BOLLETTINO N° 3/4

NOVEMBRE 1995


 

A favore delle razze italiane

A Forlì, Fiera Internazionale dell’avicoltura (12-15 ottobre), nella mostra-mercato, tra le file di gabbie occupate da soggetti di svariate razze di Pollo, abbiamo fatto caso alla taglia delle galline Livorno esposte e ad alcune loro caratteristiche morfologiche.

Erano soggetti considerevoli, certo di taglia superiore al Pollo Livorno del passato, con creste e bargigli modificati, così il portamento e l’insieme della forma.

Un po’ stranieri forse?

Sì, rappresentanti molto probabilmente del ceppo tedesco, del lavoro di selezione compiuto da allevatori e associazioni germaniche o centro europee.

Come allevatori siamo pericolosamente condizionabili dai risultati raggiunti all’estero.

C’è un frequente riferimento al mercato tedesco da parte di persone del settore , ma anche all’olandese, al belga, al francese.

Sono i mercati in cui si spera di trovare il maschio di razze estere e pure italiane per "tagliare il sangue" al gruppo che abbiamo in allevamento e che "soffre di consanguineità".

Le gite organizzate sono numerose, si va, si compera e si torna a casa.

Di razze italiane a Forlì abbiamo visto solamente due gruppi di Ancona e due di Padovana dorata che,mi pare,appartengono a solo due distinti allevatori.

E’ sbagliato, mi chiedo, pensare ad una linea italiana nell’allevamento delle razze avicole, originale per scelte morfologiche e produttive? che esprima gli ancestrali caratteri "mediterranei", ben diversi da quelli "continentali" del centro Europa? Uova a guscio bianco per molte razze, taglie leggere per una naturale tendenza alla produzione di uova, frugalità e rusticità.

Caratteri come la taglia leggera e probabilmente altri sono anche tipici della fauna selvatica della nostra penisola, penso alla Starna italica, a voler significare che certi adattamenti morfologici e fisiologici sono anche frutto della evoluzione naturale oltre che della selezione compiuta dall’uomo.

Mi auguro che sia possibile e che il "Progetto di conservazione delle razze avicole locali" sia già un piccolo contributo, condiviso anche dagli allevatori che vi aderiscono.

Sarebbe ben più gratificante passeggiare in una mostra dove siano esposti in maggioranza gruppi di avicoli di razze italiane, che esprimano il cosiddetto "spirito italico", la natura, la storia e la fantasia che caratterizza la nostra gente e la nostra terra.

Così conservare e diffondere una razza o le razze locali significa anche produrre diversità, che non è proprio sinonimo di disordinato ibridismo, ma una varietà di combinazioni genetiche consolidate in stabili popolazioni.

La diffusione sul territorio delle razze pregiate può essere in contrasto con il mercato amatoriale, da sostenere come fonte di reddito integrativo per gli operatori del settore spesso occupati in altre attività principali, ma ritengo che pari importanza abbia un progetto che permetta ad un ipotetico viaggiatore di scorgere nei pollai di campagna gruppi di polli Ancona nelle Marche o Livorno in Toscana o Padovana nel nostro territorio, rompendo quella monotonia che i polli "industriali" (ovaiole-rosse, polli da carne-bianchi) hanno imposto da qualche lustro nelle nostre campagne.

BaldanGabriele

(per la coordinazione del "Progetto di conservazione")


Notizie sul "Progetto di Conservazione delle razze avicole locali"

Le persone che hanno aderito al "Progetto", in qualità di allevatori-riproduttori, sono tredici, resta da definire l’adesione di alcuni che hanno saputo del "Progetto" solo recentemente.

Rimane però indispensabile l’appoggio di coloro che non potendo partecipare al "Progetto" come allevatori, vi aderiscono per altri motivi: a tutti mi auguro di fornire con il Bollettino sempre nuove occasioni di aggregazione oltre che di conoscenze.

