Il vino è una bevanda a bassa contenuto alcolico, assunto durante i pasti per una alimentazione corretta, risulta la  bevanda più gradita degli italiani a tavola. Le sue origini sono remote: se ne parla nella Bibbia, come bevanda favorita alla reggia del Faraone; presente nelle tradizioni letterarie della  mitologia Greca e Latina; nell’Olimpo è rappresentato tra le divinità. Al vino sono state dedicate poesie, quadri, racconti popolari ecc…

Anche nella nostra società contemporanea, il “nettare degli Dei”, continua ad accompagnarsi alla buona tavola come la più tradizionale delle bevande. La “dieta mediterranea”  ricca di piatti genuini che alternano frutta e ortaggi  freschi, cereali  e legumi, latticini e formaggi,  pesce , carni bianche ed olio d’oliva , si può definire a buon diritto sobria, ma non povera. Ed il vino  ne è componente fondamentale.

  "Un buon vino nasce da una buona uva".Negli ultimi anni le tecniche colturali e di vinificazione sono profondamente cambiate, apportando un significativo miglioramento delle uve e dei vini. L'uso delle moderne tecnologie non ha alterato l'assoluta  naturalità della bevanda, anzi ne ha mantenuto ed esaltato i profumi, i sapori e le altre qualità. 

LA VITE

 

La   vite è una pianta che fa parte della famiglia della vitacee. I fiori sono ermafroditi. Dopo l'impollinazione si ha la formazione del frutto: l'uva. Botanicamente  si tratta di una infruttescenza (dovuta alla trasformazione della infiorescenza chiamata racemo o grappolo). I suoi singoli frutti sono bacche (acini), sostenute nel grappolo da ramificazioni erbacee e legnose che servono a condurre gli alimenti del terreno, per mezzo della linfa ascendente

Le parti del grappolo d'uva

Tre sono le parti principali dell'acino: l'involucro esterno o buccia, chiamata epicarpo; una parte mediana (la polpa), detta mesocarpo; e una parte centrale, i semi o vinaccioli, detta endocarpo.

 

  La buccia

La buccia è rivestita da una sostanza cerosa: la pruina. Essa ha il compito di isolare gli acini dagli agenti esterni ma, soprattutto, serve a trattenere i microrganismi apportati dal vento, dalla polvere e dagli insetti che, in seguito, assicureranno la fermentazione del mosto.

I semi dell'uva o vinaccioli contengono acqua, sostanze grasse, cellulosa, sali minerali e quantità assai forti di sostanze tanniche le quali, trovandosi nella cuticola del seme, sono in parte solubilizzate durante la fermentazione. Volendo ottenere vini poco tannici si dovrà quindi evitare il contatto prolungato del vino con le vinacce; per i vini bianchi si ricorre addirittura alla fermentazione in assenza di vinaccioli, per questo i vini risultano quasi del tutto privi di tannino.

 

  La polpa

La polpa è la parte tecnicamente e  qualitativamente  più importante  dell'acino, poiché essa, oltre all'acqua, contiene la maggior parte delle sostanze che vanno a costituire, una volta pigiata l'uva, il mosto e, dopo il processo di vinificazione, il vino.

 

 

 

 

 

A) microrganismi che presiedono alla fermentazione alcolica;   

C)  Microelementi(specie rame, zinco, ferro, manganese, boro, silicio,fluoro, bromo ecc... legati ad importanti trasformazioni susseguenti all'elaborazione del vino)

  Costituenti principali e secondari dell'uva ammostata 

Il mosto, ottenuto dal  liquido dell'acino, è il costituente più importante del grappolo. Il suo rendimento è variabile e dipende da vari fattori quali: la varietà dell'uva, il grado di maturazione dell'uva stessa ed l’andamento stagionale. Il mosto, ottenuto da uve mature  spremute meccanicamente, è un liquido a reazione nettamente acida costituito da: zucchero, proteine, acidi e principalmente da acqua che può variare dal 70% all’ 85%. Molto importanti sono anche i cosiddetti costituenti secondari dei mosti (quali si ottengono dalla pigiatura meccanica degli acini e dei raspi) che possono essere enumerati in 4 categorie:

B) Enzimi propri del mosto (le idrolisi, le ossidasi, le catalisi ecc...); 

D) Vitamine: vitamina C, Vitamina B1, vitamina B2, la vitamina B6, la vitamina PP, e vitamina A.

