinaria
costruzione di forma geometrica compatta, affiancata solamente da
due torri sui lati minori è la prova di come il volere di Guglielmo
fosse stato rispettato.
Unica
in tutta l'area del Mediterraneo, con le sue arcate cieche è la
bellissima sala delle fontane, le cui volte sono ricche di
alveoli e mosaici; ospita oggi il Museo della civiltà
islamica, dove si trovano ceramiche smaltate, elementi
architettonici, decorazioni e strutture in legno ed alcuni rari
reperti. |
Tutte le splendide ville, destinate agli svaghi e immerse in
grandi parchi, nel loro interno, presentano due aree
caratteristiche: l'iwan (sala a
tre esedre) e il cortile all'aperto, circondato da portici e
arricchito da fontane.
Il
primo spazio trae origine dalla Persia abbasside e il secondo
dall'Egitto fatimide, entrambi fanno la loro apparizione sull'isola
nel XII° sec., attraverso il Maghreb, in quel tempo dominato dalla
Sicilia ed esteso fino alle attuali coste
tunisine.
Queste aree saranno presenti in tutti gli edifici costruiti
dagli Altavilla, insieme alle decorazioni. Di ispirazione islamica
sono i pavimenti marmorei e i mattoni disposti a spina di pesce, le
pareti ricoperte da mosaici (con motivi arabizzanti) e soffitti ad
archi adorni di muqarnas scolpiti e
dipinti.
Oggi a Palermo
il mondo arabo si ritrova nelle grida lamentose dei venditori dei
quartieri: Vucciria,
Ballarò, il Capo, del tutto
simili ai suk
arabi; nel gusto di tanti dolci,
nei vicoli intrecciati in cui continua l'organizzazione
urbana araba.
A
Trabia
nell'XI° secolo, per l’abbondanza di acqua e di mulini, si
sviluppò la lavorazione della pasta.
Leggiamo
infatti, ne "Il libro di chi diletta a girare il mondo" scritto dal geografo arabo Al-Idrissi, che in una
zona con case e molti mulini, a poca distanza da Palermo, chiamata
Trabia, si fabbricava pasta a forma di fili (tria, in arabo). Gli Arabi
insegnarono
a produrre anche il sorbetto, i dolci, il pane con la "ciciulena" (semi di sesamo)
sopra ed il "tirruni" (torrone) fatto di
mandorle e zucchero. |
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A Cefalà
Diana
(foto),
un
paesino del palermitano il
cui nome ha origini incerte, forse derivato dalla forma di testa,
che ha lo sperone dove sorge il castello, troviamo
le terme arabe; un antico impianto costituito
da un grande vano rettangolare con volta a botte ogivale dove, da
una sorgente alla temperatura di 38°, perennemente sgorga ottima
acqua termale. Dalle
rovine dell'antico Castello di Diana, probabilmente di origine
musulmana, si può ammirare un vasto panorama.
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Quando gli Arabi invasero la Sicilia occidentale, Erice divenne Gebel Hamid (Monte
di Hamid), ma anche altre località cambiarono nome. Sulla montagna
che sovrasta Castelluzzo, i contadini,
arando il terreno per piantarvi delle viti, trovarono avanzi di
costruzioni arabe.
Un
cippo sepolcrale arabo con una iscrizione cubica (vedi foto),
rinvenuto nella frazione di Castelluzzo ed oggi conservato presso il
Museo Pepoli
di Trapani, è stato
così tradotto:
“In
nome di Dio Misericordioso
Miseratore.
La propiziazione di
Dio
sopra il nostro Signore
Maometto,
e la sua famiglia, e la salute.
Questo
è il sepolcro di Omar Ben
Muhamed…
Abu
Beker Alsaid
Morì
il lunedì due del mese di
Dulcaada dell'anno …dieci e….”
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Ad Agrigento e Trapani, troviamo siti storici significativi
dell'età araba, resti di rocche, castelli, tracce di tessuto urbano,
borghi e ribat.
Le
nuove città islamiche, anche se fondate prima della colonizzazione,
presero nomi arabi: Casteltermini
(da Casale di
Chiudia), Sant'Angelo
di Muxaro (dal kasr Moscaria), Raffadali
(dall'arabo Fawwàra, sorgente
d'acqua), Caltabellotta
(Kal'at al
Ballut, rocca delle querce).
Importanti
furono, lungo il territorio, gli ospizi di sosta, karavansaray
o funduq,
che si trovavano in posizione isolata per evitare che fossero
soggetti ad aggressioni.
