Gli Arabi in Sicilia |
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La
prima comparsa dei Musulmani in Sicilia risale al 652, giungevano dalla
Siria ed erano comandati dal prode MU'ÀUIA IBN-HODEIG della tribù di
Kinda, che dopo parecchi mesi di soggiorno nell'isola, se ne ritornò
carico di bottino. Una seconda spedizione avvenne nel 669, questa volta
venivano da Alessandria, su duecento navi, ed erano guidati da ABDALLAH
IBN-KAIS. Saccheggiata
Siracusa e altri territori, un mese dopo riprendevano il mare portandosi
dietro molte ricchezze.
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Nel
703 è una flotta d'Arabi d'Egitto a fare una scorreria in Sicilia
una spedizione guidata da ATTÁ IBN-RAFI; l'anno dopo ABDALLAH
IBN-MUSA saccheggia Lilibeo.
Nel
705 AIÀSCI IBN-AKHIAL con un'armata d'Africa fa un'altra una
scorreria su Siracusa; quindici anni dopo, nel 720, MOMAMMED
IBN-AUS e nel 727 BISCIR IBN-SEFUÀN saccheggiarono le coste
dell'isola e portarono in Africa oltre al bottino dei prigionieri.
Da quel momento in poi, le incursioni furono più frequenti, finchè
nel 740 venne fatta, a
scopo di conquista, la prima spedizione musulmana in Sicilia. |
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HABIB mandò il figlio ABD-ER-RAHMÀN che assediò Siracusa, ma una rivolta di Berberi lo costrinse a ritornare in Africa. Egli ricomparve in Sicilia nel 752 ma compì solamente alcune razzie. Nell’arco
di un secolo, si registrarono quindici spedizioni di Musulmani in
Sicilia, la quale, oltre ad avere molte ricchezze, era il ponte di
passaggio tra l'Africa e l'Italia, che gli Arabi avevano
intenzione di sottomettere per estendere in Occidente il loro
dominio e la loro fede. Ma i disordini che si erano avuti in
Africa con l’affermarsi della dinastia degli Abassidi li
distolsero da questo progetto(750). Per più di mezzo secolo non
vi furono più scorrerie,
ed i bizantini ebbero modo di rafforzare l’isola. |
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I
Musulmani erano così disuniti tra loro, che non avevano mai
destato le preoccupazioni dell'impero
carolingio, infatti, per i contrasti che esistevano tra Omeîadi,
Edrisiti e Aghlabiti, dovendo combattere contro le forze navali
bizantine e contro con quelle italiane che Carlo Magno qualche
volta mandava, spesso subirono molte sconfitte. I
fatti che diedero origine alla conquista musulmana della Sicilia
videro protagonista EUFEMIO; un comandante a servizio di
Costantinopoli. Le fonti non spiegano i motivi della sua
ribellione ai bizantini. |
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Alcuni
storici pensano che furono solamente cause personali: egli aveva
rapito e sposato una monaca; i fratelli della donna chiesero
giustizia all’imperatore di Bisanzio MICHELE, che ordinò di
catturarlo e di mozzargli il naso; saputa la condanna mentre stava
facendo una scorreria in Africa, Eufemio tornò in Sicilia,
s'impadronì di Siracusa e si fece proclamare imperatore, ma
abbandonato dai suoi seguaci, si rifugiò
in Africa e pregò i Mussulmani di aiutarlo a tornare
nell’isola. Altri,
invece, pensano che Eufemio fosse a capo di una rivolta delle
truppe siciliane, per il malgoverno dei funzionari bizantini,
mentre MICHELE era impegnato in battaglia contro i Musulmani per
la riconquista di Creta. All’emiro
di Kairuàn l'aghlabita ZIADET-ALLAH, fratello di ABÚ 'l-ABBÁS,
Eufemio propose di governare la Sicilia a suo nome e di pagargli
un tributo annuo. Il principe volle prima
consultare i notabili del paese ed essendosi costoro
pronunciati favorevoli alla guerra, decise la spedizione e l'affidò
al qadi ASED IBN-FORÀT, un settantenne, oriundo di Nisapúr nel
Khorassàn. |
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Il
13 giugno dell'827, Ased ed Eufemio partirono da Susa con
diecimila fanti, settecento cavalli e una flotta di circa cento
navi. Approdati a Mazara del Vallo, furono raggiunti dai seguaci
del comandante bizantino. Ma Ased,
non fidandosi di lui, gli disse di stare lontano insieme ai
suoi e di dare loro un contrassegno per distinguerli dai nemici. La
prima battaglia avvenne il 15 luglio a sei miglia da Mazara. Ased
recitò sottovoce, davanti alle sue schiere, il capitolo del
Corano che si recita ai moribondi, poi, esortati i soldati, si
gettò con coraggio fra i nemici, che furono sconfitti. L’esercito
bizantino fuggì a Castrogiovanni insieme al proprio comandante,
che non sentendosi
al sicuro, fuggì in
Calabria; dove fu raggiunto e ucciso. ASED
occupò parecchi castelli, poi dalla foce del Salso puntò
attraverso i monti su Acri e, dopo una breve tregua concessa ai
difensori, piombò su Siracusa, che assediò per terra e per mare.