 

Vitigni di uve bianche (maggiormente nelle regioni fredde) si prestano ad ottenere uve più ricche di zucchero di quelle rosse. Per la varietà tardiva, la maturità fisiologica ( quella del vinacciolo) previene di molto tempo quello ottimale della vendemmia. Contrariamente, nella varietà precoce può succedere che la polpa maturi prima del vinacciolo, tanto che, talvolta, con la maturazione del frutto cessa l'apporto di sostanze necessarie al suo sviluppo. Su uno stesso ceppo i grappoli più maturi si trovano in genere fra quelli più elevati dal suolo, perché la linfa si porta di preferenza alla sommità e nei sarmenti più lunghi. La quantità di zuccheri può variare addirittura di 50-60 g/l nello stesso vitigno; mentre nello stesso grappolo gli acini prelevati alla base (cioè più vicini al legno), ricevendo per primi la linfa elaborata, possono dare quantitativi di zucchero superiori fino al 35% rispetto agli acini prelevati dalla sommità della pianta.

Maturazione fisiologica e maturazione

industriale

o tecnologica dell'uva

 

Si possono distinguere due momenti nella maturazione delle uve: la maturazione fisiologica e la maturazione industriale o tecnologica. La prima rappresenta il momento durante il  quale il seme della vite, il vinacciolo, è capace di riprodurre la pianta; la seconda corrisponde tecnologicamente all'optimum richiesto per ottenere dalla stessa varietà di uva il miglior mosto.

Sono  molti i metodi per stabilire il momento in cui l'uva deve considerarsi eno-tecnicamente matura; in linea di massima è chiaro che l'uva sarà considerata matura quando le sostanze zuccherine in essa contenute non subiranno più alcun aumento. Pertanto, una pratica assai semplice ed utile è quella di ricorrere all'uso di mostimetri comuni, per avere indizi di una certa importanza sul modo in cui procede la maturazione delle uve nello stesso vigneto. Con i mostimetri si possono stabilire dei diagrammi che danno una rappresentazione grafica dell'andamento della maturazione delle uve.

 

In un sistema di assi cartesiani, sulle cui ascisse vengono segnati i giorni in cui si effettuano le letture ad intervalli regolari di tempo e sulle cui ordinate vengono segnate le gradazioni zuccherine del mosto di uve ricavate dalle stesse piante; viene a formarsi una curva diagrammatica. Quando varie letture consecutive delle stesse uve ammostate concordano sensibilmente e la curva tende a diventare una retta parallela alle ascisse, la maturazione è pressoché acquisita e la vendemmia può iniziarsi.
L'analisi del mosto ha ordinariamente lo scopo di determinare lo stato di maturazione delle uve, la eventuale deficienza o sovrabbondanza di qualche componente del mosto ed infine di conoscere, mediante la determinazione dello zucchero, quale sarà la gradazione alcolica del vino che si origina in seguito alla fermentazione.
 

Vendemmia manuale e meccanica

La data della vendemmia dovrebbe corrispondere ad un criterio economico generale che, idealmente, potremmo far derivare dal concomitante punto d'incontro fra la maggiore quantità di uva prodotta e il massimo del suo contenuto zuccherino. Praticamente non se ne possono a priori fissare le date d'inizio, bensì deve essere l'opera dei tecnici specializzati a fissarle tenendo conto di tutte le considerazioni enotecniche ambientali. Come si è visto il caso più frequente è che non tutte le uve dello stesso vigneto presentino l’identico grado di maturazione; quindi va scelto il momento in cui si armonizzano in un punto ottimale i fattori economici e quelli tecnici.

