~  I NORMANNI, L' ARTE   ~ 

 

 

I Normanni (North-man: uomo del nord) discesero in Italia a gruppi familiari. Fra questi si distinse quello guidato dalla famiglia degli Altavilla ed, in particolare, due fratelli: Roberto il Guiscardo e Ruggero.

Il primo, operando nell'Italia meridionale, diede vita al ducato di Puglia e di Calabria; il secondo costituì la "Contea di Sicilia" con l'aiuto papale, che attribuì ad entrambi il titolo di Legati Apostolici.

Alla morte di Ruggero, nel 1130, il figlio Ruggero II° unì la Sicilia ai possedimenti dell'Italia meridionale ottenendo il titolo di Re di Sicilia e di Puglia.  

Costui diede all’isola, attraverso una particolare organizzazione amministrativa, un saldo potere, facendone il fulcro della potenza normanna e un regno prospero, governato con  saggezza e tolleranza religiosa, per conciliare l'elemento arabo con quello cristiano.  Le opere più importanti di questo periodo sono quelle che testimoniano la "politica dell'immagine" perseguita soprattutto da Ruggero II°, Guglielmo I° e Guglielmo II°.  

I Normanni si appropriarono dell’arte araba adattando gli edifici musulmani alle loro esigenze, oggi risulta difficile distinguere lo stile degli uni o degli altri. Sedotti dalla perfezione di quella architettura, che ben si armonizzava con il paesaggio siciliano, si circondarono di artisti di origini diverse, per edificare chiese rispondenti ai canoni di Roma, giocando con i colori della pietra o collocando presso una moschea un campanile coperto con cupole.

Tutti i monumenti di quell’epoca riflettevano in realtà lo spirito della corte di Palermo, dove si parlava francese, greco, arabo, latino e siciliano. Un'arte senza frontiere che darà vita alla "civiltà più originale e più raffinata del medioevo. 

 

I principali monumenti normanni di Palermo sono: il Ponte Ammiraglio, le chiese di San  Giovanni dei Lebbrosi, la Magione, la Martorana, S. Cataldo, il Duomo, S. Giovanni degli Eremiti e la Cappella Palatina nel Palazzo dei Normanni. Monreale (Duomo e Chiostro), Castelvetrano  ( Trinità di Delia), Mazara del Vallo ( Duomo), Sciacca ( Nicolò La Latina), Catania (Duomo), Paternò (Castello), Adrano (Castello), Forza d'Agro (S. Pietro e Paolo), Messina (Annunziata dei Catalani, il Duomo e la Badiazza), Frazzano (S. Filippo Fragalà) e Cefalù (Duomo).  

 

IL PALAZZO DEI NORMANNI di origine araba, fu ampliato e rimaneggiato dai re normanni. Fu reggia sfarzosa degli Svevi e centro culturale d’importanza europea.

In una posizione dominante si trova la Torre Pisana, dove è collocato l'Osservatorio Astronomico (1791) oggi gabinetto scientifico della Cattedra di Astronomia dell'Università di Palermo. Nella Torre Pisana è la Biblioteca dell'A.R.S. (Assemblea Regionale Siciliana dal 1947).

La bellissima Cappella Palatina, capolavoro di scuola siculo-normanna, unisce all'arte romanica, caratterizzata da una pianta allungata a tre navate e da strette finestre da cui filtra la luce soffusa, l'arte islamica, che si nota nella decorazione del soffitto, nelle varie iscrizioni arabe e negli archi ogivali, e l’arte bizantina, a cui si devono la cupola, i mosaici su sfondo d'oro, i rivestimenti murali a pannelli di marmo ed i pavimenti con intarsi di pietra.  

Fu eretta verso il 1132 da Ruggero in onore di San Pietro, ed in omaggio alla leggenda che, in una cripta sotterranea, l’Apostolo avesse predicato il Vangelo ai cittadini di Panormus. Tra i diversi saloni del palazzo, notevoli sono la Sala dei Venti, un tempo cappella, edificata da Roberto il Guiscardo, e il Salone del Parlamento o Sala d’Ercole, così detta per gli affreschi di Giuseppe Velasco raffiguranti le fatiche del mitico eroe.