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A Mussomeli,
la rocca dove oggi sorge il castello (vedi foto) si pensa che sia
stata una postazione di presidio, ma alcuni studiosi lo hanno
identificato come quello di Kala't-Abdel
Mumin,
posizionato sopra una roccia tra Caltavuturo e Platani, assediato
dall'emiro Abbas-Ibn-Fahdl.
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A Sciacca, in
arabo Sàqqah,
molte contrade, già casali musulmani, (Ragana, Raganella, Misilifurmi,
Cartabubo, Schiunchipani...), portano
tutt'oggi nome di origine araba.
La
cittadina inoltre è ricordata da: ibn Cattà, fra le
ventidue città più importanti della Sicilia; da Edrisi, geografo
musulmano al tempo di re Ruggero, come capoluogo dei distretti
contigui; dal geografo arabo Yaqùt in "Mugam àl buldàn",
dizionario dei paesi pubblicato nel 1228, e in "Marasid àl
Ittilia".
Anche
lo scrittore arabo Ad
Dimisqui, morto nel 1327, nella sua "Scelta delle
meraviglie della terra e del mare nel corso dei secoli (Nuhbat ad dàr)", pone
Sciacca tra le più importanti città siciliane.
(nella foto: Sciacca, chiesa di San Nicolò).
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A Racalmuto
si trova il primo insediamento arabo chiamato Rahal–Maut.
Per la posizione strategica era certamente dotato di fortificazioni
a difesa del territorio.
Le
prime costruzioni a Castelluccio (foto a lato) risalgono al
tempo della dominazione musulmana, ad una fortezza araba chiamata
Al
Minsar.
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A Naro,
nella zona nord della città sorge una costruzione quadrangolare che
occupa una superficie di circa 1400 mq. (foto a lato). Anche se
sottoposta a vari rifacimenti ha origini islamiche; addirittura si
pensa che la sua superficie arrivasse al vecchio Duomo, che era una
moschea, e che sia stata sede dell’emiro
Salem
e dell’emiro Abu-Dekak
nell'827 |
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Ad Agrigento
nel quartiere più antico chiamato "terra vecchia", dove sorgeva la
Medina, si può
scorgere un’impostazione urbana che rivela influenze della civiltà
del Maghreb.
(vedi
foto)
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A Sambuca di
Sicilia
la Fortezza
di Mazzallaccar
viene identificata con una fortezza della quale riferisce Idrisi. Essa, si ipotizza,
fu costruita allo scopo di presidiare le vie di comunicazione del
territorio. L'abitato di Sambuca, di origini musulmane, fu fondato
dall'emiro Ibn-Mankud
sull'estremità di una collina a forma di schiena d’asino. A
sua difesa, fu edificato un castello che è stato abbattuto verso la
metà del 1800; la fortezza era difesa da tre torri, una delle quali
venne inserita nel campanile della Chiesa Madre, mentre dell'altra,
restano tracce alla base del tempietto del Belvedere.
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A Marsala
vi sono molte testimonianze di fatti storici importanti,
ricordiamo il castello che dai Normanni fu edificato sui resti di una
fortezza musulmana. Il territorio comprende inoltre luoghi che
ricordano la civiltà islamica per la loro toponomastica.
Castelvetrano, paese che
ebbe origine da un casale arabo; Partanna, antico
insediamento musulmano; Calatafimi, dall'arabo
Kalat al Fimi;
infine Salaparuta, fondata da una
famiglia della corte normanna, i Paruta.
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A Salemi (nella foto,
la torre cilindrica),
dall'arabo
"Salèm"
che significa "luogo di delizia”, il quartiere di origine araba
Rabato da rabat, dove in seguito
abitarono anche ebrei, si trova fuori dalle antiche mura della città
ed ha mantenuto lo stesso impianto originale, con stradine strette e
tortuose, che sboccano in vicoli ciechi o immettono in ripide
scalinate.
Il
Castello di pianta quadrangolare fu sicuramente realizzato da
maestranze arabe. |
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A Segesta
la costruzione sul Monte Barbaro, fu eretta agli inizi del XII sec.
da una comunità islamica che si stabilì in questo luogo dopo
l'arrivo dei Normanni (nella foto: resti di una moschea).
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A Castellammare del
Golfo il
castello, tra Cala
Petrolo
e Cala
Marina,
un piccolo golfo a ferro di cavallo, non ha una precisa data di
fondazione ma la fortezza (nella foto) si pensa essere stata
costruita durante il periodo islamico.
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A Vicari un piccolo edificio cubico,
con i lati aperti da archi a sesto acuto, è sovrastato da una
cupola.