 

Una vendemmia precoce potrà dare vini di scarsa gradazione alcolica  ma più sani di quanto non sarebbero posticipando la raccolta sperando in un possibile aumento della gradazione zuccherina dei mosti a scapito della finezza qualitativa, come succede in certe annate. Riteniamo pertanto, che sia preferibile attenersi a vendemmie lievemente precoci visto che spesso, il desiderio di ottenere qualche decimo di zucchero in più, si traduce in un danno alla quantità e alla qualità del vino. Le vendemmie precoci hanno dato ottimi risultati in Puglia, Sardegna e Sicilia dove alcuni vini utilizzati in passato come vini da taglio, sono diventati buoni vini da tavola.
 

Nelle mescolanze di uve da vinificare, si chiamano uve fondamentali quelle che predominano nella mescolanza sopra le altre. Solo  in pochi casi i vini provengono da una sola varietà d'uva, è il caso (in Italia) della Malvasia, del Moscato, dell’ Aleatico, del Rabaso, dell'Aglianico, ecc… 

 

 

 

Uva fresca: si intende il frutto maturo della vite oppure l'uva extramatura o leggermente appassita, a condizione che essa sia suscettibile di essere pigiata con i mezzi ordinari di cantina e fermentata spontaneamente.

Uva fresca o passa: si intende l'uva in cui l'appassimento ha raggiunto un punto tale da non consentire la pigiatura diretta con i mezzi ordinari di cantina e che non può fermentare spontaneamente. 

Uva ammostata: l'uva fresca pigiata con o senza raspi.

 

Mosto o mosto d'uva: il prodotto che si ricava dall'uva fresca o ammostata mediante pigiatura o sgrondatura o torchiatura  avente una gradazione complessiva naturale non inferiore a 8°. 

Il mosto muto: il mosto la cui fermentazione alcolica è impedita mediante particolari pratiche analogiche consentite dalle vigenti disposizioni.

Mosto concentrato: si intende il prodotto caramellato ottenuto mediante disidratazione parziale del mosto o del mosto muto, escluso l'impiego del fuoco diretto, fino  a raggiungere una densità non inferiore a 28° Baume.

Mosto cotto: il prodotto parzialmente caramellizzato ottenuto mediante eliminazione di acqua dal mosto (o dal mosto muto mediante riscaldamento a normale pressione atmosferica.) 

Filtrato dolce: si intende il mosto parzialmente fermentato, la cui ulteriore fermentazione alcolica è stata ostacolata mediante filtrazione o centrifugazione con l'ausilio di altri trattamenti e pratiche consentite. 

 

Il nome Vino è stato riservato al prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica totale o parziale dell'uva fresca, dell'uva ammostata o del mosto d'uva con gradazione non inferiore ai 3/5  della gradazione complessiva.

La gradazione alcolica dei vini non può essere comunque inferiore a 8°.
Il vino bianco del vitigno
"Moscato" può essere posto in commercio con una gradazione percentuale di 4°. Per gradazione alcolica si intende la quantità percentuale in volume di alcol effettivamente presente, determinata secondo i metodi ufficiali di analisi.

 

I mosti aventi una gradazione alcolica inferiore a 8° devono essere impiegati per la produzione di acquavite di vino o alcool. 

É vietato l'uso e la vendita di quei mosti o vini che all'analisi organolettica o chimica o microscopica risultano alterati per malattia o variati in misura tale da contenere: bromo organico, cloro organico (salvo piccole percentuali provenienti da pesticidi), fluoro oltre i  limiti, alcool metilico in quantità superiore a millilitri 0,30 per i rossi e 0,20 per i bianchi.

 

 

Le chiusure di garanzia emesse sono: 

  • un tappo di sughero, raso in bocca, con il nome   dell'imbottigliatore. 

  •    un tappo lungo e colorato con gamba ad espansione, tale da non poter essere più utilizzato. Il marchio di impresa va registrato sul tappo e sulla "cassetta" di metallo, che sostiene il tappo stesso.

  •   un tappo di plastica, ancorato con chiusura a strappo.

  •   un tappo a vite ancorato.