Non fu un’impresa facile, infatti, a corto di vettovaglie, gli
Arabi furono costretti a cibarsi dei cavalli ed Ased dovette fare
molti sforzi per costringere i suoi guerrieri, che volevano
ritornare in Africa, a continuare l'assedio. Aspettavano che
giungessero i rinforzi, ma giunsero invece agli assediati. Ased
inflisse all’esercito soccorritore una sanguinosa
sconfitta e Siracusa stava per trattare la resa quando scoppiò
una pestilenza, che colpì assediati ed assediatori: lo stesso
Ased perse la vita. |
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Gli
Arabi guidati da un nuovo capo, MOHAMMED IBN-EL-GENÀRI, che non aveva
lo stesso carisma del suo predecessore, decisero di riprendere il mare,
ma affrontati dalle
armate bizantine e veneziane, tornarono indietro, bruciarono le navi e
si ritirarono a Mineo, che diventò la loro base. Ripresero presto i loro attacchi: conquistarono Girgenti e giunsero sotto Castrogiovanni, l'antica Enna, dove morì Eufemio. |
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L'assedio di Castrogiovanni continuò senza alcun risultato e gli Arabi dovettero rifugiarsi di nuovo a Mineo; nel frattempo a Girgenti la guarnigione bizantina aveva raso al suolo le loro fortificazioni costringendoli a ritirarsi a Mazara. Ma
giunsero, dall’Africa e dalla Spagna, eserciti di Arabi e di Berberi,
mandati da Ziadet-Allah, audaci guerrieri capitanati da ASBAGH IBN-UEKIL
soprannominato "Ferghalusc". Quelli
d'Africa mossero su Palermo, mentre quelli Spagnoli di Asbagh marciarono
su Mineo e sotto le mura di questa città sconfissero le forze
bizantine. |
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Il 10 giugno dell'838 moriva l'emiro ZIADET-ALLAH e gli succedeva il fratello ABÚ-IKÀL, il quale mandava in Sicilia nuove forze con le quali i Musulmani poterono occupare nell'840 Platani, Caltabellotta, Corleone, Marineo e Geraci, distruggendo anche nell'841 il territorio di Castrogiovanni ed espugnando la fortezza delle Grotte. Padroni della parte occidentale dell'isola, che si chiamerà poi Val di Mazzara (o Mazara del Vallo) si rivolsero verso Messina, sotto il comando FADHL IBN GIÀFAR, della tribù di Hamadán. Ma quando nel 843 la città fu conquistata, i musulmani diressero la loro attenzione alla parte orientale dell’isola, quella che verrà in seguito chiamata Val di Noto.
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A
Palermo con lui ci fu “la
tranquillità in casa, la vittoria fuori”.