All'interno,
sotto il pavimento a lastroni, si trova una vasca interrata, nella
quale si raccoglieva l'acqua di una vicina sorgente.
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Ad
Altavilla
Milicia
un ponte del X° secolo, si trova nei pressi del torrente di San
Michele, ed è costituito da una volta ad arco acuto ribassato a
doppia ghiera (foto a destra).
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A Campofelice,
a circa mezzo chilometro di distanza dall'abitato, si trova il
complesso di Roccella, il cui nome
deriva da Rotxellam,
in arabo Saharat'al
hadid (Rupe di ferro), chiamata infine Anciulla da Tommaso Fazello nel XVI°
secolo.
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A Rometta
il castello rivestì il ruolo di roccaforte per la città di Messina,
vi si rifugiavano gli abitanti ogni volta che si sentivano
minacciati. Fu l’ultima a capitolare fra le città siciliane agli
attacchi dei musulmani, cadde infatti solo dopo un lungo e
sfiancante assedio. |
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A
Taormina
gli
arabi rafforzarono le difese della città e
fecero costruire, sul finire del X° secolo, per volere del Califfo
Al
Moez,
una torre che
successivamente costituì il nucleo attorno a cui fu costruito il
Palazzo Corvaja.
La pianta quadrata e la perfetta armonia di tutta la costruzione,
che comprende due ambienti su due livelli e si conclude con una
merlatura alla sommità, serviva a ricordare la Ka'bah,
la pietra sacra o
il
dado che, secondo Maometto, era il primo tempio innalzato a Dio da
Abramo alla Mecca.
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A
poche centinaia di metri dalla porta nord, lungo la provinciale che
da Capo Taormina sale fino al centro della città, si trova una
necropoli araba forse realizzata tra il IX° e l’XI° secolo (foto a
destra). Viene definita a metodo colombario (celle simmetriche poste
l’una sopra l’altra)
Sulla cima del
Monte Tauro,
dove sorgeva l’antica acropoli greca, il sito è conosciuto anche con
il nome di castello saraceno, perché in effetti esso fu ricostruito,
nel XIII° secolo, dagli arabi. Ha la forma di un trapezio e la
torre, che vi si trova, era adibita come torre di vedetta. Ancora
oggi sono visibili le cisterne per la raccolta delle acque piovane
ed un corridoio sotterraneo per il deposito di vettovaglie ed armi.
Su di esso sovrasta Castelmola, un paesino in
cima al monte.
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A
Bronte
le tracce della dominazione araba sono evidenziate dagli elementi
architettonici ed urbanistici del paese. Tipico esempio è il
caratteristico sottoportico, uno stretto passaggio incassato
sotto le case, peculiarità delle costruzioni arabe (foto
sotto).
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~ Ad Acicastello
la
rocca fu edificata agli inizi dell' IX° secolo come avamposto
fortificato per controllare le coste. Aci
viene ricordata dal cronista arabo Ibn
al-Athir,
quando fu conquistata dai musulmani, che gettarono in mare le pietre
delle fortificazioni.
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~
A
Caltagirone,
il cui nome deriva dall'arabo Cal'at Ghiran e
significa "castello dei vasi", si trova uno dei siti archeologici
più importanti del Mediterraneo; molte sono le ceramiche, realizzate
nelle varie epoche, che vi sono state ritrovate.
L'arte
della maiolica ha origini antichissime: i primi forni risalgono,
infatti, all'epoca musulmana e ai normanni e sono testimonianza di
un'attività che ancora oggi continua sfidando il tempo.
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Gli
Arabi
assimilarono le usanze dei popoli sottomessi ed apportandovi
Con
la trasformazione delle città in centri commerciali, artistici e
culturali, riuscirono a creare un certo
benessere.
Basti
ricordare, per averne una piccola idea, città come Damasco, Bagdad, Il Cairo ed in Europa, Palermo, Cordova, Siviglia, Granada,
Toledo,
che
per importanza non furono inferiori a Costantinopoli.
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Progredirono
negli studi scientifici: dall’astronomia alla matematica, alla
medicina alla chimica.
Introdussero
in Occidente le cifre e lo zero; uno dei medici più importanti del tempo fu l’arabo
Avicenna,
che scrisse un Canone per le norme sulla diagnosi
e sulla cura delle malattie, non superato per diversi
secoli.