Divenuto reggia, fu abitato dagli Svevi, dai viceré spagnoli e dai Borboni; con l’annessione della Sicilia al Regno d’Italia, rimase inutilizzato servì solamente ai  Savoia, le rare volte che vennero in visita a Palermo.

Dopo la seconda guerra mondiale, insieme con il superbo giardino, divenne sede del Parlamento Siciliano.  

 

La Chiesa di San Giovanni degli Eremiti sorge in un lussureggiante giardino, ricco di numerose piante esotiche.

Fondata da Ruggero II nel 1132, su un antico edificio arabo e restaurata nel secolo scorso, ha con le sue piccole cupole rosse l’aspetto di una moschea orientale.

Il  termine "arabo-normanna" nasconde una combinazione di elementi: islamici (fatimidi, abassidi e magrebini); romanici (dai Benedettini franco-normanni); latini  (dai monaci italiani che seguono i Normanni nel sud Italia); bizantini (derivati dai monaci e da un patriarcato greco-bizantino)

Le opere di questo periodo pur risentendo di influenze definite, diventarono i modelli degli Altavilla.  

La cattedrale di Palermo ha la decorazione esterna, costituita da arcate intrecciate, ornate con motivi geometrici in lava. Si notano reminiscenze di architetti lombardi, i quali usavano adornare frequentemente l'esterno delle chiese romaniche del resto d'Italia, attraverso la riproduzione dei disegni geometrici orientali, dai toni contrastanti. Già in età paleocristiana vi sorgevano un santuario e una basilica del IV secolo che, distrutta dai Vandali, fu ricostruita, per volontà di S. Gregorio Magno. In seguito all'occupazione araba fu convertita al culto islamico ed inglobata nel complesso della grande moschea (gâmi) a servizio della attigua cittadella fortificata (Halqah), alla quale era collegata da una strada coperta che giungeva alla Torre Pisana.

 

La ricchezza dell'arte arabo-normanna nasce da un forte desiderio, dei sovrani normanni, di imitare lo sfarzo di Bisanzio, che sognavano di conquistare. I nuovi capomastri siciliani utilizzarono tutta la  loro creatività per costruire monumenti splendidi. Vennero innalzate chiese progettate da monaci greci, francesi e latini (Benedettini ed Agostiniani), con pianta basilicale a croce latina o greca, con portali e cupole, abbellite da mosaici bizantini, realizzati da artisti greci, e da ornamenti arabi (archi a ferro di cavallo, decorazione fatta di arabeschi ed alveoli).

Gli Altavilla furono molto tolleranti e per i propri svaghi e le vacanze di corte " utilizzarono gli ostelli che avevano confortato gli ozi degli emiri "kalbiti". Anche il territorio extra urbano subì molte trasformazioni, in considerazione del fatto che i Normanni entrarono in possesso della vasta area attorno alla città. Le preesistenti coltivazioni della piana furono inglobate per costituire il grande Parco Reale Normanno, che fu ampliato e arricchito da padiglioni, dall'età di Ruggero II° fino a quella di Guglielmo II°.

Il palazzo della Cuba, commissionato da Re Guglielmo II come residenza temporanea, fu costruito nel parco del Genoard, che insieme al Parco Vecchio e al Parco Nuovo faceva parte di quel sistema di parchi che circondava la città. All'interno del Genoard, che in arabo significa "il paradiso della terra", si trovavano alberi esotici e animali selvatici.

La Cuba è l'ultimo solatium di Palermo che si aggiunse alla Zisa, allo Scibene e alla Cuba soprana.

La piccola Cuba o Cubula risale alla seconda metà del XII secolo. E’ un padiglione a pianta quadrata coperto da una cupola (qubba), aperto su quattro lati da arcate ogivali.

 

La ghiera centrale è arricchita da un elegante corolla di bugne a cuscino, che compaiono a Palermo nell'ultima età normanna, mentre nell'Egitto fatimita si erano già viste intorno al 1087 nella Bab-al Futuh (bab=porta, in arabo).