La pace, la saggezza e l'equilibrio che vi regnavano
portarono nella città sempre nuova gente;
Palermo per oltre due secoli fu molto diversa da tutte le
altre città Europee; era il "fiore" (Aziz) del
Mediterraneo, e lo dicevano soprattutto i viaggiatori arabi che
avevano visto ogni parte del mondo conosciuto. Nella
storia della Sicilia musulmana IBRAHIM è degno di essere
congiunto ad ASED IBN-FORÀT: due valorosi dei quali è stato
scritto "il
giurista con impeto e furore principiò il conquistato, e il
guerriero con il suo senno lo consolidò”
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Incendiata Mineo, ASBAGH marciò su Ghallulia, città posta forse nel luogo dove oggi sorge Caltanissetta, e ne fece una base per le sue successive operazioni, ma una inaspettata pestilenza lo uccise ed i Musulmani decisero di abbandonare la Sicilia per tornarsene in Spagna. |
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L’esercito africano marciò su Palermo, che verso la fine dell'830 dopo un anno di strenua resistenza, con la popolazione decimata dalla fame, dalla guerra e dalla pestilenza, si arrese. I
cittadini ebbero confiscati i beni e furono ridotti alle
condizione di dsimmi (vassalli). Dalla
caduta di Palermo si passò a quella di tutta l'isola, dove
ZIADET-ALLAH nell'833 mandò un suo cugino, ABÎZ-FIHR col titolo
di SÁHIB. I Bizantini avevano un campo d'osservazione a
Castrogiovanni e Abn-Fihr li sconfisse in un'aspra battaglia, ma
egli morì a causa di una rivolta militare. Al suo posto fu
mandato FADHL IBN-JAKUB che, sconfisse i Bizantini, in una
sanguinosa battaglia presso Castrogiovanni. |
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Nell’851 moriva a Palermo ABU '1-AGHLAB IBRAHIM. Michele Amari scrive: "Senza uscire mai dalla capitale Ibrahim in tutto quel tempo da Palermo aveva condotto la guerra, attraverso i suoi luogotenenti; disegnato con perizia le imprese; dato riputazione alle forze navali; dove andare ad infestare le coste dell'Italia meridionale; fatto percorrere ai suoi uomini l'isola da un capo all'altro; e se alcuni erano riusciti a difendersi in quelle città dove esistevano poderose fortezze, nelle altre, nessuna persona era sicura se non pagava la taglia ai Musulmani". Era
il "pizzu". Circa il dieci per cento su ogni cosa; solo così
si poteva commerciare o svolgere
altre attività. Senza pagare altre tasse si era protetti da qualsiasi
soverchieria quelle stesse
angherie che avevano fatto odiare gli avidi funzionari bizantini, che
non avevano mai dato niente in cambio. |
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Ibrahim fu un uomo di pace, leggeva molti testi d'autori arabi e antichi; aveva una ricca biblioteca e, per la sua notevole conoscenza dell’amministrazione del governo, si dimostrò saggio. A
Ibrahim successe ABBÁS IBN-FADHL, che fu uno dei più feroci e valorosi
condottieri. Non riposava mai: le zone circostanti le città di
Castrogiovanni, Catania, Siracusa, Noto, Ragusa furono da lui più volte
saccheggiate. Incuteva terrore ai bizantini:
tagliava piante, abbatteva mura delle terre conquistate e portava
prigionieri a Palermo. A Gagliano dopo averla conquistata lasciò libere
solo duecento persone, gli altri li condusse, come schiavi, nella capitale,
dove radunò più di seimila persone per venderle. |
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La
caduta di Castrogiovanni (oggi Enna) fu la sua impresa più famosa, che
MICHELE AMARI descrive così: "...
Era l'inverno dell'859; da una scorreria di Saraceni nel contado di
Castrogiovanni era stato condotto, fra gli altri prigionieri, a Palermo
un uomo di famiglia molto nota, ma ribelle. Abbás comandò che fosse
messo a morte ma il prigioniero gli si avvicinò e con patrizia
disinvoltura "Lasciami la vita - gli disse - e ti comunicherò una
buona notizia che fa per te". "Quale?" gli chiese l'emiro
dopo averlo preso da parte; " Io ti darò in mano Castrogiovanni.
Quest'inverno - proseguì - fra queste nevi, il presidio non si aspetta
assalti e fa male la guardia; quindi se vuoi tu mandare una parte
dell'esercito, saprò io dove farlo entrare a Castrogiovanni".