  •   un tappo metallico del tipo a corona.

Il vino deve inoltre indicare: la maturità merceologica del prodotto (vino, vino liquoroso, spumante o altro), il contenuto del recipiente, il nome, la ditta, la sede e la gradazione alcolica.

 

I mosti, i vini speciali e gli aceti vanno posti in commercio in recipienti di vetro, ceramica, porcellana, terraglia e altro materiale approvato con decreto del Ministero dell'Agricoltura e Foreste. È in facoltà di questo Ministero, sentito il parere dei Ministri per l'Industria ed il Commercio, per le Finanze e il Commercio con l'Estero, di stabilire che la rispondenza alla legislazione interna dei prodotti importati sia attestata da organi dei Paesi di origine, riconosciute dalle Autorità italiane.

 Il Ministro per l'Agricoltura e Foreste, di concerto con i Ministri per la Sanità e per il Commercio con l'Estero può concedere, a condizione di reciprocità, il nulla-osta per l'importazione di vini pregiati esteri che non corrispondono ai requisiti previsti dai nostri Decreti, purché siano rispondenti alle leggi dei Paesi di provenienza e non contengano sostanze nocive.

 

Vini speciali

Sono vini speciali:

 

 Le mistelle: sono il prodotto ottenuto dal mosto di gradazione alcolica non inferiore ai 12° reso non fermentabile mediante aggiunta di acquavite di vino in modo da raggiungere una gradazione  tra i 16° e i 12°.

I vini liquorosi: sono vini ottenuti con uve di appropriati vitigni di gradazione non inferiore a 12° con l’aggiunta di mistelle e di acquavite di vino.

I vini aromatizzati: sono vini ottenuti da vino addizionato con alcool e saccarosio non inferiore a 21° o con altre sostanze consentite dalla legge.

I vini spumanti: sono quelli ottenuti da vini idonei, caratterizzati dalla produzione di spuma provocata dallo sviluppo di anidride carbonica all'atto dell'apertura del recipiente; la gradazione non è inferiore a 9°. Gli spumanti si classificano in: Spumanti naturali e Spumanti gassificati. È consentita solo per gli spumanti naturali l'apposizione sulle etichette delle denominazioni: “Classico”,  “Riserva”, “Gran Riserva”, “Gran Spumante e delle indicazioni in lingua straniera: “Brut”,Demi-brut” e similari.

Gli spumanti gassificati naturali devono essere prodotti da fermentazione naturale ottenuta in bottiglia o in altro recipiente chiuso. 

 

la vinificazione nei Paesi caldi

La vinificazione nei Paesi caldi differisce da quella di altre regioni. Nelle zone più calde (quelle pianeggianti dell'Africa e dell'Argentina) le vendemmie s'iniziano nel cuore dell'estate e le uve raccolte durante la giornata sono troppo riscaldate dal sole cocente, cosicché il mosto già alla pigiatura accusa una temperatura iniziale di fermentazione che supera spesso i 30° gradi. Le uve meridionali raggiungono alla vendemmia una completa ed anche ultra-maturazione, con elevato contenuto zuccherino adatta a dare vini robusti da taglio. 
 

Vecchie pratiche enologiche seguite nella vinificazione  dei Paesi caldi 

 