Il quadro seguente riporta le notizie sulla distribuzione degli animali agli allevatori. Le richieste pervenute sono state quasi completamente soddisfatte, mi auguro di rendere disponibili per l’anno venturo anche soggetti di varietà non lo erano in questo avvio di Progetto, la Padovana dorata e argentata.

allevatore Padovana nera Padovana camosciata Padovana bianca Livorno dorata Tacchino Colli Euganei
  M F M F M F M F M F
Fracanzani      

1

1

 

1

2

   
Holzer    

1

2

           
Padovan                

1

2

Brunello

1

8

       

1

2

   
Ferronato            

1

2

1

2

Pasquinelli    

1

2

1

2

       
Pasut    

1

2

           
Spinelli

1

6

               
Bizzotto    

1

1

           
Franceschetto        

1

8

   

1

 
De Marchi

1

2

   

1

2

   

1

2

Bertin

3

6

   

2

4

       
Dal Corso                    
                     
totale (81)

6

22

4

8

6

16

3

6

4

6

A questi soggetti vanno aggiunti quelli che restano nel nostro aviario come riproduttori per il ‘96.


Criteri di massima adottati per la costituzione dei gruppi ceduti agli allevatori

In questa annata di riproduzione abbiamo creato in Istituto quindici linee di discendenza (compresi i Tacchini e l’unica delle Oche), in altre parole avevamo in allevamento quindici famiglie di riproduttori, costituite da un maschio e alcune femmine, la discendenza di pulcini è stata identificata con una marcatura all’ala, cioè l’applicazione ad un’ala di ciascun pulcino di una marchetta di alluminio numerata, dopo mesi di allevamento in gruppi misti e così possibile, per buona parte dei soggetti allevati, risalire alla famiglia di cui sono figli.

Sfruttando questa possibilità abbiamo pensato di costituire il singolo gruppo ceduto all’allevatore con il maschio di una discendenza e le femmine di diversa discendenza, seppure appartenenti alla stessa razza o alla stessa varietà (nera, dorata,...). Certi gruppi li abbiamo creati con soggetti di discendenza incerta perché in due schiuse i pulcini si sono mescolati tra di loro, gli allevatori che li hanno ricevuti inizieranno pertanto una discendenza nuova.

Tutto ciò è fatto con l’obbiettivo di ridurre il grado di consanguineità nei gruppi, pur non essendo possibile in egual maniera per tutti in quanto l’acquisizione di soggetti non parenti, esterni al nostro allevamento, non copre ancora tutte le razze e le varietà presenti.

 

Uno sguardo sui futuri sviluppi:

la scheda di accompagnamento dei soggetti acquisiti e la sua utilità.

Agli allevatori che hanno acquisito uno o più gruppi di soggetti è stata consegnata una scheda con le informazioni che riguardano, oltre la appartenenza di questi alla specie razza e varietà, la data di schiusa di ciascun capo, il numero di marchetta, il peso di ognuno al momento dell’acquisto, la linea di discendenza a cui appartiene il gruppo stesso o il soggetto in particolare.

Una copia della scheda rimane in Istituto.

Le notizie riportate sulla scheda diventeranno importanti quando fra due tre o quattro anni sarà necessario introdurre un nuovo maschio fecondatore al futuro nuovo gruppo di femmine riproduttrici di ogni allevatore, bisognerà saper scegliere un altro allevatore che possieda un gruppo in allevamento della stessa varietà (per esempio la Padovana nera) ma di linea di discendenza diversa, al fine di produrre un sicuro rinsanguamento. O, in altre parole, la scheda consentirà di evitare di creare una famiglia riproduttrice con componenti pienamente consanguinei.

Per esempio tra due allevatori che possiedono entrambi la Padovana nera ma di diversa discendenza, perché ce lo confermano le informazioni della scheda, sarà conveniente compiere uno scambio di maschi per rinsanguare il gruppo in allevamento.

Insieme a noi dell’Istituto, ad ogni cambio di maschio, si valuterà la convenienza dal punto di vista genetico (grado di parentela, scelta di soggetti che favoriscano una maggiore deposizione o l’incremento della taglia,...) e si registrerà l’operazione in modo da poter intervenire ancora in modo opportuno dopo un altro ciclo di riproduzione.

Pur aprendo con queste note alla complessità che il Progetto comporta occorre tener presente che la strategia dei piccoli passi e la progressiva acquisizione di esperienza ne renderanno più facile la realizzazione.

 

 

Allev.A

2 ÷ 4 anni

   
 

Pd N sc

è

1 maschio î

x femmine ö
aviario d’Istituto

Allev.B

2 ÷ 4 anni

   
 

Pd N can

è

1 maschio ö

î x femmine
 

Allev.C

2 ÷ 4 anni

   
 

Pd N misto

è

1 maschio

 

il Tacchino dei Colli Euganei

Da quasi cinque secoli le massaie venete ed emiliane hanno allevato nelle aziende rurali i tacchini per le tavole imbandite, soprattutto in occasione delle feste natalizie.