Abbás acconsentì; scelti mille cavalli e settecento uomini dei più
validi li spartì in drappelli di dieci uomini; mise un capo a ciascun
drappello, preparò ogni cosa in gran segreto e guidando lui stesso la
spedizione, usci nottetempo dalla capitale. Evitò la solita via di
Caltavuturo, aspra e difficilissima in inverno, che si snoda da Palermo
a Castrogiovanni a levante; e seguì l'altra strada più lunga e agevole
che conduce a Caltanissetta, città a sedici miglia dall'insidiata
rocca.
Vi rimase in agguato con il grosso delle truppe, mentre inviava, a compiere l'azione più ardua, Ribbáh con gli uomini più abili e forti, che si mossero senza far rumore durante notte, portandosi dietro in catene il traditore cristiano e facendolo camminare sempre sorvegliato a vista. Costui arrivato ad un certo punto, dov'era un costone di rocce, disse che bisognava salire con alcuni uomini per quella difficile parete e che, proprio per questo, mai controllata dalle sentinelle, mentre il grosso degli uomini di Abbas dovevano portarsi sulla parte settentrionale del monte di Castrogiovanni, nascondersi e intervenire solo quando avrebbero visto aprire la porta della rocca.
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Ribbàh, seguendo il traditore, cominciò ad arrampicarsi su per l'erta finché si trovò sotto la cittadella. Era giunta l'alba, quell'ora fatale quando passato il pericolo della notte, le sentinelle si rilassano o si danno al sonno. Il traditore condusse allora i Musulmani all'entrata di un acquedotto che si apriva sotto le mura; vi entrarono e rividero il cielo dentro la fortezza. Si avventarono sui Bizantini; uccisero tutti quelli che si facevano avanti poi aprirono le porte.Abbás in attesa, a quel punto spronò i suoi uomini all'invasione; entrò nella rocca allo spuntar del sole, l'ora della prece mattutina dei Musulmani, il quindici scewàl dell'anno 244 dell'era maomettana, il 24 gennaio 859 dell'era cristiana). |
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La
caduta di Castrogiovanni, considerata inespugnabile, preoccupò
molto i Siciliani, che si rivolsero a Costantinopoli. Accolta la
richiesta, molte navi cariche di soldati furono mandate
dall’oriente, ma Abbás, sconfisse i Bizantini, li catturò e
tolse loro le navi. Molte
città siciliane colsero l’occasione per ribellarsi ai
musulmani, ma anche l'esercito isolano fu battuto. Ma di lì a
poco Abbàs moriva, aveva suscitato tanto odio nell’animo dei
siciliani, per la sua ferocia, che dissotterrarono il suo cadavere
per darlo alle fiamme. Successe
a lui KHAFÀGIA IBN-SOFIAN, che conquistò, nell'864, la città di
Noto e di Scicli, più tardi sarà la volta di Troina e Ragusa. Khafágia
il 15 giugno dell'869, tornando da Siracusa fu ucciso a tradimento
con un colpo di lancia da un berbero; la stessa sorte del padre
ebbe suo figlio Mohammed, ucciso dai suoi servi a Palermo il 27
maggio dell'871. Dalla
fine dell'871 all'873 si susseguirono molti sultani finchè GIÀFAR
IBN-MOHAMMED, iniziò la guerra che portò alla conquista di
Siracusa. |
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Scosse
le mura della città , giorno e notte, con arieti giganteschi, pali e
picconi; con grandi mangani, fece scaraventare enormi macigni. Una
costante pioggia di sassi cadeva dentro la città; scavarono vie
sotterranee per sorprendere gli abitanti, che, sempre vigili, cercavano
di respingere gli attacchi. Per ben otto mesi la città fu tormentata, oltre che dai Musulmani, dalla fame, descritta anche dal monaco Teodosio e tradotta dall’Amari: "...