Fin  da tempo remoto, nelle zone meridionali dell' Italia, della Francia e della Spagna, per rimediare, almeno in parte, agli inconvenienti delle alte temperature in vinificazione, si ricorreva alla “gessatura” del mosto al momento della vendemmia. Il gesso veniva cotto in appositi forni per eliminare l'acqua di cristallizzazione riducendolo così a solfato che, polverizzato, si spargeva sulle uve durante il trasporto o al momento della pigiatura.La gessatura aveva lo scopo di migliorare l'andamento della fermentazione. Un vino fortemente gessato, se bevuto quotidianamente a dosi elevate e a lungo andare, specie in taluni individui, può provocare disturbi intestinali. In sostituzione del gesso, quindi, fu proposto il fosfato. Il fosfataggio trovò in un primo tempo favorevole accoglienza ma poi decadde per ragioni tecniche ed economiche, fino ad essere vietato dalla legge. Nei paesi caldi dell'Africa settentrionale e dell'Europa mediterranea, si sono studiati i mezzi tecnici più idonei per una vinificazione razionale. Ad esempio, si consigliavano particolari cure nel raccogliere l'uva durante le ore più fresche della giornata, ma il rimedio migliore sarebbe stato quello di raffreddare i locali ed i vasi di fermentazione con aria condizionata a mezzo di appositi impianti frigorifero. In Sicilia, a Pachino, si tentò di costruire cantine e tinaie munite di speciali gallerie aperte verso il mare, disponendovi teloni bagnati e pozzi d'acqua per raffreddare l'aria e l'ambiente ma non si riuscì a raggiungere gl'intenti desiderati. Quando non si conoscevano le vernici antiacidi venivano esclusi i tini metallici; si ricorreva allora, per la fermentazione, ai tini o vasche in cemento armato o in muratura a pareti sottili.   

 

 

ENOPOLIO

 

 

L'Enopolio si presenta come un grande stabilimento, costituito da alti silos all'aperto e da grandi capannoni dove sono ubicati i macchinari.

L'uva che vi arriva segue due diverse lavorazioni a secondo del tipo. Se è lo scarto dell'uva Italia, viene posta nella trimogena di scarico attraverso la coclea convogliata per la pigiatura nei rulli, che rompono l'acino. Da qui viene trasportata in un deviatore che ne toglie la vinaccia costituita dalla polpa asciutta, dai semi e dal raspo. Questi residui vengono poi portati in distilleria per ricavarne alcool, acquavite ed anche concime.

Il mosto viene convogliato in alcuni silos speciali, dove viene bloccata la fermentazione dei lieviti attraverso gas tossico che consente di pilotarla.

 

L'uva “Inzolia”, “Trebbiano”, “Capuccio” viene invece scaricata in una particolare "pigia-e-diraspa" che consente la separazione dei chicchi dai raspi, che vengono aspirati all'estremità della macchina attraverso una ventola; gli acini, più pesanti, finiscono in un recipiente di raccolta per essere a loro volta aspirati, attraverso un gruppo pompa, nei vinificatori.
Questi sono dei silos di acciaio che consentono la "fermentazione in rosso"; il mosto infatti prende il colore della buccia che contiene l'enocerina, una sostanza colorata. Qui resta due o tre giorni; tutto dipende dalla temperatura esterna che può anticipare o posticipare la fermentazione, specialmente se l'ambiente è sterile, cioè privo di amidi.

Poiché oggi il mercato vuole dei vini profumati o fruttati, esso viene fatto fermentare in presenza di CO2 e di gas che evitano l'ossidazione dei profumi e quando il prodotto si assapora, ricorda l'uva. Non si possono usare sostanze aromatizzanti, perché è vietato, ma l'odore fruttato si può ottenere anche con una buona pulitura dei mosti o attraverso una fermentazione a bassa temperatura, che mette i lieviti in condizione disperata, in una situazione cioè di sofferenza. La bassa temperatura consente infatti una scarsa moltiplicazione di cellule e mancata produzione di energia, per cui l'aroma non si ossida, ma permane.

Dopo che il mosto si è colorato nei vinificatori, con le macchine viene portato dentro i capannoni dove si trovano lo sgrondatore ed il torchio continuo, che stringono il tutto permettendo la separazione del liquido dai residui. Il mosto raccolto dai vinificatori viene messo in alcuni pozzetti, dove resta altre cinque o sei ore, poi, attraverso delle pompe, viene portato nelle vinaie: silos d'acciaio rivestiti di polistirolo, dove viene eliminato il sapore aspro dato dal tannino. Il vino bianco segue un procedimento diverso dal rosso. Messo in serbatoi, anch'essi rivestiti di polistirolo che consentono di ottenere un vino termo-condizionato, si lascia decantare a temperature basse, circa -10°C, con l’ausilio di gruppi frigoriferi, per ottenere i vini solitamente richiesti dal mercato.