 

La Torre Alfaina è parte del sistema del Genoard, il giardino paradiso voluto dai re normanni collegato con la residenza regia.

La sua denominazione originaria, Cuba soprana, è la testimonianza della relazione con le altre strutture che costituiscono l'insieme del Parco normanno.

Posta dentro il recinto murario stesso della Grande Cuba, era un edificio a torre, costruito sotto Guglielmo II°.

 

 

Il palazzo dello Scibene, chiamato anticamente Uscibene, ma anche Xibene o Sirbene, quasi del tutto in rovina, sorge nel quartiere Altarello di Baida di Palermo, in una zona che faceva parte del Genoard.

Il nome forse derivava da una sorgente che irrigava la contrada, detta Scibene, oppure dal nome della famiglia di origine araba, che era proprietaria della sorgente.

Il nucleo del palazzo potrebbe essere stato costruito in epoca araba, mentre la cappella iniziata da Ruggero, fu completata da Guglielmo II°.  

L'edificio, residenza temporanea dei sovrani normanni (solatium) è su due piani: al primo si trova una sala nobile, un iwan cruciforme, due sale laterali, comunicanti tra di loro, per mezzo di un cunicolo e un’ampia sala trasversale. Al piano superiore si trova solo la Cappella di pianta rettangolare.

 

Castellaccio si erge sulla cima del monte Caputo, in territorio di Monreale, all'interno del "parco antico”.

La sua costruzione ha relazione con la creazione dell'arcivescovado e della cattedrale di Monreale. Fu infatti base militare e punto di avvistamento per proteggere l'emirato indipendente di Monreale.

 

Il Palazzo Reale di Altofonte, fu residenza reale di Ruggero II, fu costruito nel Parco nuovo, che assunse le caratteristiche di una riserva di caccia.

La sua peculiare caratteristica è la presenza di un doppio cortile, un esempio unico in Sicilia, mentre molto diffuso era nell'Africa Settentrionale (Maghreb).

 

Porta Mazara fu aperta nel XII° sec. accanto alle mura medievali della città da cui aveva inizio la lunga via Alberghiera e dove si trovava una precedente porta araba, la Bab'Ibn Ourub.

Porta della Vittoria si trova vicino la Chiesa dello Spasimo alla Kalsa, al Foro italico.
I resti costituiscono la parete di fondo della prima cappella a destra dell’ingresso. Venne  eretta nel X° sec. e serviva a proteggere la cittadella araba denominata al Halisah (l'eletta), sede politico-amministrativa del governo fatimita.

 

 

Porta Mazara fu aperta nel XII° sec. accanto alle mura medievali della città da cui aveva inizio la lunga via Alberghiera e dove si trovava una precedente porta araba, la Bab'Ibn Ourub.

Porta della Vittoria si trova vicino la Chiesa dello Spasimo alla Kalsa, al Foro italico.
I resti costituiscono la parete di fondo della prima cappella a destra dell’ingresso. Venne  eretta nel X sec. e serviva a proteggere la cittadella araba denominata al Halisah (l'eletta), sede politico-amministrativa del governo fatimita.
 

Il Duomo di Monreale fu costruito per volere di Guglielmo II, alle pendici del monte Caputo a circa 8 Km da Palermo. Delimitato da due piazze si trova tra il convento, il chiostro e l'ex Palazzo Reale. Guglielmo II vi costruì accanto l’Episcopato con lo scopo di contrapporre, a quella palermitana, una diocesi più sensibile alla sua volontà. Lo dotò di ingenti beni, per consentirgli una certa autonomia. L'abbazia fu consegnata ai monaci benedettini provenienti da Cava dei Tirreni e fu elevata al rango di arcivescovado.

 

Il Chiostro fu costruito da diversi architetti e da varie maestranze, anche musulmane.