Gli animali domestici erano ormai tutti consumati; conveniva mangiar
come si poteva di grasso o di magro; erano finiti i ceci, gli ortaggi,
l'olio; la pesca era cessata fin dal giorno che il nemico si era
impadronito dei porti. Ormai un moggio di grano, se lo trovavi, si
comperava centocinquanta bizantini d'oro; uno di farina duecento, due
once di pane un bizantino; una testa di cavallo o d'asino, da quindici a
venti; un intera giumenta, trecento. |
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Nella
Cattedrale si erano rifugiati anche molti cittadini, i quali credendo
che fosse giunto l'ultimo giorno della loro vita, chiedevano perdono
delle offese arrecate; i nemici non fecero loro alcun male, portarono in
prigione soltanto i sacerdoti, dopo aver preso gli arredi sacri. Le
violenze durano tutto il giorno, vennero uccisi tutti i soldati ed uno
di essi che era stato causa di morte di molti nemici fu scorticato vivo
e gli fu strappato il cuore. |
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Crollò
un lato della torre del porto grande, battuto dagli arieti che
provocarono una grande breccia, e un pezzo della cinta difensiva. Per
venti giorni e venti notti gli abitanti resistettero agli attacchi,
anche le donne parteciparono ai combattimenti. Ad
un certo punto sembrò che i Musulmani volessero concedere un po' di
riposo o che avessero rinunziato all'impresa. Ma all’alba del 21
maggio dell'878 ripresero improvvisamente a gettare
sassi sulle case e sulle vie, mentre alcuni
Saraceni, penetrati dalla breccia, travolsero i pochi soldati che
difendevano la città. I Siracusani tentarono di fermare i nemici
davanti la chiesa del Salvatore, dove la gente si era raccolta per
pregare: donne, bambini spauriti, vecchi inermi, frati e preti,
cominciarono a gridare appena la porta venne abbattuta.
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L' ULTIMO VENTENNIO DEL SECOLO IX°
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GIAFAR
venne ucciso dai suoi stessi familiari e tornò al potere HOSEIN
IBN-RIBBÀH che
pensò di conquistare Taormina. I
Bizantini però, volendo vendicarsi di aver perduto Siracusa e delle
incursioni dei musulmani nelle isole di Cefalonia, Zante, Malta, ed
altre località della Grecia, incoraggiati dai siciliani e dai frati,
radunarono una flotta e affrontarono gli arabi vicino la Grecia,
ottenendo una vittoria. Il comandante Nasar sostenuto dagli esiti
positivi della battaglia fece distruggere le città siciliane che si
erano arrese ai Musulmani, ma non osò attaccare Palermo. |
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Ma
quando il comando fu affidato a MOHAMMED IBN-FADHL, non solo Nasar
venne sconfitto ma vennero distrutti i dintorni di Catania e di
Taormina e furono uccisi i soldati dell’esercito, che tentava di
osteggiare le scorrerie: circa tremila uomini furono decapitati e le
loro teste inviate a Palermo. Altre
incursioni furono fatte da MOHAMMED e del suo successore HOSEIN
IBN-AHMED. Con SEUÀDA IBN
MOHAMMED, vi fu una tregua tra musulmani e Bizantini perché fra i
musulmani erano nate nel frattempo delle discordie tra Arabi (coloro che
erano appena arrivati) e Berberi (già da qualche tempo sull'isola),
costoro si scontrarono infatti in una guerra civile sanguinosa. l popolo di Palermo insorse contro SEUÀDA e, mandatolo in Africa, elesse come successore ABU-ABBÁS-IBN-ALÌ, il quale sedata la rivolta, riconsegnò il governo a SEUÀDA. All’odio tra Arabi e Berberi si aggiunse quello per il principe d’Africa il feroce IBRAHIM IBN-AHMED, di cui tutti volevano liberarsi. Per circa dieci anni si susseguirono le discordie tra Arabi e Berberi e le lotte tra questi e il principe aghlabita, finché gli Arabi siciliani si armarono contro quelli di Africa. |
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Il
4 maggio dell'892 un emiro, MOHAMMED IBN-FADHL, mandato dal principe,
entrò a Palermo, ma i rivoltosi, avuta la meglio, ottennero l'
indipendenza dalla madre patria, ma essa durò solo cinque anni. IBRAHIM
mandò in Sicilia un poderoso esercito comandato dal figlio ABÚ-ABBAS-ABDALLAH,
che sbarcò a Mazara e si
diresse verso Trapani. I
due eserciti si scontrarono in un sanguinosa battaglia e gli Arabi
palermitani, avuta la peggio, si ritirarono verso la capitale cercando
di contrastare l’avanzata del nemico ma decimati e sfiniti, cedettero
e si ritirarono nella città vecchia (Cassero), lasciando agli Arabi
Africani i ricchi sobborghi della città, che furono ben presto
saccheggiati. Resistettero nel Cassaro per altri dieci giorni, poi raggiunsero un accordo secondo il quale i capi dovevano essere allontanati dalla città con le loro donne ed i loro figli. ABÚ-ABBÁS entrava trionfalmente a Palermo.
