~ I NORMANNI IN SICILIA ~
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“ In oriente e in occidente ”
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Agli
albori del sec.VIII le
popolazioni Normanne iniziarono ad espandere le loro conquiste
raggiungendo e occupando l’Irlanda, l’Islanda e approdando sulle
coste della Groenlandia. Si
mossero, successivamente, verso la Francia settentrionale e si
impadronirono di una regione chiamata dal loro nome Normandia. Capeggiati
da Dan si appropriarono della penisola dello Jütland e ne
costituirono una marchea, la Danimarca. Si
spinsero in seguito verso il canale della Manica e occuparonono l’Inghilterra.
Contemporaneamente dall’oriente Europeo subentrarono nella
pianura Russa e
stabilirono relazioni civili, sociali ed economiche con i popoli
Bizantini. Le
prime notizie di contingenti normanni in Sicilia risalgono al 1038,
quando Giorgio Maniace, con un esercito bizantino, tentava
di strappare l’isola ai Saraceni: assieme a bulgari, greci ed italiani
troviamo gruppi provenienti dalla Scandinavia, capeggiati da Harald
Hardrad . |
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"L’Italia meridionale dei Normanni" |
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Le
vicende politiche e militari dei Normanni nel Sud furono anche causa
della conversione alla Cristianità. Giunti nel Mediterraneo, attraverso
lo stretto di Gibilterra, diventarono mercenari dei Bizantini con lo
scopo di salvaguardare i domini di Puglia e di Calabria dai Saraceni,
regioni di cui i Normanni, in seguito, si impadroniranno, guidati dal
rigoroso e accorto Roberto il Guiscardo d’Altavilla, che
sostituì il loro potere a quello bizantino. Dopo che i cavalieri di Guglielmo
di Altavilla contribuirono alla vittoria dei pugliesi e diventarono
punto di riferimento della rivolta contro gli stessi bizantini, le
truppe normanne in un ventennio riuscirono a rafforzare la loro
posizione attraverso il controllo di alcuni territori calabresi e
Longobardi e stringendo buoni rapporti con la Chiesa. Guglielmo Bracciodiferro, infatti, venne riconosciuto conte di Melfi e
Roberto fu incoronato dal Papa re di Puglia e di Calabria. Ruggero, suo discendente, al termine di un’aspra e dura guerra contro gli Arabi, riuscì a sconfiggerli ed a creare un potente regno con capitale Palermo. Egli spiccò in modo singolare per la sua tolleranza, fu fonte di una stupenda e rinnovata civiltà ed ispiratore di una vasta cultura: araba, normanna, bizantina. |
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La dominazione
dei normanni nell’Italia meridionale terminò nel 1186 quando non
essendoci discendenti immediati, i territori conquistati vennero portati
in dote dalla regina di Sicilia, Costanza, figlia
di Ruggero d’Altavilla, allo sposo Enrico VI , figlio di Federico
I Barbarossa . |
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"La fiorente civiltà normanna" |
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I
Normanni nell’Italia meridionale offrirono un grande contributo alla
civiltà. Si presentarono eccezionalmente dotati di una proficua capacità
di regnare e coordinare i territori di cui si erano impadroniti;
consentirono e favorirono non solo le tradizioni, gli usi ed i costumi
di ogni popolo conquistato, ma permisero ai Bizantini, agli Italiani, ai
Saraceni di poter praticare la loro religione e la loro economia senza
alcun vincolo o gravi imposizioni. Si
sviluppò, dunque, un periodo di notevole prestigio e di evoluzione,
dovuto soprattutto all’integrazione di elementi culturali italiani,
normanni, arabi e orientali. Anche
l’arte risentì di questo
influsso benefico della cultura e vennero edificate splendide
architetture, sfarzose e pregevoli, riccamente decorate di preziosi
affreschi e mosaici, tutt’oggi emblema
perfetto di esclusiva bellezza ed equilibrio; da segnalare è
sicuramente il Duomo di Monreale e le varie chiese, sorte presso
il capoluogo. |
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"La Sicilia dei Normanni" |
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Programmi
politici di espansione in Sicilia, perla del Mediterraneo, venivano
maturati dai combattenti Normanni, mentre conquistavano le terre
calabresi. Portò avanti questo programma il celebre Roberto
il Guiscardo,
il quale prevedeva una conquista basata su un doppio obiettivo: cacciare