Guy de Maupassant scrisse: "...La squisita proporzione, l’incredibile leggerezza delle colonne a due a due, l’una accanto all’altra, tutte differenti, alcune rivestite di mosaico, altre nude, alcune coperte di scultura di una finezza incomparabile, altre ornate con duplice disegno di pietra che sale attorno ad essa avvolgendosi come si avvolge una pianta, destano meraviglia allo sguardo, incantano e producono quella gioia artistica che le cose di un gusto chiaro e definito fanno penetrare nell’anima attraverso gli occhi. Come non amare questi chiostri, luoghi tranquilli, chiusi ed inventati, come sembra, per far nascere pensieri profondi mentre si va a passi lenti sotto le arcate! Come sembra che siano creati per suscitare fantasie su fantasie questi corridoi di pietra, questi corridoi di colonne che chiudono un piccolo giardino che fa riposare l’occhio senza turbarlo e senza distrarlo!"

A Racalmuto, il Castello risale al periodo della signoria dei Malcovenant, francesi al seguito del conte Ruggero.

Fu voluto da Roberto, primo barone di Racalmuto, come propria dimora, venne poi ampliato dalla famiglia Barresi, che governò Racalmuto per tutta la durata della dinastia normanna degli Altavilla.  

 

Ad Agrigento la Cattedrale, iniziata intorno al 1093 per Gerlando di Besançon, nominato dal conte Ruggero vescovo della città (di cui divenne patrono, dopo essere stato fatto santo), fu eretta vicino il castello, per timore dei saraceni che si trovavano ancora in città, e consacrata nel 1099 a Maria e all'apostolo Giacomo.  

A Sciacca la Chiesa di San Nicolò la Latina, ubicata nel quartiere arabo del Rabato,  presenta ancora il suo aspetto originario.

 Fu costruita durante gli anni in cui il possesso feudale sul territorio apparteneva alla contessa Giuditta, figlia del gran conte Ruggero alla quale egli stesso l'aveva assegnato. L’impianto è a croce latina ad aula unica, con transetto sporgente e triabsidato. La navata è coperta da un soffitto ligneo ed è raccordata al transetto da archi acuti su piedritti.

La Chiesa Madre della cittadina fu fondata nel XII sec. per ordine della contessa Giuditta nel quartiere Ruccetta, che era il nucleo della città murata arabo e normanna detta poi "torre vecchia”.  

A Mazara del Vallo in piazza Mokarta (nome del condottiero musulmano che, tentò invano la conquista della fortezza), vicino il Giardino Jolanda, si trovano i resti del castello dell'antica città murata, nelle vicinanze della Cattedrale. Fu costruito per volere del Gran Conte Ruggero.  

La cattedrale di Mazara fu fondata nel 1093 nello stesso luogo in cui sorgeva un'antica basilica cristiana, distrutta dai saraceni nell'828.

In origine aveva un impianto a croce latina, a tre navate divise da colonne, con tre absidi orientate ad Est-Nord-Est.

 

Trapani fu assediata nel 1077, la città dopo poco tempo consegnò a Ruggero il castello e accettò la sua signoria. L'incremento dei commerci, il miglioramento delle tecniche agricole, la ripresa di lavorazioni e di produzioni già presenti nelle età precedenti ne faranno un centro molto produttivo.

Idrisi scrisse: “In questo porto si prende una quantità strabocchevole di pesce; vi si tende anco di grandi reti al tonno. [...] Dinanzi la porta della città giace una salina. Il distretto è grande e vasto, con terreni generosissimi, adatti a seminagioni, dai quali si cava ubertose produzioni e grandi ricchezze”.  

Nel 1184, 'Ibn Gubayr  scrisse: “... Gli abitanti sono musulmani e cristiani: ciascuna delle due sette ha i suoi [templi] moschee e chiese”.  

 

A Erice il Castrum Montis Sancti Juiliani si trova nella parte più alta di Monte San Giuliano, sopra una rupe cilindrica dove sorgeva il tempio dedicato a Venere ericina, divinità della bellezza. La fortezza fu residenza d'autorità romane, arabe e normanne. Ruggero II la rinnovò, e gran parte della costruzione è ancora oggi in buono stato.

 

 

Ad Alcamo il Castello di Calatubo si erge su un rilievo roccioso in Serra Consarri, vicino il fiume omonimo oggi in secca. Ha tre recinti fortificati ed una posizione dominante sulla vallata circostante e sul Golfo di Castellammare.