Fino agli anni cinquanta, in cui prese le mosse in Italia l'avicoltura intensiva, tutti i pulcini prodotti nella Penisola erano schiusi da uova fecondate affidate alle chiocce sia galline che tacchine, e queste ultime erano preferite per l'incubazione naturale alle prime, perché di maggior mole e quindi capaci di covare un maggior numero di uova per volta. Era sfruttato anche il fatto che le tacchine non si stancano di covare e possono portare a buon fine quattro o cinque covate di uova di gallina, una dietro l'altra rimanendo nel nido a premere le uova complessivamente per più di cento giorni!

In pratica si possono affidare alla tacchina incubante per ogni covata venti uova di gallina, oppure trenta uova di faraona o di fagiana, dodici uova i pavonessa, quindici di tacchina e dieci di oca. E fu così che le massaie venete ed emiliane poterono produrre per anni ed anni pulcini in gran numero senza ricorrere alle macchine incubatrici, da allevare in proprio e destinati anche al mercato, e quindi venduti di volta in volta qualche giorno dopo schiusi.

Nel Veneto il tacchino dei Colli Euganei ed in Emilia il tacchino romagnolo furono impiegati per sfruttare nel migliore dei modi il pascolo data la loro sorprendente rusticità e la mole ridotta , i maschi raggiungono da adulti il peso vivo di 6 kg e le femmine di 3 kg, sono instancabili predatori di prede animali e di semi minuti di erbe coltivate e spontanee.

La spiccata attitudine alla cova delle tacchine, carattere ereditario tenuto in grande considerazione dalle donne dei campi, fu mantenuto nel tempo grazie ad una drastica selezione, con conseguente eliminazione delle tacchine cattive covatrici. Ovviamente la razza autoctona ora ricordata interessa in particolare modo le piccole aziende e le zone collinari dove gli incolti produttivi offrono condizioni ideali per il suo allevamento.

 

In ossequio al vecchio adagio che dice:" Quando in novembre el vin no se più mosto, la paeta se pronta par el rosto. La paeta la gà un triste destin che finisse a San Martin" facciamo seguire la ricetta gastronomica per il miglior utilizzo delle tacchinelle in cucina.

Paeta rosta al margoragno

Dice Ranieri da Mosto, nel suo manuale di gastronomia "Il Veneto in cucina"....:"la turrita e medievale Marostica con la geometrica e favolosa scacchiera della sua piazza, può ben essere patrona, di quel piatto da principi che viene ammanito in molte trattorie della fascia pedemontana vicentina, la 'paeta rosta al margoragno'", cioè la tacchina arrosta con la melagrana; buona al punto da poter essere motivo di contesa al posto della bella Lionora, disputata da due innamorati Rinaldo da Angarano e Vieri da Vallonara, assegnata poi dal padre castellano alla fine di uno scontro incruento, in una accanita partita a scacchi giocata in piazza grande, al vincitore dinanzi a tutto il popolo.

Ingredienti

Una tacchinella pulita di 1500 gr , burro 6 gr, olio di oliva 150 gr, 4 melagrane, qualche foglia di salvia ,sale e pepe.

Come si fa per il pollame e per gli uccelli, si lava, si asciuga e si condisce dentro e fuori con il sale e burro, mettendola poi a cuocere in una capace casseruola, con altro burro, olio e alcune foglie di salvia. Si inforna a fuoco moderato per qualche ora (almeno tre), inumidendo le carni della tacchina di quando in quando con il proprio sugo e a metà cottura col sugo di melagrane, salando e pepando alla fine. Si verifica che la tacchinella sia cotta, la si toglie dal forno, la si taglia pezzi medi, e poi la si rimette a cuocere nel forno pochi minuti cosparsa dei fegatini e del loro sugo che a parte si saranno fatti andare a fuoco vivo, tagliati a piccoli pezzi, con olio e sugo di melagrana salandoli, e pepandoli alla fine.

Si serve su una grande piatto ovale con molte melagrane appoggiate sul bordo e aperte in modo da far vedere i loro violacei grannellini.

La si può anche cuocere allo spiedo, coperta di fette leggere di lardo o pancetta, cospargendola col proprio sugo che cadrà sulla leccarda e con succo di melagrana

Carlo Lodovico Fracanzani


 


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