i tenaci Arabi ed avere la supremazia. Una serie di inutili
tentativi servirono a far riflettere i nobili normanni, che compresero
quanto difficile fosse pianificare l’attacco. Ma
l’unione delle abili capacità di Roberto con quelle di Ruggero
II servì a sconfiggere i Saraceni, colti in fallo. Venne
realizzata, così, la totale occupazione della Calabria mentre venivano
sorvegliate le città di Reggio e Scilla dove avevano trovato ricovero
le organizzazioni dei Bizantini; tale situazione costrinse Roberto e
Ruggero a salpare nell’isola, diventava indispensabile occupare la
regione. Tale impresa, peraltro, risultava favorita dal moltiplicarsi
delle fazioni e della disordinata condizione dell’anarchia
popolare. |
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Con Goffredo Ridel, tenace
e attivo guerriero, subalterno di Roberto il Guiscardo e di
Ruggero II, occuparono Tremestieri, Rometta e Milazzo e puntarono su
Messina, che garantiva il controllo sullo Stretto. La città, che in
quel tempo era solamente un piccolo centro, fu costretta alla resa; qui
prima di avanzare, i Normanni costruirono mura, bastioni e torri. La
conquista dell’isola non fu facile, le popolazioni sottomesse erano
molto diffidenti, perché conoscevano la loro disumana ferocia. Bastava
sentire il nome del Guiscardo per far sotterrare
ai monaci, sotto le cantine dei conventi, gli arredi sacri e per fare
scappare i contadini dalle terre, per rifugiarsi nelle loro case. |
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Le difficoltà di procedere con una certa speditezza erano date, inoltre, dalla aridità del suolo e dalla mancanza di acqua; risultava difficile, persino, dare da bere ai cavalli. Spesso i soldati erano costretti a togliere le tende per i morsi della “tarantola”, che si annidava tra i monti, vicino Palermo, e provocava uno strano malore, denominato “il ballo di San Vito”. Lo storico Malaterra scrisse ” la tarantola è un verme che ha sembianze di un ragno ed è provvisto di un pungiglione aguzzo e velenoso, cosicché coloro che ne vengono morsi vengono riempiti di aria velenosissima……” | |
Solo
nel 1071 Palermo si arrendeva: mentre la città nuova veniva presa, i
difensori si rifugiavano nella vecchia. Supplicarono il Duca di
avere pietà di loro e gli consegnarono ogni cosa, chiedendo salva la
vita.
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Le
loro conquiste non erano ancora terminate, i Saraceni, infatti, erano
ancora padroni di Castrogiovanni, quando Roberto il Guiscardo e
Ruggero d’Altavilla si
spartirono l’isola: al primo,
che
non si sarebbe più interessato della Regione, spettarono Palermo, la
metà della città di Messina, una parte della Val Demone; a Ruggero,
invece, spettava l’altra parte di Messina, Troina, Catania, Mazara, e
la Calabria. La sovranità sulla Sicilia spettava a Roberto, a cui il
fratello Ruggero era “legato”
mediante il vincolo feudale. L’offensiva
ricominciò nel 1077: si assistette al crollo di Trapani e poi di
Castronovo; caddero, in seguito, Agrigento, Siracusa e Castrogiovanni. Roberto,
osservando Enna, capì che solo un’adeguata e ottimale azione di
furbizia, gli avrebbe permesso di conquistarla. Si propose, dunque, di
sfidare apertamente il capo
arabo. In seguito al terribile duello i superstiti si rifugiarono nella
rocca ennese da dove non uscirono più. |
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Per
condizioni di sicurezza Ruggero
d’Altavilla si premurò di mandare in Calabria i Mori più
valorosi, che non erano riusciti a fuggire in Africa, per preservarsi da
sorprese, premurandosi, poi, di organizzare una spedizione a Malta. Un
problema importante che riguardò l’insediamento normanno fu la
gestione e l’organizzazione del
potere, legato alla persistenza o all’abbattimento della classe
sociale musulmana e ai fattori che ne condizionavano il suo protrarsi
come ceto dirigente. Erano
consapevoli della necessità di esercitare il potere avendo come
fondamenta le istituzioni già esistenti, poiché i Normanni che avevano
invaso e occupato l’isola
non erano di consistente numero: il loro stanziamento, infatti, non era
costituito da una massiccia migrazione, ma da una lenta e graduale
conquista. |
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I
gruppi guidati da Roberto il Guiscardo e Ruggero d’Altavilla,
arrivati in Sicilia, si amalgamavano e si fondevano a poco a poco.