 

 

 

A Caccamo il Castello sorge sulla sommità di una rupe, da cui si domina il centro abitato e la vallata del Fiume S. Leonardo, fino al mare. Per la sua posizione, fu uno dei punti strategici per il controllo del territorio e dei castelli del versante tirrenico, era infatti collegato con altre fortificazioni, fra cui il Castello di Vicari verso l'interno e le torri e le fortificazioni costiere, come il castello di Termini, verso il mare.

 

A Cefalù la Cattedrale fu voluta da Ruggero II e fu dedicata alla Trasfigurazione del Signore. Il Re concepisce questa costruzione quale suo mausoleo, per cui il progetto è all'insegna della magnificenza e della grandiosità .

 Allo stesso periodo risalgono celebri monumenti quali: la chiesa di S. Giorgio e il Lavatoio (forse più antico), un mirabile esempio di architettura idraulica.

A Sperlinga (da Spelonca, toponimo greco-latino) il Castello  nacque come sola fortezza senza alcuna città ha una fondazione molto tarda.

 (la prima notizia risale al 1113)

 

A Caronia il complesso del castello sorge al centro di una zona di grande bellezza paesaggistica, a poca distanza dalla costa e dalla foce del fiume omonimo, su un dorso roccioso; su una seconda altura si adagia, la cittadina.

 Costruito intorno al 1130, per volere di Ruggero II°, ha una cappella normanna  che richiama le chiese basiliane di Val Demone.

 

 

A San Marco D’Alunzio nel Castello si nota una prima costruzione, la cui fondazione risalente al IX secolo è da attribuirsi agli arabi, essa possedeva sicuramente una moschea. Fu ricostruito da Roberto il Guiscardo nel 1061 e
venne utilizzato per la difesa e il controllo della costa settentrionale della Sicilia. Diverse pergamene di quel periodo attestano la presenza dei sovrani normanni presso San Marco, che divenne sede del governo, negli anni di reggenza della contessa Adelasia (1105-1113)

A Frazzanò, nel cuore del Val Demone, il Monastero si trova in una zona ricca di fiumare e difficile da conquistare, dove la presenza araba non alterò la predominanza linguistica e culturale greca.

Il cenobio eretto forse in periodo Bizantino da Calogero di Calcedonia nel 495, fu ampliato da Ruggero di Altavilla e terminato dall'Abate Gregorio, nel suo testamento infatti egli stesso ricorda che con l'aiuto del Gran Conte Ruggero I e della Contessa Adelasia eresse "sin dalle fondamenta" la Chiesa di Fragalà.

A Forza d’Agrò  la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo ha una prima fondazione basiliana nel Val Demone, voluta da Ruggero II nel 1117, fu ricostruita dopo il terremoto che nel 1169 colpì la Sicilia; la data dell'iscrizione greca incisa sul portale principale d'ingresso (1172) si riferisce, forse, a un'opera di restauro, che ne conservò la struttura originale. 

A Taormina al bivio per Castelmola, si erge la turrita della Badia Vecchia, nome derivato dall’adattamento a residenza signorile di una torre del sistema difensivo di età normanna.

L’ex torre a pianta quadrata, presenta i caratteri del mastio e ricorda il donjon che i cavalieri normanni edificavano lungo la linea di difesa della Sicilia orientale (Paternò, Motta S. Anastasia, Adrano).

 

Ad Itala la costruzione della Chiesa di San Pietro e il monastero basiliano furono terminate nel 1093; in un diploma del 1092 di donazione al primo abate, la costruzione della chiesa non sembra ancora completata.

Questa è una delle prime testimonianze del riapparire in Sicilia, dopo due secoli di islamizzazione, dell’impianto basilicale a tre navate.

 

A Mili San Pietro la chiesa di Santa Maria sorge ai bordi del torrente Mili, insieme al monastero, le costruzioni raggruppate formano una serie di corti terrazzate, disposte su vari livelli.