In
agricoltura diffusero nuovi sistemi di
irrigazione e trasformarono in giardini le pianure della Sicilia,
dove venne introdotta la coltivazione di nuove piante come: il
cotone, l’arancio, il carciofo, l’asparago, il gelso, la palma, il
limone;
e insieme ad essi frutti come la pesca e l'albicocca; ortaggi come
gli asparagi ed i carciofi; altre coltivazioni ancora come il
cotone, il carrubo, il riso, il pistacchio, le melanzane. Venne
introdotto anche l’odoroso gelsomino da cui si ricava l'essenza per
i profumi; e le spezie come lo zafferano, il garofano, la cannella,
lo zenzero.
I
prodotti dell’artigianato furono apprezzati per il
gusto e la perfezione tecnica; importanti furono le armi damascate
di Toledo, finemente lavorate e cesellate con intarsi in oro e
argento; i tappeti persiani; i broccati di Damasco; il cuoio
marocchino, lavorato dai pellai di Cordova; i lavori in metallo
cesellato, eseguito dagli artigiani di Bagdad.
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In
filosofia
furono i primi a tradurre ed a commentare le opere del grande
filosofo greco Aristotele, mentre in
letteratura
svilupparono il testo de “Le
mille e una notte”
la più grande raccolta di novelle di tutti i
tempi,
dal titolo originale in arabo: alf laila wa
laila, il classico della letteratura orientale
più famoso e conosciuto. Nelle favole raccontate dalla principessa
Shahrazàd al re
Shahriyàr, deluso
ed infuriato per il tradimento della moglie, molti personaggi sono
conosciuti dai bambini di tutto il mondo: Alì Baba e i
quaranta ladroni, Aladino e
la
sua lampada magica, Sindbad il
marinaio.
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La
bella, saggia e coraggiosa principessa Shahrazàd, per non
essere messa a morte dal vendicativo re, per mille e una notte,
tiene desta la sua curiosità con i suoi racconti straordinari;
quando smette di raccontare, il re ormai ha dimenticato l'antico
odio per le donne.
Per
il mondo arabo la principessa è il simbolo della forza
dell'intelligenza, del fascino della parola, del potere di
seduzione.
Ella
è una donna attiva, abile, astuta, artefice della propria salvezza e
di quella delle altre donne, capace di suscitare amore nel sovrano e
di conservare vivo in lui questo amore.
Con
gli Abbasidi, la
civiltà raggiunse il suo splendore. La poesia cantò gli amori, il
vino, le taverne, la vita cittadina, nacque il poema dialettale e
l’arte si diffuse fra la gente. |
Tra
la Spagna ed il Marocco l’opera del grande Averroè, astronomo,
medico, filosofo e giurista, sostenne tutta la scienza e la cultura
dell’Occidente, fino al 1700.
Averroè
dichiarò che i “i testi sacri possono a buon diritto essere
interpretati in modo differente dal filosofo, dal teologo e dal
profano” mentre la chiesa aveva imposto il diktat
dell’oscurantismo.
Esistevano
per lui tante verità a seconda dell’ottica da cui si osserva il
mondo.
Egli
sviluppò la trigonometria e con essa il numero ordinale.
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Ibn
Rushd
(Abû al-Walîd Muhammad ibn
Ahmad ibn Muhammad ibn Ahmad ibn Ahmad ibn Rushd) nacque nel
1126 a Cordova e morì a Marrakech il 10 dicembre 1198.
Astronomo,
medico, giurista e filosofo. Figlio di giuristi, appartenentead una
classe sociale elevata, visse durante l'impero almohade e si formò una
cultura vastissima.
Durante
un viaggio a Marrakech notò una
stella che non si poteva vedere sotto i cieli spagnoli: Canepe.
Dall’osservazione
di questo fenomeno intuì che la Terra era rotonda.
Teneva
corsi di medicina in Andalusia, a Salerno e a Montpellier, e scrisse
anche dei commenti ai
“Canoni " di Ibn
Sînâ (conosciuto
con il nome di Avicenna), ma divenne famoso grazie all'opera
"Kûlliyat" che
fu stampata postuma a Venezia nel 1490 prima di essere divulgata in
molti paesi dell’Europa.
A
Marrakech, conobbe
Ibn
Tufail, medico del Califfo Yûssûf ibn Ya'qûb,
che lo incaricò di tradurre e commentare le opere di Aristotele,
egli accettò e lavorò che per più di 15 anni. Alla morte del
Califfo, egli mantenne un posto di primissimo piano come medico di
corte e confidente del suo successore, Ya'qûb detto al-Mansûr "Il
Vittorioso".
Cadde
poi in disgrazia e fu esiliato. Riabilitato ritornò a Marrakech dove
mori il 10 dicembre all'età di 72 anni.
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