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Impadronitosi
della capitale, il condottiero si diresse verso Taormina; devastò la
città assediò Catania, che resistette,
e ritornò a Palermo, per preparare il prossimo attacco. Arrivò a
Messina, oltrepassò lo stretto e affrontò senza ostacoli i bizantini,
che fuggirono. Ma un’altra flotta bizantina arrivava in Sicilia da
Costantinopoli, Abu-Abbás ripassò lo stretto e, sconfitta anche
questa, ritornò a Palermo, da dove, chiamato dal padre, partiva per
l'Africa. IBRAHIM
abdicava, costretto dal califfo abassida Mothadhed Billah, nauseato
dalla ferocia del suo governatore di Kairuan, dal malcontento dei
sudditi, dalla rivolta della tribù berbera di Kótama e dalle minacce
degli egiziani. Ma IBRAHIM, affidato il potere al figlio, pensò di
sterminare egli stesso i Bizantini di Sicilia e di conquistare
l’Italia. Si recò a Susa per predicare la guerra santa e raccogliere volontari; comprò armi e cavalli e partì per Trapani, dove radunate altre truppe, si diresse verso Palermo.
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LA CADUTA DI TAORMINA
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IBRAHIM
marciò verso Taormina, che era diventata la capitale bizantina. Gli
abitanti andarono contro il nemico, lo scontro avvenne presso Giardini,
egli stesso, entrato in battaglia, si scagliò contro i Bizantini che
fuggirono impauriti come scrive l’Amari: "….Senza
la guida di un valido condottiero, si misero a fuggire in modo
disordinato, e i Musulmani ad inseguirli su per le vette dei monti, e
raggiunti pure lì furono sbaragliati agguantati e spinti in fondo ai
burroni Altri che avevano scelto una diversa via di scampo, verso il
mare, si rifugiarono sulle navi; e tra questi in fuga forse i due
capitani bizantini; altri ancora, ma sempre nella confusione, ripararono
in città, ma i vincitori ormai entrati, iniziarono a inseguirli fino
alla cittadella e a Castel di Mola; i primi a dirigersi da una sentiero
molto scosceso verso il monte che sovrasta l'erta di Taormina, gli altri
dietro a incalzarli ma poi a fermarsi alla base della rocca quasi
inaccessibile...” |
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La
notizia che avanzava il feroce musulmano si era diffusa velocemente, in
tutte le città del mezzogiorno d'Italia, e causava
terrore tra le popolazioni che cercavano di mettere in salvo i
loro averi, di rafforzare le mura, di fare provviste in caso di assedio.
Intanto
IBRAHIM colpito da una grave dissenteria si era indebolito a tal punto
da cercare rifugio in una chiesa, dove moriva a cinquantatre anni. Il
comando dell'esercito, già sbandato durante la sua malattia, fu
affidato al nipote ZIADET-ALLAH,
il quale decise la ritirata, portandosi dietro la salma del nonno.
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Ma
se i bizantini erano stati del tutto sconfitti, un altro pericolo
incombeva sulle sorti della Sicilia, nuovi popoli avrebbero oltrepassato
lo stretto per conquistarla.
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Scuola Media Statale "G.Verga" Barrafranca (Enna) - Progetto Comenius - Anno Scolastico 2002 /2003 |