Vi si accede attraverso una ripida scala che inizia dalla strada provinciale. Citata in un diploma in lingua greca del 1092 del Gran Conte Ruggero, che vi fece seppellire il figlio Giordano, morto di febbri a Siracusa.

 

A Messina  in una posizione suggestiva, vicino una fiumara prosciugata (San Rizzo), a pochi chilometri dalla città, sono visibili i resti della chiesa benedettina di Santa Maria della Valle, detta anche della Scala, nota con il nome di "Badiazza".
Una leggenda, comune a molte altre narrazioni, per spiegare l'origine dei santuari, soprattutto quelli mariani, racconta che alcuni mercanti provenienti dalla Siria erano approdati in città per consegnare un carico, meno un quadro della Vergine, che avevano rubato in Oriente e tenuto nascosto nella stiva, ma la nave non riuscì a ripartire finché esso non fu sceso dalla nave. Qui verrà costruito il monastero dedicato alla Vergine .

 

A Catania la Cattedrale fu quasi del tutto demolita dal violento terremoto del 1693, tranne il transetto triabsidato. Le ipotesi sulla sua fondazione oscillano fra il 1091, data di un diploma del conte Ruggero che affida l'abbazia ad Angerio, e il 1094, data su una lapide posta sul fianco settentrionale della Chiesa. Sicuramente  la costruzione iniziò dopo la riconquista della città (1085) e del suo territorio Il corpo del transetto presenta su ambedue i lati un ampliamento, non riferibile all’architettura normanna, la muratura infatti è assai massiccia; questo lascia supporre che la Chiesa abbia assunto i caratteri dell'edificio religioso fortificato, per il controllo militare esercitato sulla città dai monaci.

 

Ad Adrano il Castello normanno fondato, da Ruggero il Gran Conte intorno al 1070, sorge al margine dell’abitato di origini medioevali.

L’originario corpo di fabbrica, a pianta quadrilatera, ricorda il mastio isolato alla francese e il palazzo signorile, secondo alcune costruzioni residenziali fortificate già riscontrate a Paternò.

 

 

A Paternò, il Castello eretto lungo il corso del fiume Simeto, per favorire le operazioni militari contro i Saraceni per la riconquista dell’isola alla cristianità, sorge su un colle che domina l’attuale centro abitato. Costruito dal Conte Ruggero nel 1072, su un preesistente fortilizio musulmano (ne da notizia al-Muqaddasi verso il X secolo), cambiò la sua originaria destinazione militare in quella di residenza per la corte principesca che si costituì attorno il Conte Enrico di Policastro.

 

L' OREFICERIA

 

 

L'oreficeria normanna si nota nelle grandi borchie che ornano il Mantello di re Ruggero (1133-1134, oggi si trova allo Schatzkammer di Vienna) per il  carattere simbolico, che esse hanno, e perché prodotto nelle officine del palazzo reale di Palermo.

Due leoni dilaniano due cammelli.

LEGGENDA ARABA SULL’ORLO: ‹‹Questa fu fatta nell’officina reale (tirāz) per la buona fortuna e l’onore supremo e la perfezione e la forza e il meglio e la capacità e la prosperità e la custodia e la difesa e la protezione e la buona fortuna e la salvezza e la vittoria e l’abilità. Nella capitale della Sicilia nell’anno 528 (dell’Egira)  (1133-1134)››  

Le borchie ricordano le influenze orientali (arabe), e la filigrana (a vermicelli) è l’elemento stilistico che definisce il  prodotto come italo-normanno; i castelli in fili d'oro per fissare le perle, che si trovano sulla cornice delle borchie, sono il motivo ricorrente dell'oreficeria normanna.  

 

Un’altra importante opera è la Cuffia di Costanza (trovata nel sarcofago di Costanza d'Aragona): un copricapo formato da una calotta d'argento dorato con filigrana a vermicelli, sulla quale s'incrociano due fili di perle (Palermo, Tesoro della Cattedrale).

Federico II, al-inbiratur, divenuto erede del regno normanno perché figlio di Costanza, ultima degli Altavilla, trascorse la sua fanciullezza alla corte di Palermo. Arabi erano stati i suoi precettori; araba la lingua che egli aveva sentito nelle cancellerie; araba la matrice delle favole ascoltate: col Kitab Kalila wa Dimna aveva avuto occasione di fantasticare  su un mondo fatto di cose incredibili e di animali parlanti. 