Ovviamente ogni organizzazione militare era conscia delle proprie
capacità e conosceva la vulnerabilità degli altri gruppi e cercava di
affermare a tutti i costi la propria supremazia sugli altri; da ciò si
deduce quanto superficiali furono i loro tentativi di integrazione. Si
resero subito conto che bisognava trovare una classe dirigente, laica ed
ecclesiastica, intellettuale, militare ed amministrativa fra le
componenti delle diverse etnie. Alle
più importanti cariche vennero chiamati numerosi ecclesiastici e
monaci, emigrati dalla Calabria in Sicilia; di origine bizantina erano
gli strateghi ed i vicecomiti e lo stesso cerimoniale di corte;
mentre la cancelleria era organizzata con notai che erano in grado di
redigere diplomi in greco, latino, arabo. |
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L’
organizzazione finanziaria si richiamava alla tradizione musulmana e
poggiava sul catasto. Su tutti faceva capo un ufficio di riscontro che
aveva il compito di segnare i confini delle terre assegnate sui
registri, chiamati “defetari”, che servivano alla riscossione
dei tributi; un altro ufficio di tesoreria controllava le “platee”,
ovvero gli elenchi su cui erano segnati, con mogli e figli, gli abitanti
delle terre concesse e le loro prestazioni relative. Le “platee”
consentivano a Ruggero di conoscere il numero dei contadini, cioè la
manodopera agricola, presente nell’isola. |
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Ma
fu nell’ambito della struttura ecclesiastica, circoscritta, dopo due
secoli di dominazione islamica, alla sede Vescovile di Palermo, che il Gran
Conte avviò una profonda riforma, contribuendo alla fondazione di
monasteri basiliani, con l’obiettivo di poter meglio controllare la
vita quotidiana della gente. |
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Ruggero,
dopo la morte del Guiscardo, sembrava l’unico capace di porre
fine all’anarchia che travagliava il mezzogiorno, ma la morte lo colse
quando la struttura dello Stato, che stava costituendo, era ancora
fragile. Raccolse la sua eredità, nel nome dei due figli minori Simone
e Ruggero, Adelasia del Vasto, che aveva sposato in terze nozze. |
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Nel
1112 accettò di sposare Baldovino di Fiandra, re di Gerusalemme,
a patto che la corona del Regno, in mancanza di figli, sarebbe passata a
Ruggero II°. |
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La sua flotta sbarcava a San Giovanni d’Acri e il re l’accolse ornando con drappi purpurei le strade e ricoprendo le vie con tappeti bellissimi. La principessa aveva portato con sé sette navi cariche di oro, di argento e di porpora; grande quantità di pietre preziose, armi, corazze e scudi. Il vascello dove lei viaggiava aveva un albero maestro ricoperto da una lamina dorata che splendeva al sole. | |
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Ruggero
II
volle tentare una spedizione in Africa, con l’obiettivo di imporsi sul
Mediterraneo, ma i suoi progetti fallirono miseramente. Nel 1129 egli convocava a Melfi una assemblea dove imponeva ai signori presenti di giurare fedeltà a lui ed ai suoi due figli. Acclamato re, la notte di Natale del 1130, riceveva nella Cattedrale, che era già stata una moschea, la corona Regia di Sicilia: veniva così fondato il “Regnum”, di cui egli è il primo monarca, largamente influenzato da tradizioni arabe, longobarde, bizantine e occidentali. Nel
1140 Ruggero II° promulgava le Assise, leggi valide per
tutto il regno, il risultato di un lavoro di equipe, suddivise in: |
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Egli operava per evitare ribellioni interne e contrasti con la Chiesa, decisa a difendere il suo potere nel regno. Con le sue leggi cercava di eliminare gli abusi e le usurpazioni che i nobili erano riusciti ad imporre, per tanto tempo, al potere regio. Tentava di perfezionare il sistema economico e fiscale, al fine di collegare il sistema centrale con quello periferico, attraverso magistrature provinciali. La Sicilia risultava divisa in tre valli: quella di Noto, di Mazara e la Val Demone. |