Dalla tinaia il prodotto cristallino viene portato in botti di rovere, che rimangono sempre piene ed hanno tassi molto bassi di acidità, qui il vino matura dai sei ai dieci mesi, in rapporto alla temperatura esterna, alla luce o al sole che penetrano nel capannone.

 

La maturazione è lo stadio prima dell'invecchiamento, il consumatore vuole vini ben maturi e ben amalgamati e ciò si ottiene solamente con una buona stagionatura in botte.

Da lì, il vino viene messo in vendita o imbottigliato. La botte svuotata viene riempita subito, non resta mai vuota e, anche quando è piena, ogni 15 giorni viene fatta la colmatura per evitare che si formi la “fioretta”, cioè l'inizio della formazione dei batteri che inquinano il vino. Essa all'inizio è molto sottile, poi si va ispessendo fino a cadere dentro il prodotto, arricchendolo di blastomiceti e sostanze mucillaginose.

 

Il vino non deve essere mai spillato dalla botte, questo recipiente serve solamente a farlo maturare; per il consumo giornaliero deve tenersi in recipienti di cristallo, di acciaio o vetroresina.

Le pareti della botte infatti restando imbrattate di vino a contatto con l'aria producono batteri acetici che contaminano il prodotto. La botte inacidita va disinfettata, ma il problema non è ugualmente risolto.  

 

IMBOTTIGLIAMENTO

Le varie pratiche d’imbottigliamento sono:

a) imbottigliamento a caldo previa pastorizzazione del vino;

b) imbottigliamento sterile, previa sterilizzazione delle bottiglie, dei tappi e del vino;

c) imbottigliamento normale con o senza pastorizzazione finale del vino imbottigliato;

d) imbottigliamento fuori del contatto con l'aria.

 

 

La pastorizzazione è nata dalle ricerche del Dott. Pasteur. Da questi studi risultò che i metodi classici allora impiegati (aggiunta di zucchero e alcool) non bastavano a conservare al prodotto le caratteristiche. Egli scoprì che i germi vivi presenti nel vino, causa dell'acetificazione, erano resi inattivi dal riscaldamento fra 50°C e gli 80°C.

L'apertura della Comunità Europea alla libera circolazione del vino, impone l'adozione ed una stretta osservanza di tutte le tecniche più aggiornate e più perfezionate.

Le bottiglie lavate con qualsiasi tecnica, conservano sempre una carica batterica più o meno grande. Si può dunque affermare che una  bottiglia anche se ben lavata non è ancora sterile. Per renderla tale oggi è usata quasi esclusivamente l'SO2.

Per la sterilizzazione delle bottiglie con SO2 si dispone di impianti semiautomatici ed automatici. Lo sterilizzatore assomiglia ad una imbottigliatrice completamente automatica.

Il tappo di sughero presenta maggiori difficoltà alla sterilizzazione. Dopo avere eliminato la polvere che aderisce al tappo mediante sciacquatura con acqua fredda, i tappi si fanno macerare per almeno sei ore in una soluzione di SO2.

 

 

L'epoca migliore per l'imbottigliamento dei vini dell'annata è il mese di marzo. E' questo, infatti, il periodo in cui il vino, dopo avere riposato a lungo nelle botti esposte più o meno al freddo, si sarà spogliato delle sostanze fecciose, dei germi e di tutto ciò che può essere inutile o addirittura pericoloso per la sua sana conservazione.    

La storia dell'enologia in Sicilia è antica, si riferisce a quando l'isola faceva parte della Magna Grecia. Oggi quando si parla di vini eccellenti si pensa subito alla Sicilia orientale, ma anche nelle zone dellEtna vi sono vini importanti.

Il Marsala

In Sicilia il vino più famoso, il Marsala, fu fatto per la prima volta nella città di cui porta il nome e che si trova sulla costa occidentale dallisola. Eun vino con un contenuto di circa il venti per cento di alcool, ottenuto con uva Catarratto o Inzolia.