A Palazzo Reale, sin da piccolo si era poi istruito ai “Conforti politici” che Ibn Zafer, arabo di Sicilia, aveva composto nel XII secolo. E nei cortili e nei giardini palermitani era cresciuto nel cosmopolitismo post-normanno. Luoghi che lo interessavano più dei castelli delle foreste di Svevia o Alsazia.   Lo “stupor mundi” sarà sempre accompagnato dall’eclettismo culturale appreso durante l’infanzia, esso lo farà diventare sensibile non tanto all’Islam-religione, quanto piuttosto all’Islam-pensiero, il cui metodo d’indagine è al di sopra dell’Europa cristiana.  Nella “Magna Curia” di Federico giunsero intellettuali, cultori di scienza e tecnica araba, che erano in grado di trasmettere gli studi più aggiornati di alchimia e medicina, filosofia e matematica, astrologia e astronomia. A Giovanni e Mosè da Palermo si unì Teodoro d’Antiochia, farmacologo e astrologo, che per l’imperatore svevo tradusse un testo arabo  del falconiere Maomin, sull’origine  De arte venandi cum avibus. Il britannico Michele Scoto, formatosi alla scuola di Toledo, tradusse dall’arabo scritti aristotelici quali l’Historia animalium,con l’Abbreviatio Avicennae de animalibus, facendo della Sicilia un luogo di studio del sapere antico, delle ricerche alchemiche e fisiognomiche. 

 

 

Miniatura dal "De Arte Venandi Cum Avivus".  

 

 

Leonardo Fibonacci rese noto il sistema delle cifre numeriche indo-arabe, e sviluppò metodi algebrici, problemi indeterminati e analisi pubblicate nel Liber  abaci, nel Flos e nel Liber  quadratorum.

Lo spunto per stendere  simili trattati era offerto dai tornei fra matematici che, a colpi di equazioni, Federico organizzava. E quando la competizione  prendeva dimensioni internazionali, venivano coinvolti anche gli islamici: nel Kitab al-masa’il as-siqilliyya, il Libro dei quesiti siciliani, cinque enigmi di sapienza vennero inviati in Africa, Egitto, Siria, Asia Minore e Yemen. La soluzione giunse dal califfo almohade ‘Abd al-Wahid ar-Rashid (1232-1242) tramite Ibn Sab’in, un mistico sufi andaluso di Murcia, che non nascose all’Hohenstaufen la sua ironia per i vizi di forma nella presentazione dei quesiti. 

Questi quiz mondiali indicavano i pacifici contatti che l’imperatore aveva con i sultanati mediterranei: egli, infatti, riuscì ad ottennere con diplomazia la corona di Gerusalemme dal sultano ayyubide al-Malik al-Kamil, restituendo alla cristianità Betlemme e Nazareth. 

 

L’esperienza in Terrasanta rientrava tra le sue curiosità intellettuali di un uomo desideroso non solo di esibire il suo status di imperatore-crociato, ma di osservare l’Haram al-Sharif e ascoltare, come riporta una aneddoto arabo, l’appello alla preghiera lanciato nella notte dal muezzin.

Ma quando si trattava di eliminare gli islamici che compromettevano la stabilità del suo regno, Federico II° non aveva scrupoli.

 

Particolare dell’elsa della

 spada di Federico II° di Svevia 

(oggi al Museo Storico di Vienna)

Ad Agrigento e in Val di Mazara esistevano alcune roccaforti musulmane, che mal tolleravano la sua autorità. Condusse contro di loro una repressione violenta, che si concluse con l’evacuazione di donne e bambini, e la distruzione di moltissimi paesi. I capi ribelli e i loro figli furono giustiziati istantaneamente oppure "mazzerati", gettati in mare dentro dei sacchi.

ESCI

Scuola Media Statale "G.Verga"  Barrafranca (Enna) - Progetto Comenius - Anno Scolastico 2002 /2003