Fulcro
della economia agricola era il feudo, ma molte erano le immunità
concesse ai baroni, per cui Ruggero II con la legge “DE RESIGNANDIS
PRIVILEGIIS” rivedeva la concessione dei privilegi, per affermarne
la legalità. Tutto questo aveva lo scopo di
normalizzare i rapporti fra sovrano e vassallo; egli, garantendo
i diritti dei signori, dimostrava che il Re considerava i vassalli una
classe dirigente insostituibile alla difesa del Regno. |
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Sensibile
alla scienza aveva fatto esplorare le correnti dello Stretto di Messina,
i cui vortici avevano dato origine a personaggi mitologici e alla
leggenda raccontata da Benedetto di Sant’Andrea, della
costruzione di un ponte fra le due coste, progettata da Carlo Magno
e poi da Roberto il Guiscardo. Ruggero
si dice che facesse allestire delle riserve di uccelli e di altri
animali selvatici provenienti da diverse regioni. |
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Lo
studio fatto da Edrisi consisteva nell’interrogare, alla
presenza dello stesso Ruggero, gli esperti partecipanti, invitati a
Palermo, e nel tradurre in scrittura solo le risposte su cui si
trovavano tutti d’accordo. |
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Il
successore di Ruggero II fu il figlio Guglielmo I detto il
“Malo”. Costui, pur non essendo efficace come il padre, fu
seguace delle sue linee politiche. Sebbene
avesse uno spirito più dedito alla pace, dovette da solo
affrontare tutti coloro che volevano rifarsi, a sue spese, delle
angherie subite. Si fu vicini allo sfacelo totale del regno, soprattutto a causa di Bisanzio, quando Guglielmo assunse il carattere tipico di suo padre. Annientò i ribelli e si scagliò contro la città nemica, salvando il regno. Non perdonò i nemici che uccise senza pietà. |
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Tancredi, ascendendo al potere, provocò i rancori di Enrico VI, che aveva sposato Costanza d’Altavilla, ultima figlia di Ruggero, il quale con i suoi soldati scese in Italia, ma le sue truppe colpite da epidemia furono costrette a ritirarsi. Sembra che Tancredi riacquistasse il potere ma, presto, morì. | |
Enrico
VI, di conseguenza, potè scendere in Sicilia e conquistarla. Era
l’avvento della nascita di un stella, “Meraviglia del mondo”.
A
causa della precoce morte del padre e della madre, il bambino a sei anni
venne affidato alla tutela di un personaggio eccezionale: l’autorevole
papa Innocenzo III, che farà conoscere alla Chiesa
un periodo di splendore. |
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Siamo
in un’ epoca in cui la cristianità è dominata da due potenze
universali che aspirano a un’eccelsa supremazia: la Chiesa e l’
Impero. Crescendo, lo spavaldo e giovane Re acquisterà sempre più influenza sul piano politico. Incoronato Imperatore da Celestino IV, suo obiettivo principale fu quello di creare un organismo politico universale, mostrando un legame quasi morboso verso i domini italiani, da cui aveva tratto origine, piuttosto che verso quelli tedeschi.
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Fu
particolarmente dedito alla Sicilia e al suo
dominio
e all’unione della corona italiana
a quella germanica.
Assunse un comportamento spregiudicato verso il Pontefice e fu fautore
di molti contrasti e discordie, battendo un record di scomuniche: ne
ricevette ben tre. In
lui convivevano due animi: quello politico - imperiale
e quello
culturale. |
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In
Sicilia, alla corte di Palermo fondò infatti la Scuola Poetica
Siciliana, dove grandi esponenti come Cielo d’Alcamo, Pier
delle Vigne, Jacopo da Lentini composero raffinate liriche
d’amore. Di Federico II° si ricordano le Costituzioni Melfitane con cui affermò la propria supremazia e regolò la vita dei suoi sudditi. |
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Scuola Media Statale "G.Verga" Barrafranca (Enna) - Progetto Comenius - Anno Scolastico 2002 /2003