John Woodhouse stabilì il suo stabilimento  a Marsala nel 1796. Un'altra ditta in grado di competere con quella fu fondata da Beniamino Ingham, 1812, seguito poi da Vincenzo Florio, un Calabrese, nel 1832. Questi grandi viticultori hanno sempre fatto il vino di Marsala, lavorando con uno spirito familiare che è stato positivo per lazienda, ma, nonostante questo, la loro attività sono state assorbite da altre società industriali (Florio, oggi, appartiene alla Cinzano).

Il Marsala di oggi è di tre tipi diversi: oro (d'oro), ambra (l'ambra), e rubino (il rubino). Vi sono però dozzine di qualità diverse di vino Marsala, dolce e asciutto, molto invecchiato, Superiore e Superiore Riserva, un vino invecchiato nel bosco per quattro anni e qualche volta anche sei.

Liquori della Marsala

I liquori a base di Marsala sono piacevoli da gustare, sebbene siano difficili da trovare sul mercato. Florio fa un brandy eccellente e molte ditte producono il Marsala al gusto di mandorla, conosciuto di più come Marsala Dolce con un tocco di Amaretto.

 

Lo Zibibbo

Lo Zibibbo è un vino forte simile al Marsala ma fermentato al sole e poi parzialmente distillato naturalmente, senza lunione di alcool, attraverso una pratica conosciuta sin dallEtà Medioevale. L'acino delluva Zibibbo è simile a quello delluva Moscato, il vino è noto come Moscato Naturale di Pantelleria.

 

Il Primitivo

Da una ricerca genetica e affascinante fatta in California il vino che loro chiamano Zinfandel è davvero Primitivo, una varietà siciliana portata dalla comunità albanese che si stabilì nel territorio siciliano nel sedicesimo secolo. Fu portato probabilmente in California nel diciottesimo secolo da coloni spagnoli o più tardi da immigranti siciliani.

 

 

Moscato

Viene dall'acino d'uva di Muscat, con l'aggiunta qualche volta di Corinto o Zibibbo, ed è un vino dolce e leggero, colore ambra dorata. Alcune località sono famose per il Moscato e il Passito prodotti nelle isole di Pantelleria e Lipari. Come indica lo stesso nome contengono acini d'uva appassiti. Viene prodotto anche nelle aree vicino Siracusa e Noto, nella parte orientale di Sicilia.

 

Malvasia

La Malvasia è un altro acino d'uva bianco, una varietà  forte color oro e ambra. Incrociato con una varietà di uva più vecchia è cresciuto nella Sicilia nord orientale (vicino Messina) e sull'isola di Lipari, dove viene utilizzato piuttosto nella creazione di un vino simile al Moscato.

 

Altri Vini

Novello è il vino di vendemmia nuovo di Sicilia, una vendemmia che viene fatta annualmente nei mesi giusti, gli acini dopo la raccolta vengono subito pigiati. Di solito è rosso, robusto e gustoso. Non è facile trovarlo fuori dalla Sicilia. I viticultori siciliani fanno una serie di vendemmie D.O., vini, come il Castelmonte Frizzante, per la naturale effervescenza sono simili allo Spumante.

Denominazione di Origine

Alcuni vini siciliani sono definiti di denominazione di origine (D.O. o D.O.C.). Questa include evidentemente il Marsala così come il Moscato e la Malvasia, ma anche vini come Alcamo, fatto nella stessa località da cui prende il nome nella provincia di Trapani; come il Cerasuolo che  viene prodotto a Vittoria, nella provincia di Ragusa; come il Bianco dell'Etna, prodotto vicino il più grande vulcano attivo di Europa; come il Faro, tipico delle zone vicino Messina. Il Regaleali, fatto dal Conte Tasca, non viene riconosciuto come un vino D.O., ma la coltivazione dei  vigneti è indicata su molte mappe ed è il vino preferito dalla maggior parte dei siciliani.

 

ESCI

Scuola Media Statale "G.Verga"  Barrafranca (Enna) - Progetto Comenius - Anno Scolastico 2002 /2003